Un'analisi grafematica su un testo sciclitano del Cinquecento

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  • เผยแพร่เมื่อ 24 ต.ค. 2024
  • Il processo di beatificazione di Guglielmo Cuffitella, santo patrono di Scicli (RG), si iscrive nel quadro del processo di rafforzamento dell’identità urbana che interessò la suddetta città a partire dal XVI secolo in avanti. Lo studio delle dinamiche sfociate nella concessione del processo per delegatum svoltosi a Scicli, congiuntamente alla ricostruzione del profilo agiografico del santo, hanno contribuito alla rivalorizzazione di un culto la cui memoria si era affievolita nel corso dei secoli. I due volumi degli atti originali del processo di beatificazione (Codice A e Codice B), risalenti al 1538, sono conservati nell’Archivio storico della Chiesa Madre di Scicli. I due codici contengono le dichiarazioni di 63 testimoni, trascritte in volgare dal regio notaio sciclitano Antonio Avarca. In aggiunta, il Codice B riporta le testimonianze di altri 16 sciclitani che furono ascoltati a Palermo in presenza del notaio palermitano Vincenzo Coxia. Il presente studio propone un’analisi grafematica di alcuni grafemi presenti negli atti. L’interesse sarà specificamente rivolto all’uso del digrafo ch, il cui valore fonetico oscilla notoriamente tra [k], [c] e [ʧ] nei testi siciliani medievali, e ancora per gran parte del XVI secolo, in opposizione al digrafo cħ, con titulus orizzontale, dal valore velare. Nel Codice B si riscontra l’estensione del digrafo cħ a contesti non abbreviati, per esempio nel toponimo xicħili, ‘Scicli’, uso documentato negli atti notarili in volgare coevi provenienti dalla non lontana Malta. Tale impiego si configurerebbe come una rarità nel panorama delle scritture in volgare in Sicilia, dal momento che nei testi del XIV e XV sec. cħ si registra per lo più in contesti abbreviati, per esempio xicħ(i)li, come nel Codice A.
    DOI: 10.57596/2-20-18-10-2024

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