Romano Bilenchi, “osservatore militante” di quel “percorso misterioso e disperato” che è la vita

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  • เผยแพร่เมื่อ 5 ก.พ. 2025
  • Romano Bilenchi (Colle di Val d’Elsa, 9 novembre 1909 - Firenze, 18 novembre 1989) - scrittore, giornalista, editore e organizzatore culturale - è uno dei protagonisti del Novecento, attraverso una militanza civile e politica tutta giocata sul filo della coerenza e della difesa dell’autonomia dell’artista dalle ingerenze partitiche.
    La giovanile adesione agli ambienti del “fascismo di sinistra” ; la partecipazione alla Resistenza, l’iscrizione al PCI di Palmiro Togliatti; l’uscita dal partito, il periodo della guerra fredda fino all’era Gorbačëv e gli anni del “boom”: queste le tappe essenziali di un percorso biografico e intellettuale che, insieme alla scrittura letteraria, caratterizzano uno dei testimoni più liberi e anticonformisti della storia letteraria italiana.
    Accanto a un’intensa e prolungata attività giornalistica, che lo vede collaborare prima con riviste e giornali di orientamento fascista («L’Universale», «Il Selvaggio» di Mino Maccari, il «Bargello» di Giuseppe Bottai , «La Stampa» di Curzio Malaparte «La Nazione»), e poi di area comunista («Società», «Nazione del Popolo», il «Nuovo Corriere» fino al 1956), si affiancano le due principali stagioni della narrativa di Romano Bilenchi: quella tra gli anni Trenta e Quaranta e quella del decennio Settanta e Ottanta.
    L’adolescenza - raccontata all’interno di un tempo “indistinto” e in un paesaggio reinventato dalla memoria e colta nei turbamenti e nei rancori giovanili, attraverso storie amicizia, di indifferenza e di solitudine - è il tema centrale del primo periodo (Maria, 1925; Il Conservatorio di Santa Teresa, 1940; i racconti de Il capofabbrica, 1935; poi confluiti in Dino e altri racconti, 1942; La siccità, 1941; Mio cugino Andrea, 1943).
    La storia (Il bottone di Stalingrado, 1972, Premio Viareggio; Cronache degli anni neri, 1984), Il gelo (1982) e il racconto-memoriale Amici (1976, 1988) sono invece gli assi portanti delle opere successive.
    E se costante è un “senso di pena e di tragedia”, dall’altra parte, però - ci spiega Bilenchi in un’intervista del 1985 - scrivere “costituisce pur sempre un atto di ottimismo […]. Nei miei racconti, attraverso i diversi personaggi, io ascolto e cerco di costituire questi battiti, questo pulsare della vita”.
    Uno scrittore si riconosce “dalla poesia che riesce a raccogliere in quello che scrive e dalle emozioni che dà”. Emozioni che, nell’essenzialità di uno stile asciutto e limpido, le opere di Bilenchi ancora oggi - a distanza di tempo - riescono a regalare a noi, lettori contemporanei.
    Luca Lenzini (Firenze, 1954) ha dedicato studi e commenti all’opera di Vittorio Sereni, Franco Fortini, Guido Gozzano, Giovanni Giudici, Attilio Bertolucci, Alessandro Parronchi, Giuliano Scabia e altri autori novecenteschi, non solo italiani. Ha diretto la Biblioteca Umanistica dell’Università di Siena dal 1989 al 2021 ed è coordinatore del Centro di ricerca Franco Fortini dell’Università di Siena; dirige la collana “Bilenchiana” per le edizioni Cadmo.

ความคิดเห็น • 2

  • @marinellamaccagni6951
    @marinellamaccagni6951 7 หลายเดือนก่อน

    Ho letto oggi per la prima volta il conservatorio di santa Teresa. Grande autore. Ringrazio questo splendido programma che mi sta facendo scoprire delle vere e proprie gemme del panorama letterario italiano.

  • @marinellamaccagni6951
    @marinellamaccagni6951 7 หลายเดือนก่อน

    Complimenti al professore lenzini.