0:00 - Intro 0:59 - Come cucinano le nonne italiane? 3:29 - La carbonara: la prima ricetta prevede aglio, groviera e pancetta 9:52 - A quanto tempo fa risale la tradizione culinaria italiana? 12:19 - Cosa si mangiava secoli fa? 16:28 - La pizza: marketing dei Savoia 19:04 - Il cibo come strumento di consenso politico 20:38 - Gli spaghetti vennero osteggiati dal Fascismo 23:19 - Il ruolo delle Americhe nella tradizione culinaria italiana 27:02 - L'origine di pasta secca e pasta fresca 31:59 - Come mangiavano i nobili? 34:03 - Il vino era terribile un tempo 39:40 - Dalla ruralità all'industrializzazione: il Panettone, il "mulino bianco", Giovanni Rana 44:01 - Un paese che veniva dalla fame prediligeva la quantità alla qualità 46:54 - Il ruolo del marketing nella fusione tra abitudini delle classi basse e classi alte 50:36 - La gastronomia non può essere il perno del nostro sistema 52:54 - Il rapporto travagliato con la ricchezza in Italia e il sogno della ruralità: Pasolini 57:18 - Il termine "tradizione": un tempo di sinistra, ora di destra 1:01:08 - L'Italia importa molto più di quello che esporta: gli OGM 1:04:02 - Il potere della narrazione nel mercato del cibo, basato su storie false 1:07:00 - Il parmigiano del Wisconsin è più vicino alla ricetta originale 1:08:30 - Le storie personali non sono la storia più ampia: la cucina come fattore identitario 1:12:32 - Esiste qualcosa che può rappresentare un'identità, a fronte del continuo cambiamento? 1:18:40 - L'esplosione delle denominazioni italiane 1:22:34 - Di fronte al continuo cambiamento, il cibo diventa una boa di salvataggio: l'Italia come macchietta 1:25:29 - L'ostilità incontrata da Grandi a fronte delle sue dichiarazioni: l'olio pugliese, la dieta mediterranea 1:29:57 - Cosa ci dobbiamo aspettare dal futuro dell'alimentazione? Insetti, vegetarianesimo 1:34:50 - I cambiamenti del paradigma delle civiltà nel campo del cibo 1:38:10 - Un esperimento scientifico per sviluppare un'ossessione per il cibo 1:40:59 - "E' difficile diventare comunisti con la pancia piena": la nascita dei supermercati in Italia 1:43:16 - Denominazione di origine inventata: il cioccolato di Modica 1:46:19 - Denominazione di origine inventata: il gambero rosso di Mazara del Vallo 1:48:30 - Denominazione di origine inventata: i tortelli di zucca, di Mantova o Ferrara?
Ho assistito alla "valorizzazazione" della cucina tradizionale, come inventata da slow food, soffrendo per la standardizzazione di una cosa non standardizzabile. Quindi apprezzo (per quanto modestamente lo abbia anticipato da un bel pezzo) Alberto Grandi. Come italiani abbiamo tante cose, studiamole, smettiamole di usare nostra nonna come strumento della tradizione!
Non credo che le donne negli anni 70, fossero attratte dai tortellini confezionati perché più buoni visto che erano confezionati ma solo perché erano anni in cui le donne cominciavano ad emanciparsi e trovano nel cibo già pronto, una possibilità per avere più tempo. Più tempo per lavorare, più tempo da dedicare a loro, sottraendolo agli obblighi domestici. Non vado oltre perché a cascata entrerei in ragionamenti impopolari.
Ha spiegato chiaramente che una volta arrivati i tortellini confezionati, il mercato è stato attratto da questi PIUTTOSTO CHE COMPRARLI ARTIGIANALI. E lo credo bene peraltro. Senza standard di igiene per l'alimentari sotto casa, chissà quanti avvelenamenti da cibo, a confronto del prodotto industriale che aveva ovviamente un determinato standard. Comunque basta saper ascoltare quando la gente parla, eh!
@@robertociliberto6689 caro signore, se lei crede che io non mi sia ascoltato tutto, è un suo diritto, anche se la sua esternazione ha più l’aria di un insulto, come è mio diritto dare un’altro punto di vista, opinabile forse, ma legittima. Saluti!
In un film del 1949 con Totò, intitolato Yvonne La Nuit, in un ristorante la comanda "coda alla vaccinara per due e spaghetti alla carbonara per tre", quindi prima della ricetta del 1952 citata da Grandi.
Non c'è bisogno che una ricetta sia pubblicata su un libro di cucina perché venga messa in pratica, anzi spesso l'opera di codificazione è postuma, quindi il tuo commento ci sta, non è assolutamente in contraddizione con la testimonianza di Grandi
Però anche capire la lingua italiana aiuterebbe. Mica dice che è stata inventata nel 1952, ma che la prima prova scritta di una ricetta della carbonara è del 52. Dice chiaramente che è una ricetta dell’occupazione americana. Quando c’è stata l’occupazione americana? Prima del film di Totò? Ecco allora dove sta l’errore?
Mi pare che a volte Grandi calchi un po' la mano per il gusto di scandalizzare l'uditorio (ad esempio non capisco la sua critica alla recente rivalorizzazione del lampredotto), però c'è bisogno come il pane di intellettuali che mettano in crisi la visione ultra-tradizionalista (e in gran parte inventata) dei "gastropuristi".
Avesse mai fornito una fonte, una... Storico è barbero, cardini, Frugoni, che citano le fonti come fra Salimbene, Sinesio, Dino compagni,Eginardo, Tommaso da celano... Grandi come fonte dice: fidati.
@@EGOCOGITOSUM Quanta fatica ti costa controllare le fonti? Per smentirlo o per avvalorare le sue teorie. Ma è possibile che quasi nessuno abbia voglia di perdere un'ora del proprio tempo per approfondire una chiaccherata di quasi due ore? Cioè, è ridicolo perché non cita le fonti o perché tu le hai già controllate e dice puttanate? Chiedo per un amico.
Sì, la pasta si mangiava meno spesso di quanto si faccia oggi (il pasto quotidiano erano le zuppe, le minestre... Magari con l'aggiunta di un po' di pasta o semola o altro però), ma il consumo era consolidato, esisteva da secoli... Per quanto riguarda la passata, ma si può prendere come punto di riferimento la produzione industriale? È chiaro che si trattava di qualcosa fatto in casa, perlopiù, non andavi a comprarla. È una tradizione che qualche secolo ce l'ha, dai
Come fai la passata in casa esattamente? Con i barattoli quattro stagioni? Nell’800 che disponibilità c’era dei barattoli quattro stagioni? Anche la cucina casalinga è molto cambiata con l’industrializzazione, e soprattutto con la disponibilità economica.
@@robertociliberto6689 veramente mia nonna usava le bottiglie... Quindi posso pensare che si usassero anche prima. I nostri antenati erano poveri sì, ma non straccioni, che cavolo
@@lyz451 no, non erano straccioni. Per questo andavano a fare gli schiavi nelle miniere del centro Europa, o nei campi americani. Perché se lo potevano permettere!
Avesse mai fornito una fonte, una... Storico è barbero, cardini, Frugoni, che citano le fonti come fra Salimbene, Sinesio, Dino compagni, Tommaso da celano, eginardo etc etc. Grandi come fonte dice: fidati.
Fonti? Ti sta dicendo proprio il contrario e cioè che NON ci sono fonti sulla storicità di certe ricette e che pertanto sono state inventate in tempi recenti è proprio questo che sconvolge noi appassionati di cucina.
@@fabiovetro eh ho capito ma l'analisi storiografica si basa sulle fonti, non sulla loro assenza. Io non sono contro Grandi per partito preso, ma senza le fonti, il lavoro svolto non può essere ritenuto "storico".
in realtà è pieno di fonti questo video, da Gualtiero Marchesi a Bartolomeo Stefani, al presidente della confraternita del tortellino di Bologna. Inoltre è un professore universitario, non credo possa andare in giro a dire bufale senza subirne le conseguenze professionali
@@nicolacavina9763 pieno di fonti? Quelle che dice lui, quelle che confutano il suo pensiero non gli conviene citarle. Secondo lei, la cucina italiana è nata 50-60 anni fà? Siamo seri?
@@maggio8191esatto. E a parte le fonti, in una cosa come la gastronomia non si può prendere come punto di riferimento soltanto testi o numeri statistici, perché ci sono tradizioni, modi di cucinare e di assemblare gli ingredienti, che non sono stati registrati in questo modo, ma comunque se ne trova traccia eccome... E si chiama appunto tradizione
i miei nonni, nati tutti tra il 1930 ed il 45 in paesini di provincia del centro Italia, ricordano che in giovinezza la pasta si mangiava solo nei giorni di festa o la domenica. il riferimento cardine dell'alimentazione quotidiana era la polenta, peraltro mangiata a colazione e a cena. Il pranzo era spesso qualcosa di molto leggero o un panino
Le 'tradizioni culinarie' di cui si parla di solito, hanno di solito al massimo 70 anni, e difatti coincidono quasi sempre con il secondo dopoguerra. Questo vuol dire che le tradizioni cambiano e si differenziano anche a livello non solo regionale, ma addirittura comunale! Quindi da un lato è stupida questa wave del 'piatto tradizionale' che si deve fare così e basta. D'altro lato è stupido anche dire che le tradizioni non esistono, perché se una ricetta viene cucinata in un certo modo per almeno una generazione, diviene automaticamente tradizionale per qualcuno, che sia una semplice famiglia, o un paesello, o una regione o un Paese intero. L'importante è essere consapevoli di cosa sia una tradizione e relativizzarla
Il cibo, come i popoli,ha viaggiato e incontrato altre influenze culturali quindi è plausibile pensare che ha subito nel corso del tempo una continua innovazione e miglioramento...come nel caso del parmigiano citato dal professore...(Comunque perfezionato da un prodotto di base gia esistente che comunque è stato fatto da immigrati italiani) Vorrei citare anche il professor barbero che in un intervento su questioni di guerra medievale evidenzió il fatto che il parmigiano in realtà si chiamava in origine "piacentino" poi assorbito da parma che era un comune piu ricco e potente.
Con le mie due nonne ho sempre mangiato benissimo, piatti non complessi ma variegati e fatti a dovere, dei conigli e degli arrosti che la metà bastava, paste sfoglia devastanti e dolci, devo stare qua a scervellarmi per tirare fuori tutto quello che mi hanno fatto mangiare.
Ho già letto il suo libro: è molto interessante e mi ha aperto la mente in fatto di cibo. In effetti, tanto per dire una cosa apparentemente banale, venendo dalla Sardegna, ai tempi in cui i miei nonni erano piccoli(inizi del 900), la pizza li non si sapeva nemmeno cosa fosse, le lasagne lo stesso. Mangiavano quasi esclusivamente fave, fregola, pane e verdure. Un' altra cosa che mi fa pensare che non esista una vera cucina nazionale è che certi piatti (validi) non sono conosciuti dappertutto, tipo i culurgiones sardi (che fino a poco fa erano conosciuti solo in Ogliastra)e non nella mia zona, gli anelletti siciliani(che vengono venduti solo in Sicilia)perchè probabilmente non sono grandi produzioni, così come il filindeu nuorese che è ancora più raro ma ora si sta iniziando a conoscere di più, per non parlare della pizza: è originaria di Napoli ma da me solo ora si sa come è fatta una pizza napoletana e fino a pochi anni fa ognuno la faceva come voleva senza mai azzeccare come di solito la fanno a Napoli.
Quello è un altro discorso.. l'Italia come nazione esiste non da chissà quanto, quindi le cucine regionali sono sempre state molto divise finché non è arrivato il boom economico
La storia degli italiani è troppo importante. Dalla povertà e dalla necessità si sono sviluppate grandi innovazioni. Abbiamo grandi scienziati sparsi in tutto il mondo. Peccato che non sono apprezzati, valutati e sostenuti abbastanza in Italia. Forse nel mondo sportivo si fa di più per attirare e tenere gli sportivi bravi. Nel mondo economico e lavorativo mi sembra diverso, perché vedo che tanti non hanno più nessuna prospettiva e nessuna fiducia nel futuro. Invece l'Italia aveva e ha attuttora grande potenziale.
Mia nonna, nata in Brasile, ma di madre e padre italiani (da Venezia e Livorno, respectivamente), sposata con un italo-brasiliano, di famiglia venuta dalla Puglia e dalla Campania, non ha mai nell'arco de la sua vita conosciuto la carbonara, il parmigiano grande e chiaro comme si fa oggi. Faceva la pasta al ragù di cortile, o anche con grandi pezzi di carne bovina per mio nonno, o anche la polenta con pollo, la sua preferita. L'olio di oliva, lo usava soltanto nell'insalata. Non ha mai fatto pizza e mio padre si ricorda di averne mangiata solo adolescente, negli anni sessanta. Fare dei cappelletti era fastidioso e li mangiavano in brodo solo nei giorni di festa. La cucina italiana per me è sempre stata una cucina di famiglia, semplice, senza grandi segreti. Era buonissima certo, ma non c'erano tante restrizioni, regole draconiane e non era sinonimo di sofisticazione. Diventava ancora più buona quando ci metteva più tempo di preparazione, spesso con l'aiuto dei bambini, ma non era un argomento di dibattito appassionato.
Mi dispiace che le sue nonne l'abbiano traumatizzato. Le mie erano dei portenti. Per non parlare della mia bisnonna che, a 16 anni, sfamava un centinaio di mietitori. La mia nonna paterna ha lavorato per vent'anni in Francia come cuoca per una famiglia nobile. In un paio d'anni converti' i " padroni" alla sua cucina.Mia madre poi ha sempre fatto dei capolavori assoluti. Io ho imparato da loro e me la cavo con quei tre o quattro piatti della tradizione toscana : tortelli maremmani, pappardelle al cinghiale, pici all'aglione , cacio e pepe, ribollita, zuppa pisana, acquacotta, tagliatelle ai porcini, polenta salsicce e fagioli all'uccelletta, peperonata, cacciucco alla livornese, cacciucco di fiume, spaghetti alle arselle, sformato di gobbi,sformato di cardi, lasagne, melanzane alla parmigiana, zucchini al forno, zucchini e peperoni ripieni, pasta e ceci, gurguglione, coniglio alla cacciatora, spaghetti agli asparagi selvatici, piccione al sugo, cinghiale in dolce e forte con cacao e mele selvatiche, polpettone, polpette di patate, fiori fritti, , pollo al peperone, carciofi al tegame.....insomma, quelle tre o quattro cazzate che qualsiasi nonna toscana sa cucinare. Una monotonia assoluta.Poi ci sono le nonne romagnole, emiliane, napoletane, siciliane, la cui cucina ho avuto modo di gustare. Ho una certa età ed ho viaggiato in mezzo mondo provando centinaia di ristoranti e decina di cucine.Lasciamo stare gli stellati , i fusion e la cucina molecolare, che sono per pochi. Come si mangia in Italia, a casa e al ristorante, non si mangia da nessuna parte. I miei figli, nati e cresciuti all'estero, multilingui e multiculturali, amano varie cucine ma prediligono di gran lunga quella italiana. La mia esperienza è personale ed aneddotica, ma in qualsiasi sondaggio serio a livello mondiale la cucina italiana è la preferita. E, surprise surprise, quella francese entra a fatica nella top ten. Ovviamente per gli esperti è tutta un'altra storia.
pure gli hamburger li trovi ovunque. Direi che quindi la cucina americana è la migliore al mondo? E il sushi? Addirittura ci sono le varianti norvegesi (sushi di salmone), quelle californiani (col Philadelphia), e quelli brasiliani (con la frutta). Mbeh?
La pasta secca è attestata come prodotta e persino esportata dai tempi di Federico II... è questo ci dice che senza gli americani non mangeremmo pasta...
Lui, però, CREDO stia parlando dall'unità d'Italia in poi. Nonstante tutto, dal punto di vista storico, ci sono delle confusioni temporali non indifferenti per avallare la sua esposizione
Grazie del podcast ci sono molte cose interessanti. Pero ci sono alcuni punti di cui non sono sicuro, infatti chi dice che l alimentazione va verso il vegetarianesimo ? Non sono citate fonti sulla sostenibilita e sulla necessita di cambiare abitudini. I vermi etc. sono una favola piu del passato che della realta dei paesi sviluppati di oggi, infatti sembra che questa moda non si sia affermata. Non è nemmeno sicuro che il cambiamento climatico sia un argomento vero e proprio infatti sembra che ci sia qualcuno che si diverte a mettere in giro notizie del genere magari per scopi politici e ideologici, ma se ci sono fonti autorevoli sarebbe bello conoscerle. Inoltre la scarsita di risorse dovuto alla sovrappopolazione sembra un altra favola visto che nei paesi sviluppati sta sempre piu diminuendo e nei paesi in sviluppo sara solo una questione di tempo. La gente di oggi in italia ed europa non è mai stata piu ricca e in futuro potrebbe esserlo ancora di piu visti i trends nella demografia, quindi come credere che si va verso mangiare piu vegetariano o insetti? Sembra non ci sia bisogno
Si ma un punto, non l unico, ma per certi versi esplicativo è, per l intervistato e l intervistatore , individuata la natura ideologica della campagna Coldiretti contro la CocaCola, questo prodotto, ripeto, la CocaCola, è sano? Oppure un veleno ? Voglio dire , campagna pure ideologica , ma mi pare giusta e forse anche nella critica pasoliniana ci saranno intuizioni giuste di critica del maligno (come maligna nel campo alimentare è la CocaCola) del maligno consumismo Il capitalismo non può essere l unico e solo, santo percorso umano per migliorare la condizione umana O no ?
Ha ragione, a prescindere dalla bevanda di Atlanta, lei tocca un problema importante. Non risolto, perché "ricette" già pronte, alternative chiare al capitalismo, al consumismo, al dogma della crescita costante, per non dire infinita, non ce ne sono ancora. Non per questo bisogna avvallare e rapportarsi tutti con 'engouement' ai modelli di economia imperanti, alle oligarchie sempre più influenti. Non si tratta di rimpiangere le lucciole. Pasolini, in quest'intervento, è stato liquidato con sommarietà. Aveva avvertito bene, invece, limiti e pericoli incombenti. Meglio e prima di altri. Ci siamo dentro. Può piacere o ci si può rassegnare, certo, ma è lecito non applaudire per forza, se non si condivide e si vorrebbe cercare altro, come le scimmie del circo: infiocchettate, ammaestrate, inebetite.
Il difetto maggiore di Grandi è tralasciare la varietà territoriale, che era soprattutto disponibilità (o indisponibilità) degli gnredienti. Quando ho confrontato le tradizioni culinarie della famiglia di mia moglie (lombarda) con quella mia (toscana rurale) mi sono reso conto di quanto più povera fosse la sua, proprio per la minore varietà di ingredienti. Per non parlare poi dell'articolazione socioeconomica, che meriterebbe un discorso lungo e articolato. Insomma, Grandi è un utile provocatore, ma nulla di più.
Per un italiano moderno queste rivelazioni possono essere dolorose eppure la logica da ragione al Prof Grandi. Ma addirittura questa lettura dei fatti dice molto di noi italiani, in quanto popolo o espressione geografica, e in fondo ci spiega il lento inesorabile declino del nostro Bel Paese. Intervista a tratti scioccante.
Le tradizioni in cucina sono come le regole della grammatica. Si ha l'idea che debbano essere vincolanti e siano state sempre quelle. In realtà cambiano continuamente, ma finché ci sono sono avvertite come vincolanti. Per esempio a Roma c'è un "Piazzale delle Provincie": scrivere oggi provincie sarebbe un errore e come tale sbagliato. Così la ricetta della carbonara per il momento è quella del guanciale, perché la gente è convinta che debba essere così. E' la convinzione attuale, non una pretesa tradizione ad essere normativa. Per cui in futuro potranno cambiare le regole della grammatica e quelle della carbonara. Intanto ci teniamo le regole che abbiamo
Secondo il mio modesto parere, Grandi si dimentica di una cosa fondamentale: l unitá d´italia é stata sancita nel 1861!!!! Pertanto anche parlare di cucina italiana fino ad allora non mi sembra avere molto senso e non a caso un tratto distintivo della cucina Italiana ( che volente o nolente, mitizzata o costruita a tavolino , esiste eccome!!!!) é che é prettamente regionale. Da alcuni estratti del libro ( che sicuramente leggeró) ho avuto il sentore che si cada in alcune banalitá a fini provocatori./ marketing: purché se ne parli insomma. Che la cucina e non solo italiana, sia frutto di trasformazioni, innesti, adattamenti, dovuti a fattori storici, economici, sociali, ambientali, mi sembra piú che ovvio e non vedo nulla di male nel vedere nel cibo un tratto distintivo e identitario in cui riconoscersi, senza magari abbassarsi a tifoserie nazionalpopolari/ populiste. Ripeto, leggeró il lavoro di Grandi anche se le sue argomentazioni ( al di lá dello smantellamento di miti e leggende) non mi convince molto.
Non è proprio come racconta lui la storia della pasta, almeno in Sardegna, mente ha pienamente ragione sulla fame. Mio bisnonno diceva sempre, con i Savoia la fame e che in guerra aveva mangiato tante volte la carne.
Probabilmente molti addirittura si improvvisavano. Mia mamma che è nata negli anni 60 dicembre che prima le pizzerie nella nostra zona non esistevano e che le poche pizze che mangiavano si facevano in casa. Io poi ho notato che solo ora in Sardegna si sa come effettivamente sia fatta una pizza a Napoli, dato che le pizze nella mia zona erano quasi sempre con il bordo sottile e croccante e non alto e soffice.
Vabbè, diciamo che adesso si è codificata una carbonara "romana" che, visto gli ingredienti usati e la procedura più o meno condivisa, è divenuto uno standard cui si può fare riferimento, e su quella base se ne possono trovare di migliori e di peggiori. Io ormai cerco quella, soprattutto ovviamente nei ristoranti di Roma e dintorni, e se la faccio da me cerco di replicare quel gusto. A questo punto, se qualcuno mi propone una "carbonara" con uova strapazzate o con la panna, non posso che dirgli che non è una vera carbonara, anche senza tirare in ballo tradizioni millenarie
Tu hai deciso che la carbonara che si mangia a Roma da venti anni sia lo standard e che il resto del mondo la fa male. Un ragionamento complesso per dire " il mio gusto è lo standard mondiale "
@@giovannichiaranti9775 Il fatto che abbia detto che mi piace in quel modo, come più o meno la fanno nelle trattorie romane e non solo, non significa che ritenga che lo standard mondiale sia il mio gusto. Respiri due o tre volte e ci ripensi prima di sparare castronerie. Lo ritengo uno standard perchè ha trovato una sua affermazione in quella formula, da anni, anche se non da secoli. Si mangi pure la sua carbonara con uovo strapazzato o con l'aglio, ci mancherebbe, e se vuole la chiami la vera carbonara originale. Può essere interessante dal punto di vista filologico. Dove la fanno? E' molto apprezzata?. Anche chi se ne frega, però
Essendo una versione venuta dopo, non potrà mai essere definita la "vera" carbonara. Non sono nemmeno così sicuro che sia diventata lo standard, conosco un sacco di gente che la prepara ancora con pancetta a dadini e uovo rappreso. E sinceramente anch'io la preferisco così.
@@simoneemili9454 Non è certo vera nemmeno la versione che piace a lei. Il prima o dopo secondo me lascia il tempo che trova, è storia, è pure interessante saperlo, ma non inficia l'eventuale affermazione di una versione estesamente accettata e condivisa, che possa ritenersi, per quanto poco ciò possa significare, la vera versione, allo stato dei fatti,. E' questo aspetto dell'esposizione dello studioso che mi lascia perplesso. Tornando nello specifico, siamo sinceri, l'uovo rappreso è conseguenza del contatto troppo repentino con la pasta bollente, appena scolata, e non ha grande sapore, in quello stato. Poi può anche piacere, per l'amor del cielo. Tutti i gusti son gusti, come diceva il gatto che si faceva pulizie intime.
Dice cose talmente scontate che non capisco proprio cosa ci sia di scandalizzante per alcuni. Ad averlo saputo ce lo avrei scritto io un libro. Vedi a sopravvalutare il prossimo...
Quello che racconta Grandi è vero. Nel centro nord sino al '65 mangiavano polenta quasi tutti i giorni. La carne pochissime volte l'anno. Quello che sappiamo fare bene noi italiani abbinare divinamente gli ingredienti, come sappiamo abbinare con gusto nel campo della moda.
Sono del 55. Da bimba, la banana era un frutto per ricchi così come la colazione coi biscotti. In compenso non esiste più ad esempio il pane " zaletto" , profumato alla vaniglia ma non dolce e nelle vetrine delle pasticcerie i " brutti e buoni" o " i rotti" , i biscotti un po' mal riusciti in forma ma stupendamente buoni, colazioni o merende festive. Alla mia comunione ci hanno concesso qualche " rotto" pucciato nel marsala. Il pollo era solo festivo, il petto di pollo era per capricciosi ricchi ma sempre polenta assolutamente no. Pasta tutti i giorni ma con carne formaggi o uova oltre a un buon contorno vegetale
Io sono milanese e nella mia famiglia si è sempre mangiata la carne, la verdura, salumi, formaggi, pesce e quant’altro… polenta poca… colazione con latte, tè e biscotti…. Ma questo pure nella famiglia di mia madre che era essenzialmente una Famiglia operaia …. 🤷♂️
Va beh.. ma la divisione tra poveri e ricchi (inteso nel senso più radicale) mi pare discutibile. Anche in tempi antecedenti c'era una "middle" class che si alimentava in modo differente sia dai poveri-poveri (che nell'accezione generale si identificava con patate e polenta)che dai ricchi-ricchi (amanti della cucina francese)
da appassionato di storia della cucina, mi pare si diverta a dire quanto di peggio per scandalizzare e strabiliare, generalizzando in modo indegno, come quando dice che l'olio non si usasse (e invece dalla toscana in giù si usava da sempre), giusto per "acchiappare" l'uditorio.
La banalità e la superficialità dell'analisi sugli usi culinari del nostro e degli altri paesi non rende giustizia al professore. Una nota per esemplificare: i belgi mangiavano "meglio" degli italiani di Marcinelle. Qui "meglio" dovrebbe diventare "tanto". È la quantità non la qualità che fa la.differenza. Da toscana, fiorentina, posso dire che la classe media già alla fine del 19° secolo è x tutto il periodo fino alla seconda guerra mondiale, era nutrita in modo equilibrato con rotazione stagionale ed apporto di nutrimenti essenziali. Il professore generalizza la cultura culinaria contadina facendola unitaria quando non lo era. Ben venga comunque la provocazione che fa discutere e pensare
C'è un altro elemento: la disponibilità di ingredienti era strettamente legata al territorio. Confrontando le tradizioni culinari di mia moglie (milanese) con le mie (maremmano) ho capito quanta distanza ci fosse tra l'alimentazione dei rispettivi bisnonni.
La stori delle ricette è semplicemente demenziale. Una ricetta è semplicemente una certificazione. Punto. Anche il risotto allo zafferano che si mangia OGGI a Milano (e nel resto d’Italia) è quello di Marchesi, ma ciò non toglie che esiste da 200 anni… I romani la carbonara l’hanno sempre mangiata col guanciale… in alternativa pancetta…
Confermo la cucina povera, 3 - 4 ingredienti fatti in croce utili per andare a lavorare le campagne nelle zone rurali.. Piatti che attualmente vengono son valorizzati esaltati e strapagati per la loro semplicità. L Italia viveva di piatti poveri, di forni comuni dove si andava a portare la propria pagnotta con il segno della quasi miseria. Personalmente tutti i piatti con carne erano piatti per élite del tempo, perché all epoca la carne era davvero un lusso, in antichità con mezzo maiale mangiava una contrada non una persona.... Stimo il Prof Grandi
@@Ekphrasys Però gli animali venivano usati principalmente per ciò che producevano (latte e uova) e li si macellava solo quando diventavano improduttivi.
Salve, capisco che nei commenti non si possono' pretendere troppe spiegazioni, ma potrebbe dare almeno un paio di spunti sulle inesattezze? Poi me li vado ad approfondire da solo, perchè anch'io ho seri dubbi su quello che dice Grandi
Bene, professore: allora… 1) il Pesto a Genova quando è nato? 2) i pizzoccheri in Valtellina? 3) le centinaia di formaggi regionali che abbiamo? 4) la tagliata o la fiorentina? 5) le decine di piatti di pesce? Incluso il pesce bianco, azzurro, molluschi e crostacei? 6) il cappon magro, sempre a Genova o la Cima? 7) la Cotoletta? 8) piatti di cacciagione, dal fagiano al cinghiale o al capriolo sulle montagne? 9) i tartufi? 10) le nocciole di Bronte? 11) le cipolle di Tropea ? E potrei andar avanti fino a domani …. Tutto tra fine ‘800 o meglio ancora dopo il ‘45??! Ma sta bene???🤦♂️
Consiglio a tutti di leggere un testo accademico ben più serio dei pamphlet provocatori di Grandi, ovvero “La cucina italiana - Storia di una cultura” di Capatti/Montanari. Che la cucina italiana esista ce ne si accorge immediatamente quando si varca il confine. Il fatto che poi questa si sia evoluta nel tempo e che cose oggi considerate tradizionali non lo fossero cento anni fa, fa parte del normale processo di evoluzione di una cultura e dell’aumento del benessere sociale del paese. Non si sembra che ci siano gli estremi storici per poter affermare che la cucina italiana non esista, la nostra cucina per come è oggi, e per come viene apprezzata e veicolata all’estero, è il frutto di tante stratificazioni storiche che riguardano il nostro paese.
Ma gradi non sostiene che non esista dice semplicemente che quello che oggi è onsiderta tradizione è in realtà recentissima, spesso prodotto di marketing e di forti infuenze esterne. Questo non significa che non esista . Oltre il titolo c'è altro eh.
Prendiamo il Parmigiano, quello che mangiamo oggi risale agli anni '70, più o meno, il Parmesan americano, immangiabile è il nostro Parmigiano tradizionale, quello vero. Che ci sia molto marketing, e tanta fuffa, dovrebbe essere evidente.
Figurati se l'utente medio di un podcast, per quanto di buona qualità come questo, si mette a leggere quel mattone (io l'ho fatto e ti do assolutamente ragione).
@@italianoerrante Tutto quello che vuoi, io mi sono semplicemente limitato a dire che le posizioni di Grandi mi sembrano semplicemente provocatorie. La cucina Italia oggi tira come non mai nel mondo, è una delle industrie trainanti del paese, quindi cosa faccio? Polemizzo, smonto miti, colpisco gli alimenti più sponsorizzati come il parmigiano o la pizza e ci faccio una carriera, fatta di ospitate libri ecc. Chiunque abbia avuto l’ardire di viaggiare in America e assaggiare il “parmesan” cheese sa benissimo che non è neanche lontano parente del nostro parmigiano e che è semplicemente una frode 😂 Anche qualora le forme e i metodi di produzione del parmigiano fossero diversi cento anni fa, dubito che potesse sapere del Parmesan industriale e marcio americano, visto e considerato che Boccaccio già nel Decameron parla del parmigiano come ottimo da spruzzare sui maccheroni (siamo nel ‘300!).
@@tommasolombardi9098 Sì, nei sogni della Meloni e di Coldiretti. L'industria alimentare in Italia valeva nel 2022 meno del 2% del PIL, non certo un settore trainante
8:05 "fra l'altro sulla rucola c'è un caso curioso perché la prima ricetta del pesto alla genovese prevede la rucola, dopo è arrivato il basilico..." Ma dove l'ha letto, su Topolino? La rucola nella cucina ligure! ahahahah! Con tutte le erbe commestibili che abbiamo nelle nostre colline, avremmo scelto proprio la rucola? Professore, tiri fuori i documenti e non spari a caso! Lei ovviamente, non capisce nulla di cucina ligure. E ce lo possiamo immaginare, perché non ama le verdure, per noi liguri essenziali, conosce l'industria alimentare e non la tradizione di cucina familiare, basata su prodotti del territorio, ed è padano, pertanto proveniente da una cultura alimentare che non è avvezza a quelle del mediterraneo.
Ah le città d'arte sono diventate belle negli ultimi anni, questo signore ha grossi problemi specialmente quando parla di ricchezza ed economia lo faccia con me il podcast. Così parliamo bene della storia e delle ricchezze.
Vivo in Polonia da un pò più di un anno. Non passa giorno dove non mi chiedano giudizi riguardo ricette strane, video su tik tok, si scusano se a pausa pranzo portano la lasagna presa al supermercato. Un paese fatto macchietta Non ce la faccio più.
Per quanto sia giusto fare chiarezza sulla storia della cucina non è bello sentire parlare così della cucina italiana. Si smonta un mito? Forse. Ma parallelamente la cucina francese invece ha una storia che coincide con la narrazione dei francesi o ha lo stesso bias . Quando Grandi farà una ricerca sulla cucina francese credo che ci darà il colpo di grazia, con Escoffier la cucina francese si evolve in Nouvelle cuisine, ma sarebbe importante capire i tempi storici e se corrispondo a quelli italiani o precedono di molto levoluzione della nostra cucina che in molti casi si appoggia a quella francese o meglio parte dalle sue basi per rivisitare la cucina italiana rurale.
Per replicare a Grandi bisogna leggere il libro cercando e chiedendo le fonti da cui attinge le sue certezze. la domanda che vorrei porgli è: La cucina narrata e descritta da Artusi è pura invenzione? è una operazione commerciale? A mio parere c'è un vuoto nella storia del cibo italiano che mi pare vada a svilire la cucina paesana, agricola di montagna, regionale, partiamo da una cucina essenzialmente povera come lo è in verità, ma esistono diversi libri che parlano della cucina storica italiana dal medioevo, rinascimento, Risorgimento, davvero bisogna cestinare tutto? Non vale nulla quel pezzo di storia di ricerca? Non so chiedo umilmente perché sembra che dobbiamo ringraziare gli USA per la cucina italiana, eppure gli USA non hanno nessuna tradizione culinaria se non quella del fast food e della street food di mille etnie. Mi sfugge qualcosa...
Ti sfuggono tante cose! Penso attinga le fonti dall'incredibile lavoro che fa durante gli anni. Artusi commerciale? Proprio no. Tutto l'opposto. Basti pensare alla ricetta del ragù bolognese che racconta spesso. (Centinaia di ricette diverse arrivate nelle redazioni e poi scelta una sola) Ci sono citazioni a vari cibi si, ma non c'era una "cucina nazionale avvalorata" come oggi, e i piatti erano piuttosto pochi. Solo chi era ricco mangiava tanto e bene. La tradizione culinaria USA non c'entra, semplicemente prima non c'era necessità di inventarsi origini fasulle per giustificare un paese alla canna del gas come il nostro. I fast food nascono dagli anni 50, più o meno quando nacque la nostra.
@@misterd7361 che mi sfuggano tante cose è una mia certezza più che sua, come credo sfuggano alla maggior parte delle persone che non hanno studiato e approfondito la gastronomia e l'antropologia del cibo. Mi par di capire che chi era ricco mangiava tanto e bene come nell'antica Roma, nel medioevo, nel rinascimento, nel risorgimento, prima delle guerre, durante le guerre e nel dopoguerra e oggi cambia qualcosa? tolto lo spreco alimentare ( in italia 8,65 milioni di tonnellate di massa fresca nel 2020. DI queste, più di 6 tonnellate sono state prodotte dalle abitazioni private, 150 kg a persona. Nel 2020 nell'UE, quasi 59 milioni di tonnellate di cibo sono andate sprecate. 131 kg a cittadino) certamente la quantità di cibo prodotto è eccessiva perchè deve soddisfare le esigenze ed il profitto del capitalismo, il cibo è gettato senza criterio e consapevolezza, anche se è un dato certo che gli esseri umani in generale sprecano senza moderazione a differenza di 100 anni fa, l'altra faccia della medaglia vede i ricchi che oggi per apparire belli e perfetti come vuole la società del benessere della moda e dell'apparire, usano farmaci destinati ai malati di diabete per sopprimere la fame. ma tornando sul cibo e sulla gastronomia oggi credo che la ricetta della pasta e fagioli o la pasta e ceci o il ragù di lenticchie diventano alta cucina nei casi di ricerca e sperimentazione dove la ricetta originale viene reinterpretata dallo chef che usa tecniche di cottura e di lavorazione che ribaltano il piatto, un ragù di lenticchie più recente può essere usato per una rivisitazione della lasagna vegana con una besciamella senza grassi animali. Ma una persona poverà può permettersi di elaborare una ricetta di livello medio basso sia come difficoltà tecnica che comne costo? nonostrante tutto resta un modo di cucinare e cibarsi poco accessibile e non popolare come dovrebbe essere, la fretta e la pigrizia spingono le persone ad acquistare prodotti ultraprocessati già pronti o la scelta del fast food è la scelta più veloce ed economica, illudendoci che sia più economica, 10 euro per un pasto non sano che genera dipendenza e obesità sono il triplo del costo di un pasto cucinato a caso con ingredienti di base, riso, verdure, legumi o 2 uova o una ricotta ad esempio - Ma in fondo l'alta cucina che ha sostituito la cucina opulenta ignorante e arrogante se vogliamo, di secoli fa e fino agli anni 50, non è una prerogativa delle classi sociali ricche in tutto il mondo? nel mondo l'alta cucina, la cucina raffinata e ricca di preziosi ingredienti e tecniche impossibili da riprodurre in una cucina casalinga senza certe attrezzature è una singolarità italiana? negli USA i poveri da oltre 70 anni mangiano solo nei fast food e infatti sono per una percentuale impressionante obesi, oggi in italia l'obesità incalza perchè i poveri non possono permettersi di spendere 20 euro per due sacchetti di verdure di qualità e anche se li spendessero non sanno come cucinarli in modo semplice ma creativo stando sotto il costo di un pasto medio al fast food. trasformare verdure proteine e carboidrati in una ricetta non è semplice e oggi le persone sanno cucinare poco o nulla, non c'ìè cultura del cibo. La cultura del cibo costa tempo pazienza passione e oggi vince un video di Frankino er criminale che mangia tutte le pizze dei forni di Roma piuttosto che un video sulla storia del cibo, per mangiare una pasto sano o un pasto elaborato da uno chef mediamente bravo si spendono da 30 a 100 euro a persona con 30 euro non mangi molto un primo coperto un bicchiere di vino e magari un dolce o un antipasto se ti va bene. quindi oggi la cucina non dico stellata ma di qualità (poi definiamo qualità) è inaccessibile alle fasce povere e medio basse così come lo era 100 anni fa o nel medioevo.
@@misterd7361 una piccola postilla all'osteria del Mirasole San Giovanni in Persiceto Bologna; tortellina alla panna di affioramento 28 euro, una cotoletta alla bolognese 70 SETTANTA euro, acqua 4, calice vino 6 caffè 3 . 115 euro può un poveraccio permettersi di farsi una cultura del cibo ? Ahaha . Le cose in 2000 anni non sono cambiate moltissimo. Se non che oggi con 10 euro puoi farti venire un tumore o il diabete da MacDonalds Merdonalds, 100 / 200 /300 anni fa mangiavano polenta fagioli e cipolle, avevano altre malattie, veneree soprattutto, la peste, il colera, ma il cancro al pancreas o al colon non c'era.
@@yuricrea ti rispondo brevemente: -si, oggi cambia qualcosa perché cambiano i generi di consumo e le classi sociali sono meno. -lo spreco alimentare non centra una minchia in questo caso con la storia del cibo. -si una persona povera può mangiare bene oggi avendo anche pochi euro e prediligendo una dieta sana -i fast food sono un prodotto commerciale per le masse, sono gli americani ad avere avuto l'idea perché funzionava. Da noi arrivano almeno 20/30 anni dopo. -no, è una singolarità francese. Lo spiega l'artusi nel libro. Siamo diventati famosi dopo l'ondata di benessere della guerra. -no, la cucina povera non è inaccessibile come nel medioevo, perché prima il concetto di accessibile era legato a pulizia e cura che potevano avere solo i ricchi come potevano permetterselo.
@@yuricrea postilla: certo che c'erano altre malattie, perché i fast food li abbiamo conosciuti molto dopo. In 2000 anni le cose cambiano, e moltissimo. Non è mai COSA mangi, ma CHI te lo cucina, quelli che sono i costi, l'esperienza e la posizione del locale. Rileggi, rileggi e rileggi i libri di Grandi, ne hai tanto bisogno.
Trovo tutto molto interessante e vero.... basta parlare con un genitore che ha 70.80 anni che ti racconta cosa si mangiava.... da noi polenta imbevevano il pane nel vino e forse una volta al mese maiale. A meno che 😂eri ricco
In Lombardia chi era così fortunato da avere un maiale tendenzialmente lo macellava il giorno dei Morti e ci faceva la Cazzoeula. A parte ciò gli animali venivano tenuti in vita il più possibile perché servivano più per latte e uova piuttosto che per la carne.
Comincio a trovarlo veramente stucchevole. Che piatti italiani siano nati da italiani immigrati o ingredienti importati cosa cambia? Viene criticato il riferimento alle nonne, e poi si riferisce al dopoguerra a proposito della definizione della cucina italiana, esattamente il periodo in cui hanno vissuto le "nostre nonne", bah
Non cambia nulla, basta non inventarsi che i piatti tipici dell'Italia attuale derivino da tradizioni secolari. Prima del boom economico in Italia si faceva la fame e la cultura culinaria era "mangia quello che hai". Si tratta solo di ristabilire la realtà che invece nel percepito comune è stata sostituita da una narrazione del tutto falsa. Vale per la cucina come per tanti altri argomenti (il pericolo immigrazione, il turismo ricchezza italiana, è colpa dell'Euro, ecc.)
@@danielevigi Le cugine regionali hanno tuttora dei piatti di lunga tradizione, ma il discorso di Grandi sembra esaurirsi su pizza, pasta alla carbonara e poco più, risultando un tantino tendenzioso
@@danielevigi narrazione falsa per Grandi! Vogliamo dire che la pizza non esisteva prima della seconda guerra mondiale? Come anche i tortellini, la pasta secca, l'osso buco, la cotoletta, il brasato, i canederli, i casoncelli, la bagna cauda, la polenta, i formaggi, i salumi? Ma cosa mangiavano gli italiani 80 anni fa? E soprattutto negli altri paesi come erano messi? In Francia, Belgio, Germania, Inghilterra, US? Tutta demagogia allo stato puro, sensazionalismo senza arte ne parte!
@@danielevigiForse da tradizioni secolari no, ma il libro dell 'Artusi è del 1891 e contiene già buona parte della cucina italiana per come la conosciamo oggi e comunque le intere fondamenta di essa. Inoltre è espressamente intitolato in copertina (originale del 1891 e quindi ben prima del boom economico) come *"Manuale pratico per le famiglie".* Dubito che a qualcuno potesse venire in mente di scrivere un libro di raffinata cucina ad uso "pratico per le famiglie" se a quell'epoca in Italia fossimo morti di fame e l'unica preoccupazione appena alzati fosse quella mettere sotto i denti la prima cosa commestibile (e non) che capitasse a tiro. Grandi non mi è mai piaciuto. Sì, magari ogni tanto qualcosa giusta la dice, ma una su cento. Una percentuale di errore del 99% non è un bel biglietto da visita.
12:05 Grandi dice: la cucina italiana ha una tradizione di 50-60 anni! Quindi, tutta la nostra storia culinaria quasi millenaria, con tutte le tipicità di ogni città e provincia non contano? Pur comprendendo e condividendo alcuni ragionamenti di Grandi non sono d'accordo per niente sulla maggior parte delle sue analisi disfattiste volte solamente a creare sensazionalismo e vendere libri!
0:00 - Intro
0:59 - Come cucinano le nonne italiane?
3:29 - La carbonara: la prima ricetta prevede aglio, groviera e pancetta
9:52 - A quanto tempo fa risale la tradizione culinaria italiana?
12:19 - Cosa si mangiava secoli fa?
16:28 - La pizza: marketing dei Savoia
19:04 - Il cibo come strumento di consenso politico
20:38 - Gli spaghetti vennero osteggiati dal Fascismo
23:19 - Il ruolo delle Americhe nella tradizione culinaria italiana
27:02 - L'origine di pasta secca e pasta fresca
31:59 - Come mangiavano i nobili?
34:03 - Il vino era terribile un tempo
39:40 - Dalla ruralità all'industrializzazione: il Panettone, il "mulino bianco", Giovanni Rana
44:01 - Un paese che veniva dalla fame prediligeva la quantità alla qualità
46:54 - Il ruolo del marketing nella fusione tra abitudini delle classi basse e classi alte
50:36 - La gastronomia non può essere il perno del nostro sistema
52:54 - Il rapporto travagliato con la ricchezza in Italia e il sogno della ruralità: Pasolini
57:18 - Il termine "tradizione": un tempo di sinistra, ora di destra
1:01:08 - L'Italia importa molto più di quello che esporta: gli OGM
1:04:02 - Il potere della narrazione nel mercato del cibo, basato su storie false
1:07:00 - Il parmigiano del Wisconsin è più vicino alla ricetta originale
1:08:30 - Le storie personali non sono la storia più ampia: la cucina come fattore identitario
1:12:32 - Esiste qualcosa che può rappresentare un'identità, a fronte del continuo cambiamento?
1:18:40 - L'esplosione delle denominazioni italiane
1:22:34 - Di fronte al continuo cambiamento, il cibo diventa una boa di salvataggio: l'Italia come macchietta
1:25:29 - L'ostilità incontrata da Grandi a fronte delle sue dichiarazioni: l'olio pugliese, la dieta mediterranea
1:29:57 - Cosa ci dobbiamo aspettare dal futuro dell'alimentazione? Insetti, vegetarianesimo
1:34:50 - I cambiamenti del paradigma delle civiltà nel campo del cibo
1:38:10 - Un esperimento scientifico per sviluppare un'ossessione per il cibo
1:40:59 - "E' difficile diventare comunisti con la pancia piena": la nascita dei supermercati in Italia
1:43:16 - Denominazione di origine inventata: il cioccolato di Modica
1:46:19 - Denominazione di origine inventata: il gambero rosso di Mazara del Vallo
1:48:30 - Denominazione di origine inventata: i tortelli di zucca, di Mantova o Ferrara?
Mamma e nonna nate al Celio, vedendo il Colosseo dalle finestre della cucina e non hanno mai cucinato una carbonara in vita loro.
Io da ex cuoco ho sempre detto che in cucina come in camera da letto, tutto è permesso, basta essere tutti consenzienti.
Però puoi innovare se già padroneggi la tradizione. Troppo spesso l'innovazione in cucina è fatta da sprovveduti.
@@italianoerrante vero. Troppi confondono innovazione con improvvisazione
Ho assistito alla "valorizzazazione" della cucina tradizionale, come inventata da slow food, soffrendo per la standardizzazione di una cosa non standardizzabile. Quindi apprezzo (per quanto modestamente lo abbia anticipato da un bel pezzo) Alberto Grandi. Come italiani abbiamo tante cose, studiamole, smettiamole di usare nostra nonna come strumento della tradizione!
"Impara le regole come un professionista, affinché tu possa infrangerle come un artista."
Troppo spesso vogliamo innovare senza avere nemmeno le basi.
Veramente complimenti per la bellissima puntata e le interessantissime cose dette.
Non credo che le donne negli anni 70, fossero attratte dai tortellini confezionati perché più buoni visto che erano confezionati ma solo perché erano anni in cui le donne cominciavano ad emanciparsi e trovano nel cibo già pronto, una possibilità per avere più tempo. Più tempo per lavorare, più tempo da dedicare a loro, sottraendolo agli obblighi domestici.
Non vado oltre perché a cascata entrerei in ragionamenti impopolari.
Invece è molto interessante, se vuoi ti leggerei volentieri
Ha spiegato chiaramente che una volta arrivati i tortellini confezionati, il mercato è stato attratto da questi PIUTTOSTO CHE COMPRARLI ARTIGIANALI. E lo credo bene peraltro. Senza standard di igiene per l'alimentari sotto casa, chissà quanti avvelenamenti da cibo, a confronto del prodotto industriale che aveva ovviamente un determinato standard. Comunque basta saper ascoltare quando la gente parla, eh!
@@robertociliberto6689 caro signore, se lei crede che io non mi sia ascoltato tutto, è un suo diritto, anche se la sua esternazione ha più l’aria di un insulto, come è mio diritto dare un’altro punto di vista, opinabile forse, ma legittima. Saluti!
@@maurocianci6340 mi piacerebbe ma mi è difficile trovare il tempo. Comunque grazie. 😊
@@barbarasimonetto6693 lol, ok!
Riesco ad ascoltarlo per ore senza mai annoiarmi, anche quando ripete cose già sentite in altri podcast. Alberto Grandi un ottimo narratore 😊
Fosse anche un bravo storico
Infatti si inventa un sacco di storie fantasy
Più che ottimo narratore, ottimo affabulatore!
Apprezzo parzialmente e con riserva. Tema ben esposto, ma non necessariamente condivisibile.
In un film del 1949 con Totò, intitolato Yvonne La Nuit, in un ristorante la comanda "coda alla vaccinara per due e spaghetti alla carbonara per tre", quindi prima della ricetta del 1952 citata da Grandi.
Non c'è bisogno che una ricetta sia pubblicata su un libro di cucina perché venga messa in pratica, anzi spesso l'opera di codificazione è postuma, quindi il tuo commento ci sta, non è assolutamente in contraddizione con la testimonianza di Grandi
Però anche capire la lingua italiana aiuterebbe. Mica dice che è stata inventata nel 1952, ma che la prima prova scritta di una ricetta della carbonara è del 52. Dice chiaramente che è una ricetta dell’occupazione americana. Quando c’è stata l’occupazione americana? Prima del film di Totò? Ecco allora dove sta l’errore?
it.wikipedia.org/wiki/Pasta_alla_carbonara
Gli americani sono arrivati nel 43. Sei anni sono tanti. Nel 2018 in Italia il pulled pork era pressoché sconosciuto
Mi pare che a volte Grandi calchi un po' la mano per il gusto di scandalizzare l'uditorio (ad esempio non capisco la sua critica alla recente rivalorizzazione del lampredotto), però c'è bisogno come il pane di intellettuali che mettano in crisi la visione ultra-tradizionalista (e in gran parte inventata) dei "gastropuristi".
È uno storico quindi parla avendo controllato le fonti
@@Pablanoidnon è vero infatti non ha mai fornito fonti, Grandi è ridicolo
Avesse mai fornito una fonte, una...
Storico è barbero, cardini, Frugoni, che citano le fonti come fra Salimbene, Sinesio, Dino compagni,Eginardo, Tommaso da celano...
Grandi come fonte dice: fidati.
@@EGOCOGITOSUM Quanta fatica ti costa controllare le fonti? Per smentirlo o per avvalorare le sue teorie. Ma è possibile che quasi nessuno abbia voglia di perdere un'ora del proprio tempo per approfondire una chiaccherata di quasi due ore? Cioè, è ridicolo perché non cita le fonti o perché tu le hai già controllate e dice puttanate? Chiedo per un amico.
@@EGOCOGITOSUM Avrà citato almeno 20 fonti solo in questa intervista
Sì, la pasta si mangiava meno spesso di quanto si faccia oggi (il pasto quotidiano erano le zuppe, le minestre... Magari con l'aggiunta di un po' di pasta o semola o altro però), ma il consumo era consolidato, esisteva da secoli... Per quanto riguarda la passata, ma si può prendere come punto di riferimento la produzione industriale? È chiaro che si trattava di qualcosa fatto in casa, perlopiù, non andavi a comprarla. È una tradizione che qualche secolo ce l'ha, dai
Esatto
Come fai la passata in casa esattamente? Con i barattoli quattro stagioni? Nell’800 che disponibilità c’era dei barattoli quattro stagioni? Anche la cucina casalinga è molto cambiata con l’industrializzazione, e soprattutto con la disponibilità economica.
@@robertociliberto6689 veramente mia nonna usava le bottiglie... Quindi posso pensare che si usassero anche prima. I nostri antenati erano poveri sì, ma non straccioni, che cavolo
@@lyz451 no, non erano straccioni. Per questo andavano a fare gli schiavi nelle miniere del centro Europa, o nei campi americani. Perché se lo potevano permettere!
@@robertociliberto6689 Tutti? Non mi pare.
Avesse mai fornito una fonte, una...
Storico è barbero, cardini, Frugoni, che citano le fonti come fra Salimbene, Sinesio, Dino compagni, Tommaso da celano, eginardo etc etc.
Grandi come fonte dice: fidati.
Fonti? Ti sta dicendo proprio il contrario e cioè che NON ci sono fonti sulla storicità di certe ricette e che pertanto sono state inventate in tempi recenti è proprio questo che sconvolge noi appassionati di cucina.
@@fabiovetro eh ho capito ma l'analisi storiografica si basa sulle fonti, non sulla loro assenza.
Io non sono contro Grandi per partito preso, ma senza le fonti, il lavoro svolto non può essere ritenuto "storico".
in realtà è pieno di fonti questo video, da Gualtiero Marchesi a Bartolomeo Stefani, al presidente della confraternita del tortellino di Bologna. Inoltre è un professore universitario, non credo possa andare in giro a dire bufale senza subirne le conseguenze professionali
@@nicolacavina9763 pieno di fonti? Quelle che dice lui, quelle che confutano il suo pensiero non gli conviene citarle. Secondo lei, la cucina italiana è nata 50-60 anni fà? Siamo seri?
@@maggio8191esatto. E a parte le fonti, in una cosa come la gastronomia non si può prendere come punto di riferimento soltanto testi o numeri statistici, perché ci sono tradizioni, modi di cucinare e di assemblare gli ingredienti, che non sono stati registrati in questo modo, ma comunque se ne trova traccia eccome... E si chiama appunto tradizione
Interessante 👍
C'è tanto da imparare ❣️
una cosa e' vera di sicuro, che in famiglia da lui, le nonne e probabilmente non solo, cucinavano male...
i miei nonni, nati tutti tra il 1930 ed il 45 in paesini di provincia del centro Italia, ricordano che in giovinezza la pasta si mangiava solo nei giorni di festa o la domenica. il riferimento cardine dell'alimentazione quotidiana era la polenta, peraltro mangiata a colazione e a cena. Il pranzo era spesso qualcosa di molto leggero o un panino
Le 'tradizioni culinarie' di cui si parla di solito, hanno di solito al massimo 70 anni, e difatti coincidono quasi sempre con il secondo dopoguerra. Questo vuol dire che le tradizioni cambiano e si differenziano anche a livello non solo regionale, ma addirittura comunale!
Quindi da un lato è stupida questa wave del 'piatto tradizionale' che si deve fare così e basta.
D'altro lato è stupido anche dire che le tradizioni non esistono, perché se una ricetta viene cucinata in un certo modo per almeno una generazione, diviene automaticamente tradizionale per qualcuno, che sia una semplice famiglia, o un paesello, o una regione o un Paese intero.
L'importante è essere consapevoli di cosa sia una tradizione e relativizzarla
Il cibo, come i popoli,ha viaggiato e incontrato altre influenze culturali quindi è plausibile pensare che ha subito nel corso del tempo una continua innovazione e miglioramento...come nel caso del parmigiano citato dal professore...(Comunque perfezionato da un prodotto di base gia esistente che comunque è stato fatto da immigrati italiani) Vorrei citare anche il professor barbero che in un intervento su questioni di guerra medievale evidenzió il fatto che il parmigiano in realtà si chiamava in origine "piacentino" poi assorbito da parma che era un comune piu ricco e potente.
Con le mie due nonne ho sempre mangiato benissimo, piatti non complessi ma variegati e fatti a dovere, dei conigli e degli arrosti che la metà bastava, paste sfoglia devastanti e dolci, devo stare qua a scervellarmi per tirare fuori tutto quello che mi hanno fatto mangiare.
Ho già letto il suo libro: è molto interessante e mi ha aperto la mente in fatto di cibo. In effetti, tanto per dire una cosa apparentemente banale, venendo dalla Sardegna, ai tempi in cui i miei nonni erano piccoli(inizi del 900), la pizza li non si sapeva nemmeno cosa fosse, le lasagne lo stesso. Mangiavano quasi esclusivamente fave, fregola, pane e verdure. Un' altra cosa che mi fa pensare che non esista una vera cucina nazionale è che certi piatti (validi) non sono conosciuti dappertutto, tipo i culurgiones sardi (che fino a poco fa erano conosciuti solo in Ogliastra)e non nella mia zona, gli anelletti siciliani(che vengono venduti solo in Sicilia)perchè probabilmente non sono grandi produzioni, così come il filindeu nuorese che è ancora più raro ma ora si sta iniziando a conoscere di più, per non parlare della pizza: è originaria di Napoli ma da me solo ora si sa come è fatta una pizza napoletana e fino a pochi anni fa ognuno la faceva come voleva senza mai azzeccare come di solito la fanno a Napoli.
Quello è un altro discorso.. l'Italia come nazione esiste non da chissà quanto, quindi le cucine regionali sono sempre state molto divise finché non è arrivato il boom economico
E’ dalla fine, metà, anni novanta che si è voluto mitizzare i cuochi rendendoli personaggi …cambiano i valori😅
La storia degli italiani è troppo importante. Dalla povertà e dalla necessità si sono sviluppate grandi innovazioni. Abbiamo grandi scienziati sparsi in tutto il mondo. Peccato che non sono apprezzati, valutati e sostenuti abbastanza in Italia. Forse nel mondo sportivo si fa di più per attirare e tenere gli sportivi bravi.
Nel mondo economico e lavorativo mi sembra diverso, perché vedo che tanti non hanno più nessuna prospettiva e nessuna fiducia nel futuro.
Invece l'Italia aveva e ha attuttora grande potenziale.
Sono ad un'ora di video e devo andare a lavorare: ma Pellegrino Artusi è stato nominato?
Veramente a Londra olio d’oliva e Pasta a Soho li trovavi anche prima del ‘68….. e pure parmigiano e caffettiere …
Mia nonna, nata in Brasile, ma di madre e padre italiani (da Venezia e Livorno, respectivamente), sposata con un italo-brasiliano, di famiglia venuta dalla Puglia e dalla Campania, non ha mai nell'arco de la sua vita conosciuto la carbonara, il parmigiano grande e chiaro comme si fa oggi. Faceva la pasta al ragù di cortile, o anche con grandi pezzi di carne bovina per mio nonno, o anche la polenta con pollo, la sua preferita. L'olio di oliva, lo usava soltanto nell'insalata. Non ha mai fatto pizza e mio padre si ricorda di averne mangiata solo adolescente, negli anni sessanta. Fare dei cappelletti era fastidioso e li mangiavano in brodo solo nei giorni di festa. La cucina italiana per me è sempre stata una cucina di famiglia, semplice, senza grandi segreti. Era buonissima certo, ma non c'erano tante restrizioni, regole draconiane e non era sinonimo di sofisticazione. Diventava ancora più buona quando ci metteva più tempo di preparazione, spesso con l'aiuto dei bambini, ma non era un argomento di dibattito appassionato.
Eravate ricchi
Mi dispiace che le sue nonne l'abbiano traumatizzato. Le mie erano dei portenti. Per non parlare della mia bisnonna che, a 16 anni, sfamava un centinaio di mietitori. La mia nonna paterna ha lavorato per vent'anni in Francia come cuoca per una famiglia nobile. In un paio d'anni converti' i " padroni" alla sua cucina.Mia madre poi ha sempre fatto dei capolavori assoluti. Io ho imparato da loro e me la cavo con quei tre o quattro piatti della tradizione toscana : tortelli maremmani, pappardelle al cinghiale, pici all'aglione , cacio e pepe, ribollita, zuppa pisana, acquacotta, tagliatelle ai porcini, polenta salsicce e fagioli all'uccelletta, peperonata, cacciucco alla livornese, cacciucco di fiume, spaghetti alle arselle, sformato di gobbi,sformato di cardi, lasagne, melanzane alla parmigiana, zucchini al forno, zucchini e peperoni ripieni, pasta e ceci, gurguglione, coniglio alla cacciatora, spaghetti agli asparagi selvatici, piccione al sugo, cinghiale in dolce e forte con cacao e mele selvatiche, polpettone, polpette di patate, fiori fritti, , pollo al peperone, carciofi al tegame.....insomma, quelle tre o quattro cazzate che qualsiasi nonna toscana sa cucinare. Una monotonia assoluta.Poi ci sono le nonne romagnole, emiliane, napoletane, siciliane, la cui cucina ho avuto modo di gustare. Ho una certa età ed ho viaggiato in mezzo mondo provando centinaia di ristoranti e decina di cucine.Lasciamo stare gli stellati , i fusion e la cucina molecolare, che sono per pochi. Come si mangia in Italia, a casa e al ristorante, non si mangia da nessuna parte. I miei figli, nati e cresciuti all'estero, multilingui e multiculturali, amano varie cucine ma prediligono di gran lunga quella italiana. La mia esperienza è personale ed aneddotica, ma in qualsiasi sondaggio serio a livello mondiale la cucina italiana è la preferita. E, surprise surprise, quella francese entra a fatica nella top ten. Ovviamente per gli esperti è tutta un'altra storia.
In base a cosa preferita? A livello mondiale? Ma di che stiamo parlando?!
@@robertociliberto6689 google "taste the world, italian cuisine". Oppure " taste atlas" . Troverai tutte le risposte.
@@robertociliberto6689 vabbè zi sveja trovi pizza e pasta ovunque dai su i filippini se la so rimasterizzata con ketchup e banane
pure gli hamburger li trovi ovunque. Direi che quindi la cucina americana è la migliore al mondo? E il sushi? Addirittura ci sono le varianti norvegesi (sushi di salmone), quelle californiani (col Philadelphia), e quelli brasiliani (con la frutta). Mbeh?
La pasta secca è attestata come prodotta e persino esportata dai tempi di Federico II... è questo ci dice che senza gli americani non mangeremmo pasta...
www.accademiaitalianadellacucina.it/sites/default/files/notizie_files/IL%20Biellese_2509.pdf
Lui, però, CREDO stia parlando dall'unità d'Italia in poi. Nonstante tutto, dal punto di vista storico, ci sono delle confusioni temporali non indifferenti per avallare la sua esposizione
Grande Bassetti finalmente ospite al PDR!
Grazie del podcast ci sono molte cose interessanti.
Pero ci sono alcuni punti di cui non sono sicuro, infatti chi dice che l alimentazione va verso il vegetarianesimo ? Non sono citate fonti sulla sostenibilita e sulla necessita di cambiare abitudini. I vermi etc. sono una favola piu del passato che della realta dei paesi sviluppati di oggi, infatti sembra che questa moda non si sia affermata. Non è nemmeno sicuro che il cambiamento climatico sia un argomento vero e proprio infatti sembra che ci sia qualcuno che si diverte a mettere in giro notizie del genere magari per scopi politici e ideologici, ma se ci sono fonti autorevoli sarebbe bello conoscerle. Inoltre la scarsita di risorse dovuto alla sovrappopolazione sembra un altra favola visto che nei paesi sviluppati sta sempre piu diminuendo e nei paesi in sviluppo sara solo una questione di tempo. La gente di oggi in italia ed europa non è mai stata piu ricca e in futuro potrebbe esserlo ancora di piu visti i trends nella demografia, quindi come credere che si va verso mangiare piu vegetariano o insetti? Sembra non ci sia bisogno
Si ma un punto, non l unico, ma per certi versi esplicativo è, per l intervistato e l intervistatore , individuata la natura ideologica della campagna Coldiretti contro la CocaCola, questo prodotto, ripeto, la CocaCola, è sano? Oppure un veleno ? Voglio dire , campagna pure ideologica , ma mi pare giusta e forse anche nella critica pasoliniana ci saranno intuizioni giuste di critica del maligno (come maligna nel campo alimentare è la CocaCola) del maligno consumismo
Il capitalismo non può essere l unico e solo, santo percorso umano per migliorare la condizione umana
O no ?
Ha ragione, a prescindere dalla bevanda di Atlanta, lei tocca un problema importante. Non risolto, perché "ricette" già pronte, alternative chiare al capitalismo, al consumismo, al dogma della crescita costante, per non dire infinita, non ce ne sono ancora.
Non per questo bisogna avvallare e rapportarsi tutti con 'engouement' ai modelli di economia imperanti, alle oligarchie sempre più influenti.
Non si tratta di rimpiangere le lucciole. Pasolini, in quest'intervento, è stato liquidato con sommarietà. Aveva avvertito bene, invece, limiti e pericoli incombenti. Meglio e prima di altri. Ci siamo dentro. Può piacere o ci si può rassegnare, certo, ma è lecito non applaudire per forza, se non si condivide e si vorrebbe cercare altro, come le scimmie del circo: infiocchettate, ammaestrate, inebetite.
Si vuole liberalizzare la caccia!
Il difetto maggiore di Grandi è tralasciare la varietà territoriale, che era soprattutto disponibilità (o indisponibilità) degli gnredienti. Quando ho confrontato le tradizioni culinarie della famiglia di mia moglie (lombarda) con quella mia (toscana rurale) mi sono reso conto di quanto più povera fosse la sua, proprio per la minore varietà di ingredienti.
Per non parlare poi dell'articolazione socioeconomica, che meriterebbe un discorso lungo e articolato.
Insomma, Grandi è un utile provocatore, ma nulla di più.
In realtà lui è uno storico di economia, e nei suoi podcast e pubblicazioni marca parecchio proprio quello che dici gli manca.
Mia nonna non sapeva cucinare ,un disastro totale.
Un dato, la paella no se conocia fuera de Valencia hasta los anos 40 despues se extendio ,si las tradiciones se inventan
Per un italiano moderno queste rivelazioni possono essere dolorose eppure la logica da ragione al Prof Grandi. Ma addirittura questa lettura dei fatti dice molto di noi italiani, in quanto popolo o espressione geografica, e in fondo ci spiega il lento inesorabile declino del nostro Bel Paese. Intervista a tratti scioccante.
Le tradizioni in cucina sono come le regole della grammatica. Si ha l'idea che debbano essere vincolanti e siano state sempre quelle. In realtà cambiano continuamente, ma finché ci sono sono avvertite come vincolanti. Per esempio a Roma c'è un "Piazzale delle Provincie": scrivere oggi provincie sarebbe un errore e come tale sbagliato. Così la ricetta della carbonara per il momento è quella del guanciale, perché la gente è convinta che debba essere così. E' la convinzione attuale, non una pretesa tradizione ad essere normativa. Per cui in futuro potranno cambiare le regole della grammatica e quelle della carbonara. Intanto ci teniamo le regole che abbiamo
Secondo il mio modesto parere, Grandi si dimentica di una cosa fondamentale: l unitá d´italia é stata sancita nel 1861!!!! Pertanto anche parlare di cucina italiana fino ad allora non mi sembra avere molto senso e non a caso un tratto distintivo della cucina Italiana ( che volente o nolente, mitizzata o costruita a tavolino , esiste eccome!!!!) é che é prettamente regionale. Da alcuni estratti del libro ( che sicuramente leggeró) ho avuto il sentore che si cada in alcune banalitá a fini provocatori./ marketing: purché se ne parli insomma. Che la cucina e non solo italiana, sia frutto di trasformazioni, innesti, adattamenti, dovuti a fattori storici, economici, sociali, ambientali, mi sembra piú che ovvio e non vedo nulla di male nel vedere nel cibo un tratto distintivo e identitario in cui riconoscersi, senza magari abbassarsi a tifoserie nazionalpopolari/ populiste. Ripeto, leggeró il lavoro di Grandi anche se le sue argomentazioni ( al di lá dello smantellamento di miti e leggende) non mi convince molto.
Non è proprio come racconta lui la storia della pasta, almeno in Sardegna, mente ha pienamente ragione sulla fame. Mio bisnonno diceva sempre, con i Savoia la fame e che in guerra aveva mangiato tante volte la carne.
E quel pollo alla creta come lo faceva la povera Desolina! Ahhhh ma cosa si sprigionava e quei ravioli che vi lasciavano tutta la bazza unta....
In Sardegna tutti i pizzaioli che conoscevo negli anni 80-90 avevano imparato in Germania, era piú popolare nei film americani che da noi
Probabilmente molti addirittura si improvvisavano. Mia mamma che è nata negli anni 60 dicembre che prima le pizzerie nella nostra zona non esistevano e che le poche pizze che mangiavano si facevano in casa. Io poi ho notato che solo ora in Sardegna si sa come effettivamente sia fatta una pizza a Napoli, dato che le pizze nella mia zona erano quasi sempre con il bordo sottile e croccante e non alto e soffice.
@@michelasirigu6660 mah, in puglia sforniamo focacce e pani dai tempi di Pirro, non saprei. Forse voi sardi siete un pò sardi in questo
Vabbè, diciamo che adesso si è codificata una carbonara "romana" che, visto gli ingredienti usati e la procedura più o meno condivisa, è divenuto uno standard cui si può fare riferimento, e su quella base se ne possono trovare di migliori e di peggiori. Io ormai cerco quella, soprattutto ovviamente nei ristoranti di Roma e dintorni, e se la faccio da me cerco di replicare quel gusto. A questo punto, se qualcuno mi propone una "carbonara" con uova strapazzate o con la panna, non posso che dirgli che non è una vera carbonara, anche senza tirare in ballo tradizioni millenarie
Il problema è rompere il cazzo a chi vuole farsi la carbonara a modo suo! Eh.. No no!! Devi fare il bagno nel semolino! 😂
Tu hai deciso che la carbonara che si mangia a Roma da venti anni sia lo standard e che il resto del mondo la fa male. Un ragionamento complesso per dire " il mio gusto è lo standard mondiale "
@@giovannichiaranti9775 Il fatto che abbia detto che mi piace in quel modo, come più o meno la fanno nelle trattorie romane e non solo, non significa che ritenga che lo standard mondiale sia il mio gusto. Respiri due o tre volte e ci ripensi prima di sparare castronerie. Lo ritengo uno standard perchè ha trovato una sua affermazione in quella formula, da anni, anche se non da secoli. Si mangi pure la sua carbonara con uovo strapazzato o con l'aglio, ci mancherebbe, e se vuole la chiami la vera carbonara originale. Può essere interessante dal punto di vista filologico. Dove la fanno? E' molto apprezzata?. Anche chi se ne frega, però
Essendo una versione venuta dopo, non potrà mai essere definita la "vera" carbonara. Non sono nemmeno così sicuro che sia diventata lo standard, conosco un sacco di gente che la prepara ancora con pancetta a dadini e uovo rappreso. E sinceramente anch'io la preferisco così.
@@simoneemili9454 Non è certo vera nemmeno la versione che piace a lei. Il prima o dopo secondo me lascia il tempo che trova, è storia, è pure interessante saperlo, ma non inficia l'eventuale affermazione di una versione estesamente accettata e condivisa, che possa ritenersi, per quanto poco ciò possa significare, la vera versione, allo stato dei fatti,. E' questo aspetto dell'esposizione dello studioso che mi lascia perplesso. Tornando nello specifico, siamo sinceri, l'uovo rappreso è conseguenza del contatto troppo repentino con la pasta bollente, appena scolata, e non ha grande sapore, in quello stato. Poi può anche piacere, per l'amor del cielo. Tutti i gusti son gusti, come diceva il gatto che si faceva pulizie intime.
Non a caso oggi Pasolini è quasi più apprezzato a destra che a sinistra.
Non esiste la cucina italiana.
Esistono Le cucine italianE
Ho visto documentari su cosa si mangiava in Inghilterra o in Germania tra ‘700 e ‘800… ma lei professore che film ha visto?!🤦♂️
Io l ho sempre detto che la panna si può usare nella carbonara 😂
lasciamo in pace anche gli insetti, su! w i legumi e la carne coltivata per chi la vuole
😊😊😊😊
Dice cose talmente scontate che non capisco proprio cosa ci sia di scandalizzante per alcuni. Ad averlo saputo ce lo avrei scritto io un libro. Vedi a sopravvalutare il prossimo...
Quello che racconta Grandi è vero. Nel centro nord sino al '65 mangiavano polenta quasi tutti i giorni. La carne pochissime volte l'anno. Quello che sappiamo fare bene noi italiani abbinare divinamente gli ingredienti, come sappiamo abbinare con gusto nel campo della moda.
Sono del 55. Da bimba, la banana era un frutto per ricchi così come la colazione coi biscotti. In compenso non esiste più ad esempio il pane " zaletto" , profumato alla vaniglia ma non dolce e nelle vetrine delle pasticcerie i " brutti e buoni" o " i rotti" , i biscotti un po' mal riusciti in forma ma stupendamente buoni, colazioni o merende festive. Alla mia comunione ci hanno concesso qualche " rotto" pucciato nel marsala. Il pollo era solo festivo, il petto di pollo era per capricciosi ricchi ma sempre polenta assolutamente no. Pasta tutti i giorni ma con carne formaggi o uova oltre a un buon contorno vegetale
Non è un segreto! Si sa che la carne la si mangiava al massimo la Domenica. Ed era un bene per tutti! In primis per gli animali
Io sono milanese e nella mia famiglia si è sempre mangiata la carne, la verdura, salumi, formaggi, pesce e quant’altro… polenta poca… colazione con latte, tè e biscotti….
Ma questo pure nella famiglia di mia madre che era essenzialmente una
Famiglia operaia …. 🤷♂️
@@dannysbe77 confondi il nord col sud
@@creattiva55 No no. La polenta era il principale pasto del Nord e Centro Italia. Non del sud. Ciò non significa che al Sud se la passavano meglio.
Va beh.. ma la divisione tra poveri e ricchi (inteso nel senso più radicale) mi pare discutibile. Anche in tempi antecedenti c'era una "middle" class che si alimentava in modo differente sia dai poveri-poveri (che nell'accezione generale si identificava con patate e polenta)che dai ricchi-ricchi (amanti della cucina francese)
da appassionato di storia della cucina, mi pare si diverta a dire quanto di peggio per scandalizzare e strabiliare, generalizzando in modo indegno, come quando dice che l'olio non si usasse (e invece dalla toscana in giù si usava da sempre), giusto per "acchiappare" l'uditorio.
Si usava il lardo più dell'olio.
Qui fuori Roma si usava il lardo. Stop. L’olio era un lusso che prima della metà degli anni 80 non tutti potevano permettersi.
Dai racconti delle persone anziane non ho mai sentito parlare di olio
Al nord si usava spesso olio di semi nell'insalata.
La banalità e la superficialità dell'analisi sugli usi culinari del nostro e degli altri paesi non rende giustizia al professore. Una nota per esemplificare: i belgi mangiavano "meglio" degli italiani di Marcinelle. Qui "meglio" dovrebbe diventare "tanto". È la quantità non la qualità che fa la.differenza.
Da toscana, fiorentina, posso dire che la classe media già alla fine del 19° secolo è x tutto il periodo fino alla seconda guerra mondiale, era nutrita in modo equilibrato con rotazione stagionale ed apporto di nutrimenti essenziali. Il professore generalizza la cultura culinaria contadina facendola unitaria quando non lo era. Ben venga comunque la provocazione che fa discutere e pensare
C'è un altro elemento: la disponibilità di ingredienti era strettamente legata al territorio. Confrontando le tradizioni culinari di mia moglie (milanese) con le mie (maremmano) ho capito quanta distanza ci fosse tra l'alimentazione dei rispettivi bisnonni.
Non ha mai detto nulla di quello che hai scritto.
Bravo à cet homme.
😂😂😂 vino come supporto proteico. La vera cucina italiana e' stata codificata da Apicio, dopo di lui solo marketing.
La stori delle ricette è semplicemente demenziale. Una ricetta è semplicemente una certificazione. Punto.
Anche il risotto allo zafferano che si mangia OGGI a Milano (e nel resto d’Italia) è quello di Marchesi, ma ciò non toglie che esiste da 200 anni…
I romani la carbonara l’hanno sempre mangiata col guanciale… in alternativa pancetta…
Confermo la cucina povera, 3 - 4 ingredienti fatti in croce utili per andare a lavorare le campagne nelle zone rurali.. Piatti che attualmente vengono son valorizzati esaltati e strapagati per la loro semplicità. L Italia viveva di piatti poveri, di forni comuni dove si andava a portare la propria pagnotta con il segno della quasi miseria. Personalmente tutti i piatti con carne erano piatti per élite del tempo, perché all epoca la carne era davvero un lusso, in antichità con mezzo maiale mangiava una contrada non una persona.... Stimo il Prof Grandi
Ma cosa dici??? Ma ti dimentichi nelle campagne la quantità di polli, galline, maiali e vacche?
@@Ekphrasys Però gli animali venivano usati principalmente per ciò che producevano (latte e uova) e li si macellava solo quando diventavano improduttivi.
Un sacco di inesattezze te lo dice uno che fa di famiglia ristorazione dal 1938
grazie per aver spiegato accuratamente queste inesattezze, un discorso illuminante Luca, il tuo! Pieno di aneddoti e nozioni.
Professor romani, è lei? Dove posso comprare i suoi libri?
Salve, capisco che nei commenti non si possono' pretendere troppe spiegazioni, ma potrebbe dare almeno un paio di spunti sulle inesattezze? Poi me li vado ad approfondire da solo, perchè anch'io ho seri dubbi su quello che dice Grandi
Quali sono le inesattezze? Vorrei approfondire.
Bene, professore: allora…
1) il Pesto a Genova quando è nato?
2) i pizzoccheri in Valtellina?
3) le centinaia di formaggi regionali che abbiamo?
4) la tagliata o la fiorentina?
5) le decine di piatti di pesce? Incluso il pesce bianco, azzurro, molluschi e crostacei?
6) il cappon magro, sempre a Genova o la Cima?
7) la Cotoletta?
8) piatti di cacciagione, dal fagiano al cinghiale o al capriolo sulle montagne?
9) i tartufi?
10) le nocciole di Bronte?
11) le cipolle di Tropea ?
E potrei andar avanti fino a domani ….
Tutto tra fine ‘800 o meglio ancora dopo il ‘45??!
Ma sta bene???🤦♂️
Consiglio a tutti di leggere un testo accademico ben più serio dei pamphlet provocatori di Grandi, ovvero “La cucina italiana - Storia di una cultura” di Capatti/Montanari. Che la cucina italiana esista ce ne si accorge immediatamente quando si varca il confine. Il fatto che poi questa si sia evoluta nel tempo e che cose oggi considerate tradizionali non lo fossero cento anni fa, fa parte del normale processo di evoluzione di una cultura e dell’aumento del benessere sociale del paese. Non si sembra che ci siano gli estremi storici per poter affermare che la cucina italiana non esista, la nostra cucina per come è oggi, e per come viene apprezzata e veicolata all’estero, è il frutto di tante stratificazioni storiche che riguardano il nostro paese.
Ma gradi non sostiene che non esista dice semplicemente che quello che oggi è onsiderta tradizione è in realtà recentissima, spesso prodotto di marketing e di forti infuenze esterne. Questo non significa che non esista . Oltre il titolo c'è altro eh.
Prendiamo il Parmigiano, quello che mangiamo oggi risale agli anni '70, più o meno, il Parmesan americano, immangiabile è il nostro Parmigiano tradizionale, quello vero.
Che ci sia molto marketing, e tanta fuffa, dovrebbe essere evidente.
Figurati se l'utente medio di un podcast, per quanto di buona qualità come questo, si mette a leggere quel mattone (io l'ho fatto e ti do assolutamente ragione).
@@italianoerrante Tutto quello che vuoi, io mi sono semplicemente limitato a dire che le posizioni di Grandi mi sembrano semplicemente provocatorie. La cucina Italia oggi tira come non mai nel mondo, è una delle industrie trainanti del paese, quindi cosa faccio? Polemizzo, smonto miti, colpisco gli alimenti più sponsorizzati come il parmigiano o la pizza e ci faccio una carriera, fatta di ospitate libri ecc. Chiunque abbia avuto l’ardire di viaggiare in America e assaggiare il “parmesan” cheese sa benissimo che non è neanche lontano parente del nostro parmigiano e che è semplicemente una frode 😂 Anche qualora le forme e i metodi di produzione del parmigiano fossero diversi cento anni fa, dubito che potesse sapere del Parmesan industriale e marcio americano, visto e considerato che Boccaccio già nel Decameron parla del parmigiano come ottimo da spruzzare sui maccheroni (siamo nel ‘300!).
@@tommasolombardi9098 Sì, nei sogni della Meloni e di Coldiretti. L'industria alimentare in Italia valeva nel 2022 meno del 2% del PIL, non certo un settore trainante
E' un povero menestrello che mi fa anche un po' pena
Dai facciamo un gioco, il made in italy non esiste e se esiste e grazie all'america e altri paesi stranieri
8:05 "fra l'altro sulla rucola c'è un caso curioso perché la prima ricetta del pesto alla genovese prevede la rucola, dopo è arrivato il basilico..."
Ma dove l'ha letto, su Topolino?
La rucola nella cucina ligure! ahahahah!
Con tutte le erbe commestibili che abbiamo nelle nostre colline, avremmo scelto proprio la rucola?
Professore, tiri fuori i documenti e non spari a caso!
Lei ovviamente, non capisce nulla di cucina ligure. E ce lo possiamo immaginare, perché non ama le verdure, per noi liguri essenziali, conosce l'industria alimentare e non la tradizione di cucina familiare, basata su prodotti del territorio, ed è padano, pertanto proveniente da una cultura alimentare che non è avvezza a quelle del mediterraneo.
Ah le città d'arte sono diventate belle negli ultimi anni, questo signore ha grossi problemi specialmente quando parla di ricchezza ed economia lo faccia con me il podcast. Così parliamo bene della storia e delle ricchezze.
Da mantovana doc
Questo signore ha bisogno di visibilità
Vorrei sapere cosa mangia, come mangia.
Ecco non ama le verdure
MHA 😡
Vivo in Polonia da un pò più di un anno.
Non passa giorno dove non mi chiedano giudizi riguardo ricette strane, video su tik tok, si scusano se a pausa pranzo portano la lasagna presa al supermercato. Un paese fatto macchietta
Non ce la faccio più.
Dovresti andarne fiero!
Però so bone le polacche eh
Per quanto sia giusto fare chiarezza sulla storia della cucina non è bello sentire parlare così della cucina italiana.
Si smonta un mito? Forse. Ma parallelamente la cucina francese invece ha una storia che coincide con la narrazione dei francesi o ha lo stesso bias . Quando Grandi farà una ricerca sulla cucina francese credo che ci darà il colpo di grazia, con Escoffier la cucina francese si evolve in Nouvelle cuisine, ma sarebbe importante capire i tempi storici e se corrispondo a quelli italiani o precedono di molto levoluzione della nostra cucina che in molti casi si appoggia a quella francese o meglio parte dalle sue basi per rivisitare la cucina italiana rurale.
Per replicare a Grandi bisogna leggere il libro cercando e chiedendo le fonti da cui attinge le sue certezze.
la domanda che vorrei porgli è: La cucina narrata e descritta da Artusi è pura invenzione? è una operazione commerciale? A mio parere c'è un vuoto nella storia del cibo italiano che mi pare vada a svilire la cucina paesana, agricola di montagna, regionale, partiamo da una cucina essenzialmente povera come lo è in verità, ma esistono diversi libri che parlano della cucina storica italiana dal medioevo, rinascimento, Risorgimento, davvero bisogna cestinare tutto? Non vale nulla quel pezzo di storia di ricerca? Non so chiedo umilmente perché sembra che dobbiamo ringraziare gli USA per la cucina italiana, eppure gli USA non hanno nessuna tradizione culinaria se non quella del fast food e della street food di mille etnie. Mi sfugge qualcosa...
Ti sfuggono tante cose! Penso attinga le fonti dall'incredibile lavoro che fa durante gli anni. Artusi commerciale? Proprio no. Tutto l'opposto. Basti pensare alla ricetta del ragù bolognese che racconta spesso. (Centinaia di ricette diverse arrivate nelle redazioni e poi scelta una sola) Ci sono citazioni a vari cibi si, ma non c'era una "cucina nazionale avvalorata" come oggi, e i piatti erano piuttosto pochi. Solo chi era ricco mangiava tanto e bene. La tradizione culinaria USA non c'entra, semplicemente prima non c'era necessità di inventarsi origini fasulle per giustificare un paese alla canna del gas come il nostro. I fast food nascono dagli anni 50, più o meno quando nacque la nostra.
@@misterd7361 che mi sfuggano tante cose è una mia certezza più che sua, come credo sfuggano alla maggior parte delle persone che non hanno studiato e approfondito la gastronomia e l'antropologia del cibo. Mi par di capire che chi era ricco mangiava tanto e bene come nell'antica Roma, nel medioevo, nel rinascimento, nel risorgimento, prima delle guerre, durante le guerre e nel dopoguerra e oggi cambia qualcosa? tolto lo spreco alimentare ( in italia 8,65 milioni di tonnellate di massa fresca nel 2020. DI queste, più di 6 tonnellate sono state prodotte dalle abitazioni private, 150 kg a persona. Nel 2020 nell'UE, quasi 59 milioni di tonnellate di cibo sono andate sprecate. 131 kg a cittadino) certamente la quantità di cibo prodotto è eccessiva perchè deve soddisfare le esigenze ed il profitto del capitalismo, il cibo è gettato senza criterio e consapevolezza, anche se è un dato certo che gli esseri umani in generale sprecano senza moderazione a differenza di 100 anni fa, l'altra faccia della medaglia vede i ricchi che oggi per apparire belli e perfetti come vuole la società del benessere della moda e dell'apparire, usano farmaci destinati ai malati di diabete per sopprimere la fame. ma tornando sul cibo e sulla gastronomia oggi credo che la ricetta della pasta e fagioli o la pasta e ceci o il ragù di lenticchie diventano alta cucina nei casi di ricerca e sperimentazione dove la ricetta originale viene reinterpretata dallo chef che usa tecniche di cottura e di lavorazione che ribaltano il piatto, un ragù di lenticchie più recente può essere usato per una rivisitazione della lasagna vegana con una besciamella senza grassi animali. Ma una persona poverà può permettersi di elaborare una ricetta di livello medio basso sia come difficoltà tecnica che comne costo? nonostrante tutto resta un modo di cucinare e cibarsi poco accessibile e non popolare come dovrebbe essere, la fretta e la pigrizia spingono le persone ad acquistare prodotti ultraprocessati già pronti o la scelta del fast food è la scelta più veloce ed economica, illudendoci che sia più economica, 10 euro per un pasto non sano che genera dipendenza e obesità sono il triplo del costo di un pasto cucinato a caso con ingredienti di base, riso, verdure, legumi o 2 uova o una ricotta ad esempio - Ma in fondo l'alta cucina che ha sostituito la cucina opulenta ignorante e arrogante se vogliamo, di secoli fa e fino agli anni 50, non è una prerogativa delle classi sociali ricche in tutto il mondo? nel mondo l'alta cucina, la cucina raffinata e ricca di preziosi ingredienti e tecniche impossibili da riprodurre in una cucina casalinga senza certe attrezzature è una singolarità italiana? negli USA i poveri da oltre 70 anni mangiano solo nei fast food e infatti sono per una percentuale impressionante obesi, oggi in italia l'obesità incalza perchè i poveri non possono permettersi di spendere 20 euro per due sacchetti di verdure di qualità e anche se li spendessero non sanno come cucinarli in modo semplice ma creativo stando sotto il costo di un pasto medio al fast food. trasformare verdure proteine e carboidrati in una ricetta non è semplice e oggi le persone sanno cucinare poco o nulla, non c'ìè cultura del cibo. La cultura del cibo costa tempo pazienza passione e oggi vince un video di Frankino er criminale che mangia tutte le pizze dei forni di Roma piuttosto che un video sulla storia del cibo, per mangiare una pasto sano o un pasto elaborato da uno chef mediamente bravo si spendono da 30 a 100 euro a persona con 30 euro non mangi molto un primo coperto un bicchiere di vino e magari un dolce o un antipasto se ti va bene. quindi oggi la cucina non dico stellata ma di qualità (poi definiamo qualità) è inaccessibile alle fasce povere e medio basse così come lo era 100 anni fa o nel medioevo.
@@misterd7361 una piccola postilla all'osteria del Mirasole San Giovanni in Persiceto Bologna; tortellina alla panna di affioramento 28 euro, una cotoletta alla bolognese 70 SETTANTA euro, acqua 4, calice vino 6 caffè 3 . 115 euro può un poveraccio permettersi di farsi una cultura del cibo ? Ahaha . Le cose in 2000 anni non sono cambiate moltissimo. Se non che oggi con 10 euro puoi farti venire un tumore o il diabete da MacDonalds Merdonalds, 100 / 200 /300 anni fa mangiavano polenta fagioli e cipolle, avevano altre malattie, veneree soprattutto, la peste, il colera, ma il cancro al pancreas o al colon non c'era.
@@yuricrea ti rispondo brevemente: -si, oggi cambia qualcosa perché cambiano i generi di consumo e le classi sociali sono meno.
-lo spreco alimentare non centra una minchia in questo caso con la storia del cibo.
-si una persona povera può mangiare bene oggi avendo anche pochi euro e prediligendo una dieta sana
-i fast food sono un prodotto commerciale per le masse, sono gli americani ad avere avuto l'idea perché funzionava. Da noi arrivano almeno 20/30 anni dopo.
-no, è una singolarità francese. Lo spiega l'artusi nel libro. Siamo diventati famosi dopo l'ondata di benessere della guerra.
-no, la cucina povera non è inaccessibile come nel medioevo, perché prima il concetto di accessibile era legato a pulizia e cura che potevano avere solo i ricchi come potevano permetterselo.
@@yuricrea postilla: certo che c'erano altre malattie, perché i fast food li abbiamo conosciuti molto dopo. In 2000 anni le cose cambiano, e moltissimo. Non è mai COSA mangi, ma CHI te lo cucina, quelli che sono i costi, l'esperienza e la posizione del locale. Rileggi, rileggi e rileggi i libri di Grandi, ne hai tanto bisogno.
e ti credo ..
Finalmente si rivalutano gli OGM
Secondo me questo cerca sensazionalismo per vendere libri
solo quello!
@@maggio8191 grande bro
Ma la gente crede veramente alle cazzate che dice Alberto Grandi?
Si
@@Ugoblaboscobsi420 Condoglianze.
Si si
@@emiliofattori9437 Doppie condoglianze.
Assolutamente si. Operatore della ristorazione
Che meraviglia. pasta e astramerdeca. buona settima dose a tutti
Bresaola e la valtellina
Bla bla bla bla basta basta basta taci taci taci....0......
Trovo tutto molto interessante e vero.... basta parlare con un genitore che ha 70.80 anni che ti racconta cosa si mangiava.... da noi polenta imbevevano il pane nel vino e forse una volta al mese maiale. A meno che 😂eri ricco
Forse a casa tua… a casa mia no da almeno 130 anni….🤷♂️
In Lombardia chi era così fortunato da avere un maiale tendenzialmente lo macellava il giorno dei Morti e ci faceva la Cazzoeula. A parte ciò gli animali venivano tenuti in vita il più possibile perché servivano più per latte e uova piuttosto che per la carne.
La smette quest'uomo di sparare minkiate?
Il mai goduto
Comincio a trovarlo veramente stucchevole. Che piatti italiani siano nati da italiani immigrati o ingredienti importati cosa cambia? Viene criticato il riferimento alle nonne, e poi si riferisce al dopoguerra a proposito della definizione della cucina italiana, esattamente il periodo in cui hanno vissuto le "nostre nonne", bah
Non cambia nulla anche secondo lui, è semplicemente storia della nostra cucina.
Non cambia nulla, basta non inventarsi che i piatti tipici dell'Italia attuale derivino da tradizioni secolari. Prima del boom economico in Italia si faceva la fame e la cultura culinaria era "mangia quello che hai".
Si tratta solo di ristabilire la realtà che invece nel percepito comune è stata sostituita da una narrazione del tutto falsa. Vale per la cucina come per tanti altri argomenti (il pericolo immigrazione, il turismo ricchezza italiana, è colpa dell'Euro, ecc.)
@@danielevigi Le cugine regionali hanno tuttora dei piatti di lunga tradizione, ma il discorso di Grandi sembra esaurirsi su pizza, pasta alla carbonara e poco più, risultando un tantino tendenzioso
@@danielevigi narrazione falsa per Grandi! Vogliamo dire che la pizza non esisteva prima della seconda guerra mondiale? Come anche i tortellini, la pasta secca, l'osso buco, la cotoletta, il brasato, i canederli, i casoncelli, la bagna cauda, la polenta, i formaggi, i salumi? Ma cosa mangiavano gli italiani 80 anni fa? E soprattutto negli altri paesi come erano messi? In Francia, Belgio, Germania, Inghilterra, US? Tutta demagogia allo stato puro, sensazionalismo senza arte ne parte!
@@danielevigiForse da tradizioni secolari no, ma il libro dell 'Artusi è del 1891 e contiene già buona parte della cucina italiana per come la conosciamo oggi e comunque le intere fondamenta di essa.
Inoltre è espressamente intitolato in copertina (originale del 1891 e quindi ben prima del boom economico) come *"Manuale pratico per le famiglie".* Dubito che a qualcuno potesse venire in mente di scrivere un libro di raffinata cucina ad uso "pratico per le famiglie" se a quell'epoca in Italia fossimo morti di fame e l'unica preoccupazione appena alzati fosse quella mettere sotto i denti la prima cosa commestibile (e non) che capitasse a tiro.
Grandi non mi è mai piaciuto. Sì, magari ogni tanto qualcosa giusta la dice, ma una su cento. Una percentuale di errore del 99% non è un bel biglietto da visita.
Consiglio il libro l'orto ritrovato di Sentieri.
di che parla?
@@ever5529 agricoltura e alimentazione contadina in Italia mediterranea prima della rivoluzione industriale
Le mie nonne hanno sempre cucinato in modo eccelso, mi pare che costui stia facendo un gran minestrone! Senza sale
12:05 Grandi dice: la cucina italiana ha una tradizione di 50-60 anni!
Quindi, tutta la nostra storia culinaria quasi millenaria,
con tutte le tipicità di ogni città e provincia non contano?
Pur comprendendo e condividendo alcuni ragionamenti di Grandi non sono
d'accordo per niente sulla maggior parte delle sue analisi disfattiste
volte solamente a creare sensazionalismo e vendere libri!
Evidentemente manco ha Letto Artusi
Ma che vuoi che sappia?
A proposito, il Pesto alla genovese fu creato in Alabama.
si si .....