FILOSOFIA E DESTINO - EP-30: Permanenza e inscindibilità della relazione

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  • เผยแพร่เมื่อ 22 มิ.ย. 2024
  • L'identità è l'unità di un molteplice, ossia è ciò che permane nel fluire degli essenti diversi che via via appaiono, è ciò che tali essenti hanno in comune tra loro e che si perfeziona, ossia diventa un perfetto, nel momento in cui non appare più. L'apparire dell'essente è dunque l'apparire di una serie di essenti e il loro scomparire, i quali sopraggiungono uno 'sopra' l'altro conservando l'essente oltrepassato nella permanenza dell'identità del molteplice. La differenza è dunque ciò che tutti gli essenti che appaiono hanno in comune.
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    Filosofia e Destino è un canale video curato da Alessandro Tuzzato e Sergio Piccerillo e fa espressamente riferimento al gruppo Facebook "Filosofia e Destino" che trovate a questo indirizzo " / filosofiaedestino " .
    Il canale è dedicato alla filosofia in generale e alla filosofia di Emanuele Severino in particolare.
    Crediti:
    Nella sigla iniziale:
    Sonata a violino solo di
    J. G. Pisendel
    la musica di sottofondo:
    G.Torelli_Preludio per violino solo
    Esecutrice violino:
    Roberta Marzoli

ความคิดเห็น • 8

  • @marcorossi189
    @marcorossi189 16 วันที่ผ่านมา

    Ascoltando con interesse il Vostro video, mi sono sorte alcune considerazioni che vorrei porvi.
    Chiamo “ente” un aspetto dell’essere concreto, e chiamo “essente” ciò che dell’ente appare nel cerchio finito dell’apparire, ed è lo stesso ente, ma filtrato, impoverito, astratto. Essendo l’essente un sottoinsieme dell’ente (un suo astratto), è presente per intero nell’ente stesso, non è necessario teorizzare un ché di comune ai due. Per fare un esempio: l’ente, fin che si trova illuminato dalla piena luce del concreto, risulta a colori, ma appena sorge nel cerchio finito, alla sua fievole luce ecco che appare in bianco e nero.
    .
    Riguardo alla questione del “ricordo”, dell’essente tramontato, non lo vedo come un residuo (psichico-mnemonico) dell’essente stesso, si tratta di un ulteriore essente che appare, inviato - per necessità - dal Destino della necessità. Circa l’evidente relazione fra i due, a mio modo di vedere, si tratta della stessa relazione necessaria che lega indissolubilmente tutti gli enti dell’Unico essere concreto. Succede che alla memoria appaiono ricordi che mostrano lati mai notati prima, di essenti da lungo tempo tramontati. È chiaro che i ricordi non sono residui sbiaditi di essenti tramontati, ma sono essenti del tutto nuovi, che appaiono alla stregua di qualunque altro essente. La cometa è composta dalla testa e dalla coda, ma ogni granello del pulviscolo della coda è un essente a sé stante, anche se legato necessariamente al resto della coda.
    .
    Infine: è proprio vero che noi siamo “volontà”? Qualunque scrittore, o pittore, che provi la sindrome del foglio bianco, o della tela bianca, sperimenta la disillusione circa il potere effettivo della sua volontà. Per trovare una bella conchiglia, non basta la volontà di passeggiare lungo la spiaggia. Penso che anche la volontà, che percepisco come ciò che mi spinge a muovermi, sia un essente che mi appare, e mi appare non perché sia parte di me, e che io ne possa liberamente disporre, ma perché è nel Destino della necessità che debba apparirmi.

    • @FilosofiaeDestino
      @FilosofiaeDestino  16 วันที่ผ่านมา

      Essente ed entrare sono lo stesso. Questo per Severino. Ovvero, poiché in molta filosofia si divide l'ente dall'essere, con essente, a mio avviso, si intende rimarcare che si tratta di un unico concetto. Essenza ed esistenza in una indissolubile identità.
      Sul concetto di ricordo abbiamo fatto più di un video proprio per la complessità del discorso. Il ricordo si riferisce senz'altro al ricordato, ovvero all'evento in carne ed ossa.
      La volontà è il sottofondo,la base dell'io empirico. Impossibile uscirne. Viviamo nell'errore della persuasione nichilista anche se parliamo del linguaggio che testimonia il destino, poiché ne siamo isolati. Possiamo solo indicarlo formalmente con un percorso razionale.

  • @giorgioricci8009
    @giorgioricci8009 20 วันที่ผ่านมา

    Avere in comune le differenze significa non avere in comune l’identità. Le differenze in comune tra Socrate in piedi e Socrate seduto sono i due predicati “in piedi” e “seduto”. Di conseguenza tra i due soggetti “Socrate” non c’è identità; e se non c’è identità, è negato l’esser sé dell’essente Socrate, giacché Socrate seduto non è Socrate in piedi, così come non è tutti gli altri Socrate e tutti gli altri Socrate non sono in identità tra loro; sì che alla domanda di un villico: “Siete dunque voi, Socrate?” Il famoso filosofo dovrebbe rispondere, secondo il Destino: “Non lo sono.” Si provi ora a rispondere che, sì, sono lo stesso Socrate. In tal caso salta la legge dell’opposizione universale. Buona giornata.

    • @FilosofiaeDestino
      @FilosofiaeDestino  20 วันที่ผ่านมา

      Probabilmente non siamo stati chiari: tra S seduto e S in piedi non vi è identità, nel senso che sono due diversi essenti. Ma vi è una essenza comune. E inoltre due enti differenti, per poter essere paragonati nella loro differenza, devono poter avere una caratteristica comune, partendo dalla base che è il fatto che sono entrambi essrnti e non nulla, che sono entrambi se stessi e non altro da sé, e nel caso di S che sono entrambe sue configurazioni. Anche S, che risponde alla domanda da Lei citata, ne è una delle infinite configurazioni. Socrate è una moltitudine sottesa ad una identità.
      Per il Destino, l'ente che nella terra isolata è ritenuto essere S è in verità altra cosa. S, per il Destino, è una interpretazione nichilista, un errore, un positivo significare del nulla. Una fede.

    • @giorgioricci8009
      @giorgioricci8009 19 วันที่ผ่านมา

      @@FilosofiaeDestino ragazzi, sapete che vi stimo e vi seguo con grande piacere. non intendo polemizzare. vi ricordo soltanto che l'identità a cui è sottesa una moltitudine di Socrate è, per usare le parole del grande Severino, un contenuto che non appare. è questo che, secondo me, rende problematico l'esser sé dell'essente per chi voglia davvero "salvare i fenomeni". un saluto. e grazie della risposta.

    • @alessandrotuzzato6620
      @alessandrotuzzato6620 15 วันที่ผ่านมา

      @@giorgioricci8009 Salve Giorgio, grazie per i complimenti, e mi scusi per il ritardo.
      Avremmo piacere di chiederLe dove Severino esprime il concetto che l'identita' a cui e' sottesa una moltitudine non appare.
      Cosi' magari possiamo assieme approfondire il discorso.
      A presto

    • @giorgioricci8009
      @giorgioricci8009 15 วันที่ผ่านมา

      @@alessandrotuzzato6620 mi rifaccio a studi della filosofia della prassi, ove si dice che l'uomo che muove la mano a destra non è l'uomo che muove la mano a sinistra. per Severino, come è noto e diversamente da Occam, entia sunt multiplicanda praeter necessitatem, giacché ogni più lieve movimento è un essente e un eterno. ora, a me pare molto problematico che Socrate seduto e Socrate in piedi siano "lo stesso" Socrate, oppure anche che non lo siano. per quel che vale, lo ripeto da tempo: se è "lo stesso", salta l'opposizione universale (perché Socrate in piedi e Socrate seduto appartengono a due cerchi diversi); se non sono "lo stesso" salta l'esser sé dell'essente, perché Socrate dovrà essere indicato con un segno diverso, ossia con altro nome, non essendo "lo stesso". Grazie, ragazzi. spero possiate risolvere i miei dubbi. anche perché non finiscono qui. 😉 un caro saluto

    • @alessandrotuzzato6620
      @alessandrotuzzato6620 15 วันที่ผ่านมา

      Ciao Giorgio. Poiché l'ente, l'essere, la determinazione è un significato, cosi come le relazioni tra gli enti sono significati, proprio prendendo come esempio il libro Studi di filosofia della prassi, invito a leggere la seconda metà di pagina 209.
      In pratica se una biro prima era sul tavolo nel punto P e poi si trova nel punto P1, vi è un differenziarsi dell'identico; vi sono due differenti significati che appunto da un lato richiamano una identità (la biro) e dall'altra un cambio di significato riferito alla relazione prima con P e poi con P1. Se non apparisse una identità non si potrebbe significare nulla ( così come nel linguaggio si usano stesse parole per frasi diverse. Indispensabile un fattore semantico in comune). Quindi perché l'esperienza abbia un significato logico e semantico occorre un succedersi di configurazioni in cui appare una differenza sottesa ad una identità, ad un significato permanente che porti ad una varia,zone significante.