Ringrazio per la risposta. Procedendo di deduzione in deduzione mi vien voglia di ritornare a Parmenide dopo Severino: tutto ciò che appare è apparenza, illusione senza troppe complicazioni. Ma Severino sotto sotto, a differenza di Parmenide, forse VUOLE la salvezza.
L'apparenza è una delle forme dell' apparire. Ma non tutto l'apparire (ci mancherebbe) è apparenza. Parmenide ha considerato le cose non essere ma apparenza. Severino ritiene 'essere' anche la più ombratile delle cose. Credo anche io che S. 'voglia' la salvezza e leggendo i suoi scritti sembra davvero che ne appaia la necessità.
Ringrazio per la risposta.
Procedendo di deduzione in deduzione mi vien voglia di ritornare a Parmenide dopo Severino: tutto ciò che appare è apparenza, illusione senza troppe complicazioni.
Ma Severino sotto sotto, a differenza di Parmenide, forse VUOLE la salvezza.
L'apparenza è una delle forme dell' apparire. Ma non tutto l'apparire (ci mancherebbe) è apparenza.
Parmenide ha considerato le cose non essere ma apparenza. Severino ritiene 'essere' anche la più ombratile delle cose.
Credo anche io che S. 'voglia' la salvezza e leggendo i suoi scritti sembra davvero che ne appaia la necessità.
Ok osservo però che questa salvezza è ricavata da una catena di deduzioni. Domanda: questa salvezza è pensata o è vissuta?