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Lucio CORTELLA
Italy
เข้าร่วมเมื่อ 9 พ.ย. 2013
Derrida: differenza, scrittura, decostruzione
Lezione sul pensiero di Jacques Derrida, risalente all'aprile 2021, nel quadro del corso di Storia della filosofia all'Università di Venezia [A.A. 2020-2021]
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วีดีโอ
Hegel critico del capitalismo
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Contro l'immagine di uno Hegel conservatore ecco la critica hegeliana al capitalismo contenuta nella Filosofia del diritto. Segnalo gli altri 2 video dedicati alla Filosofia del diritto: th-cam.com/video/pJpvilJaN10/w-d-xo.html th-cam.com/video/uSExoVrdmRY/w-d-xo.html
Eticità e Moralità - Hegel vs. Kant
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Che cosa intende Hegel con "eticità"? In che cosa si differenzia dalla moralità kantiana? Ancora una indagine sulla Filosofia del diritto di Hegel.
Hegel: la Filosofia del diritto. Introduzione generale
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Hegel e lo Stato. L'identità di razionale e reale. L'eticità.
L'ermeneutica di Gadamer
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Lezione su “Verità e Metodo” (1960) di Hans-Georg Gadamer, risalente al novembre 2020, nel quadro del corso di filosofia contemporanea all'Università di Venezia, A.A. 2020-2021.
Hegel e la metafisica (parte seconda)
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Lezione conclusiva del corso di Storia della Filosofia A.A. 2023-2024 (Università Ca' Foscari Venezia) - seconda parte
Hegel e la metafisica (parte prima)
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Lezione conclusiva del corso di Storia della Filosofia A.A. 2023-2024 (Università Ca' Foscari Venezia) - prima parte
Il secondo Heidegger - parte II
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La seconda di due lezioni, dedicate al cosiddetto secondo Heidegger, e risalenti al novembre 2020, nel quadro di un corso di filosofia contemporanea all'Università di Venezia. In questa seconda lezione viene esposta la nozione di essere come evento e il rapporto col linguaggio.
Il secondo Heidegger - parte I
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La prima di due lezioni, dedicate al cosiddetto secondo Heidegger, e risalenti al novembre 2020, nel quadro di un corso di filosofia contemporanea all'Università di Venezia. In questa prima lezione viene esposto il rapporto tra esserci ed essere, la differenza ontologica tra essere ed ente, la critica della metafisica.
Heidegger - Essere e tempo 3
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Terza lezione su Essere e Tempo, risalente al novembre 2020, nel quadro di un corso di filosofia contemporanea all'Università di Venezia. I temi di questa lezione sono il linguaggio, l'intersoggettività, il decadimento e l'essere-per-la-morte.
Heidegger - Essere e tempo 2
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Seconda lezione su Essere e Tempo, risalente al novembre 2020, nel quadro di un corso di filosofia contemporanea all'Università di Venezia. I temi di questa lezione sono la nozione heideggeriana di esistenza, la temporalità e la concezione dell'ermeneutica.
Heidegger - Essere e tempo 1
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La prima di una serie di tre lezioni, dedicate all'opera di Martin Heidegger Essere e Tempo (1927), e risalenti al novembre 2020, nel quadro di un corso di filosofia contemporanea all'Università di Venezia. In questa prima lezione viene esposto il rapporto con la fenomenologia husserliana.
Hegel NON è un idealista (nel senso usuale del termine)
มุมมอง 3.8K7 หลายเดือนก่อน
Nelle opere di Hegel si trovano continue critiche all'idealismo (da lui qualificato come idealismo trascendentale, idealismo soggettivo, idealismo astratto). Ma si trovano anche (più raramente) esposizioni positive dell'idealismo che, tuttavia, nulla hanno a che vedere col modo comune di intenderlo (riduzione della realtà alla coscienza). In che senso Hegel non è un idealista? in che senso la f...
Fichte: Dottrina della scienza (1794) - parte seconda
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Lezione sulla Dottrina della Scienza di Fichte, tenuta venerdì 23 febbraio 2024, nel quadro del corso di Storia della Filosofia, all'Università di Venezia.
Fichte: Dottrina della scienza (1794) - parte prima
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Lezione sulla Dottrina della Scienza di Fichte, tenuta venerdì 23 febbraio 2024, nel quadro del corso di Storia della Filosofia, all'Università di Venezia.
Husserl - 3. La crisi delle scienze europee
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La dialettica di Hegel NON È tesi-antitesi-sintesi
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Teoria del riconoscimento - Le tesi fondamentali
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Hegel I tre sillogismi della filosofia Parte terza
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Altra Lezione COMMOVENTE ! complimenti e grazie. Certo questa sua lezione avviene dopo l'esperienza delle letture del testo di Heidegger e forse è stata la strada giusta. Il testo ha ingenerato tante domande tanti dubbi tanti punti di incertezza e una lezione come questa diventa semplicemente illuminante. GRAZIE.
Ma lei è così chiaro, meticoloso , didatticamente effice anche a lezione in università ? La trasmissione orale , ora lo so , è così imprescindibile per poter entrare nel sapere, negli autori. Ma dipende dal maestro. Cosa che ho sottovalutato nei miei studi (fisica). Con insegnanti come lei mi iscriverei volentierissimo a Filosofia.
Confermo. Sono così le mie lezioni all'università. Ma tra un po' dovrò dire: "erano" così. Questa primavera terrò il mio ultimo corso, poi - probabilmente - solo qualche seminario.
riascolterò questa lezione un pò di volte. E' così centrale. Così compendiosa. Così chiarificante su tante cose di mio interesse. Di contro ci sono i testi che rimangono sempre così oscuri , difficoltosi, apparentemente complicati. Poi basta un punto di vista, una parola invece di un'altra....BRAVO Prof. Cortella.
Lezione magistrale come sempre. Ne pubblica poche ma inevitabilmente queste lasciano sempre, è il caso di dirlo in onore di Derrida naturalmente, una "traccia". Anni fa ad un professore sollevai però un problema, secondo cui l'uso che Derrida faceva degli studi paleo-antropologici era tendenzioso a fondare la sua concezione. E' qualcosa per noi, difficile da capire fino in fondo, ma nel pensiero selvaggio opera quello magico secondo cui il segno e la cosa che rappresenta sono uno e non c'è differenza. Il professore mi rispose che tale assunto sarebbe stato inaccettabile per Derrida. E' un qualcosa che ad esempio si nota presente in Platone, dove nel Cratilo il rapporto unitario atavico tra parola e cosa è già perduto, ma viene recuperato in senso "magico" attraverso l'elezione di un terzo nella triangoazione semiotica a connetterli che appunto il significato, l'idea, ovvero poi la metafisica platonica. Mi sono sempre chiesto se Derrida abbia tenuto conto della cosa e se il pensiero magico, inficiasse almeno in parte la sua teoria genetica sulla natura più originaria della scrittura rispetto alla voce.
Sono d'accordo. Quegli studi paleoantropologici non possono costituire la vera giustificazione di una tesi filosofica che voglia avere uno statuto "trascendentale" (come sembra sia la pretesa di Derrida, almeno in quegli scritti che ho preso in esame). Possono spiegare la genesi di una teoria (accanto ad essi anche gli studi sul pensiero magico) ma non possono costituirne la giustificazione. Tra l'altro gli ultimi studi paleontraopologici sulla genesi del linguaggio sembrano andare in una direzione opposta (prima è venuta l'interazione comunicativa pre-linguistica e su questa si sarebbe poi innestato il linguaggio simbolico - scritto e orale - come una sorta di prosecuzione comunicativa, alla quale vanno forse associati anche i graffiti e le pitture rupestri del paleolitico). Ma, ripeto, la teoria filosofica di Derrida dovrebbe avere una sua validità indipendentemente da tutto ciò.
@@fabrizioarvat1141 va detto però che il pensiero magico va letto in chiave psichica, cioè gli uomini proiettano significati alla luce della loro tendenza psichica ad antropomorfizzare le cose per motivi di vario genere (freud direbbe a causa del processo primario), sicché l unione di cui parla è un effetto del nostro desiderio inconscio, ma il fatto che la nostra mente tenda a fare questo non conferma per nulla che le cose nella realtà stiano cosi..dicendo che la scrittura precede il significato derrida mi pare voglia dire che sia difficile pretendere di anteporre l uno all altro per il fatto che l uno necessita sempre dell altro sicché l uno viene prima dell altro, l uno ha già implicato l altro dentro di sé differendo, ed ecco la differance, da sé..
Bellismo l'argomento phoné contro scrittura su DIFFERANCE e DIFFERENCE. BELISSIMO ILLUMINANTE. come quando ho letto il titolo di Essere e Tempo in tedesco e mi si è accesa la lampadina. E ho cercato di leggerlo. GRAZIE
Prof. Cortella le lascio una domanda , gentilmente: se dovesse suggerire un paio di autori-filosofi-filologi che OGGI , contemporanei , lei pensa stiano dicendo-scrivendo qualcosa di nuovo e interessante ...che cosa, chi indicherebbe di guardare ? intendo che abbiano scritto in questo decennio qualcosa di forte, convincente, destinato ad essere riletto fra 20 anni come oggi leggiamo Derrida del '67.
Spero di non deluderla, ma purtroppo non ho letto nulla di filosoficamente rilevante nell'ultimo decennio, o almeno nulla che possa stare alla pari con quello che la filosofia ha prodotto nel secolo precedente. Spero però di essere smentito.
@@luciocortella6131 INTERESSANTE ! GRAZIE
...infatti ricordo bene che la parola in francesce è DIFFERANCE, non difference . Adesso capito bene anche in italiano. Grazie un'accezione che mi mancava era quella del differire.
Ma certo che bisogna pensare ai segni rupestri . Certo ! e poi per estensione ai segni lasciati, in generale. Eh si che in questo contesto allarrgato si pone la domanda se la scrittura sia nata prima o dopo la parola parlata. Perché potrebbe essere esistito prima solo il verso, l'urlo...ma non la parola.
Pare sia andata proprio così: prima la comunicazione gestuale, poi la parola e infine il linguaggio articolato. Le stesse pitture rupestri sono comprensibili all'interno di un quadro "interattivo" interno al gruppo. Sono espressioni comunitarie (forse addirittura cultuali) e presuppongono la comunicazione. Molti paleoantropologi spiegano il processo di "encefalizzazione" (la progressiva espansione del cervello che caratterizza l'evoluzione umana) non già con esigenze adattive e strumentali ma con esigenze comunicative. Ma - ovviamente - la ricerca è aperta.
@@luciocortella6131 GRAZIE la sua risposta e la sua attenzione preziose e di grande ispirazione. GRAZI ANCORA.
Grazie Prof. Cortella. Mai sentito spiegare Derrida in questo modo. Ho afferrato cose molto importanti. Leggerlo non mi ha mai attratto abbastanza. Ora si. E poi bisogna entrare in un autore dalle "porte" giuste. Dall'opera giusta per me, in base alle mie domande ai miei dubbi ai miei interessi. Bellissimo poi questo modo di spiegare un autore "volando" sugli altri con leggerezza e chiarezza usando le analogie e le differenze che sono gli attrezzi della comprensione e del pensare. BRAVISSIMO.
Salve professore, quale monografia consiglia per approfondire questa sua trattazione della dialettica? Grazie
Le radici di questa trattazione sono nella mia prima monografia su Hegel ("Dopo il sapere assoluto", ed. Guerini 1995) nella quale l'intero capitolo quarto è dedicato alla dialettica. Il libro è però attualmente esaurito e ne è prevista una nuova edizione il prossimo anno, in occasione del trentesimo anniversario. Quindi bisogna un po' aspettare. Più recente è invece un mio articolo del 2011, dal titolo "La dialettica hegeliana e la sua radice linguistica" (dove vengono ripresi gli stessi temi, aggiungendo però nel finale il rapporto col linguaggio). L'articolo è scaricabile gratuitamente dalla mia pagina web di Ca' Foscari (hdl.handle.net/10278/23732).
Derida spinge all’eccesso H Bergson?
Esposizione di rara chiarezza e profondità. Nonostante si tratti un pensatore attorno al quale vi siano pareri molto discordanti (da chi lo elogia come uno dei filosofi più importanti del Novecento, fino a chi nega addirittura che si tratti di un filosofo), e nonostante io stesso lo abbia sempre trovato un filosofo molto oscuro, dalla sua presentazione, professore, ho tratto ulteriori conferme a sostegno della sensazione che più volte ho avuto affrontandolo. Mi pare cioè che al fondo del suo pensiero ci sia qualcosa di vero, di importante (mi riferisco al tema della scrittura e della differenza e alla relativa critica dell’ontologia della presenza). Conoscendo bene il pensiero di Carlo Sini, ho già avuto occasione di esplorare alcune importanti conseguenze delle sue tesi (di Derrida), sarebbe bello approfondirne altre con la medesima chiarezza (magari in un libretto introduttivo, perchè no. Lo acquisiterei volentieri). Penso che al centro, ma soprattutto ai "margini" del suo pensiero vi siano tutt’ora molti aspetti oscuri, ma anche alcune grandi intuizioni che andrebbero riprese e ridiscusse.
Una grande lezione. Un mirabile insegnante.
Prof Cortella questi autori relativisti sono quelli che poi hanno portato alla negazione dei fatti. Del tipo che uno non è povero, ma perscepisce di essere povero. La pandemenza, le politiche irresponsabili di Pfizer e delle sinistre. E su tutti l'incredibile ondata di antisemitismo promulgata dalle tv europee. Direi di tornare ad approfondire Adorno e la scuola di Francoforte. Oggi la teoria critica dei vari Zizek è un rovesciamento dei loro grandi maestri. Così come Derrida ribalta sia Freud, sia Platone, rendendo l'oggetto della ricerca variabile. Variabile all'opinione e indirizzabile dalla propaganda. E' un peccato che anche lei si sia schierato con l'industria culturale, salve.
Praticamente sta illustrando tutti gli stereotipi che ripetono coloro che criticano derrida senza aver letto una pagina o quanto meno senza aver capito un tubo della decostruzione
@@alfredrusic5801 La decostruzione, ossia la genealogia nicciana, questione storica e non semantica, come delira Derrida, non è sbagliata in sè, ma si presta benissimo alla manipolazione dell'industria culturale. Ed è inutile negare che le posizioni politiche di Derrida, Heidegger e compagnia bella, non facciano che dimostrare quel mio assunto. Se invece lei, che ha capito tutto senza dubbio, mi cita qualcosa di diverso, felice di ascoltarlo.
@Otium497 gia considerare la decostruzione come coincidente con la genealogia di Nietzsche è un passo falso, senz'altro nietzsche è un riferimento importante di derrida ma bisogna fare i dovuti distinguo; il pensiero derridiano politicamente è un pensiero di decostruzione della sovranità e di apertura all altro...
Devo una risposta a @Otium497, senza intervenire nel merito e limitandomi a un'annotazione solo formale (ma decisiva). Prima di criticare un autore bisogna averlo capito. E per capirlo bisogna averlo fatto "proprio", aver saputo guardare alla cosa dal "suo" punto vista. Forse la mia aderenza espositiva può essere scambiata per un assenso integrale, ma non è così. Al contrario, ogni mia esposizione cerca di evidenziare i punti di forza, perché è solo a partire dai punti di forza che si deve sviluppare la critica. I miei video contengono perciò, quasi sempre, anche una parte critica finale (necessariamente limitata, dato il carattere divulgativo del mezzo). E la critica è sempre critica immanente (come insegna Hegel - e la stessa Scuola di Francoforte - "negazione determinata"). Consiglio perciò di riascoltare gli ultimi cinque minuti del video
@@luciocortella6131 Non mancherò di farlo, La ringrazio prof.
Bellissima e profondissima lezione. Anche molto bene organizzata Alla prossima Grazie
Grazie della lezione professore
Grazie.
Grazie professore per la bellissima lezione. Una domanda: ma 'la gettatezza" della libertà, il fatto che l'uomo non sceglie di essere libero, non è in fondo una sorta di determinismo e quindi un ritorno ad Heidegger?
C'è sicuramente un elemento di continuità fra la "gettatezza" heideggeriana e la "condanna alla libertà" sartriana. Tuttavia, in entrambi i casi, mi sentirei di escludere una concezione deterministica. Per lo Heidegger di "Essere e tempo", l'esser gettati (ovvero il non aver scelto il nostro "donde" e il non sapere il nostro "dove") non impedisce l'esercizio della libertà (l'esserci è infatti progetto, cioè possibilità di essere). Noi siamo in un "qui" (che non abbiamo scelto) ma da questo "qui" possiamo progettarci in molteplici modi, non predeterminati (ovviamente questo è "Essere e tempo", altra è invece la prospettiva dello Heidegger successivo). Per quanto riguarda Sartre, il discorso è analogo: la nostra non è una libertà assoluta ma è una libertà "in contesto". Ovvero: non abbiamo scelto noi il contesto in cui siamo stati collocati (o gettati) ma da questo contesto non siamo totalmente predeterminati. Possiamo cioè "sfruttare" le capacità che ci sono state date (e fra queste c'è anche la libertà) per progettare il nostro essere in modi tutti diversi. In altri termini: il nostro futuro è aperto. Per concludere: entrambe le concezioni costituiscono una profonda revisione rispetto al modo in cui la libertà era stata pensata dall'idealismo tedesco (Fichte e Hegel in particolare), cioè come libertà assoluta, autoposizione del soggetto e autofondazione. Siamo dipendenti da "altro" ma al tempo stesso siamo anche liberi (in un modo diverso e profondamente storico).
@@luciocortella6131 Grazie professore. Chiarissimo!
Lectio magistralis sulla Fenomenologia di Husserl fatta in modo sontuoso: chiara, esaustiva, precisa che rende semplici ed accessibili concetti ed informazioni assolutamente non semplici. Ottimo il metodo d'inframmezzare con esempi di vita pratica i concetti esposti! Ho seguito altre lezioni di diversi docenti che sono risultate farraginose, nebulose e noiose: avevo la sensazioni che quei docenti non avessero loro ben chiare le idee. Super complimenti al Prof. Cortella quindi !!!
Mi permetto una domanda: Adorno torna in qualche modo a Kant rispetto ad Hegel ?
Sì, confermo. Arriva a Kant (l'irriducibilità della cosa al concetto) ma attraverso la dialettica di Hegel.
Lezione stupenda!
Non so se provare più soggezione di fronte alla lungimiranza sorprendente di Hegel, tutt'alltro che conservatore o alla chiarezza della sua esposizione, che rovescia il luogo comune sul suo pensiero, ma ne traccia anche i limiti. Di fronte ai suoi video, ho sempre la sensazione di essere un giovane Bertrand Russell, che assiste alla lezione di Peano e resta folgorato dalla perfetta limpidezza dell'espozione e la padronanza della disciplina. Così proprio come Russell, mi sono procurato due dei suoi lavori, che mi sono arrivati con il corriere a casa, oggi. Che dire? Dopo appena trenta pagine della sua storia delle filosofia contemporanea, posso dire di esserne entusiasta.
E allora non resta che sperare in un effetto analogo a quello suscitato da Peano su Russell… Al di là della battuta, grazie del riscontro: è bello questo scambio di idee e pareri con i miei nuovi interlocutori, in continuità con ciò che è stato il dialogo con i miei studenti.
Ottimo professore, ormai la seguo da tempo ed è un piacere aver riscoperto la sua persona qui, dopo tanti anni da Ca' Foscari e un suo tosto esame di Filosofia contemporanea, credo nel 2008. Complimenti per l'assoluta chiarezza e profondità di queste sue lezioni "donate"!
Grazie dei saluti. È una bella esperienza aver potuto rincontrare alcuni dei miei vecchi studenti e allievi, constatando come il filo non si sia interrotto. Ma ormai sono professore emerito e quest'anno terrò il mio ultimo corso a Ca' Foscari. Dal prossimo, tutt’al più, terrò solo dei seminari. Così potrò dedicare ancora più tempo ai video filosofici.
@@luciocortella6131 Carissimo Professore, anche io sono stato suo studente, sia in triennale sia in specialistica. Ancora ricordo le sue lezioni sul capitolo VI della Fenomenologia su cui abbiamo scritto e discusso le nostre tesine. Anche i suoi video qui sono preziosi spunti di riflessione e approfondimento - e molto spesso la traccia su cui costruisco le mie lezioni al Liceo. Sovente negli ultimi anni sono tornato a Ca' Foscari a seguire le sue lezioni, spesso portando con me qualche liceale appassionato. Per molti di noi la sua chiarezza è stata, ed è ancora, una guida. La ringrazio per il suo lavoro. E. Demuro
Ricordo ancora con nostalgia quei lontani corsi alla magistrale, da me trasformati in seminari, dove la parola era affidata soprattutto agli studenti, alle loro relazioni scritte e orali, ma soprattutto alla discussione franca. Già, il capitolo VI della Fenomenologia: il confronto corpo a corpo di Hegel con la storia e soprattutto con le contraddizioni della modernità. Un caro saluto
Molto interessante. Hegel e Marx, teorici della nostra società. Il recupero dei loro contributi teorici (sul metodo e sull'esposizione teorica) sono, a mio avviso, la base su cui può costruirsi un paradigma alternativo, in grado di spiegare anche la genesi del paradigma dominante. Sul rapporto fra i due filosofi tedeschi consiglio la recente nuova edizione del lavoro di Roberto Fineschi, "Marx e Hegel" (La Scuola di Pitagora, 2024).
Io mi chiedo se esista il momento n. 1: ossia, un primo momento, certamente intellettuale al suo interno, che non sia ancora compreso in questo percorso in cui la Ragione domina sempre e incontrastata. In poche parole: quando un bambino piccolo, dotato di vivace Intelletto, imparera' la prima volta a utilizzare la Ragione nel momento dialettico e, quindi, nel momento speculativo?
Si tratta di tre momenti logici, che riguardano prima di tutto la struttura del pensiero "oggettivo" (il pensiero che è insieme anche la struttura delle cose), dunque, se vogliamo, la natura dell'assoluto. Poi certo, possono essere intesi anche come momenti della nostra mente (ad es. per distinguere un oggetto dall'altro dobbiamo usare l'intelletto, l'organo della separazione - che se non lo usassimo, confonderemmo una cosa con l'altra). Quando poi la nostra mente riuscirà a "ragionare" dialetticamente o speculativamente? Nessuna certezza che ci si arrivi. Sarebbe già qualcosa se le persone riuscissero a usare almeno l'intelletto ...
ottimo!
Professore, grazie. Lei dice nel video che l’assoluto, secondo Hegel, non può essere presupposto. Tuttavia, e questa è l’osservazione che vorrei fare alla sua affermazione, il processo delle negazioni (“toglimenti”), che è processo di deduzione (la dialettica), ha valore solo se avviene all’interno dell’assoluto (ossia se ha verità). Solo se questo processo è lo stesso esporsi dell’assoluto. Se la fine del processo è tornare all’inizio, il circolo, è chiaro che, se l’assoluto non fosse presupposto, non ci sarebbe un inizio a cui tornare come fine del processo deduttivo (di autoesposizione dell’assoluto). Certo, solo alla fine emerge nell’assoluto la coscienza che esso era già presente (alle spalle, presupposto) all’inizio e lungo il processo di deduzione. L’assoluto si presenta a se stesso nella sua concretezza solo alla fine, come lei giustamente ha detto. L’assoluto si pone, si concreta, si determina a se stesso lungo il processo di autoesposizione: ma questo “esporsi” è possibile se c’è già l’assoluto che si espone. Se l’assoluto non fosse presupposto, cos’è che si espone lungo il processo? Quale sarebbe il soggetto della frase “l’assoluto espone se stesso”, se l’assoluto fosse solo il risultato finale dell’esposizione? Prima di porsi concretamente, esponendosi nel processo, l’assoluto è presupposto: altrimenti non ci sarebbe processo, inteso come autoriflessione, come ritorno a sé. E, aggiungo, che, solo in quanto l’assoluto è presupposto, esso può mostrare la propria assolutezza senza dimostrazione, senza mediazione, senza dipendere da altro. Solo in quanto l’assoluto torna a se stesso e questo tornare è un movimento interno all’assoluto, non c’è altro, un medio esterno da cui il processo di fondazione dipende.
Se l'assoluto fosse un presupposto quello hegeliano sarebbe un sistema dogmatico, dal momento che - per definizione - l'assoluto non può essere dimostrato (tesi ribadita da Hegel più volte). L'alternativa sarebbe quella che Hegel - fin dalla Fenomenologia - ha sempre escluso e combattuto: la tesi schellinghiana che dell'assoluto vi è intuizione immediata. Nell'Introduzione alla Fenomenologia Hegel esclude questa possibilità (la tesi che possediamo già la verità) definendola una mera rassicurazione e "una secca rassicurazione vale proprio quanto un'altra". L'alternativa hegeliana a: intuizione immediata, presupposizione, rassicurazione, possesso asserito della verità, è solo la negazione determinata. Ovviamente questa negazione (non una mera deduzione che parte dall'assoluto, ma la sua procedura confutativa che parte dall'opinione o da qualunque sapere) dev'essere vera, ma ciò non significa che essa è identica con l'assoluto. Essa nulla sa dell'assoluto (né come è costituito, né come arrivarci), né presuppone nulla della costituzione dell'assoluto medesimo. La sua è solo la "sua" verità, ovvero la sua capacità di negare il sapere (opposto) con cui si confronta. Il suo procedimento non è dimostrativo ma confutativo (Hegel dice negativo). Perciò il procedimento è sì mediazione ma, in quanto mediazione negativa, mediazione che alla fine si toglie. Sicché l'immediatezza finale è il risultato del toglimento della mediazione (dunque l'assoluto rimane dipendente solo da se stesso). Poi è vero che alla fine scopriamo che quell'assoluto era presente fin dall'inizio (Hegel lo ammette nel primo capoverso dell'Introduzione dicendo che esso "presso di noi"), ma si tratta di una presenza, per così dire, solo "ontologica". Noi non possiamo presupporlo nel nostro procedimento "logico" (altrimenti tutto il nostro procedere sarebbe dogmatico). Quel procedimento logico-confutativo-negativo solo alla fine "sa" di aver "esposto" l'assoluto. Durante il percorso esso sa solo di aver confutato saperi "non veri" e di averne visto progressive verità "superiori". Nulla di più. Il circolo rimane virtuoso e non vizioso. Quello che ho scritto sopra vale per la Fenomenologia, ma sostanzialmente nulla cambia nella Logica. Anche qui Hegel chiarisce che l'inizio della Logica non è il suo fondamento (da cui si dedurrebbero le categorie come sue conseguenze) ma solo "cominciamento" e come tale "astratto". All'inizio abbiamo cioè il massimo di lontananza dalla verità. La presa di distanza da Fichte (e dalla sua idea che si parte dal "principio primo") non potrebbe essere più netta. E il procedimento logico è cammino dal cominciamento al fondamento (la verità è l'idea non l'essere), un procedimento che - anche qui - è solo negativo (noi diremmo confutativo). E infatti Hegel chiarisce che il procedimento apparentemente va "avanti", mentre invece è un "tornare indietro al fondamento": dal condizionato alla sua condizione.
@@luciocortella6131 Professore, grazie di nuovo. Se per “presupposto” si intende che l’assoluto stia, compiuto, e che a esso si abbia accesso per intuizione immediata, certo, niente è più lontano di questo dalla filosofia di Hegel, siamo d’accordo (e anche Hegel usa il termine spesso in questo senso) . Tuttavia, se consideriamo la fenomenologia dello spirito e lo sviluppo della coscienza in essa esposto e ci immedesimiamo in quella coscienza, dal punto di vista di quella coscienza, l’assoluto è ciò che le sta a fondamento, che la muove e di cui essa coscienza non è consapevole se non alla fine (ciò che le sta alle spalle). In questo senso, rispetto alla coscienza che si sviluppa, come esposta nella fenomenologia, l’assoluto è “presupposto”, nel senso che è fondamento di cui la coscienza non è consapevole lungo il suo percorso. Nel suo percorso, la coscienza porta progressivamente alla luce ciò che le era al fondo fin dall’inizio, quello che la comprendeva e la muoveva. In questo senso andare avanti (il percorso che porta alla consapevolezza) è tornare indietro, al fondamento (in quanto la consapevolezza è appunto che il fondamento, l’assoluto era alle sue spalle fin dall’inizio). E il movimento dialettico può avere verità e necessità solo in quanto quella coscienza che si sviluppa è già inclusa nella verità. Nelle varie tappe la coscienza può scoprirsi come non vera solo in quanto in essa già agisce la verità. Lei scrive: “Essa <la negazione determinata> nulla sa dell'assoluto (né come è costituito, né come arrivarci), né presuppone nulla della costituzione dell'assoluto medesimo. La sua è solo la "sua" verità, ovvero la sua capacità di negare il sapere (opposto) con cui si confronta.” “E infatti Hegel chiarisce che il procedimento [...] va […] dal condizionato alla sua condizione.” D’accordo che la negazione nulla sappia dell’assoluto. Ma la negazione dovrà pur essere inclusa nell’assoluto, nella verità (senza esserne consapevole), se si ammette che la sequenza delle negazioni sia una sequenza necessaria. Da dove vien fuori questa necessità, se ogni negazione determinata non è già legata all’assoluto, pur non essendone consapevole? E ancora, lei dice che ogni negazione determinata non sa come arrivare all’assoluto. Certo, ma ci arriva. Quindi questo sapere da qualche parte deve venir fuori. Se ogni negazione determinata si fermasse alla sua verità, ci sarebbe una successione senza fine di opinioni che si negano a vicenda e non certo un percorso necessario di sviluppo (progressivamente più concreto verso l’assoluto). E ancora, se l’assoluto non fosse presente fin dall’inizio alle spalle (nell’inconscio se mi passa il termine) della negazione, come si farebbe a sapere che si è arrivati all’assoluto? Di certo una negazione determinata, una verità mia o sua, una opinione non può riconoscere di essere arrivata a conoscere l’assoluto. E, infine, anche nel video lei indica che Hegel sostiene che “l’assoluto non può essere dimostrato”. Va bene. Anche Aristotele del principio assoluto dice che non può essere dimostrato ma se ne può mostrare l’assolutezza (innegabilità) per confutazione e mostra che ogni negazione del principio si toglie. Ma si toglie perché in essa già agisce il principio che vorrebbe negare e senza del quale la negazione non riesce a costituirsi. Non è che la validità (assolutezza) del principio sia risultato del toglimento delle negazioni, ma è proprio perché il principio si estende alle negazioni (le include), che esse si tolgono. Così nella fenomenologia dello spirito, proprio perché ogni figura della coscienza è già nella verità senza esserne consapevole, essa si supera, si mostra come non vera.
Ribadisco. L'assoluto è presupposto ontologico, non logico né epistemologico. Altrimenti ci avviteremmo in un circolo vizioso: dimostreremmo ciò che già presupponiamo. Ovvero circolo logico e dogmatismo. Al contrario, la negazione determinata non presuppone (logicamente-epistemologicamente) alcunché. Per questo Hegel la ritiene l'unica via per l'assoluto. Su questo ho scritto in abbondanza.
@@luciocortella6131 E’ peculiarità del pensiero, della trasparenza del pensiero quella di presupporre se stesso senza creare un circolo vizioso. Il pensiero si muove, si determina, si concreta includendo se stesso. Quindi, credo, non siamo d’accordo. Ma proprio per questo approfondirò con grande interesse leggendo i suoi scritti sull’argomento. La ringrazio di nuovo delle risposte e in generale del canale, che è occasione più unica che rara.
Sono uno storico della musica (classe 1961) e mi sto occupando di Husserl per via della profonda influenza che il suo pensiero ha esercitato, a partire dagli anni Trenta del '900, su Sergiu Celibidache, uno dei direttori più geniali del XX secolo (ffinora anche del XXI), aiutandolo ad elaborare la sua "musikalische Phänomenologie". Celibidache vi ha poi innestato, grazie alla frequentazione a Berlino di Martin Steincke, il Buddhismo Zen. La Sua esposizione, professore, è di una chiarezza magistrale, sono sicuro che mi aiuterà a comprendere meglio gli ardui testi di Husserl! Grazie infinite per aver messo a disposizione questa stupenda serie di video-lezioni!
La ringrazio per questa utile informazione. Non conoscevo questo approccio di Celibidache alla fenomenologia (che testimonia quanto questa - apparentemente astrusa - concezione filosofica abbia influenzato tanti ambiti della cultura e delle scienze contemporanee).
Discorso interessantissimo. Marx prenderà a piene mani da queste teorie. L'ideologia in Marx è in fin dei conti un prodotto dello Spirito oggettivo (sistema giuridico, sociale, economico), non dello Spirito soggettivo.
Bellissima spiegazione!
Sempre grazie!
Mitico prof Cortella! sono passato per un bel ripasso su heidegger....Diedi l'esame di storia della filosofia 4 anni fa beccandomi un incredibile 29! un saluto
Se le ho dato un 29 (evento raro, quasi quanto il rarissimo 30) era meritato. E allora complimenti, anche a distanza di 4 anni.
Grazie prof, chiarissimo, e complimenti anche per il canale, c’è bisogno di Hegel su TH-cam!
Ora ho capito bene perche carmelo bene diceva liberiamoci sopratutto dalla liberta che è la cosa piu vincolante che esista ...
Straordinaria chiarezza e capacità espositiva. Grazie di cuore
Grazie, professore
Grazie professore...Non ritiene che i più convinti continuatori della filosofia di H. siano stati i francesi: Blanchot, Derrida, Lacan, Levinas, (Foucault), Deleuze?..Tutti questi pensatori si sono accaniti nel coniare un linguaggio talvolta 'impossibile' o comunque impraticabile, che esprimesse senza imbrigliare, che lasciasse fluire il senso pur essendovi immersi, un po' come se avessero voluto nuotare senza una direzione per mostrare cio' che muove e non l'intenzione di chi e' mosso...Mi pare che, Gadamer a parte, che però e' stato quasi un continuatore sistematico dell'intenzione discorsiva/linguistica di H., i francesi più di tutti ne hanno vissuto la sfida, facendo di questa il centro e il focus della loro indagine, io credo perché lettori ammaliati da Heidegger. Capisco che ho accomunato filosofi diversi con la sola matrice nazionale, può sembrare pregiudizievole, eppure io vi vedo un debito e una cifra comune...Che ne pensa?
In effetti è stata la filosofia francese che più di tutte le altre ha assimilato la lezione heideggeriana e ne ha fatto i conti in molti di quei pensatori che lei ha nominato (a cui bisogna aggiungere almeno Sartre). Va aggiunto però che lo Heidegger di molta filosofia francese è stato ricompreso a partire dalla filosofia di Nietzsche. Quello Heidegger è molto nietzscheano, così come il Nietzsche di Deleuze o Derrida viene letto attraverso la lente della filosofia heideggeriana. Detto questo non possiamo neppure tralasciare l'eredità heideggeriana in molta filosofia italiana di fine Novecento (primo fra tutti Vattimo, e poi Givone, Volpi, Gargani, il primo Cacciari, e aggiungerei pure Severino, nonostante le notevoli differenze).
Grazie mille per la puntuale risposta e la conferma che mi da', le rinnovo anche la gratitudine per le sue splendide lezioni online, per me che faccio il docente alle superiori rappresentano una risosrsa preziosissima. Sono sempre stato convinto che pure Severino abbia un debito non esiguo con Heidegger e non solo pe il tema della tecnica, dove ciò e' abbastanza evidente, ma anche in una certa impostazione 'greca' e presocratica, nell'ineffabilita', in fondo, del discorso sull'essere, così logico ma altrettanto sopralogico...Una dialettica che afferma se stessa fino quasi a negarsi ogni privilegio esplicativo, vabbe'..Mi sto perdendo...Vero, anche in Italia H. e' stato decisivo, a Padova si studiava in tutte le salse :), anche se mi pare che i contributi italiani siano stati in una certa misura meno originali, forse ripetitivi o comunque più storiografici, Volpi, per dire, non ho mai capito cosa abbia prodotto di veramente suo. P.s. Volpi e' stato mio professore e ne riconosco l'immensa competenza filosofica, capacità di sintesi, apertura ecc. Però non ne ho colto mai l'originalità, forse limite mio.
Grazie professore pretty la chiarezza della sua spiegazione
Grazie professore.
Il linguaggio è stato creato, istituito dagli uomini ovvero della dimensione anonima collettiva, dall' intelligenza comune. Questo potere istituito diventa, ed è sempre dal suo apparire , potere istituente in azione, potere creativo vivo ed inevitabilmente, poiché diventa la nostra natura che lavora attraverso il linguaggio sul mondo comune, ci cambia. È ovvio che ogni singolo individuo venga trasceso da questa creazione collettiva, da una dimensione collettiva anonima e la trova lì, alla sue spalle ma non c è nulla di misterioso in ciò. È l' effetto retroattivo del lavoro umano. Ogni singolo individuo può utilizzare questa creatività comune per modificare attraverso il linguaggio l' ambiente in cui vive e lavora e rendere originale e viva questa dimensione anonima collettiva. Noi parliamo a partire dal linguaggio, è vero, ma questo linguaggio a partire dal quale parliamo non è una dimensione misteriosa metafisica: è la dimensione anonima collettiva che l'umanità ha creato. Il prodotto del lavoro e dell' intelligenza dal basso. Heidegger ha sempre la capacità con il linguaggio suggestivo, poetico, e indubbiamente molto bello che usa, di rendere misterioso e oscuro ciò che è chiaro. Credo che oggi abbiamo bisogno di andare oltre Heidegger o almeno di non rendere complicato ciò che è ovvio. Ovviamente parlo del pensiero di Heidegger. Non della lezione molto bella che ha invece il pregio di essere la più chiara possibile come spiegazione
Grazie, un'ottima introduzione allo studio di quest'opera. L'ultima parte, molto importante e interessante, andrebbe approfondita. Forse si dovrebbe approfondire il concetto-esperienza di quell'apparire originario senza l'equivoco - anche se essenziale - dell' io.
Husserl come definisce l'essere? Se Husserl si riferisce al pensiero greco, e cioè che ciò che vediamo è l' apparire dell'essere che si traduce nella realtà degli enti esistenti, cioè ciò che esiste realmente, non andrebbe nella stessa direzione dei Greci, che consideravano il fenomeno comme realtà esistente. Ora, se noi non possiamo che cogliere i fenomeni e non le cose od oggetti che sono trascendenti, la posizione husserliana non coincide con quella greca. Il vedere, che diventa idea, è già una trasformazione soggettiva del reale. Platone e a partire da lui, identifica l'essere con l'idea. Non siamo più nella manifestazione pura dell'essere stesso. Con Husserl, la coscienza sarebbe allora una ricezione passiva di fenomeni, ma come pensarli?Potrebbe chiarire questo punto? La ringrazio infinitamente.
Anche qui molte domande in uno. Vado per punti. 1. Il fenomeno per Husserl è il vero essere delle cose. Non vi è nulla dietro ai fenomeni. L'apparire coincide con l'essere. 2. Ciò che Husserl qualifica come "trascendenza" non è un in sé che sta al di là, ma è solo l'esito delle nostre costituzioni-costruzioni: la "cosa" è certamente trascendente rispetto al fenomeno ma non è "vera", né tantomeno apodittica. È solo una nostra costruzione arbitraria (noi "crediamo" a una trascendenza che non c'è). 3. In questo senso vi è analogia (certamente non identità) con il theorein dei Greci. Husserl ha in comune con essi la concenzione secondo cui nel vedere si manifesta la vera realtà delle cose (che Husserl chiama fenomeni. Ma non dobbiamo farci ingannare dalle parola (che sembra alludere a qualcosa di parvente): i fenomeni hanno nulla di illusorio, al contrario sono l'unica vera realtà. 4. Ciò che si manifesta (il fenomeno) non è un prodotto della coscienza ma il vero apparire oggettivo. Ciò che è prodotto della coscienza è invece la convinzione (illusoria) che esistano le "cose", cioè gli oggetti trascendenti rispetto ai fenomeni. L'orizzonte del fenomenico coincide con l'apparire (e quindi con l'essere).
@@luciocortella6131 Grazie
Ho una domanda : la filosofia platonica, l'idein, il vedere platonico è già in allontanamento dall'essere e dalla sua manifestazione come phusis che si svela ma che si ritira, si nasconde nello stesso tempo. Con Platone, il mondo diventa idea, immagine inautentica, copia del mondo delle forme. Resta l'elemento della trascendenza, ma non è più la concezione dell' essere dei Presocratici. C'è già una Weltbild in Platone? Non anticipa in qualche modo l'ontologia dell' ente che ha prevalso e che prevale ancora attualmente in Occidente? Forse sono un po' troppo heideggeriano! La fenomenologia non ritorna allora alla filosofia presocratica della pura contemplazione dell' essere e non dell' ente? La ringrazio.
Le questioni sono troppe per dare una risposta. Mi limiterò a porre qualche punto fermo. 1. La nozione platonica di idea (eidos), almeno per il Platone "centrale" (dal Fedone alla Repubblica) non è "immagine inautentica", ma è la vera natura delle cose (ousìa, l'essenza o sostanza). Solo l'idea ha la vera proprietà dell'essere. Copia del mondo ideale (del vero mondo) sono gli enti naturali e le nostre immagini (che NON sono le idee). 2. Quindi l'essere in Platone è idea, ovvero piena manifestazione di sé, il massimamente visibile. È quello che sottolinea Heidegger quando dice che la "alètheia" diventando "idèa" perde il carattere del velamento-disvelamento (cfr. "La dottrina platonica della verità"). 3. Certamente, secondo Heidegger, questa riduzione dell'essere a idea è la radice dell'ontologia occidentale (che è appunto oblio della vera natura dell'essere) 4. La fenomenologia di Husserl, ritenendo che la verità stia nel "vedere" apodittico, rientra - secondo Heidegger - nella riduzione dell'essere alla presenza, ovvero fa dell'essere un ente (essendo l'ente, nella concezione heideggeriana, l'essere ricondotto alla presenza del vedere).
@@luciocortella6131 La ringrazio molto per la sua precisa risposta!
Grazie Professore
bellissimo
Sono lezioni che trasmettono la passione per la filosofia e stimolano chi ascolta ad approfondire. Io ho buttato alcuni manuali in cantina e ho comprato le opere di Hegel che non avevo letto all' università. Sono lezioni che accendono la voglia di tornare a studiare la filosofia amche se si fa un aktro lavoro. 😊. Grazie per la condivisione
Professore possiamo dire che è come un ritornare a Ficte ma dopo e attraverso la mediazione di Hegel? Un non io che rispunta sempre, ricompare come altro da cio che la ragione ha compreso e mediatio come verosimile tutto. L' immediatezza del non io riconpare sempre. È la verità che eccede sempre e oltrepassa qualsiasi tentativo, anche il piu geniale, di risolverla nella comprensione. Non solo la contraddizione permane nella realtà ma permane anche la non risoluzione nel sapere della contraddizione. La ragione dialettica resta valida ma non quella che è stata ideata da Hegel, questa non può essere uno schema universale per comprendere tutto il reale. Occorre attuare una revisione della ragione dialettica tenendo conto ovviamente dell'apporto delle logiche non classiche del pensiero contemporaneo. D'altro canto la conoscenza procede sempre inarrestabile grazie a nuove ricerche e scoperte nel campo logico, nel campo della scienza della natura, fisica, biologia ecc. E la storia va avanti. Possiamo dire che quello di Hegel era un tentativo di fotografare la comprensione del tutto attraverso una ragione dialettica fino a quel punto in cui ovviamente Hegel ha vissuto?
Fichte rigorizza la cosa in sé kantiana, non assumendola più come un presupposto gnoseologico ma teorizzandola come una necessità logica. Tuttavia non si tratta tanto di ritornare a Fichte (o a Kant) quanto di mostrare come la stessa dialettica di Hegel possa condurre al di là di un idealismo oggettivo in cui la totalità del reale viene risolta nella concettualità logica: un superamento post-idealistico di Hegel con la stessa dialettica di Hegel.
Non dimentichiamo che ogni anno, il 14 luglio, Hegel festeggiava quella data come liberazione dai vecchi regimi. Dunque definire Hegel un reazionario o un teorico della restaurazione mi sembra quanto meno riduttivo.
Si mormora che avesse avuto una forte relazione con Hannah Arendt che evidentemente nessuno ha capito Ah è evidente che le relazioni intime nessuno le capisce e se diventano di pubblico dominio non sono più intime e quindi due volte incomprensibili Martin Heidegger dimostrò comunque di aver cambiato idea sul nazismo... Per fugare ogni dubbio è meglio capire almeno le sue opere leggendo qua e là È interessante notare che tutti noi abbiamo telefoni e macchine Ci priviamo della nostra libertà rispondendo inermi al martellamento della propaganda odierna e consumista Quindi è molto semlplice criticare e storicizzare ma tutti noi aderiamo alla follia del nazi odierno e imperante ...non capiamo il presente come fu il presente a non essere capito da Heidegger perché egli vi aderì nel 33 In Germania nel 33 il nazismo apparve come la salvezza Che ne pensiamo noi oggi della scienza pazza che tutto rovina...tranne le poche cose che non tocca? Vi aderiamo scioccamente e non intendiamo porre dei limiti All' inizio tutto ok ma dopo? Che è più interessante Aristotele che Freud però lo capisce solo l artista filosofo È infatti necessario organizzare il pensiero pensando piuttosto che pensare male per raccontare le tue vicissitudini alla psicologa Se Aristotele è qui con noi oggi e la psicologa è una fantasia sessuale lo dobbiamo ai greci e ai romani L impero celeste non rispecchia forse il mondo perduto e esotico che non capiamo? Organizzare il discorso significa organizzare il pensiero Penso anticamente a questo piuttosto che a una lobotomia novecentesca E meno invasivo il lieto pensare in un mondo di esseri liberi Quindi Heidegger sta alla lobotomia come Aristotele sta alla libertà di pensiero Uno è il novecento e l' altro è prima della sciagura cristica Buona giornata Scusate gli eufemismi