Maria Valtorta - Quad. - 11 mag. 1944: Non uscite fuor dalla triplice barriera delle teologali virtù

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  • เผยแพร่เมื่อ 26 ม.ค. 2025
  • Maria Valtorta - Quaderni - 11 maggio 1944: Non uscite fuor dalla triplice barriera delle teologali virtù, dalla sicura difesa delle quadruplici virtù cardinali.
    Dice Gesù:
    «Vieni. Esci per un poco dalla tua carcere. Metti la tua mano nella mia mano. Io ti voglio condurre con Me. Il calore della mia ferita scalderà il gelo della tua mano e più ti scalderà il cuore.
    Sai come si fanno gli innesti? In due modi. L’uno, radicale, è quando di una pianta selvatica si vuole fare una pianta buona. Allora si amputa totalmente la chioma e sui poveri monconi che restano, aperti e - se le piante avessero voce - gementi di dolore, si incastrano, negli spacchi, i polloni d’innesto. Poi si lega e si attende. La linfa dell’albero buono si mescola a quella della pianta selvatica, e se in essa vi è capacità di fusione e di attrazione la linfa benefica prende dominio e vince. L’albero diviene buono e fruttifero.
    Vi è poi la perfezione ottenuta dagli esperti per fare di due piante buone una superqualità nuova e buonissima. Allora non si amputa brutalmente la pianta. Non ve ne è più bisogno poiché è già buona. Si avvicinano soltanto le due piante buone, si scortica uno o più rami di quella che si vuol fecondare con questo connubio vegetale, e contro alla scorticatura - ferita che duole e brucia ma che darà gloria all’albero - si accostano, ben stretti, altri rami, quelli della pianta fecondatrice, e si legano di modo che le gemme della seconda si saldino sulla ferita della prima e ne vengano rami che alle virtù originarie uniscano le virtù innestate.
    Maria, il Battesimo, e i Sacramenti in genere, sono l’innesto totale che sulla mala pianta dell’uomo, macchiato dalla colpa d’origine, innestano la Grazia e ve la mantengono per successivi innesti, poiché la pianta-uomo è di sua natura respingente gli effetti della Grazia, del divino innesto.
    Non sempre, anzi raramente, il mio Sangue, la mia Carne, il mio Martirio e il Fuoco Paraclito possono di voi, selvatici, fare delle piante di celeste frutto. Manca in voi volontà di divenirlo. Ma in coloro che hanno tale volontà - ed essa è la nota predominante del loro canto d’amore - l’Amore pratica un altro innesto. Ed è quello della fusione con Me. Io allora prendo per mano e la cicatrice, non mai completamente guarita, della mia mano versa i suoi ardori e i suoi germi nel vostro essere e vi marca a fuoco indelebile.
    Non occorre esser capitozzati come per il primo innesto. La Grazia è già in voi. Ma occorre esser lacerati dal Dolore, mio Araldo, per potere ricevere, con immediata vitalità, il benefico mio contatto. E quanto più grande è la ferita che vi lede e tanto più posto vi è perché Io vi appoggi le mie Ferite. Se siete tutti una ferita, se da capo a piedi non siete che lacerazione e dolore, ecco che allora Io vi stringo a Me, ad ogni Ferita mia corrisponde una vostra e come per una spirituale trasfusione il Sangue passa da Me, ferito, a voi, feriti. La sofferenza è atroce. Lo so. Ma la reazione è sublime.
    Io sono adagiato su te, Maria. Tu non te ne accorgi. Non te ne puoi accorgere perché sei morente di dolore. Io, dall’ora sesta all’ora di nona, non vedevo neppur più la Madre mia… Il dolore mi rendeva capace solo di sentire il dolore. Cielo, sole, folla, e urla e gemiti e fischi di vento, tutto annullato nel dolore atroce della finale agonia, della Redenzione. Sapevo che mia Madre era ai piedi della croce. Ma più che le tenebre sempre più fitte me la nascondeva il dolore. Dolore di suppliziato e dolore di abbandonato da Dio. E Io soltanto so quanto avrei voluto vederla per trovare un conforto in tale desolazione!…
    Ma Io ora ti prendo per mano e ti dico: “Scendi dalla tua croce e vieni con Me, fuori delle tenebre, per un poco d’ora. Ti voglio parlare di un punto che uno, a Me e a te caro, ha desiderato, e sul cui argomento non ho parlato prima perché lo serbavo ad ora”.
    Dice il mio Pietro: “…Il diavolo, vostro avversario, come leone ruggente vi gira intorno cercando chi divorare; resistetegli forti nella fede, sapendo che i vostri fratelli dispersi nel mondo soffrono gli stessi vostri patimenti”.
    Nelle contrade africane dove abita il leone sanno, uomini e bestie, come regolarsi con esso. Una volta ti ho portata meco in oriente presso una fonte ricca d’acque… e ti ho detto: “Sii come questa”. Oggi ti porto con Me nelle eterne foreste i cui giganti arborei sono i pronipoti di quelli emersi dal nulla per volere del Padre e che mirarono gli occhi attoniti dei primi padri. Così vedrai qualcosa di diverso da quanto ti immelanconisce.
    Guarda. Alte contro al cielo, di un azzurro più scuro dei miei stessi occhi, stanno le cime di questi millenari giganti verdi. E si intrecciano le une alle altre per parlare lassù, ai venti e alle stelle, delle sottostanti vicende che esse non vedono poiché il tetto verde le cela.
    Sotto è il sottobosco, folto come un labirinto, intricato di liane e di radiche che paiono serpenti, e ornato dei traditori monili che sono le serpi in agguato....

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