Uso di Sotto - “Due calzini”
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- เผยแพร่เมื่อ 18 ธ.ค. 2024
- Ieri sera i miei amici sono arrivati nottetempo, arrampicandosi per la mulattiera che porta al rifugio. Ridevano come bambini, dopo aver fatto una marachella e scampato ai brontolii dei genitori.
Ho sentito i motori delle motociclette da lontano, prima un brusio come un'eco che andava e veniva, poi uno scoppiettio deciso. Sono apparsi avvolti nella nebbia in un'aura di luce, come fantasmi.
Il povero custode, nonostante l'ora tarda, si è messo ai fornelli. Paolo è un angelo: da due anni vive qui quasi come un eremita. Distendo il sacco a pelo nella camerata, non prima di aver dato un ultimo sguardo al cielo. Domani andremo per tracce, che già sono complicate quando è asciutto; col bagnato, poi, divengono un terno al lotto.
Il silenzio è irreale, nonostante la nebbia. Nella penombra, sembra di vedere uno scorcio di azzurro: gli alberi neri coronano la montagna. Mia, il cane di Paolo, annusa il cielo. Qui i lupi sono di casa: lei abbaia ogni volta che sente un rumore.
A me ha fatto venire in mente il lupo dalle zampe bianche con cui fa amicizia Kevin Costner nel film "Balla coi lupi".
Paolo è un ex ristoratore. Mi ha raccontato che ha scelto di vivere quassù alla ricerca di serenità. In estate, il sabato e la domenica, fa anche sessanta coperti, ma non gli interessa: non lo fa per i soldi, vorrebbe solo avere quanto basta per sopravvivere. Ha voglia di chiacchierare ed è un fiume in piena: ci racconta la sua vita, gli alti, i bassi, le vittorie e i fallimenti.
Sono sempre incerto quando muovo i primi passi dopo una sosta con la moto. Sarà che le enduro sembrano fatte solo per i giganti! Poi però, una volta partito, il mio Husky sembra rassicurarmi: si infila nel bosco deciso, e ogni mia incertezza svanisce. È una specie di piccolo carro armato.
Oggi Paolo si lamentava dell'abbandono del bosco. Mi diceva che qui negli anni sessanta vivevano più di trecento persone, per lo più pastori. Ora si contano sulle dita di una mano: il bosco era vivo. Negli ultimi anni, molti sentieri, piccole strade usate per gli spostamenti, si stanno chiudendo. Le ginestre colonizzano la terra lavata dei percorsi: quelle che una volta erano battute mulattiere ora paiono come fossi profondamente incisi.
Viaggio per lo più in prima e seconda: la moto sembra gradire ogni colpo di gas, reagisce sincera e derapa sicura.
Penso di essere il più scarso del gruppo, ma qui non c'è differenza: ad ogni deviazione ci fermiamo, dopo ogni impossibile salita controlliamo se qualcuno è rimasto indietro. Alberi caduti, colate di sassi invadono il percorso, lucide radici, una volta coperte di soffice terra, ora esposte sembrano ostacoli insormontabili.
Su un tratto, per cinque volte tentiamo di scavalcare la china. Ad ogni tentativo, la moto si intraversa e si appoggia su un fianco: impossibile ripartire. Qualsiasi punto tu possa aver raggiunto, anche se la cima è lì a poche decine di metri, troppo ripida è la strada, troppo scivoloso il fondo. L'unica soluzione è tornare indietro e riprovare con una rincorsa maggiore. Io non so voi, ma io faccio una gran fatica ad accelerare di più, a scaricare più potenza e cercare più abbrivio perché la massa del mio mezzo cada più in là, guadagnando qualche metro.
Stamani siamo partiti alle nove e alle otto di sera siamo ancora a qualche chilometro dal rifugio. Il fianco della montagna, esposto a est, è già scuro: fatico a distinguere il percorso. Scavalcato il crinale, un ultimo raggio di sole pare indicarci la strada, rassicurante ci dice che siamo quasi arrivati.
Davanti al rifugio, seduto su una panca, sorseggio una birra. Ascolto le mie articolazioni indolenzite e i muscoli sconosciuti che mandano segnali di resa. Bene, comunque è stato bello, adrenalinico quanto basta a sentirmi ancora capace di muovere muscoli intorpiditi dalla sedia.
Il camino stasera è circondato dagli stivali, dai guanti e dalle giacche che oggi ci hanno protetto. Un po' di acqua è entrata ovunque e ora sono ghiacci come il marmo. Un piatto di pasta, un po' di carne alla brace, qualche buona bottiglia di vino e un chiacchiericcio sul nulla ci tengono per un po' lontani da tutti i problemi del mondo, ridanno dimensione al gioco spensierato di questi adulti bambini.
Un ultimo bicchiere di grappa come medicina contro ogni dolore e in branda. Domani riproviamo a sognare.
Non voglio raccontare la malinconia dell'ultimo giorno nel raccogliere le cose sparse ovunque in questo splendido luogo che per qualche giorno ci ha fatto da casa, nel salutare gli amici, con cui sono sicuro ci rivedremo in qualche altra scorribanda.
E le persone incontrate? Paolo, il pastore Rinaldo ... loro li porterò con me, cercherò di custodirli nella memoria di questi appunti di viaggio, anime semplici che brillano come i cristalli di indaco e leniscono le ansie e tutte incertezze che la vita ti pone di fronte.
Alla prossima.
Ciao complimenti per i tuoi video!!
Che husqwarna usi ?
701 è un buon compromesso non ho furgone o carrello per gli spostamenti pertanto anche se devo fare due e trecento chilometri per raggiungere gli amici con questa moto lo posso fare tranquillamente magari su strade secondarie sulle tracce dipende dalla tua abilità comunque rampica bene ovunque.