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Totalmente d'accordo e mi fa piacere che come autodidatta da quasi 50 anni, ho sempre seguito e seguo i metodi descritti per studiare un brano. Grazie è sempre bello comunque sentire questi consigli da un professionista.
Grazie per il commento, e complimenti per aver applicato queste "regole" autonomamente! Non è così consueto che un autodidatta presti attenzione a tutti questi aspetti, ottimo lavoro!
Sul discorso della velocità di esecuzione mi sono accorto sulla mia pelle, nel tempo, che potrebbe cambiare in maniera drastica anche al livello motorio e di tecnica richiesta, certe cose che lentamente sono gestibili con determinate movenze più "morbide", in velocità le cose cambiano completamente, portando anche a gestualità differente, anche a movimenti più esplosivi, tipo in caso di riattaccate veloci, in certi casi si trasformava quasi in una danza coordinata per raggiungere una certa velocità sostenuta in certi brani. Per pura curiosità mi è capitato di velocizzare di molto dei brani e se da lenti le movenze erano più composte, da veloci iniziava a subentrare, oltre al bisogno di totale rilassamento, che si ottiene pian piano e non è per nulla semplice, anche un utilizzo diverso e maggiore di una gestualità atta a gestire la velocità con coordinazione, una gestualità che va a comprendere anche altre parti del corpo, spalle, braccia, avambracci, addirittura mi è capitato di sentire stimoli anche nelle gambe, tutte cose che nella versione lenta non c'erano. Passare da lento a veloce (parecchio veloce) è, perlomeno nei casi che ho provato io, come passare dal giorno alla notte, due brani differenti in quanto a richieste motorie.
Ciao! Sono d'accordissimo con le tue osservazioni. A livelli alti, l'uso di leve, posture e appoggi differisce in maniera incredibile tra lento e veloce, e proprio per questa ragione consiglio di raggiungere la velocità di esecuzione attraverso piccoli step incrementali (e non è una cosa da principianti, lo faccio sempre anch'io quando studio). Poi un principiante probabilmente non si accorgerà di tali variazioni e nella migliore delle ipotesi le applicherà "in automatico" (o con l'aiuto dell'insegnante), ma non posso che concordare con quanto scrivi 👍
Patrick, come evitare che la piccola falange si appiattisca e non rimanga ad uncino? Ho notato questo problema nel dito più lungo (il terzo dito). Ciao e grazie.
Un sistema per rinforzarla potrebbe essere quello di poggiarla nella maniera corretta su di una superficie rigida (un tavolo o simili) e fare "pressione" con un dito dell'altra mano nel punto di cedimento mentre il dito da rinforzare fa resistenza. Questo aiuta soprattutto a "percepire" la posizione corretta, che col tempo dovrebbe diventare automatica! Un saluto!
Sul punto numero dieci, conosco musicisti che mi hanno detto che lo studio dei loro brani di repertorio dura mesi e mesi prima di ritenerli adeguati ad essere esibiti in concerto, da qui mi viene un dubbio, come faccio a capire quando un brano necessita del tempo adeguato per essere assimilato bene, nell'esecuzione tecnica ed espressiva ed uno che invece e' troppo in là per il mio stadio? Perche non vorrei che, abbandonando troppo presto l'idea di apprenderlo perché mi sembra troppo difficile, semplicemente richiede piu esercitazione rispetto a brani piu semplici..
Ottima domanda dalla risposta non semplice 😊 Per non lanciarmi in un lunghissimo "pistolotto", direi che si può ragionare sulle tempistiche. Concordo pienamente col fatto che per eseguire in concerto brani molto complessi siano necessari diversi mesi (anche per me è così), ma al tempo stesso una buona parte del lavoro è di limatura, assimilazione e "padronanza". Ciò vuol dire che comunque in un paio di mesi di studio regolare si raggiunge un risultato che si avvicina a quello finale, quindi un'esecuzione più o meno a tempo, senza grossi errori o pasticci e senza affaticamenti di alcun genere. Se, invece, dopo un paio di mesi si è ancora in alto mare, tremendamente sotto tempo, con errori continui e rigidità nei passaggi difficili, quello potrebbe essere il segnale che ci comunica la necessità di abbassare - almeno temporaneamente - il tiro! Un caro saluto, spero di aver dato una risposta soddisfacente!
In realtà la quasi totalità della letteratura dedicata alla tecnica pianistica parla di angolo di 90° tra gomito e avambraccio. Poi non nego di aver visto pianisti suonare in tutte le varianti possibili, quindi quando uno strumentista comincia ad avere esperienza può giocare con queste regolazioni in "sicurezza" adattando la propria posizione, ma per i principianti l'angolo retto è una. tranquillità per non incappare in errori posturali gravi. Personalmente ho avuto tra i miei maestri (regolari.o in masterclass) figure del calibro di Piero Rattalino, Aldo Ciccolini, Tatiana Zelikman (l'insegnante di Trifonov) ecc, e tutti hanno sempre considerato corretto un angolo di circa 90°. Un saluto!
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Totalmente d'accordo e mi fa piacere che come autodidatta da quasi 50 anni, ho sempre seguito e seguo i metodi descritti per studiare un brano. Grazie è sempre bello comunque sentire questi consigli da un professionista.
Grazie per il commento, e complimenti per aver applicato queste "regole" autonomamente! Non è così consueto che un autodidatta presti attenzione a tutti questi aspetti, ottimo lavoro!
Bravissimo con le spiegazioni Patrik, grazie infinite per tutti i consigli che metti a disposizione gratuitamente.
Grazie a te per il commento! Un caro saluto!
Sul discorso della velocità di esecuzione mi sono accorto sulla mia pelle, nel tempo, che potrebbe cambiare in maniera drastica anche al livello motorio e di tecnica richiesta, certe cose che lentamente sono gestibili con determinate movenze più "morbide", in velocità le cose cambiano completamente, portando anche a gestualità differente, anche a movimenti più esplosivi, tipo in caso di riattaccate veloci, in certi casi si trasformava quasi in una danza coordinata per raggiungere una certa velocità sostenuta in certi brani. Per pura curiosità mi è capitato di velocizzare di molto dei brani e se da lenti le movenze erano più composte, da veloci iniziava a subentrare, oltre al bisogno di totale rilassamento, che si ottiene pian piano e non è per nulla semplice, anche un utilizzo diverso e maggiore di una gestualità atta a gestire la velocità con coordinazione, una gestualità che va a comprendere anche altre parti del corpo, spalle, braccia, avambracci, addirittura mi è capitato di sentire stimoli anche nelle gambe, tutte cose che nella versione lenta non c'erano. Passare da lento a veloce (parecchio veloce) è, perlomeno nei casi che ho provato io, come passare dal giorno alla notte, due brani differenti in quanto a richieste motorie.
Ciao! Sono d'accordissimo con le tue osservazioni. A livelli alti, l'uso di leve, posture e appoggi differisce in maniera incredibile tra lento e veloce, e proprio per questa ragione consiglio di raggiungere la velocità di esecuzione attraverso piccoli step incrementali (e non è una cosa da principianti, lo faccio sempre anch'io quando studio). Poi un principiante probabilmente non si accorgerà di tali variazioni e nella migliore delle ipotesi le applicherà "in automatico" (o con l'aiuto dell'insegnante), ma non posso che concordare con quanto scrivi 👍
Questo video e' molto importante grazie👍
Grazie a te!
Molto utile grazie!
Grazie a te per il commento!
Molto utile grazie
Grazie per il commento!
Patrick, come evitare che la piccola falange si appiattisca e non rimanga ad uncino? Ho notato questo problema nel dito più lungo (il terzo dito). Ciao e grazie.
Un sistema per rinforzarla potrebbe essere quello di poggiarla nella maniera corretta su di una superficie rigida (un tavolo o simili) e fare "pressione" con un dito dell'altra mano nel punto di cedimento mentre il dito da rinforzare fa resistenza. Questo aiuta soprattutto a "percepire" la posizione corretta, che col tempo dovrebbe diventare automatica! Un saluto!
@@patricktrentini Ottimo Patrick, grazie mille ciao.
Grazie
Grazie a te!
Sul punto numero dieci, conosco musicisti che mi hanno detto che lo studio dei loro brani di repertorio dura mesi e mesi prima di ritenerli adeguati ad essere esibiti in concerto, da qui mi viene un dubbio, come faccio a capire quando un brano necessita del tempo adeguato per essere assimilato bene, nell'esecuzione tecnica ed espressiva ed uno che invece e' troppo in là per il mio stadio? Perche non vorrei che, abbandonando troppo presto l'idea di apprenderlo perché mi sembra troppo difficile, semplicemente richiede piu esercitazione rispetto a brani piu semplici..
Ottima domanda dalla risposta non semplice 😊 Per non lanciarmi in un lunghissimo "pistolotto", direi che si può ragionare sulle tempistiche. Concordo pienamente col fatto che per eseguire in concerto brani molto complessi siano necessari diversi mesi (anche per me è così), ma al tempo stesso una buona parte del lavoro è di limatura, assimilazione e "padronanza". Ciò vuol dire che comunque in un paio di mesi di studio regolare si raggiunge un risultato che si avvicina a quello finale, quindi un'esecuzione più o meno a tempo, senza grossi errori o pasticci e senza affaticamenti di alcun genere. Se, invece, dopo un paio di mesi si è ancora in alto mare, tremendamente sotto tempo, con errori continui e rigidità nei passaggi difficili, quello potrebbe essere il segnale che ci comunica la necessità di abbassare - almeno temporaneamente - il tiro! Un caro saluto, spero di aver dato una risposta soddisfacente!
@@patricktrentini Assolutamente un ottimo consiglio di cui farò certamente tesoro! Ti ringrazio, mi fa capire tante cose!
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Grazie per il commento e per l'iscrizione!
Avambraccio deve essere inclinato verso la tastiera altrimenti il peso rimane nel gomito
In realtà la quasi totalità della letteratura dedicata alla tecnica pianistica parla di angolo di 90° tra gomito e avambraccio. Poi non nego di aver visto pianisti suonare in tutte le varianti possibili, quindi quando uno strumentista comincia ad avere esperienza può giocare con queste regolazioni in "sicurezza" adattando la propria posizione, ma per i principianti l'angolo retto è una. tranquillità per non incappare in errori posturali gravi. Personalmente ho avuto tra i miei maestri (regolari.o in masterclass) figure del calibro di Piero Rattalino, Aldo Ciccolini, Tatiana Zelikman (l'insegnante di Trifonov) ecc, e tutti hanno sempre considerato corretto un angolo di circa 90°. Un saluto!
Non dici cose sbagliate ma hai un approccio verso la Musica da impiegato, da bancarietto. A parte il punto 9, il più importante.