Luca Serianni - Manzoni e la lingua italiana - L'Italiano. Dal latino a oggi

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  • เผยแพร่เมื่อ 30 ก.ย. 2024
  • Lo storico della lingua Luca Serianni, Vicepresidente della Società Dante Alighieri dal 2010 al 2022, offre in queste brevi videolezioni un excursus sulla storia della lingua italiana.
    Nel raccontarne l’evoluzione dalle origini all’oggi, Serianni include l’opera di alcuni grandi autori come Dante, Petrarca e Manzoni, che ha segnato alcuni momenti centrali dello svolgimento della nostra lingua.
    Ma la storia della lingua non si riduce a storia della letteratura poiché comprende anche le abitudini linguistiche del comune parlante e i fenomeni che non hanno spessore letterario ma che incidono nella lingua che si è parlata nel corso delle generazioni e che si parla oggi.
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    10 Videolezioni del Prof. Luca Serianni
    “L’italiano dal latino a oggi”
    1) Introduzione
    2) Italiano e latino
    3) Il volgare
    4) Le idee linguistiche di Dante
    5) La lingua della Commedia di Dante
    6) Petrarca e la codificazione della lirica
    7) Pietro Bembo
    8) Il vocabolario della Crusca
    9) Manzoni e la lingua italiana
    10) Lingua e dialetto
    11) L'italiano fuori d'Italia
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    La Società Dante Alighieri offre una collana di “pillole” culturali e linguistiche in formato di brevi video lezioni, contenenti gli interventi di specialisti su diversi argomenti: storia, letteratura, musica, arte, lingua e stile di vita italiani, opere di Dante Alighieri.
    Il piano editoriale, in continuo aggiornamento, prevede video lezioni fruibili sia in moduli che singolarmente, realizzate con la regia di Lamberto Lambertini e accompagnate da materiali di approfondimento.
    Il progetto è diretto da Alessandro Masi, Segretario generale della Società Dante Alighieri, e sviluppato dall’ufficio Promozione culturale SDA (cultura@dante.global).
    I temi trattati
    - Arte e beni culturali
    - Letteratura
    - Lingua italiana
    - Identità e territori
    - Stili di vita
    - Storia
    - Dante: l’uomo e l’opera
    - Dante 2021
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    Twitter: @la_dante
    www.dante.global/it/cultura/promozione-culturale

ความคิดเห็น • 16

  • @candlespotlight
    @candlespotlight ปีที่แล้ว +11

    Ecco una trascrizione di ciò che dice Dott. Serianni nel video per chi vuole leggerla mentre guarda il video, per chi è sordo, ecc. (è possibile che io abbia fatto degli errori, però. A proposito, non sono affiliato o associato a questo canale in alcun modo; ho fatto questa trascrizione perché mi è piaciuto il video.)-
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    Trascrizione:
    “L'interesse di Manzoni per la lingua è molto precoce, perché ne parla con grande nettezza in una lettera all'amico di una vita, Claude Fauriel, nel 1806. Manzoni aveva appena 21 anni e si rende conto con grande lucidità che, a differenza del francese, che era la lingua largamente compresa da tutti in Francia e la lingua che si sentiva recitare nelle scene, l'italiano esisteva-sono un po’ le sue parole-quasi come una lingua morta, una lingua che esisteva dunque nella realtà scritta, ma non nella realtà parlata.
    Manzoni matura quindi molto presto questa convinzione, secondo la quale, per usare le sue parole, 'una lingua è un tutto o non è', cioè una lingua deve essere uno strumento che ci serve a muoverci nelle varie contingenze della vita, anche nelle contingenze quotidiane. E l'italiano, un italiano soprattutto se non quasi soltanto scritto, non aveva questa capacità. Proprio il suo forte radicamento nella cultura francese mette Manzoni in una condizione ideale per notare questa differenza.
    Il problema della lingua si affaccia all'orizzonte del Manzoni quando si dedica, negli anni venti dell'Ottocento, al romanzo. Il romanzo, quello che noi conosciamo con il titolo definitivo dei 'Promessi Sposi', passa attraverso varie redazioni.
    La prima, che non ha titolo e che viene normalmente disegnata come 'Fermo e Lucia' dai nomi che avevano i due protagonisti, Fermo destinato a diventare Renzo, è una lingua che Manzoni si sforza di rendere viva, di rendere moderna, ma non è soddisfatto.
    Lo dice lui stesso, nella seconda introduzione scritta a questa fase, a questa redazione, definendola “scritta male” addirittura, un composto indigesto non ben digerito di frasi un po' lombarde, un po' francesi, un po' tratte per così imitazione da questa o da quella lingua.
    Il giudizio è molto severo, ma ci dice bene quanto Manzoni fosse insoddisfatto di una lingua che non avesse una ricaduta immediatamente pratica. Successivamente si ha la prima edizione, 1825-27, che presenta molte diversità di contenuto rispetto alla fase precedente ma sostanzialmente coincide come scelte linguistiche.
    E negli anni successivi, soprattutto a metà degli anni trenta dell'Ottocento, Manzoni si convince che un modello c'è e il modello è il fiorentino colto dell’epoca, il fiorentino realmente parlato. Manzoni si dedica a colloqui con fiorentini in carne ed ossa per cogliere gli aspetti vivi della parlata. E una fonte privilegiata è una certa Emilia Luti, che era la governante delle figlie, una donna della buona borghesia fiorentina, ma senza nessuna cultura speciale. Però, Manzoni dava grandissima importanza al giudizio di questa parlante e noi abbiamo ancora conservati nei bigliettini in cui Manzoni poneva dei quesiti: "Si dice così o colà?" e Emilia Luti puntualmente, naturalmente, rispondeva. E perlopiù, Manzoni tiene conto dell'oracolo, come dissero i suoi avversari linguistici, dell'oracolo di questa Emilia Luti.
    Il risultato è consacrato dall'edizione definitiva dei 'Promessi Sposi', uscita tra 1840 e '42, quella in cui noi leggiamo il romanzo. È una lingua in cui si abbandonano i residui lombardismi della fase precedente; ‘martorello’, per esempio, diventa 'sempliciotto'. Ma soprattutto si svecchia la lingua di una sua componente letteraria.
    Citiamo solo due esempi: oggi il pronome personale di terza persona che tutti noi usiamo parlando è 'lui', non 'egli'. Sì, ‘egli’ esiste, ma insomma, non lo diremmo, è un tono libresco. Manzoni adotta 'lui' con grande regolarità nei 'Promessi Sposi' come pronome soggetto. Oggi, la prima persona dell'imperfetto indicativo esce in 'o'. 'Io avevo', 'io cantavo', ma ancora nell'Ottocento, nel primo Ottocento, la forma normale era quella arcaica, 'io cantava'.
    La forma in 'o', di cui Bembo, il grande codificatore della grammatica, non parla; a Roma, si direbbe non se la fila proprio questa forma che pure esisteva. La forma in ‘o’ era emarginata dai grammatici perché è estranea al fiorentino più antico. Manzoni la usa quasi sistematicamente ed è la forma che noi usiamo. Ma, a parte questi singoli esempi, pensiamo ai famosi anacoluti di Manzoni, cioè alla riproduzione di modalità del parlato extra-grammaticali. "Noialtri monache, ci piace sentir le storie per minuto,” dice la Gertrude. Tutte frasi che Manzoni usa per dare vivacità, realtà, al parlato dialogico.
    Naturalmente, i 'Promessi Sposi' restano una grande opera letteraria e quindi Manzoni, all'occorrenza, sa usare anche delle forme molto letterarie. Pensiamo all'addio ai monti dell'ottavo capitolo dei 'Promessi Sposi', che è uno squarcio, un vero e proprio squarcio lirico, al punto tale che Manzoni, una cifra caratteristica del quale è l'ironia, alla fine dice "Tali parole, queste parole se non tali appunto, furono le parole a cui pensava Lucia." Si rende conto che questa aulica rappresentazione dell'addio ai monti, dell'allontanarsi dal paesello natale, non poteva essere espressa da una semplice ragazza come Lucia in quella forma, e quindi ricorre a questo distanziamento. Ciò non toglie che nell'addio ai monti, Manzoni aveva usato 'natale', e 'natale' come aggettivo viene sostituito con 'natio'. 'Natio' è la forma più letteraria che però Manzoni ha ritenuto più adatta nell'accensione lirica di quello squarcio.”

  • @gulnarz2954
    @gulnarz2954 2 ปีที่แล้ว +6

    Che bella pronuncia Dott.Serianni! A molto piacere ascoltare perchè sto studiando la lingua italiana. Le ringrazio.

  • @raffarafano
    @raffarafano 4 ปีที่แล้ว +8

    Il prof. Serianni ha una chiarezza espositiva notevole, e per questo lo apprezzo molto.

  • @sdachannel7331
    @sdachannel7331 6 ปีที่แล้ว +2

    ascolta anche I TEMI DELL'UMANO: Nigro/ Ginzburg "La famiglia Manzoni" (Einaudi)

  • @ClaireIamma
    @ClaireIamma ปีที่แล้ว +1

    Serianni aveva una voce bellissima, limpida, pulita. 🪦

  • @storiadelfalsetto
    @storiadelfalsetto 2 ปีที่แล้ว +1

    Forza, professore FORZAAAAA

  • @verameandri
    @verameandri 4 ปีที่แล้ว +1

    Meraviglioso

  • @jordantsak7683
    @jordantsak7683 4 ปีที่แล้ว

    Ma certo che la lingua italiana era una lingua parlata e non soltanto scritta. Era la lingua de la città di Firenze. La lingua francese era la lingua di Parigi e non era facilmente compresa in tutta la Francia.

    • @momitss9568
      @momitss9568 3 ปีที่แล้ว +8

      Questo ragionamento aveva forse senso nel medioevo ma non nell'Ottocento, dove il francese era parlato da tutti i francesii ed era la lingua franca (il ruolo che ha l'inglese oggi nel mondo).

    • @richardaerts2735
      @richardaerts2735 3 ปีที่แล้ว +1

      @@momitss9568 In senso assoluto presumibilmente tutti i francesi parlavano la stessa lingua della loro capitale, ma relativamente ad una situazione concreta di diglossia non c'erano stati molti coloro che ne avevano una conoscenza veramente adeguata. Magari nelle maggiore città francese nell'ottocento fosse proprio così come dice Lei, ma il contadiname (ed anche le piccole città del paese) non era maggiormente di lingua francese fino all'epoca della prima guerra mondiale e al di là giacché fino al tempo di Jules Ferry, il primo ministro che istituì la scuola pubblica obbligatoria e laica, molti di questi francesi non erano in grado nemmeno di esprimersi in francese, e stiamo parlando principalmente delle donne e della gente di campagna ma non solo. Alla luce dell'abbandono odierno delle lingue "regionali" è da stupirsi che nella Bretagna dell'inizio del 20esimo secolo, per esempio, quasi il 90% delle persone era monolingui bretone o che nel sud di Francia l'occitano era ancora la lingua dominante in tutte le sfere della società (benché i borghesi fossero già bilingue), senza parlare di coloro per i quali la lingua quotidiana non era il francese ma l'alsaziano, il corso, il piccardo, il gallo, il normando, l'olandese, il catalano, il basco, il francoprovenzale, il lussemburghese, il lorenese...

    • @italianoetnico.calabreseve9262
      @italianoetnico.calabreseve9262 3 ปีที่แล้ว +8

      @@richardaerts2735 Manzoni stesso definì Lingua Morta l'italiano, nel 1808. Mentre il Francese era la lingua franca del continente Europeo, e non solo.
      Non penso avrebbe riservato lo stesso giudizio al Francese.
      Quindi con tutte l'eventuali difficoltà che hanno avuto alcuni francesi ''periferici'' nel corso dei secoli, non è paragonabile alla situazione dello stato unitario italiano.
      In italia la lingua è diventata ''nazionale'' con l'arrivo della TV, intorno al 1960 circa.

    • @togasso
      @togasso 2 ปีที่แล้ว

      il francese era la lingua diplomatica europea, dei nobili, dell'elite. Se poi si considera lo scritto, reso apposta difficile per dividere la società in classi sociali, è una vera e propria lingua burocratica. Lo sciovinismo francese ha imposto con la forza questa lingua finta, distruggendo per sempre il provenzale e il bretone, parlati, soprattutto il primo, in buona parte della Francia.