Maria Valtorta - Quaderni - 23 marzo 1944: Visione della Resurrezione di Lazzaro

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  • เผยแพร่เมื่อ 17 ม.ค. 2025
  • Maria Valtorta - Quaderni - 23 marzo 1944: Visione della Resurrezione di Lazzaro
    Vedo svolgersi la seguente visione, di cui ho avuto un segnale nell’apparizione di Lazzaro che le ho detta a voce.
    Un uomo si avvicina al gruppo apostolico, radunato in una poverissima casa di un posto che non si può neppure chiamare paese tanto è meschino. È già fargli grazia a chiamarlo villaggio. È una manciatina di casupole motose (sembrano fatte proprio di mota e di canne) di un solo piano: il terreno, senza terrazze, senza nulla di gradevole all’aspetto, seminate lungo una stradetta polverosa che finisce in un canneto frusciante, come se ne vedono presso i corsi fluviali. Le canne non sono come le nostre, ma su per giù come se ne vedono presso le risaie, non so il nome esatto di queste erbe fatte di uno stelo lungo e cilindrico, ornate di foglie nastriformi e di una bacca lunga quanto un dito, che sarà il fiore o il frutto di questa erba lacustre.
    L’uomo parla a Pietro e questo si avvia verso un secondo ambiente, seguito dall’uomo. Entra in questa stanza, dove è Gesù seduto sulla sponda di un povero letto, che è anche l’unico mobile della stanza piccola e bassa.
    L’uomo saluta e Gesù risponde al saluto sorridendo. Comprendo che conosce quell’uomo perché gli chiede: “Che nuove mi porti?”.
    “Mi mandano le mie padrone a dirti di andare subito da loro perché Lazzaro è molto malato e il medico dice che morrà. Marta e Maria te ne supplicano. Vieni, perché Tu solo lo puoi risanare”.
    “Di’ loro che stiano tranquille. Questa non è infermità da morirne, ma è gloria di Dio affinché la sua potenza sia glorificata nel Figlio suo”.
    “Ma è molto grave, Maestro. La sua carne cade in cancrena ed egli più non si nutre. Ho sfiancato il cavallo per giungere più in fretta”.
    “Non importa. È come Io dico”.
    “Ma verrai?”.
    “Verrò. Di’ loro che verrò e che abbiano fede”.
    L’uomo saluta e se ne va. Pietro lo riaccompagna e Gesù rimane solo.
    Fin qui la prima parte della visione. La seconda parte è questa.
    Siamo ancora nella povera casa di prima. È sera. Già le prime stelle si accendono in cielo e le canne in fondo alla via si agitano nella brezza serale battendo insieme i loro bizzarri frutti, che suonano come piccole nacchere, e scuotendo i nastri delle foglie che frusciano come seta.
    Gli apostoli congedano gli ultimi che ancora si ostinano a rimanere per sentire ancora Gesù, e chiudono la porta in faccia a tutti. Nell’interno un lume ad olio rischiara le pareti scure sulle quali si riflettono le ombre mobili degli apostoli intenti a preparare un po’ di cena.
    Gesù è seduto presso un rustico tavolo e sta col gomito appoggiato ad esso e la fronte appoggiata sulla mano. Pensa. Si astrae, nel suo pensare, dalle parole e dai fatti degli altri.
    Pietro, con una manciata di foglie che mandano un odore amarognolo, spazza il tavolo dalla polvere che vi può esser sopra e vi appoggia sopra un pane, un’anfora piena d’acqua, una coppa per Gesù - che si versa subito da bere come avesse arsione dopo avere parlato per tutta la giornata alle turbe - e un’altra coppa per tutti loro. Poi Andrea porta dei pesci arrostiti, e li pone in mezzo alla tavola, e dei pani. Giovanni prende il lume, che era verso il focolare, e lo pone in mezzo al tavolo.
    Gesù si alza mentre tutti si avvicinano alla tavola. Pregano tutti in piedi. Gesù, veramente, prega per tutti tenendo il pane sulle palme alzate al cielo e gli altri seguono mentalmente la preghiera. Poi siedono, come possono, perché l’arredamento è molto scarso, e Gesù distribuisce il pane e i pesci.
    Mangiano e parlano degli avvenimenti della giornata, e Giovanni ride di gusto rievocando lo sdegno di Pietro per la pretesa di quell’uomo che voleva che Gesù andasse da lui per guarire le sue pecore malate. Gesù sorride e tace.
    Verso la fine del pasto, Gesù, come prendendo una decisione e annunciandola, disunisce le mani che teneva appoggiate al tavolo e, allargando gli avambracci (come per dire: “Dominus vobiscum”), dice: “Eppure bisogna andare”.
    “Dove, Maestro?” chiede Pietro. “Da quello delle pecore?”. Si capisce che questa faccenda delle pecore non gli va giù.
    “No, Simone. Da Lazzaro. Torniamo in Giudea”.
    “Maestro, ricorda che i giudei ti odiano” (Pietro).
    “Volevano lapidarti or non è poco” (Giacomo).
    “Ma, Maestro, questa è una imprudenza” (Matteo).
    “Non ti importa di noi?” (Giuda Iscariota).
    “Oh! Maestro, tutela la tua vita! Che sarebbe di me, di tutti, se non ti avessimo più?”. Giovanni è l’ultimo a parlare apertamente. Gli altri sette parlottano fra di loro e non nascondono che disapprovano.
    “Pace, pace” risponde Gesù. “Non è forse di dodici ore la giornata? Se uno cammina di giorno non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte inciampa perché non ci vede. Io so quello che mi faccio perché la Luce è in Me. Voi lasciatevi guidare da Chi ci vede. E poi sappiate che, sinché non è l’ora delle tenebre, nulla di tenebroso potrà avvenire....

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