Se ti interessa l'argomento trovi approfondimenti utili tra i miei corsi. I corsi sono inclusi nell'iscrizione alla NESLETTER 😉 Scopri di più qui: lucanesler.com/corsi
ho diversi punti di disaccordo con un mio collega con il quale collaboro. La sua tecnica (so che esiste), è quella di buttare sul tavolo una serie di elementi, i più disparati e poi cercare di connetterlii tra loro costruendo così una storia. Questo penso vada bene per allenare la fantasia, ma con questo metodo, io non riesco ad andare oltre la superficialità. L'altro, che è quello che prediligo e che cita anche Abbie è: cosa vogliamo dire con la nostra storia? Quindi, inventare un personggio che parta dal credere l'opposto di quello che è la verità che vogliamo raccontare, quindi, elaborare la serie di eventi che alla fine lo portano a cambiare idea. Altro motivo del contendere è che secondo lui, si possono inserire elementi che nulla hanno a che fare con la storia, e su questo sono totalmente contrario, perché è ridicolo scrivere un libro di cucina nel quale un capitolo parla di come si cambia l'olio all'automobile. Però si arriva a litigare e basta. Tu che ne dici? Scusa la lungaggine
Quello che intendi citando Abbie è esattamente l'idea di partire da un punto di vista tematico (di cui parlo spesso) e invertirlo per trovare il Fatal flaw (detto con la Marks) del protagonista. Questo si fa per diverse ragioni razionali che stanno dietro al COME si comunica il significato di una storia e concorda con quanto dicono praticamente tutti gli insegnanti di sceneggiatura. Il metodo del tuo amico non è un vero metodo, nel senso che non porta a un risultato efficiente in quanto non mirano a un obbiettivo che non sia il puro esercizio. Anche sul discorso dell'inserire elementi estranei in una storia si sono espressi in molti in modo contrario, primo tra tutti Robert McKee. Senza nulla sapere mi pare che il tuo amico sia vittima della narrazione tipica del nostro Paese che vuole che la storia sia qualcosa di non definibile nella natura e negli intenti e che quindi valga tutto e, naturalmente, di ignoranza. Quindi vai tranquillo che vai bene!
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È un tipo di approccio che aiuta tanto anche con i racconti (occhiolino occhiolino)
Eh sì, ma aiuta in generale anche con storie più impegnative e strutturare. Provare per credere👍😉
@@lucanesler Ci credo, ci credo!
ho diversi punti di disaccordo con un mio collega con il quale collaboro. La sua tecnica (so che esiste), è quella di buttare sul tavolo una serie di elementi, i più disparati e poi cercare di connetterlii tra loro costruendo così una storia. Questo penso vada bene per allenare la fantasia, ma con questo metodo, io non riesco ad andare oltre la superficialità. L'altro, che è quello che prediligo e che cita anche Abbie è: cosa vogliamo dire con la nostra storia? Quindi, inventare un personggio che parta dal credere l'opposto di quello che è la verità che vogliamo raccontare, quindi, elaborare la serie di eventi che alla fine lo portano a cambiare idea. Altro motivo del contendere è che secondo lui, si possono inserire elementi che nulla hanno a che fare con la storia, e su questo sono totalmente contrario, perché è ridicolo scrivere un libro di cucina nel quale un capitolo parla di come si cambia l'olio all'automobile. Però si arriva a litigare e basta. Tu che ne dici? Scusa la lungaggine
Quello che intendi citando Abbie è esattamente l'idea di partire da un punto di vista tematico (di cui parlo spesso) e invertirlo per trovare il Fatal flaw (detto con la Marks) del protagonista. Questo si fa per diverse ragioni razionali che stanno dietro al COME si comunica il significato di una storia e concorda con quanto dicono praticamente tutti gli insegnanti di sceneggiatura. Il metodo del tuo amico non è un vero metodo, nel senso che non porta a un risultato efficiente in quanto non mirano a un obbiettivo che non sia il puro esercizio. Anche sul discorso dell'inserire elementi estranei in una storia si sono espressi in molti in modo contrario, primo tra tutti Robert McKee. Senza nulla sapere mi pare che il tuo amico sia vittima della narrazione tipica del nostro Paese che vuole che la storia sia qualcosa di non definibile nella natura e negli intenti e che quindi valga tutto e, naturalmente, di ignoranza. Quindi vai tranquillo che vai bene!
@@lucanesler Grazie, infatti gli dico spesso che se un film dev'essere spiegato con le parole, non è un film.