Uno Spirito razionale autocosciente forma e guida la realtà , la storia secondo Hegel . Certo con questa tesi di base e il procedimento dialettico proposto , imposto come trascendentale gnoseologico : il risultato , il conosciuto , la realta non può che confermare la tesi . Il rischio è una tautologia da tesi e verifica . La tesi posta infatti non è soggetta a possibili falsificazioni della realtà . Siamo nell' idealismo filosofico puro .
debbo risponderle come già ho risposto ad altri: io hegel non l'ho capito, ma almeno SO di non averlo capito. la "sua" (si fa per dire) interpretazione - di questo son certo - non gli rende ragione: se c'è petizione di principio, in hegel, non è di sicuro tanto rozza. e poi mi pare che lo "Spirito" NON SIA AFFATTO autocosciente DALL'INIZIO, ma LO DIVENGA... NEL FILOSOFO (degno di tal nome!)! si legga bene quel che dice qui sotto il prof ("l'assoluto... deve finitizzarsi per divenire sapere di sè"!) I I V forse mi sbaglio, ma mi sembra che qui "Dio" vada scritto... tra 2 infinità di virgolette
@@malachig.s.lodson3984 non credo proprio , se si vede come l'idealista si imposta fin dall, 'inizio : non sull' oggettp , ma sulla coscienza base di ogni intellezione . Lei interpreta erroneamente per tanto la coscienza come un processo empirico accumulativo , un contenitore vuoto che si riempe con l'imissione di dati esterni che poi sarebbe interiorizzati e maturati per diventare magicamente intelligenza , autocoscienza . Lo Spirito di Hegel invece è gà Logos , ragione che sa di essere , non può non essere originariamente strutturato come già coscienza di sè , non ovviamente coscienza assoluta , ma certo con un legame intimamente e non casualmente con l'Essere . L' assoluto è sempre un itinerario , lo sfondo che attiva il movimento del sapere , come in tutto l'idealismo tedesco . Il processo poi espansivo poi necessario e evolutivo di tale coscienza autocosciente , è spiegato certo con vari stadi e identificato nell'individuo , e in cicli storici . Ma lo Spirito viene per forza prima , non è inanzitutto un acquisizione empirica ma un soggettività intelligente e attiva , un intelligenza conoscitiva e autofondativa . Questo fu già spiegato da Cartesio . Se poi c'è chi ha voluto inquadrare Hegel in un piano materialista tout court , non ha seguito molto l'dealismo tedesco o ha voluto piegarlo a certe derive scientiste , o politicizzate che pure fanno comodo oggi ad abolire qualunque differenza tra umano . soggettività , e intelligenza artificiale , un cervello vuoto da riempire come è considerato fin oggi il cittadino , lo studente , da una società che trae interesse enormi in questa infinita manipolabilità empirica , datista .
Questa è la tesi della destra hegeliana, o meglio è il modo in cui costoro interpretano la concezione hegeliana dell'assoluto. Interpretazione importante, che però rimuove un elemento fondamentale della filosofia di Hegel: nelle sue opere non vi è traccia di un ente trascendente dotato di autocoscienza, anzi troviamo in continuazione la critica della trascendenza, e di un infinito opposto al finito, ma non troviamo neppure la nozione di un macrosoggetto immanente (un'anima del mondo). La sua tesi è infatti che l'autocoscienza implica la finitezza («l'assoluto è mediato solo tramite la coscienza o lo spirito finito, così che esso deve finitizzarsi per diventare, tramite questa finitizzazione, sapere di sé») [Lez. Fil. della Religione]. Insomma solo nell'uomo Dio ottiene l'autocoscienza (è il grande tema hegeliano dell'incarnazione). Dunque l'assoluto diventa propriamente se stesso (cioè autocosciente) solo nel finito (che solo in questo momento diventa assoluto). "Dio è Dio, solo in quanto sa se stesso; il suo sapere sé è, inoltre, la sua autocoscienza nell’uomo e il sapere che l’uomo ha di Dio" (Enc.)
@@luciocortella6131 Prof. , grazie per la risposta e Buon Anno. Hegel continua ad essere troppo complicato per me. Facevo una constatazione elementare: se l’assoluto è il tutto , comprende già l’autocoscienza, altrimenti è limitato e non è assoluto: qualsiasi movimento gli è superfluo. Ma probabilmente non riesco proprio ad accettare l’idea hegeliana di assoluto quale soggetto ( il “mio” assoluto è il tutto -nel quale è immerso l’essere umano -, la cui conoscenza da parte dell’uomo è in progressivo divenire : troppo semplice?).
La sua è una grande tesi filosofica, ed è quella di Spinoza: Dio è la totalità (dei pensieri e dei corpi, delle idee e delle cose). Hegel ritiene quella filosofia "perfettamente vera" ma non "la più alta". Perché non è soggetto, non è autocosciente. Il passaggio da un assoluto inteso come sostanza a un assoluto inteso come soggetto avviene alla fine del secondo libro della Logica e Hegel chiama quel passaggio "confutazione dello spinozismo". È uno dei luoghi più ardui della filosofia di Hegel ma anche dei più affascinanti. Troppo complicato da spiegare in poche battute.
C'è nello spinozismo un che di dogmatico, di immediato...un'immanenza ingenua che ancora non ha sviluppato (faticosamente) tutti i rapporti che il concreto potenzialmente offre. Manca, oltre che il soggetto, la storia nella sostanza spinoziana. Possiamo dire così?
Fantastica capacità comunicativa. Grazie
Magnifico grazie!
Grazie della condivisione. Schopenhauer non aveva proposto tutti i torti :)
Uno Spirito razionale autocosciente forma e guida la realtà , la storia secondo Hegel . Certo con questa tesi di base e il procedimento dialettico proposto , imposto come trascendentale gnoseologico : il risultato , il conosciuto , la realta non può che confermare la tesi . Il rischio è una tautologia da tesi e verifica . La tesi posta infatti non è soggetta a possibili falsificazioni della realtà . Siamo nell' idealismo filosofico puro .
debbo risponderle come già ho risposto ad altri: io hegel non l'ho capito, ma almeno SO di non averlo capito.
la "sua" (si fa per dire) interpretazione - di questo son certo - non gli rende ragione: se c'è petizione di principio, in hegel, non è di sicuro tanto rozza.
e poi mi pare che lo "Spirito" NON SIA AFFATTO autocosciente DALL'INIZIO, ma LO DIVENGA... NEL FILOSOFO (degno di tal nome!)!
si legga bene quel che dice qui sotto il prof ("l'assoluto... deve finitizzarsi per divenire sapere di sè"!)
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forse mi sbaglio, ma mi sembra che qui "Dio" vada scritto... tra 2 infinità di virgolette
@@malachig.s.lodson3984 non credo proprio , se si vede come l'idealista si imposta fin dall, 'inizio : non sull' oggettp , ma sulla coscienza base di ogni intellezione . Lei interpreta erroneamente per tanto la coscienza come un processo empirico accumulativo , un contenitore vuoto che si riempe con l'imissione di dati esterni che poi sarebbe interiorizzati e maturati per diventare magicamente intelligenza , autocoscienza . Lo Spirito di Hegel invece è gà Logos , ragione che sa di essere , non può non essere originariamente strutturato come già coscienza di sè , non ovviamente coscienza assoluta , ma certo con un legame intimamente e non casualmente con l'Essere . L' assoluto è sempre un itinerario , lo sfondo che attiva il movimento del sapere , come in tutto l'idealismo tedesco . Il processo poi espansivo poi necessario e evolutivo di tale coscienza autocosciente , è spiegato certo con vari stadi e identificato nell'individuo , e in cicli storici . Ma lo Spirito viene per forza prima , non è inanzitutto un acquisizione empirica ma un soggettività intelligente e attiva , un intelligenza conoscitiva e autofondativa . Questo fu già spiegato da Cartesio . Se poi c'è chi ha voluto inquadrare Hegel in un piano materialista tout court , non ha seguito molto l'dealismo tedesco o ha voluto piegarlo a certe derive scientiste , o politicizzate che pure fanno comodo oggi ad abolire qualunque differenza tra umano . soggettività , e intelligenza artificiale , un cervello vuoto da riempire come è considerato fin oggi il cittadino , lo studente , da una società che trae interesse enormi in questa infinita manipolabilità empirica , datista .
Ma se l’assoluto è mancante della coscienza di sé non è assoluto: l’assoluto che da sempre è consapevole di sé non può che essere Dio.
Questa è la tesi della destra hegeliana, o meglio è il modo in cui costoro interpretano la concezione hegeliana dell'assoluto. Interpretazione importante, che però rimuove un elemento fondamentale della filosofia di Hegel: nelle sue opere non vi è traccia di un ente trascendente dotato di autocoscienza, anzi troviamo in continuazione la critica della trascendenza, e di un infinito opposto al finito, ma non troviamo neppure la nozione di un macrosoggetto immanente (un'anima del mondo). La sua tesi è infatti che l'autocoscienza implica la finitezza («l'assoluto è mediato solo tramite la coscienza o lo spirito finito, così che esso deve finitizzarsi per diventare, tramite questa finitizzazione, sapere di sé») [Lez. Fil. della Religione]. Insomma solo nell'uomo Dio ottiene l'autocoscienza (è il grande tema hegeliano dell'incarnazione). Dunque l'assoluto diventa propriamente se stesso (cioè autocosciente) solo nel finito (che solo in questo momento diventa assoluto). "Dio è Dio, solo in quanto sa se stesso; il suo sapere sé è, inoltre, la sua autocoscienza nell’uomo e il sapere che l’uomo ha di Dio" (Enc.)
@@luciocortella6131 Prof. , grazie per la risposta e Buon Anno. Hegel continua ad essere troppo complicato per me. Facevo una constatazione elementare: se l’assoluto è il tutto , comprende già l’autocoscienza, altrimenti è limitato e non è assoluto: qualsiasi movimento gli è superfluo. Ma probabilmente non riesco proprio ad accettare l’idea hegeliana di assoluto quale soggetto ( il “mio” assoluto è il tutto -nel quale è immerso l’essere umano -, la cui conoscenza da parte dell’uomo è in progressivo divenire : troppo semplice?).
La sua è una grande tesi filosofica, ed è quella di Spinoza: Dio è la totalità (dei pensieri e dei corpi, delle idee e delle cose). Hegel ritiene quella filosofia "perfettamente vera" ma non "la più alta". Perché non è soggetto, non è autocosciente. Il passaggio da un assoluto inteso come sostanza a un assoluto inteso come soggetto avviene alla fine del secondo libro della Logica e Hegel chiama quel passaggio "confutazione dello spinozismo". È uno dei luoghi più ardui della filosofia di Hegel ma anche dei più affascinanti. Troppo complicato da spiegare in poche battute.
C'è nello spinozismo un che di dogmatico, di immediato...un'immanenza ingenua che ancora non ha sviluppato (faticosamente) tutti i rapporti che il concreto potenzialmente offre. Manca, oltre che il soggetto, la storia nella sostanza spinoziana. Possiamo dire così?
Tosto