LA MATEMATICA DEL CAPITALISMO: LA RATIO DEL CALCOLO VS IL DESIDERIO DI SAPERE

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  • เผยแพร่เมื่อ 6 ก.พ. 2025
  • LA MATEMATICA DEL CAPITALISMO: LA RATIO DEL CALCOLO VS IL DESIDERIO DI SAPERE
    La matematica continua a presentarsi come una scienza che consiste in ingegnose operazioni con regole e formule da apprendere al solo scopo di dimostrare di saperne eseguire in maniera corretta il calcolo. Una disciplina che, così come è insegnata, risulta in odio a gran parte degli studenti.
    Al di là della difficoltà di capire di quale realtà ci parla la matematica, la nozione di rapporto o di proporzione in matematica trova con tutta evidenza un’applicazione al mondo reale che è impossibile ignorare, perché finisce per dettare in modo inesorabile le condizioni della nostra esistenza. È la sua applicazione all’economia moderna.
    Leonardo Pisano detto Fibonacci, con il suo Liber abbaci del 1202, nell’introdurre sulla scena del mondo occidentale, ancora attardato nell’antico modo di calcolare con l’uso dell’abaco, i numeri di origine indo-araba, rese possibile nel Duecento la nascita della nuova economia capitalistica basata su misure, calcoli e regole, da allora condivise e diffuse in tutto il mondo.
    Ma la comprensione del rapporto tra matematica e realtà è davvero riducibile alla sola ratio del calcolo, così dominante nell’analisi economica? O non si tratta invece, nel riprendere l‘etimologia della parola “matematica” (dal gr. máthema, traducibile con i termini "scienza", "conoscenza" o "apprendimento", che, a sua volta, deriva dal verbo manthànȏ, “incline ad apprendere”), di considerare la matematica come qualcosa che ci impegna a ri-definire la realtà, a ricercare incessantemente un senso di proporzione (analoghìa) nella sua stessa costruzione?
    Per Roberto Imperiale, una “riappropriazione” della bellezza del mondo e dei linguaggi che la esprimono è possibile a condizione di ripensare il senso della conoscenza nei termini in cui il poeta Novalis scrive a proposito delle formule matematiche: le formule vivono di una vita propria ed è l’analizzarle che consente a noi di capire “la strana relazione tra le cose”, in un'interrotta indagine del mondo.
    (3, continua)

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