Giotto - Ultima Cena. Commento iconografico-spirituale a cura di Alessio Fucile

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  • เผยแพร่เมื่อ 6 ก.ย. 2024
  • Ti presento l’«Ultima Cena», opera del 1303-05 facente parte del ciclo affrescato da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova.
    La famiglia Scrovegni era una delle più ricche e potenti di Padova. Il capostipite, Rinaldo, aveva raccolto un’ingente fortuna attraverso un’abile politica matrimoniale ed esercitando con grande oculatezza l’attività di prestatore di denaro. È lui che Dante Alighieri colloca con disprezzo nel girone degli usurai. Il figlio Enrico, forse per cercare di evitare il destino del padre, si premurò di finanziare anche attività benefiche e religiose e, come una sorta di riscatto, fece erigere la Cappella che dal nome della famiglia prenderà il nome. A decorare la sua chiesa, Enrico Scrovegni chiamò i migliori artisti del tempo: Giotto per le pitture e Giovanni Pisano per le sculture.
    Il riquadro con l’Ultima cena è quello più vicino all’altare, così che il sacerdote officiante lo potesse avere sempre a portata di sguardo mentre rinnovava il memoriale del sacrificio eucaristico ripetendo le parole di Cristo.
    La scena è ambientata in un ambiente di cui si vedono solo due pareti per permettere la visione dell’interno all’osservatore. Le due finestre che si aprono sulla parete di fondo rivelano che l’episodio narrato si svolge la sera. La dignità del luogo è sottolineata dalle ricche decorazioni dell’ambiente come i mosaici cosmateschi entro elementi polilobati e due uccelli scolpiti sul tetto.
    Giotto rappresenta il momento in cui Gesù annuncia il tradimento di Giuda: «"In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà". I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: "Dì, chi è colui a cui si riferisce?". Ed egli, reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse. "Signore, chi è?". Rispose allora Gesù: "È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò"». Eccolo, infatti, Giuda, il primo di spalle a sinistra: vestito d’un manto giallo, infila la mano nella scodella che ha davanti a sé e rimane come impietrito alle parole del Maestro, come se ogni suo gesto o movimento ulteriore potesse denunciarlo ancora più chiaramente agli occhi degli altri commensali. Nel codice iconografico medievale il giallo era considerato il colore del tradimento, quasi si trattasse soltanto di una pallida, volgare imitazione dell’oro, che, invece, ha sempre rappresentato quanto di più luminoso, di più ricco, di più importante vi sia al mondo. Questo è coerente anche in termini religiosi: è proprio l’oro, infatti, ad evocare, nelle icone bizantine come nelle tavole trecentesche, il paradiso dei santi, la luce della fede, la presenza del divino; il giallo, invece, non è che il suo doppio fasullo, scialbo e ingannatore. È il colore dei sentimenti negativi: i personaggi considerati spregevoli o coloro che si erano macchiati di qualche infamia agli occhi dell’opinione pubblica venivano contrassegnati proprio da indumenti e attributi gialli. Così succede per coloro che vengono condannati come falsari (le cui case e botteghe sono marchiate con segni gialli); così avviene anche per gli Ebrei in Europa, costretti a indossare stelle, rotelle o croci gialle per essere riconosciuti a vista.
    Giuda è il solo raffigurato con l’aureola nera, opaca come la fuliggine, privo di quei raggi in rilievo che si irradiano attorno ai volti degli altri discepoli: è già un’anticipazione di quel buio che è penetrato nella sua anima. Le aureole degli altri apostoli appaiono sorprendentemente scure, simili a quella di Giuda, a causa del processo di ossidazione del colore dorato usato in origine. Questa degradazione non ha invece toccato l’aureola di Gesù, che ancora brilla in tutta la sua lucentezza: questo perché per il suo nimbo è stato usato una foglia d’oro zecchino. Negli apostoli di spalle, le aureole sono davanti e non dietro, come dovrebbero essere: si tratta di una piccola anomalia prospettica per permettere di vedere le loro teste.
    Giovanni, l’apostolo più giovane, è chinato sul petto di Cristo, e a occhi chiusi, sembra voler dolcemente ascoltarne i battiti del cuore. Pietro, dietro di lui, rappresentato con capelli corti grigi e la barba dello stesso colore, guarda Gesù con preoccupazione amorevole, con la bocca socchiusa in un sospiro, come se avesse sentito nell’animo che qualcosa del genere stava accadendo.
    Il giovedì santo, la notte del tradimento, ha un’importanza fondamentale per la vita della Chiesa: è la notte dell'istituzione dell'Eucaristia, quindi del più grande dono, ma anche la notte del più grande sfregio, il tradimento di Giuda e la fuga dei discepoli. Colpisce che il grande dono dell’Eucarestia non sia nato in un momento di tranquillità e di maturità, ma in un momento drammatico, di fallimento e tradimento: è segno che anche il fedele cristiano può realizzare qualcosa di grande pur nella sofferenza e nel fallimento.

ความคิดเห็น • 3

  • @mariapisco4460
    @mariapisco4460 5 หลายเดือนก่อน

    La bellezza straordinaria della Cappella degli Scrovegni a Padova,e in particolare l'affresco dell' Ultima Cena,ci riempie gli occhi di stupore ed ammirazione
    Grazie Alessio per il bellissimo commento che rende ancora piu' interessante quest'opera d'arte
    ❤❤❤❤❤❤

  • @ilariapulle4421
    @ilariapulle4421 5 หลายเดือนก่อน

    Grazie infinite, Alessio; che trovata, quella delle aureole per intravedere le teste degli Apostoli!…🙏💝🕊️

  • @graziatavilla6164
    @graziatavilla6164 5 หลายเดือนก่อน

    Ciao padre Alessio