Sesta lezione Antropologia dei media-Andrea Staid

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  • เผยแพร่เมื่อ 4 ต.ค. 2024
  • In questa sesta pillola antropologica cerchiamo di comprendere e criticare l'utilizzo dei media e new media ai tempi del Covid19. Abbiamo deciso con i due corsi che sto tenendo a distanza che dovevamo cambiare il programma e discutere di quello che stiamo vivendo.
    Credo sia importante porsi delle domande, dobbiamo chiederci dove vanno a finire tutte queste immagini, questi suoni, queste chat, queste parvenze di presenza che produciamo quotidianamente?
    Come facciamo a vivere senza riflettere seriamente su questo deposito interiore così vasto di immagini riflesse?
    Dobbiamo capire cosa sono i big data e come agiscono sulle nostre vite, sono diventati l’ossigeno della mega-macchina del consumo iper-capitalista, la nuova fonte di ricchezza per le corporation che fanno affari sui nostri desideri e immaginari, plasmati e costruiti da un bombardamento mediatico continuo. E questo perché le informazioni che i big data raccolgono riguardano le nostre vite, le preferenze, i gusti di tutti noi che navighiamo nel web.
    Cerchiamo tutti insieme di costruire un'arte della resistenza a questa invasione da parte delle corporation che gestiscono questi dati, ma soprattutto ricordiamoci che siamo animali umani, esseri relazionali e non ci possiamo accontentare di queste presenze mutilate, i corpi sono centrali nelle nostre relazioni, non dimentichiamocelo.

ความคิดเห็น • 6

  • @giuseppegiadone8348
    @giuseppegiadone8348 ปีที่แล้ว

    Sei universale

  • @cinziachiarimeschiari8297
    @cinziachiarimeschiari8297 4 ปีที่แล้ว

    buongiorno, ma questa è l'ultima lezione??????mi dispiace...propio adesso che mi interessava!!

    • @AndreaStaid
      @AndreaStaid  4 ปีที่แล้ว +1

      Buongiorno Cinzia ogni settimana di venerdì o sabato ne carico una nuova. Grazie

    • @cinziachiarimeschiari8297
      @cinziachiarimeschiari8297 4 ปีที่แล้ว

      @@AndreaStaid grazie!!!!

  • @barbaramelloni9454
    @barbaramelloni9454 4 ปีที่แล้ว +1

    Mi sembra che la sua analisi sui Big Data sia un po’ frettolosa. Sarebbe opportuno, a mio parere, prendere in considerare diversi fattori : cosa sono questi Big Data? sono Informazioni, l’accumulo di queste informazioni cosa porta? Porta a creare dei modelli, i modelli a cosa servono? Servono a capire meglio e di conseguenza a prendere decisioni sulla base delle informazioni raccolte. (Ironicamente, mi sembra assomigli molto al lavoro degli antropologi)
    Sono d’accordo sul fatto che sia preoccupante il fatto che i nostri dati siano in mano a terzi ecc. ma quando accettiamo i termini e le condizioni, leggiamo davvero cosa ci sia scritto? Comunque ci sono motori di ricerca come DuckDuckGo che non collezionano o condividono i dati personali.
    Credo che, come in molte cose, ci siano dei pro e dei contro da valutare, i Big Data e i Media non ne sono esenti.
    Spero di aver dato uno spunto di riflessione aggiuntivo.

    • @AndreaStaid
      @AndreaStaid  4 ปีที่แล้ว +3

      Buongiorno Barbara concordo pienamente sul fatto che è solo citata la questione dei big data, in 10 minuti parlare di antropologia dei media è complesso e come dico sempre in questi brevi video sono delle lezioni ripasso delle mie lezioni del corso di antropologia culturale e visuale, lezioni da tre ore, non da dieci minuti. Credo che per capire la questione big-data dovremmo discutere dell’iper-macchina del consumo contemporanea significa parlare
      della biopolitica e del neoliberismo, che si collegano strettamente al significato
      stesso di psicopolitica e programmazione del controllo psicologico. Quando
      discutiamo di big data, ci troviamo davanti a un fenomeno di portata enorme
      e in continua evoluzione. I big data sono grandi sistemi di aggregazione di
      informazioni che superano le possibilità di raccolta dei tradizionali hardware.
      Con il progresso e lo sviluppo degli algoritmi che governano internet, i social
      network e soprattutto le grandi piattaforme di e-commerce, i big data sono
      diventati l’ossigeno della mega-macchina del consumo iper-capitalista, la nuova
      fonte di ricchezza per le corporation che fanno affari sui nostri desideri
      e immaginari, plasmati e costruiti da un bombardamento mediatico continuo.
      E questo perché le informazioni che i big data raccolgono riguardano le nostre
      vite, le preferenze, i gusti di tutti noi che navighiamo nel web. Informazioni,
      che possono essere scambiate, vendute e acquisite dalle grandi corporation.
      I prodotti che ci vengono consigliati, che ci potrebbero interessare,
      che appaiono nella nostra home di Facebook, o tra i post sponsorizzati
      su Instagram, su Amazon, o le playlist automaticamente modellate sui
      nostri gusti musicali prodotte dall’algoritmo di Spotify; la codificazione da
      parte di Netflix di centinaia e centinaia di «micro-generi» cinematografici
      sulla base delle nostre scelte di visoni precedenti, i consigli che troviamo
      dentro il giornale online che stiamo leggendo, insomma l’elenco potrebbe
      essere infinito. Tutti questi sono esempi di utilizzo dei big data da parte
      dei colossi del web. Il meccanismo è molto semplice: gli algoritmi regolano
      il funzionamento di queste piattaforme ed estraggono informazioni dall’attività
      dei singoli soggetti che usufruiscono della loro offerta. Tale aspetto presenta
      risvolti particolarmente tragici in termini di dominio, controllo, propaganda
      e omologazione. Siamo entrati ormai da diversi anni nell’era del controllo
      sociale e della sorveglianza digitale, che utilizza i big data per costruire dei
      perfetti clienti, elettori e cittadini omologati; siamo nell’era della psicopolitica,
      come ci ricorda Byung-Chul Han nel suo interessante saggio Psicopolitica.
      Il neoliberalismo e le nuove tecniche del potere (Nottetempo 2016).