0:32 Che cos’è l’era della suscettibilità? 2:01 La figura della vittima: il caso J. K. Rowling e il caso del direttore d’orchestra di Sanremo 8:35 Le cariche hanno valore neutro o no? Controllare la lingua 10:20 Il contrasto tra chi è politicamente corretto e chi invece non ritiene importante il tema 14:04 “Sto lavorando perchè sono una donna o perchè sono capace?” 15:44 Il rapporto tra il mondo anglosassone e il nostro, a proposito di questo tema: il caso Meghan Markle 20:10 La logica plebiscitaria come censura: il ruolo dei social 21:48 Il caso di Woody Allen 24:55 Come consideriamo le vittime: la deriva verso il tribalismo 26:21 L’indignazione come strumento per farsi vedere 28:11 “Virtue signalling” e il ruolo delle multinazionali: #bodypositivity come incentivo alla cosmesi 29:49 “Sii te stesso”, “Perchè tu vali” e Bridget Jones: gli slogan del narcisismo 32:06 Il ruolo della satira e la percezione del pubblico: il bisogno di immediatezza e lo strumento dello screenshot 37:05 Interessarsi a ciò che piace ai giovani: una tendenza dei nuovi genitori 39:36 La identity culture non tiene conto della condizione economica delle persona 43:41 Il covid ha impattato più gli uomini. E se fosse stato il contrario? Discussioni sul tema uomo-donna e sulla parzialità dell’opinione pubblica 47:32 Il tema della suscettibilità stufa molto le persone intelligenti e di conseguenza lo ignorano, sbagliando 51:03 Il limite dei social: contesto e lunghezza delle spiegazioni 54:06 La serie di Gucci fatta dagli americani: appropriazione culturale? I traduttori della Gorman e i limiti del problema identitario 58:50 Il peso dei tweet: perchè i giornali riportano i tweet? 1:01:31 Ancora alcune considerazioni sulle derive dell’appropriazione culturale: i giocatori di freccette che si offendono 1:05:04 La libertà di espressione: Trump e Twitter 1:07:49 La situazione politica alla luce di questa situazione e delle battaglie liberali 1:09:18 Crescere nell’ovatta: confrontarsi è vietato? Ma da chi? 1:14:14 Come lo vedi il futuro?
Ciao! Sono un plebeo di buon senso (scherzo eh) e, per una volta, mi sento finalmente tra amici. La vostra chiaccherata mi ha fatto sentire tranquillo, persino sicuro... per quanto stiate raccontando di un mondo impazzito almeno per un'ora e qualcosa ho ascoltato considerazioni razionali, logiche e condivisibili. Grazie Daniele e Grazie Guia... poi forse ci ghigliottineranno tutti e tre ma pazienza...
"La festa cool delle scuole medie" è fantastica.... Ps secondo me quella di riportare i twit sulle pagine dei giornali è una logica alla propaganda live.
Su Cleopatra il discorso è diverso: la serie tv è stata spacciata come un documentario, pertanto, in quanto documentario, deve attenersi alla verità storica, per cui si, in questo caso dare il ruolo a una donna nera è stata una mossa sbagliata, dato che Cleopatra era bianca. Non ci sarebbe stato alcun problema se la serie tv fosse stata un'opera di fantasia.
Di recente ho iniziato a conoscere ed apprezzare i Podcast di Daniele Rielli. Ho trovato interessante anche questa puntata e vorrei proporre uno spunto di riflessione riguardo il tema in questione: non sarebbe più concreto ed efficace mettere a fuoco/denunciare la tendenza culturale alla “re-azione eccessiva e/o irresponsabile” (amplificata soprattutto dal filtro despersonalizzante e deresponsabilizzante della rete) che non la “suscettibilità delle persone” inquadrata da Guia Soncini? Trovo vi sia una differenza, forse sottile, ma determinante tra i due concetti. In questo modo invece di attaccare la personalità o la percezione di qualcuno, si problematizza un comportamento specifico, contrastando gli inneschi delle macchine del fango e facilitando la visione del contesto a tutto tondo. Esempio banale. Seguendo questa puntata e sintonizzandosi sull’onda degli “schieramenti da stadio” si potrebbe logicamente ribaltare la frittata: . Guardando al contesto, ovviamente, il problema non è la suscettibilità dei giornalisti o la percezione/opinione che qualcuno ha di loro (le quali, tra l’altro, in quanto esseri umani hanno tutti il diritto di avere), quanto il fatto che invece di argomentare concettualmente/fattualmente contro un articolo o un’opinione dei giornalisti, si reagisce attaccando irresponsabilmente le loro vite (in senso lato): pur non avendo ufficialmente diritto contrattuale, le critiche/gli attacchi dell’opinione pubblica possono avere effettivamente un impatto sulla carriera dei giornalisti. Allo stesso tempo, focalizzandosi su un comportamento inappropriato e non su un (presunto) “modo di essere”, cioè l’essere (iper)suscettibili, è più facile analizzare il contesto a tutto tondo. Altro esempio banale preso dalla conversazione: le invettive esplose quando si voleva affidare il ruolo di una transessuale a K. Knightley non sono prive di contesto. La comunità transessuale affronta molte difficoltà sia nel trovare lavoro (percentuali nettamente più alte rispetto alla media) sia per quanto riguarda la loro rappresentazione nella cultura popolare (al riguardo suggerisco il documentario Disclosure). Nel mondo del cinema tutto ciò si traduce nel fatto che tradizionalmente alle transessuali vengono affidati quasi solo i ruoli della “psicopatica”, della “morta” o della “prostituta” (che poi comunque verrà uccisa). Le invettive al casting della Knightley sono esplose come protesta a questo status quo, come rivendicazione di uno spazio lavorativo. Pertanto, argomentare contro le invettive dicendo che “il lavoro dell’attore è proprio interpretare qualcuno altro da sé” non centra il punto e banalizza la questione senza guardare al contesto. Poi chiaro che comunque si può non essere d’accordo. Io personalmente non avrei avuto problemi a vedere la Knightley in quel ruolo e penso che il problema della disoccupazione e della rappresentazione delle identità trans nei media non debba essere risolto affidando “ruoli trans a persone trans”. Ma credo che il giusto monito ad “andare alla sostanza e considerare il contesto”, più volte ribadito sia Rielli che da Soncini, vada applicato in tutte le direzioni, invece di spiegarsi il mondo riducendolo all’assunto che gli altri sono “ipersuscettibili/idioti/piagnogni/pisciasotto/malmostosi”… Ho il sospetto che le tante “suscettibilità” e gli “schieramenti da stadio” che ci infastidisco nel dibattito mediatico non siano semplicemente stupidi, ma a loro modo rispondano comunque a serie problematiche percepite o vissute. Così come è importante criticare/denunciare i modi inappropriati che le persone hanno per combattere le loro guerre (attacchi diretti, minacce, insulti…), è anche importante non sminuire le loro percezioni, il loro vissuto e le loro condizioni, andando più a fondo alle varie problematiche.
Sono assolutamente d'accordo con quello che ha scritto. Il problema non è tanto che il politically correct è il pensiero dominante che censura tutto il resto come spesso si vuole far credere, in una sorta di contro-censura a propria volta censurante. Il problema è che spesso non si riesce a sviluppare un dibattito senza creare tutta questa emotività che deriva da paure estreme e per lo più immotivate, o comunque non risolvibili con i mezzi proposti. E come dice giustamente lei, questo vale da ENTRAMBI le parti del discorso. Da una parte vediamo persone estremamente suscettibili che hanno scoperto di potersi mobilizzare via social. Dall'altra vediamo altri altrettanto suscettibili che temono di vivere in un mondo impazzito in cui non si possa più dire niente, quando nella vita di tutti i giorni si continuano a dire le stesse oscenità di sempre
Secondo me questo tema è spesso trattato un po' con superficialità, e mi dispiace sentirlo anche da persone che rispetto, o persino da chi ci ha scritto un libro sopra. Credo infatti che ci sia una ed una sola narrazione dominante rispetto al cosiddetto politically correct (che poi sarebbe stato carino definire all'inizio magari, proprio per rendere la discussione più "precisa" e meno qualunquista): questa narrazione vede il politically correct come culturalmente dominante, ed intollerante verso chi non vi è allineato. Per quanto riguarda la prima caratteristica, a me pare di vedere, dalla mia esperienza personale, che non c'è quasi niente di più odiato del politically correct. Non sto parlando dei media, delle televisioni o delle riviste, che devono passare un messaggio "pulito" in cui non si deve urtare le sensibilità dell'audience. Sto parlando delle persone che popolano il paese. Sono infatti abbastanza certo del fatto che le femministe siano, in questo momento, la categoria di persone più odiata in Italia. Questo credo che accada perchè in genere a nessuno piace sentirsi moralmente giudicati. Però, appunto, sentirsi moralmente giudicati non vuol dire che il gruppo in questione stia "prendendo il potere" in Italia. La seconda caratteristica attribuita al politcally correct da questa narrativa, è che questa mentalità porti ad una sorta di inquisizione che brucia chiunque non si allinei ad un pensiero inclusivo. Penso che in effetti ci siano dei buoni motivi per sostenere questa tesi, ma tutto sommato penso che non sia una caratteristica specifica del politcally correct. Ancora una volta, bisogna fare un distinguo secondo me, tra quello che si sente dagli Stati Uniti, e l'Italia. Negli Stati Uniti ci sono stati degli episodi effettivamente con un carattere censoreo senza senso: penso soprattutto a Casablanca in cui si doveva spiegare che all'epoca certe parole venivano usate, o il doppiatore di Apu che si è dovuto scusare per aver fatto un personaggio con un accento spiccatamente Indiano. In Italia invece, nonostante si suggeririsca che il politically correct controlli la stampa, la TV e le nostre vite, non mi sembra ci siano stati episodi del genere (ma magari mi sbaglio). Mi sembra al massimo che ci sia una dinamica da social media che non è strettamente legata al politically correct, in cui: 1) Il signor X dice una cosa vagamente razzista sui social 2) Il signor Y, che nella vita normale non sentirebbe mai il signor X, viene a contatto col suo pensiero, e si indigna 3) Tanti signori YN vengono in contatto tramite social network e si muovono control il signor X. Questa secondo me è una dinamica molto pericolosa, però quello che non viene mai detto è che ci sono altrettanti signori XN che sostengono il signor X, generando una polarizzazione da ENTRAMBE le parti dello spettro. In questo senso, più che parlare di politically correct che sulla base di un'onda emotiva (la suscettibilità di cui si parla) censura tutto, credo sia più giusto parlare di un pensiero polarizzato soprattutto a causa delle dinamiche social in cui c'è una spinta emotiva uguale e contraria che porta ad altrettanto odio verso il politically correct. Un esempio di questa spinta emotiva uguale e contraria penso si sia avuto recentemente con il caso del linciaggio social di quella donna che abbracciava un profugo appena sbarcato. In poche parole, credo che oggi ci si pensi anticonformisti nel dar contro al politically correct, quando in verità è la posizione di gran lunga più diffusa nella nostra società. Voglio dire, guardiamo chi sono i nostri leader politici: vi sembra un paese votato al politically correct quello in cui Salvini e la Meloni sono i leader di gran lunga più votati? E non nego che si sia persa la dimensione del "non sono d'accordo", e che oggi ci si mobilita anche contro gesti o parole decisamente piccoli, ma siamo davvero sicuri che questo sia davvero una caratteristica distintiva del politically correct?
Perché tu pensi che la retorica del politicamente corretto non è utilizzata in ambienti di potere e quindi decisionale? Si parla proprio di questo, vai a vedere come le cose stanno cambiando in Italia , dall'università che incomincia a fare l'occhiolino a determinate tematiche, o in ambienti lavorativi dove il capo di turno professa un clima di più inclusività se no sei fuori o trattato come un demonio, quando poi le peggio cose sono una sua specialità chiaramente, oppure di quando in ufficio i sindacati incominciano a scriverti email con la shwa . Questo fenomeno esiste , è elitista chiaramente ed è pericolosissimo proprio per questo. Non appartiene alla classe popolare che Ha cose serie a cui pensare.
Il distinguo va fatto tra la società civile italiana, la quale è in effetti una società civile "resistente" da questo e da diversi altri punti di vista (basti pensare al cibo, con lo slow food, che abbiamo inventato noi, e con gli infiniti piccoli modi in cui noi Italiani non cediamo all'industrializzazione della preparazione dei cibi), e la società civile "nordoccidentale" (nordeuropea, nordamericana), nella quale invece il pensiero "woke" funziona da base per un nuovo totalitarismo sociale e ideologico. In Russia e (ancor di più) in Italia, dove vi è stato un totalitarismo ed è stato poi pagato il prezzo, il neototalitarismo non attecchisce eccessivamente (ossia: attecchisce, ma non eccessivamente); in Germania, dove il prezzo del totalitarismo nazionalsocialista è stato pagato solo a Est, attecchisce già parecchio di più; nell'Europa settentrionale e negli USA (con ricaduta, dagli USA, sul Canada e sul resto del mondo ex-commonwealth) è decisamente maggioritario.
Perché siete come i narcisisti che farebbero di tutto per non far parlare l'altro. Vi definite woke, ma io vi definisco still woke, perché le vostre argomentazioni sono uguali a quelle di un bambino che non vuole lavarsi i denti e andare a letto.
Giulia Soncini! Ti scrivo qui dandoti del tu perché non Ho trovato altri link dei tuoi commenti sulla premier Meloni! Evidentemente non sei molto visibile sui tuoi ideali..... Non attaccarti ( dandoti del tu) alle piccolezze del razzismo Verso un deputato di sinistra di colore! La nostra (nostra premier) si è scusata a riguardo!!! Trovo infantile e privo di intelletto, nonché basso di argomenti la tua accusa al nostro premier 🇮🇹 Giorgia Meloni! Mi spiace tu abbia un seguito basso a riguardo!!!! Con questo ti saluto e ti auguro per bene del paese trovare argomenti consoni al tuo livello!!!! Saluti Marco Priolo Genova
0:32 Che cos’è l’era della suscettibilità?
2:01 La figura della vittima: il caso J. K. Rowling e il caso del direttore d’orchestra di Sanremo
8:35 Le cariche hanno valore neutro o no? Controllare la lingua
10:20 Il contrasto tra chi è politicamente corretto e chi invece non ritiene importante il tema
14:04 “Sto lavorando perchè sono una donna o perchè sono capace?”
15:44 Il rapporto tra il mondo anglosassone e il nostro, a proposito di questo tema: il caso Meghan Markle
20:10 La logica plebiscitaria come censura: il ruolo dei social
21:48 Il caso di Woody Allen
24:55 Come consideriamo le vittime: la deriva verso il tribalismo
26:21 L’indignazione come strumento per farsi vedere
28:11 “Virtue signalling” e il ruolo delle multinazionali: #bodypositivity come incentivo alla cosmesi
29:49 “Sii te stesso”, “Perchè tu vali” e Bridget Jones: gli slogan del narcisismo
32:06 Il ruolo della satira e la percezione del pubblico: il bisogno di immediatezza e lo strumento dello screenshot
37:05 Interessarsi a ciò che piace ai giovani: una tendenza dei nuovi genitori
39:36 La identity culture non tiene conto della condizione economica delle persona
43:41 Il covid ha impattato più gli uomini. E se fosse stato il contrario? Discussioni sul tema uomo-donna e sulla parzialità dell’opinione pubblica
47:32 Il tema della suscettibilità stufa molto le persone intelligenti e di conseguenza lo ignorano, sbagliando
51:03 Il limite dei social: contesto e lunghezza delle spiegazioni
54:06 La serie di Gucci fatta dagli americani: appropriazione culturale? I traduttori della Gorman e i limiti del problema identitario
58:50 Il peso dei tweet: perchè i giornali riportano i tweet?
1:01:31 Ancora alcune considerazioni sulle derive dell’appropriazione culturale: i giocatori di freccette che si offendono
1:05:04 La libertà di espressione: Trump e Twitter
1:07:49 La situazione politica alla luce di questa situazione e delle battaglie liberali
1:09:18 Crescere nell’ovatta: confrontarsi è vietato? Ma da chi?
1:14:14 Come lo vedi il futuro?
Ascolterei ore di ragionamenti della Soncini; è una delle rare persone sui media che dice cose che pochi hanno il coraggio di dire.
È una delle poche che sa che ci si può confrontare civilmente anche tra chi ha idee l'una opposta all'altra
Due delle persone più intelligenti che mi capita di seguire, grazie del vostro dialogo
Ciao! Sono un plebeo di buon senso (scherzo eh) e, per una volta, mi sento finalmente tra amici. La vostra chiaccherata mi ha fatto sentire tranquillo, persino sicuro... per quanto stiate raccontando di un mondo impazzito almeno per un'ora e qualcosa ho ascoltato considerazioni razionali, logiche e condivisibili. Grazie Daniele e Grazie Guia... poi forse ci ghigliottineranno tutti e tre ma pazienza...
La Guia la si ama. Punto.
"La festa cool delle scuole medie" è fantastica....
Ps
secondo me quella di riportare i twit sulle pagine dei giornali è una logica alla propaganda live.
Bella puntata! Grazie del consiglio!
Tempi duri fanno uomini forti, uomini forti costruiscono tempi buoni, tempi buoni costrui uomini deboli, uomini deboli costruiscono tempi duri
Su Cleopatra il discorso è diverso: la serie tv è stata spacciata come un documentario, pertanto, in quanto documentario, deve attenersi alla verità storica, per cui si, in questo caso dare il ruolo a una donna nera è stata una mossa sbagliata, dato che Cleopatra era bianca.
Non ci sarebbe stato alcun problema se la serie tv fosse stata un'opera di fantasia.
Di recente ho iniziato a conoscere ed apprezzare i Podcast di Daniele Rielli. Ho trovato interessante anche questa puntata e vorrei proporre uno spunto di riflessione riguardo il tema in questione: non sarebbe più concreto ed efficace mettere a fuoco/denunciare la tendenza culturale alla “re-azione eccessiva e/o irresponsabile” (amplificata soprattutto dal filtro despersonalizzante e deresponsabilizzante della rete) che non la “suscettibilità delle persone” inquadrata da Guia Soncini?
Trovo vi sia una differenza, forse sottile, ma determinante tra i due concetti. In questo modo invece di attaccare la personalità o la percezione di qualcuno, si problematizza un comportamento specifico, contrastando gli inneschi delle macchine del fango e facilitando la visione del contesto a tutto tondo.
Esempio banale. Seguendo questa puntata e sintonizzandosi sull’onda degli “schieramenti da stadio” si potrebbe logicamente ribaltare la frittata: .
Guardando al contesto, ovviamente, il problema non è la suscettibilità dei giornalisti o la percezione/opinione che qualcuno ha di loro (le quali, tra l’altro, in quanto esseri umani hanno tutti il diritto di avere), quanto il fatto che invece di argomentare concettualmente/fattualmente contro un articolo o un’opinione dei giornalisti, si reagisce attaccando irresponsabilmente le loro vite (in senso lato): pur non avendo ufficialmente diritto contrattuale, le critiche/gli attacchi dell’opinione pubblica possono avere effettivamente un impatto sulla carriera dei giornalisti.
Allo stesso tempo, focalizzandosi su un comportamento inappropriato e non su un (presunto) “modo di essere”, cioè l’essere (iper)suscettibili, è più facile analizzare il contesto a tutto tondo. Altro esempio banale preso dalla conversazione: le invettive esplose quando si voleva affidare il ruolo di una transessuale a K. Knightley non sono prive di contesto. La comunità transessuale affronta molte difficoltà sia nel trovare lavoro (percentuali nettamente più alte rispetto alla media) sia per quanto riguarda la loro rappresentazione nella cultura popolare (al riguardo suggerisco il documentario Disclosure). Nel mondo del cinema tutto ciò si traduce nel fatto che tradizionalmente alle transessuali vengono affidati quasi solo i ruoli della “psicopatica”, della “morta” o della “prostituta” (che poi comunque verrà uccisa). Le invettive al casting della Knightley sono esplose come protesta a questo status quo, come rivendicazione di uno spazio lavorativo. Pertanto, argomentare contro le invettive dicendo che “il lavoro dell’attore è proprio interpretare qualcuno altro da sé” non centra il punto e banalizza la questione senza guardare al contesto. Poi chiaro che comunque si può non essere d’accordo. Io personalmente non avrei avuto problemi a vedere la Knightley in quel ruolo e penso che il problema della disoccupazione e della rappresentazione delle identità trans nei media non debba essere risolto affidando “ruoli trans a persone trans”. Ma credo che il giusto monito ad “andare alla sostanza e considerare il contesto”, più volte ribadito sia Rielli che da Soncini, vada applicato in tutte le direzioni, invece di spiegarsi il mondo riducendolo all’assunto che gli altri sono “ipersuscettibili/idioti/piagnogni/pisciasotto/malmostosi”… Ho il sospetto che le tante “suscettibilità” e gli “schieramenti da stadio” che ci infastidisco nel dibattito mediatico non siano semplicemente stupidi, ma a loro modo rispondano comunque a serie problematiche percepite o vissute. Così come è importante criticare/denunciare i modi inappropriati che le persone hanno per combattere le loro guerre (attacchi diretti, minacce, insulti…), è anche importante non sminuire le loro percezioni, il loro vissuto e le loro condizioni, andando più a fondo alle varie problematiche.
Sono assolutamente d'accordo con quello che ha scritto. Il problema non è tanto che il politically correct è il pensiero dominante che censura tutto il resto come spesso si vuole far credere, in una sorta di contro-censura a propria volta censurante. Il problema è che spesso non si riesce a sviluppare un dibattito senza creare tutta questa emotività che deriva da paure estreme e per lo più immotivate, o comunque non risolvibili con i mezzi proposti. E come dice giustamente lei, questo vale da ENTRAMBI le parti del discorso. Da una parte vediamo persone estremamente suscettibili che hanno scoperto di potersi mobilizzare via social. Dall'altra vediamo altri altrettanto suscettibili che temono di vivere in un mondo impazzito in cui non si possa più dire niente, quando nella vita di tutti i giorni si continuano a dire le stesse oscenità di sempre
Che mito Guia
Condivido appieno. Una persona intelligente che ha gli attributi di dire quello che pensa...finalmente!
Grande Maria Giovanna Maglie,
ti seguo da quando mettevi 150 milioni di lire in nota spese.
E subito migliorata sono Manipolazioni delle immagini
riesco a vedere il cuore di guia farsi piccolo piccolo a "un po' tutte e due le cose messe assieme" di Rielli (20:07)
anche un po' sul passaggio di rousseau ahah
Secondo me questo tema è spesso trattato un po' con superficialità, e mi dispiace sentirlo anche da persone che rispetto, o persino da chi ci ha scritto un libro sopra. Credo infatti che ci sia una ed una sola narrazione dominante rispetto al cosiddetto politically correct (che poi sarebbe stato carino definire all'inizio magari, proprio per rendere la discussione più "precisa" e meno qualunquista): questa narrazione vede il politically correct come culturalmente dominante, ed intollerante verso chi non vi è allineato.
Per quanto riguarda la prima caratteristica, a me pare di vedere, dalla mia esperienza personale, che non c'è quasi niente di più odiato del politically correct. Non sto parlando dei media, delle televisioni o delle riviste, che devono passare un messaggio "pulito" in cui non si deve urtare le sensibilità dell'audience. Sto parlando delle persone che popolano il paese. Sono infatti abbastanza certo del fatto che le femministe siano, in questo momento, la categoria di persone più odiata in Italia. Questo credo che accada perchè in genere a nessuno piace sentirsi moralmente giudicati. Però, appunto, sentirsi moralmente giudicati non vuol dire che il gruppo in questione stia "prendendo il potere" in Italia.
La seconda caratteristica attribuita al politcally correct da questa narrativa, è che questa mentalità porti ad una sorta di inquisizione che brucia chiunque non si allinei ad un pensiero inclusivo. Penso che in effetti ci siano dei buoni motivi per sostenere questa tesi, ma tutto sommato penso che non sia una caratteristica specifica del politcally correct. Ancora una volta, bisogna fare un distinguo secondo me, tra quello che si sente dagli Stati Uniti, e l'Italia. Negli Stati Uniti ci sono stati degli episodi effettivamente con un carattere censoreo senza senso: penso soprattutto a Casablanca in cui si doveva spiegare che all'epoca certe parole venivano usate, o il doppiatore di Apu che si è dovuto scusare per aver fatto un personaggio con un accento spiccatamente Indiano. In Italia invece, nonostante si suggeririsca che il politically correct controlli la stampa, la TV e le nostre vite, non mi sembra ci siano stati episodi del genere (ma magari mi sbaglio). Mi sembra al massimo che ci sia una dinamica da social media che non è strettamente legata al politically correct, in cui: 1) Il signor X dice una cosa vagamente razzista sui social 2) Il signor Y, che nella vita normale non sentirebbe mai il signor X, viene a contatto col suo pensiero, e si indigna 3) Tanti signori YN vengono in contatto tramite social network e si muovono control il signor X. Questa secondo me è una dinamica molto pericolosa, però quello che non viene mai detto è che ci sono altrettanti signori XN che sostengono il signor X, generando una polarizzazione da ENTRAMBE le parti dello spettro. In questo senso, più che parlare di politically correct che sulla base di un'onda emotiva (la suscettibilità di cui si parla) censura tutto, credo sia più giusto parlare di un pensiero polarizzato soprattutto a causa delle dinamiche social in cui c'è una spinta emotiva uguale e contraria che porta ad altrettanto odio verso il politically correct. Un esempio di questa spinta emotiva uguale e contraria penso si sia avuto recentemente con il caso del linciaggio social di quella donna che abbracciava un profugo appena sbarcato.
In poche parole, credo che oggi ci si pensi anticonformisti nel dar contro al politically correct, quando in verità è la posizione di gran lunga più diffusa nella nostra società. Voglio dire, guardiamo chi sono i nostri leader politici: vi sembra un paese votato al politically correct quello in cui Salvini e la Meloni sono i leader di gran lunga più votati?
E non nego che si sia persa la dimensione del "non sono d'accordo", e che oggi ci si mobilita anche contro gesti o parole decisamente piccoli, ma siamo davvero sicuri che questo sia davvero una caratteristica distintiva del politically correct?
Perché tu pensi che la retorica del politicamente corretto non è utilizzata in ambienti di potere e quindi decisionale? Si parla proprio di questo, vai a vedere come le cose stanno cambiando in Italia , dall'università che incomincia a fare l'occhiolino a determinate tematiche, o in ambienti lavorativi dove il capo di turno professa un clima di più inclusività se no sei fuori o trattato come un demonio, quando poi le peggio cose sono una sua specialità chiaramente, oppure di quando in ufficio i sindacati incominciano a scriverti email con la shwa . Questo fenomeno esiste , è elitista chiaramente ed è pericolosissimo proprio per questo. Non appartiene alla classe popolare che Ha cose serie a cui pensare.
Il distinguo va fatto tra la società civile italiana, la quale è in effetti una società civile "resistente" da questo e da diversi altri punti di vista (basti pensare al cibo, con lo slow food, che abbiamo inventato noi, e con gli infiniti piccoli modi in cui noi Italiani non cediamo all'industrializzazione della preparazione dei cibi), e la società civile "nordoccidentale" (nordeuropea, nordamericana), nella quale invece il pensiero "woke" funziona da base per un nuovo totalitarismo sociale e ideologico. In Russia e (ancor di più) in Italia, dove vi è stato un totalitarismo ed è stato poi pagato il prezzo, il neototalitarismo non attecchisce eccessivamente (ossia: attecchisce, ma non eccessivamente); in Germania, dove il prezzo del totalitarismo nazionalsocialista è stato pagato solo a Est, attecchisce già parecchio di più; nell'Europa settentrionale e negli USA (con ricaduta, dagli USA, sul Canada e sul resto del mondo ex-commonwealth) è decisamente maggioritario.
Fare i video con la finestra dietro🤦🏻♂🤦🏻♂
Ma questa Donna é vera? Esiste?
momama che Karen !
- "La Ministro" è bello
- La Thatcher = grande
A posto così, grazie.
sulla vitamina D chiudo
Guia, mani rubate al bucato.
Ti rispondo con il tuo stesso tono e mi fermo al minuto 14
Perché siete come i narcisisti che farebbero di tutto per non far parlare l'altro.
Vi definite woke, ma io vi definisco still woke, perché le vostre argomentazioni sono uguali a quelle di un bambino che non vuole lavarsi i denti e andare a letto.
Madonna il fastidio epidermico. Sento l’odore dei piatti nell’acquaio da qui.
Invece di giudicare gli animalisti fatte da na dieta va!
E voilà. La body positivity che si va a far fottere. Complimenti per aver dimostrato quanto siate deliranti.
Giulia Soncini! Ti scrivo qui dandoti del tu perché non Ho trovato altri link dei tuoi commenti sulla premier Meloni! Evidentemente non sei molto visibile sui tuoi ideali..... Non attaccarti ( dandoti del tu) alle piccolezze del razzismo Verso un deputato di sinistra di colore! La nostra (nostra premier) si è scusata a riguardo!!! Trovo infantile e privo di intelletto, nonché basso di argomenti la tua accusa al nostro premier 🇮🇹 Giorgia Meloni! Mi spiace tu abbia un seguito basso a riguardo!!!! Con questo ti saluto e ti auguro per bene del paese trovare argomenti consoni al tuo livello!!!! Saluti Marco Priolo Genova