NAUFRAGIO CON SPETTATORE di Fabio Cavalli

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  • เผยแพร่เมื่อ 16 ต.ค. 2024
  • NAUFRAGIO CON SPETTATORE
    73° Mostra del Cinema di Venezia - Premio MigrArti 2016
    Menzione Speciale della Giuria
    Soggetto, sceneggiatura e regia
    Fabio Cavalli
    con
    Nadil-Pietro Lo Faro, Yassine Baya, Mario Falanga
    e l’Assistente Capo Sandro Pepe
    e con
    i detenuti-attori del
    Teatro Libero di Rebibbia
    Direttore della fotografia Paolo Modugno
    Montaggio Gianluca Rame
    Scene e disegni Alessandro De Nino, Pietro Francesco Lo Faro
    Fonico di presa diretta Mario Parascandolo
    Animazioni Anonima Disegni
    Musiche Yassine Baya, Rodolfo Temporale, Franco Moretti, Mario Parascandolo
    Aiuto regia e collaboratrice alla sceneggiatura Francesca Di Giuseppe
    Il problema del proselitismo e reclutamento islamista nelle carceri italiane è stato posto all’ordine del giorno della riflessione politica e culturale negli ultimi tempi. Naufragio con spettatore dà voce a Nadil, un giovane detenuto di origine egiziana di fede mussulmana che ha incontrato in carcere alcuni jihadisti e se n’è tenuto lontano con la forza ed il desiderio di continuare ad essere se stesso, senza abiure ma anche senza cedimenti al fanatismo: Nadil ama la pittura e non può accettare l’interpretazione della legge coranica che vieta l’arte figurativa, pena la condanna eterna.
    SINOSSI
    Roma, Rebibbia 2016. Nadil è un giovane egiziano condannato per traffico di stupefacenti. Nel corso della sua lunga detenzione nelle carceri italiane, ha sofferto solitudine e isolamento, ma ha anche imparato la nuova lingua e ha scoperto che è possibile una convivenza fra le diverse culture e fedi dei popoli affacciati sul Mediterraneo. Il nonno - Nadil come lui - era nato nell’Oasi del Fayyum, vicino al Cairo, celebre per i ritratti funerari dipinti su tavola, ritrovati nelle tombe tardo-egizie, che riproducono con grande realismo le espressioni vive dei volti, quasi come le moderne istantanee poste sulle lapidi cimiteriali. Quei ritratti sono entrati nel suo immaginario di ragazzo, prima della fuga dall’Egitto, il naufragio e l’approdo sulla riva nord del mare, piena di illusioni, errori, condanne e celle anguste di galera. Nadil comincia a dipingere ricordando i ritratti del Fayyum, per passare il tempo interminabile della pena a cui è stato condannato.
    Un giorno, per caso, l’ennesimo trasferimento da un carcere all’altro, lo fa approdare a Rossano Calabro, dove sono reclusi i condannati per terrorismo islamista. Là incontra il volto feroce dell’estremismo: i reclutatori di tagliagole dell’IS. Gli viene proibito di dipingere in cella. Secondo un famigerato hadith: “chi ritrae un vivente, verrà ucciso e torturato fino al Giorno del Giudizio”. Vive in quell’inferno psicologico per un anno e mezzo, poi viene trasferito a Rebibbia, dove c’è una scuola di pittura affollata di uomini che scontano la loro condanna, rappresentando su tela la sofferenza e la speranza. Lì Nadil viene accolto nel crogiuolo di culture e fedi che è il braccio di un carcere italiano: compagno carcerato e riconosciuto pittore di talento. “Se rubo mi tagliano la mano, se dipingo mi tagliano la mano … di quante mani ha bisogno un essere umano per diventare un buon musulmano!?”. Nadil non si ribella alla sua fede. Si ribella al fanatismo dei tagliagole che “vogliono trasformare tutto il mondo in una galera”. “Andiamo ad uccidere - gli hanno detto quelli della jihad - col pretesto di andare a morire”.
    Dov’è ora Nadil? Scarcerato quasi un anno fa, respinto in Medio Oriente, per mesi ha continuato a scrivere ai detenuti-pittori di Rebibbia. Una lettera a settimana, piena di bozzetti a matita e il lettering arzigogolato della scrittura araba. Poi più nulla.
    Questo breve film è dedicato alla sua avventura e all’epopea di tutti gli uomini partiti dal Sud del mondo e naufragati in carcere. Come Yassin, giovane detenuto marocchino, che dalla sua cella di Cassino ha composto e cantato lo struggente inno alla luna che accompagna le immagini.
    Questa epopea dei moderni migranti nel giro di due o tre generazioni entrerà a far parte integrata nella nuova narrativa e iconografia europea. Prima ancora del meticciato genetico che tanti temono, ci sarà il meticciato delle narrazioni, delle immagini, delle leggende. Tanto vale capirlo per tempo e provare ad interpretare il movimento; partecipare alla sua elaborazione e alla sua trasformazione in un prodotto d’arte “meticcia”.
    (Ogni riferimento a singoli fatti e persone esistenti è plausibile. Alcuni “testimoni” hanno preteso la “controfigura”, perché i temi sviluppati nel film sfiorano argomenti politicamente molto scomodi e spesso letteralmente indicibili)

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