Professore, io non ho idea del dove trovi l'energia per cimentarsi in tutti questi dibattiti/interviste ecc, ma non posso far altro che ringraziarla poiché sta fornendo gratuitamente un servizio fantastico a chiunque la ascolti.
C'è poco da fare... quando Boldrin un argomento lo conosce bene ti lascia a bocca aperta per come lo spiega andando in profondità e facendo capire. Una abilità unica.
Posso portare la mia esperienza relativa ai brevetti software. Non sono di principio contrario all'idea del brevetto. È un fatto, però, che le legislazioni sui brevetti attuali portano a scenari che NON favoriscono l'innovazione e creano barriere di ingresso artificiali nei confronti di chi innova. La realtà è che solo una piccola, piccolissima, percentuale di idee nel software hanno dietro ricerca e investimenti che sarebbero incentivati da un diritto esclusivo. La maggior parte di ciò che oggi viene brevettato è mera applicazione di tecniche già note a tecnologie nuove. In teoria la legislazione USA, che è tra le più forti, prevede una valutazione tecnica per filtrare i brevetti non innovativi. La realtà è che gli uffici brevetti statunitensi sono sovraccarichi e carenti di competenze e concedono brevetti quasi senza filtri che però sono immediatamente enforceable. Il risultato è che grosse aziende o aziende specializzate nei brevetti dedicano impegno a produrre brevetti banali, a centinaia, migliaia, in qualche caso centinaia di migliaia OGNI ANNO che poi vengono usati per avere un controllo sul mercato. Dal parassitare altre aziende, a bloccare concorrenti, a bloccare aziende piccole. Quindi la mia opinione è che, almeno nel software, il sistema dei brevetti sia dannoso.
Fai la stessa domanda ovunque? E non fai un caso concreto? Secondo me non fai l'imprenditore e non hai idea di come funzioni questo o quel settore. Per discutere seriamente occorre un esempio CONCRETO non una invenzione teorica che ha la risposta incorporata.
@@achilleconte4385 non ho una così grande esperienza per potermi permettere di dare consigli. Credo che la strategia cambi da caso a caso, nel mio caso non c'è un'idea così radicalmente innovativa che da sola potrebbe allettare tanto dei concorrenti da farli investire al fine di buttarmi fuori mercato. Non penso che brevettare le due-tre idee un po' originali che ho avuto possa proteggermi da un'eventualità simile. Invece vedo più un rischio che nel momento in cui dovessi arrivare a "quota radar" di qualche patent troll di trovarmi ad utilizzare tecniche banali che ricadono sotto qualche brevetto. Ti dirò, forse qualche brevetto cercherò di ottenerlo, a scopo difensivo, ma allo stesso tempo penso che se il ventaglio delle idee brevettabili fosse mooooolto più ridotto, ritengo sarebbe meglio per la comunità.
@@vihai La prima volta che mi hanno inviato un brevetto con l'intimazione di fermare la nostra attività perché lo infrangeva la cosa era così sfacciatamente senza senso che ho pensato a uno scherzo. Quando ho scoperto che non era uno scherzo e che con quel brevetto intendevano veramente procedere legalmente ho anche visto che alle mie obiezioni logiche (era un documento anche internamente indecente, scritto in modo che ci si capisse nulla) e fattuali (era successivo alla prima applicazione che avevamo prodotto noi stessi) l'unica risposta è stata che per loro una causa decennale era un passatempo, date le loro dimensioni. Sono convinto che il motivo per cui poi hanno desistito non fosse l'infondatezza della loro richiesta ma l'aver scoperto che avevo fatto dieci anni di agonismo in sport di combattimento ed ero stato addestrato nei corpi speciali. Da allora specifico subito che "la causa è tra le società, ma se impazzisco e sparo a qualcuno sarà ad un avvocato non ad una astrazione ". Ho anche avuto modo di vedere in cosa si traduce una causa "normale" di impugnazione di un brevetto in Italia. Il giudice nomina un perito, pescandolo da quel che capisco tra quelli di cui si fida in una lista di abilitati. La causa riguarda dispositivi di ricostruzione 3d dove ottica e software sono mostruosamente fusi. Il perito scelto è un esperto in balistica. Il perito fa innumerevoli riunioni con le parti per capirci qualcosa ma in un anno sono certo che non ha aperto neanche un libro di ottica di base. Stila una relazione senza capo ne coda ma costosissima che deve essere pagata dalle parti (e mette in difficoltà la società piccola). Il giudice dice che la relazione non permette di decidere e nomina un altro perito. Sono passati 3 anni e la società più grande va in crisi e chiede il concordato in bianco. Tutto fermo per altri anni, ma la società più piccola si trova la causa da spiegare a potenziali investitori ogni volta che va in due diligence...
@@robertopolesel5312 wow, hai descritto perfettamente lo scenario folle che più temo. Che ritengo essere molto più probabile di quello dell'azienda in buona fede che protegge ls sua invenzione su cui ha investito risorse. Brrr
Concordo in pieno. Nel linguaggio ad es., che è una delle prime forme di invenzione dell'uomo, ovviamente non esiste brevetto e questa libertà non ha bloccato l'invenzione e l'uso di altre parole né l'evoluzione del linguaggio stesso. Questo succederebbe ad ogni forma di altra creatività.
In realtà anche Einstein non è che avesse avuto idee così fuori dal mondo, infatti la relatività ristretta è il risultato che in quegli anni si era provato di tutto e mancava solo provare con l'idea che la natura empiricamente continuava a suggerirci, la velocità della luce è invariante per qualsiasi sistema di riferimento. Poi la relatività generale venne sviluppata "indipendentemente" (nel senso che comunque il problema matematico fu posto da Einstein) da Hilbert. La particolarità di Einstein è la quantità assurda di innovazione teorica che ha portato in qualsiasi campo della fisica (relatività, effetto fotoelettrico, moto browniano, laser, entaglement, ...), tanti passi paralleli, relativamente piccoli, ovvero nelle corde dei migliori del tempo, ma fondamentali
Volevo rispondere alla giornalista che ha dovuto spendere 500 € per la stesura dell’ articolo online e che se lo vedrebbe immediatamente copiato da un furbetto. Chiariamo che “copiato” significa riportare oltre il testo l’ attribuzione originale (autore e/o giornale), altrimenti è plagio e sarebbe un reato. Supponiamo che la giornalista lavori per un giornale online tipo Il Post, e che pertanto esista un altro giornale, che chiameremo CopyPost su cui ci sono solo articoli scritti da altri, con le loro regolari attribuzioni. Entrambi tali giornali vivono di abbonamenti e pubblicità. Ma quanti abbonamenti e inserzionisti avrebbe CopyPost ? Penso nessuno. Ipotizziamo una situazione meno asimmetrica. Ogni tanto un giornalista di CopyPost propone al suo direttore un articolo copiato, sempre con le dovuti attribuzioni, pensate che il Luca Sofri della situazione glielo pubblicherebbe ? O non gli direbbe : “senti, copiare lo potrei fare anche io, se vuoi collaborare con il CopyPost scrivi qualche cosa di originale”. Poi potremmo ipotizzare una situazione di simmetria, in cui ogni tanto il Post e il CopyPost pubblicherebbero articoli dell’ altro (sempre con le attribuzioni) in uno scambio alla pari nel lungo tempo. In tal caso entranti sarebbero contenti di ricevere una indiretta pubblicità dall’ altro giornale. Probabilmente la nostra giornalista sarebbe al settimo cielo se un suo articolo venire copiato dai principali giornali nazionali e internazionali ! Il diritto d' autore non serve nemmeno per i giornali online.
Se i video li guardi da un browser su PC o Mac basta installare Adblock. Se dallo smartphone basta avanzare il video fino a tre secondi dalla fine cosicché finisca e poi premere l'icona del replay e non dovrebbe più avere pubblicità.
Discorso simile riguardo al movimento Free Software (poi anche Open Source) in ambito software. Nel 1980, in epoca di completa copertura proprietaria su hardware e software, si comincia a capire che il codice deve per necessità essere distribuito con modalità aperte e che consentano il riuso da parte di terzi per prodotti innovativi. L'approccio opposto è ciò che ha condannato gli anni '90 ai monopoli sui sistemi operativi. en.m.wikipedia.org/wiki/History_of_free_and_open-source_software
Non capisco perché Michele Boldrin attacchi spesso gli autori dei commenti discordi sulla base della loro anonimia. Al riguardo penso che Lei faccia un errore: oltre al fatto che si tratta di un argomento ad hominem che non risponde nel merito, ci possono essere buoni motivi per cui una persona voglia mantenere l'anonimato online. E' una scelta personale, non vedo perché debba essere oggetto di accusa e perché debba essere tirata in ballo la questione. Può anche capitare che una persona utilizzi uno pseudonimo o soprannome col quale è conosciuto anche nella vita reale. Più spesso ancora il nome utente è il risultato accidentale di una scelta fatta magari 25 anni prima nei primi approcci con Internet, come è stato nel mio caso: ho scelto un nome utente in maniera poco ragionata e quello mi sono tenuto sino ad oggi. Pare invece che la cosa sia interpretata da Michele nel peggior modo possibile, come se le tutte le persone anonime lo siano al fine di sfuggire le responsabilità personali su quello che si fa online. Mi può spiegare la sua opinione al riguardo dell'anonimato?
Discussione interessantissima! Tre riflessioni: 1) Sarebbe stra-interessante capire il modello di business delle aziende che lavorano sul software open-source (la citata Mozilla, e tantissime altre, dietro al mondo Linux e altro). È una quantità di lavoro immensa, fatta da un numero immenso di persone con un costo $/h(lavoro) altissimo, in qualche modo devono girare dei soldi. 2) Ma non è assurdo che nella moda esista il monopolio dei marchi? Se io azienda potessi realizzare pantaloni identici a quelli della Adidas, scriverci "Adidas", metterci il logo e le tre righe, e venderli a un prezzo minore a chiunque voglia comprarli, quale danno ne verrebbe alla collettività? Ovviamente si può pensare a un etichetta, non falsificabile, che dichiari l'azienda produttrice di un prodotto, ma perché dovrebbe essere visibile a terzi? 3) PROF VOGLIAMO UN VIDEO DI DUE ORE SU COME CUCINANO GLI AMERICANI
Mozilla guadagna principalmente da Google, viene pagata per avere Google come browser predefinito. Il problema è che Adidas spende enormi quantità di denaro per convincere il mondo che quei pantaloni con scritto Adidas con 3 righe siano più fighi degli altri, e certamente non li spendono per far guadagnare te, il danno per la collettività è che i consumatori vogliono comprare i pantaloncini che hanno visto in TV con Ronaldo, non i tuoi, li stai ingannando o li stai aiutando ad ingannare gli altri.
@@federicobidone7789 grazie dell'informazione, non sapevo. Beh, no. La gente vuole dei pantaloni fatti in quel modo, chi vuole anche assicurarsi che siano prodotti da Adidas può rivolgersi a un negozio certificato, sennò li compri pure da me. Alla collettività non viene proprio NESSUN danno, mi pare. Poi è ovvio che ad Adidas non stia bene, ma direi cazzi di Adidas e di Ronaldo, la prossima volta non spendono soldi così oppure trovano un altro modo di convincere la gente a comprare i loro pantaloni. Di sicuro non vorrei essere io Stato a impiegare le mie forze dell'ordine e i miei tribunali per perseguire chi produce pantaloni.
@@fabiocalcinelli4262 Non è vero che la gente vuole quei pantaloni fatti in quel modo, vuole degli Adidas fatti in quel modo, perché se tu creassi gli stessi identici pantaloni ma la scritta fosse Edidas non li comprerebbe nessuno. Quindi le cose sono due: O tu mi dici che il valore intrinseco nel design del pantalone sta in quella combinazione di lettere, che il consumatore ritiene attraenti a prescindere, il che è un po' ridicolo. Oppure il consumatore sceglie un prodotto Adidas piuttosto che un imitazione perché riconosce un valore del brand, che comprende lo status ad esso associato, la garanzia di un prodotto di qualità ecc. Immagina di comprare una maglia marchiata Giorgio Armani, e poi trovare delle cuciture scadenti o dei materiali di bassa qualità, certo potresti dirmi che è un problema del consumatore che non controlla bene il prodotto, o che non sa distinguere un "Armani originale" da una copia, il punto è che se esiste anche un solo consumatore che può fraintendere e comparare un prodotto per un altro, stai de facto truffando il consumatore. Vedi il caso tutto italiano di supreme, e della sua copia legale (il marchio non era registrato in Italia), supreme Barletta. Sono stati venduti moltissimi capi di bassa qualità a consumatori che credevano di comprare un capo di alta qualità associato anche ad uno status di esclusività. La questione si amplia ulteriormente quando parliamo di pezzi rari che possono benissimo essere paragonati ad opere d'arte. Se io ti do 1000 euro per una felpa supreme x Louis Vuitton, perché penso che la rivenderò tra un anno a 2000, voglio che sia il capo originale che esiste solo in un numero limitato di pezzi. Il punto è che il brand ha un valore, e spesso questo non ha nulla a che fare con il capo in se, che è il motivo per cui la stessa maglia di Zara ha un prezzo e da Gucci un altro. Questo valore viene generato con dei costi, e se lo può usare chiunque, nessuno è disposto a sostenerli quei costi. Il risultato è un mercato senza marketing, fatto da migliaia o milioni di brand tutti diversi, che vendono praticamente a livello locale. Risultato un aumento dei prezzi e la morte di tutto il settore del lusso.
Le rispondo sul punto 1). Con l'assistenza e i servizi a corredo dei prodotti sviluppati, la manutenzione e la personalizzazione dei software. Chi li coosce meglio e chi ne conosce le potenzialità evolutive meglio di chi li ha svuluppati?
Ma assolutamente no. Il consumatore compra Adidas perché vuole proiettare lo status symbol del marchio Adidas su chi gli sta intorno. Con la maglietta "Edidas", con quattro righe bianche, o "Armanni", fai la figura del poveraccio perché è palese che non puoi permetterti l'originale. Se anche gli stati non proteggessero i marchi, qualcuno vuole assicurarsi che un capo sia prodotto da una particolare azienda, o per fedeltà al marchio o più probabilmente perché vuole essere sicuro della qualità del prodotto che compra, basterebbe che controllasse l'etichetta al momento dell'acquisto. Così come ora, se produco una maglietta in poliestere, non posso scrivere "100% cotone", non potrei scrivere "prodotto da Adidas". Che la qualità dei capi diminuirebbe mi sembra assolutamente improbabile, hai detto anche tu che i costi non corrispondono alla effettiva qualità del prodotto. Gli unici a perdere (sul lungo periodo; è ovvio che nell'immediato ci sarebbero sconvolgimenti se questa idea venisse applicata, come sottolineato nel video per la questione analoga dei brevetti) sarebbero i signori Gucci ecc, che non potrebbero più convincere persone di livello sociale medio-basso a dare valore ai loro simboli, e i signori Ronaldo. E in entrambi i casi mi sembra un cambiamento affatto negativo sulla società. Riformulo il concetto, magari si capisce meglio: che lo Stato si assicuri che il consumatore sappia quale azienda ha prodotto ciò che compra, mi pare sensatissimo. Ma che si assicuri che CHIUNQUE VEDA il prodotto debba sapere quale azienda lo ha prodotto, e impedisca ad altri di produrre un prodotto esternamente identico (o magari del tutto identico) mi sembra assurdo. E mi sembra palese che serva solo a fottere persone, specialmente di livello socio-economico medio basso (tanto è così, mi basta guardarmi intorno: i figli di immigrati di basso ceto sono tutti intamarriti di loghi dalla testa ai piedi, gli studenti figli di medici e avvocati si vestono ai negozi dell'usato) a sputtanare soldi in un meccanismo di simboli. La persona che vuole le scarpe da montagna Salewa, o la giacca di Armani, che VERAMENTE sono di alta qualità, potrebbe comprarsele comunque. Riformulo di nuov: Che lo stato mi garantisca di poter sapere cosa compro, mi sembra sacrosanto. Che lo stato mi garantisca di poter MOSTRARE cosa compro, mi sembra una stronzata.
Michele, non capisco l'esempio di M. Jordan vs S. Pippen. Jordan alla fine è un brand è imitabile in teoria ma qs in pratica significa che devi giocare meglio o essere più spettacolare ma non puoi spacciarti per Jordan se non lo sei. Alla fine lo sport è come la moda dove c'è competizione ma alla fine alcuni marchi primeggiano nelle preferenze dei consumatori.
Penso di aver risolto: su firefox non va, su chrome va ma viene segnalato come non sicuro. L'ip del sito è 192.167.89.2, in questo modo da firefox va, ma da cmd continua a non pingare. Boh.
Argomento interessantissimo. Consiglia qualche lettura e/o articoli in materia per qualcuno che l'economia la mastica non tantissimo ma cerac di capirci qualcosa?
Non mi è chiaro perché qualcuno che sa che la sua innovazione potrà essere utilizzata da altri dovrebbe investire in innovazione. Gli investimenti che hanno un break-even di lungo periodo, senza un brevetto hanno costo opportunità negativo.
Federico Bidone prendiamo spaceX come esempio, se anche le sue tecnologie dovessero finire in mano ad altre compagnie, queste ultime dovrebbero comunque avere il tempo di prendere i progetti, comprenderli, ri-svilupparli e applicarli al loro ambiente modo di fare e struttura e tecnologie... SpaceX conserverebbe comunque il primato tecnologico come prima compagnia a fornire quel servizio/prodotto a quel determinato costo, e vendendo per prima sul mercato avrebbe già comunque l’opportunità di rifarsi enormemente dei costi di R&D, in un qualunque caso. Altresì in un mercato monopolizzato dal brevetto il progredire tecnologico potrebbe essere moooolto rallentato (esempio del prof su AT&T), ad oggi SpaceX è la compagnia più progredita e c’è un gap con Bue Origin e Virgin Galactic per esempio, Musk per i prossimi 10 anni potrebbe smettere di innovare, visto il suo primato, con costi maggiori ovviamente per coloro che usufruiscono del servizio.
@@raoulmainini3193 Si ma questo è cherry picking, hai preso una società che è in un business estremamente particolare, che non può esistere senza un accordo con gli stati ecc. So benissimo che ci sono società che possono ripagarsi i costi di R&D solo col vantaggio di essere first mover, ma non è così per tutti. Diciamo che lo sviluppo di una tecnologia mi costa 100 miliardi, che prevedo che implementare questa tecnologia mi renda un miliardo all'anno, andrò in pari dopo 100 anni. Se chiunque può usarla, arriverà un competitor che siccome arriva per secondo prenderà magari il 30% del mercato. Quindi io farò 700 milioni e il competitor solo 300 milioni, ma lui non avrà 100 miliardi di debito sulle spalle. Il mio punto di pareggio sale a 142 anni, in un arco di tempo così elevato avendo un competitor con 100 miliardi di debiti in meno, la probabilità di fallire è estremamente più elevata, quindi se faccio un rapporto rischio-rendimento capirò che il mio costo opportunità di innovare è incredibilmente svantaggioso rispetto a copiare da chi innova. Questo porterà ad un mercato in cui nessuno ha interesse ad innovare. Gli unici investimenti in R&D ci saranno quelli si ripagano nel breve periodo, il che porta tutta una serie di problematiche.
@Federico Bidone parlando tecnicamente una ricerca con un costo simile idealmente è qualcosa di complesso, per copiarti serve tempo, il gioco del primo che entra, sta tutto nel lasso di tempo che corre tra l’entrata nel mercato della nuova tecnologia e i concorrenti che ti copiano, paradossalmente, un concorrente a questo punto farebbe prima a pagarti chiamando tuoi ricercatori per apprendere come tu l’abbia sviluppata, che non comprando il tuo prodotto e clonarlo, esempio stupidissimo, anche nella seconda riv.industriale bastava comprare un motore, smontarlo e capivi tutti i suoi componenti (tralascio il problema dei metodi di produzione per i vari tipi di metallo di ogni componente, anche se non è roba da poco, tutti dimenticano questo particolare) ad oggi non è così semplice copiare il lavoro di un altro (per lo meno, dipende dal settore e da cosa stai copiando)
L’obiezione che si può considerare sensata è: se sei un indipendente, e vuoi fare la tua azienda, i giganti ti mangeranno subito... Vero, se entri in un mercato già consolidato e sviluppato, a meno che non ti appoggi a qualcuno con grandi capitali o che è già nel mercato, da solo potrai fare poco o nulla (questa condizione però è sempre valsa anche in tempi passati, e in regimi con riconoscimento dei brevetti), se anche potessi far qualcosa “da solo” fondando la tua azienda con un prodotto realmente innovativo, l’altra faccia della medaglia è che ci metterebbe una enorme quantità di tempo per affermarsi, rallentando tutto il processo di ulteriore sviluppo. (Il discorso è enorme e sono stato generico ovviamente, è un discorso da affrontare in ore e ore, le implicazioni etc... sono moltissime)
@@raoulmainini3193 infatti il problema sta in quei settori dove c'è poco margine di innovazione e ci sono già dei competitor con del know how. Un innovazione molto complessa poi produce dei risultati relativamente semplici, se pensi alla lampadina, c'è voluto tantissimo tempo per trovare il filamento giusto che permettesse di avere una lampadina che non si bruciasse dopo 3 secondi, ma una volta trovato chiunque può copiarlo in 10 minuti. Anche space X se andiamo a vedere nel momento in cui rende pubblico il processo produttivo di ogni singola vite rende relativamente poco complesso copiare. La esa potrebbe benissimo costruire un Falcon in un mesetto "con le istruzioni". Pure con il motore oggi è più semplice, con un ingegnere ed una TAC e magari uno spettrofotometro, capire com'è fatto ogni componente e dove va è molto semplice, poi quel che è difficile è implementare la produzione, ma un'azienda con un elevato knowhow nel settore non è molto difficile. Ovviamente il mio esempio di investimenti a 100 anni è un estremizzazione, ma quando il costo dell'innovazione è alto, il ROI è basso, ed i competitor riescono ad implementare velocemente l'innovazione, il vantaggio di essere il primo può non essere sufficiente per rimanere sul mercato e ripagare i costi dell'innovazione, questo spinge le imprese a far solo ragionamenti di breve periodo. Vedi Snapchat che stava sfidando il monopolio di facebook con la sua innovazione, dopodiché facebook l'ha implementata e Snapchat è crollata, e questo ha dimostrato che nessuno ha più convenienza ad innovare nel settore social, se non facebook stesso.
Uno degli argomenti addotti per spiegare come mai la rivoluzione industriale è nata in Inghilterra è la precoce istituzione dei brevetti che ha origine nel 1624. Non sarebbe male avere una trasmissione dedicata agli aspetti storici dei brevetti e delle loro conseguenze affidata, poniamo, a Giovanni Federico,
Fabrizio Napoli ah ora ho capito . Grazie . Ma se si annulla la proprietà intellettuale non si rischia di svalutarne il lavorano e di spingere meno persone a lavorarci sopra perché paradossalmente non guadagnerebbero ? Domanda banale sicuramente da ignorante che sono io . Per cui le fo la possibilità di insultarmi o di criticarmi . Grazie per la risposta 🙏🙏🙏
Fabrizio Napoli sono pienamente d accordo e complimenti perché sei una persona competente e intelligente . Hai studiato economia ? Ultima domanda cosa ne pensi delle riviste accademiche e appunto dei diritti che impediscono la diffusione al grande pubblico previo pagamento cospicuo anche per poche righe ?
@@Marco-mw9ky Lo dice il prof nel video; il vantaggio di essere il primo a innovare in un campo da' grandissimi vantaggi anche senza brevetto. Vedi Apple
L'idea dell'abolizione della proprietà intellettuale mi affascina molto e le spiegazioni sono molto convincenti, però è una di quelle idee che "si fa fatica a mandare giù", forse troppo abituati a considerare il copyright come qualcosa di ineluttabile. Provo a fare l'avvocato del diavolo: siamo d'accordo che senza brevetto l'innovatore sarebbe comunque incentivato dal vantaggio del first mover, ma ha senso dire che "l'ingiusto guadagno" fornito dal brevetto comunque "incentiva di più"? L'innovatore calcola per esempio che da una invenzione guadagnerà 1 miliardo e ha il 10% di possibilità di riuscirci, sarà disposto a investire fino a 100 milioni. Se il brevetto aumenta il guadagno a 2 miliardi, non ha senso aspettarsi che l'innovatore sarà disposto a investire fino a 200 milioni? L'idea è sbagliata soltanto perché i costi legati al sistema brevetto (il limite allo sviluppo di altre idee, gli enormi costi di contenzioso, la burocrazia, i brevetti che non brevettano niente etc.) si mangiano di fatto questo possibile vantaggio, oppure esiste una ragione matematica per cui questo non vale, come è stato dimostrato rispetto alla classica obiezione dell'imitatore?
Salve! Comprendo la difficoltà a digerire Sani cambiaMenti...soprattutto in una cultura cosi piatta e dedità all'ebetismo Etico Morale Sociale Culturale e dello stimolo assente alla Cuiosità Personale sulla ricerca Dei Fatti Reali ( pericolosi per chi come i Bambini Viziati vogliono tutto per sè...) ma...spesso in NATURA ciò che è buono al gusto...fà male...e spesso in NATURA...ciò che crea un alito "cattivo"...è un ANTIVIRALE ECCEZZIONALE ... ;-) un abbraccio Sincero Grazie
La risposta è, a quanto ne so, perché dovrebbe. Il costo per ottenere quell'innovazione sarà sempre di 100 milioni, la probabilità sempre del 10% ogni 100 milioni investiti, o forse anche meno, in rapporto all'investimento. Di conseguenza, fossi io a gestire l'impresa, ringrazierei per il miliardo in più, che distribuirei ai miei azionisti(spesso me stesso) o userei per altro. Un miliardo che la società non avrebbe dovuto pagare, ma sborsa in quanto costo aggiuntivo del monopolio. Spero di aver chiarito il tuo problema
@ allora, un investimento sicuro al 100% non può esistere, purtroppo. Altrimenti saremmo tutti ricchi, basterebbe investire e magicamente ci ritornerebbero i nostri capitali aumentati del 50%, ma diamolo per assurdo. Prendiamo il primo caso: consideriamo, oltre alle spese di R&D, anche un costo di base per gli impianti, facciamo di 100 milioni e poniamo che tutto questo sia pronto nel momento in cui otteniamo il prodotto, ovvero il tempo t1. L'azienda rivale dovrà investire almeno come noi nella costruzione degli stabilimenti e ciò avverrà a t2, almeno. Inoltre copiare ha un costo, che noi poniamo a circa il 25% del costo di ricerca(se l'altro ha pagato ingegneri per crearlo, dovremo farlo anche noi. Avremo bisogno di un laboratorio e di tempo. Non è come copiare la ruota) di conseguenza, se il nostro investimento deve rientrare in 5 anni, come monopolista temporaneo avremo la possibilità di mettere al pubblico un prezzo molto alto, noi a t2 avremo un saldo di bilancio di - 200M, l'impresa rivale truffa&arraffa avrà una perdita di - 125M. Anche abbassando il prezzo al costo di produzione, in questo momento siamo entrambi in rosso. Questo per truffa è arraffa non è un buon affare, quindi non spendono i loro soldi in questo modo, perché ci perderebbero una discreta somma. Io invece rimango , perché ho ormai investito e mi tengo le mie quote di mercato. Questo è il concetto che il prof voleva esprimere, credo. L'innovazione e la copiatura sono entrambe lente e a costo non zero
@ poi, nel caso da te proposto, se deve dipendere da un brevetto per essere conveniente alla fine di tutto, significa che può anche non essere ricercato del tutto. Trovo sinceramente immorale domandare alla popolazione tutta di pagare una tassa occulta, nella forma di prezzi da monopolio, per permettere a qualcuno di arricchirsi senza aver fornito un valore aggiunto alla società. Se vuoi uno slogan, che non è che mi piacciano tanto, usa questo.
Cosa diavolo centra la proprietà intellettuale con un record sportivo, che dipende solo dal fisico dell'atleta? O parli dell'IP sulle pillole che hai dimenticato di prendere?
Solo chi non ha idee, può pensare di abolire la proprietà intellettuale,come solo chi non ha proprietà personali, può pensare di abolire la proprietà privata.
@@riccardomichelotto1634 Il discorso è che non si può generalizzare su tutti gli aspetti e i settori della proprietà intellettuale,sono troppo diversi come implicazioni,mi rendo conto che con i brevetti in alcuni settori si blocca l'innovazione ed il progresso, ma pensiamo per esempio ai designer di prodotto,come si potrebbe non riconoscerne in qualche misura l'originalità??
@@fx9611 lol, Il design infatti non è coperto praticamente in nessun modo in praticamente nessun luogo del mondo. Sennò dovremmo arrestare i commessi di Zara per ricettazione.
@@Skarn85 ma non diciamo scemenze,ci sono mille esempi che dicono il contrario,dagli scooter cloni della Vespa sequestrati ai saloni,ai designer di prodotto che continuano a ricevere royalties sulla vendita dei loro lavori non copiabili.
Professore, io non ho idea del dove trovi l'energia per cimentarsi in tutti questi dibattiti/interviste ecc, ma non posso far altro che ringraziarla poiché sta fornendo gratuitamente un servizio fantastico a chiunque la ascolti.
C'è poco da fare... quando Boldrin un argomento lo conosce bene ti lascia a bocca aperta per come lo spiega andando in profondità e facendo capire. Una abilità unica.
Veramente super interessante, era da un po' che desideravo approfondire questo argomento.
Confesso che ne sapevo poco, ora penso di aver ottenuto ottimi spunti per approfondire. Complimenti e grazie, video così sono di una utilità estrema
Bellissima diacussione. Condivido molto anche l’attacco al plagio che è davvero squallido.
Posso portare la mia esperienza relativa ai brevetti software. Non sono di principio contrario all'idea del brevetto. È un fatto, però, che le legislazioni sui brevetti attuali portano a scenari che NON favoriscono l'innovazione e creano barriere di ingresso artificiali nei confronti di chi innova.
La realtà è che solo una piccola, piccolissima, percentuale di idee nel software hanno dietro ricerca e investimenti che sarebbero incentivati da un diritto esclusivo. La maggior parte di ciò che oggi viene brevettato è mera applicazione di tecniche già note a tecnologie nuove.
In teoria la legislazione USA, che è tra le più forti, prevede una valutazione tecnica per filtrare i brevetti non innovativi. La realtà è che gli uffici brevetti statunitensi sono sovraccarichi e carenti di competenze e concedono brevetti quasi senza filtri che però sono immediatamente enforceable.
Il risultato è che grosse aziende o aziende specializzate nei brevetti dedicano impegno a produrre brevetti banali, a centinaia, migliaia, in qualche caso centinaia di migliaia OGNI ANNO che poi vengono usati per avere un controllo sul mercato. Dal parassitare altre aziende, a bloccare concorrenti, a bloccare aziende piccole.
Quindi la mia opinione è che, almeno nel software, il sistema dei brevetti sia dannoso.
Fai la stessa domanda ovunque? E non fai un caso concreto? Secondo me non fai l'imprenditore e non hai idea di come funzioni questo o quel settore. Per discutere seriamente occorre un esempio CONCRETO non una invenzione teorica che ha la risposta incorporata.
@@achilleconte4385 non ho una così grande esperienza per potermi permettere di dare consigli. Credo che la strategia cambi da caso a caso, nel mio caso non c'è un'idea così radicalmente innovativa che da sola potrebbe allettare tanto dei concorrenti da farli investire al fine di buttarmi fuori mercato.
Non penso che brevettare le due-tre idee un po' originali che ho avuto possa proteggermi da un'eventualità simile.
Invece vedo più un rischio che nel momento in cui dovessi arrivare a "quota radar" di qualche patent troll di trovarmi ad utilizzare tecniche banali che ricadono sotto qualche brevetto.
Ti dirò, forse qualche brevetto cercherò di ottenerlo, a scopo difensivo, ma allo stesso tempo penso che se il ventaglio delle idee brevettabili fosse mooooolto più ridotto, ritengo sarebbe meglio per la comunità.
@@vihai La prima volta che mi hanno inviato un brevetto con l'intimazione di fermare la nostra attività perché lo infrangeva la cosa era così sfacciatamente senza senso che ho pensato a uno scherzo. Quando ho scoperto che non era uno scherzo e che con quel brevetto intendevano veramente procedere legalmente ho anche visto che alle mie obiezioni logiche (era un documento anche internamente indecente, scritto in modo che ci si capisse nulla) e fattuali (era successivo alla prima applicazione che avevamo prodotto noi stessi) l'unica risposta è stata che per loro una causa decennale era un passatempo, date le loro dimensioni. Sono convinto che il motivo per cui poi hanno desistito non fosse l'infondatezza della loro richiesta ma l'aver scoperto che avevo fatto dieci anni di agonismo in sport di combattimento ed ero stato addestrato nei corpi speciali. Da allora specifico subito che "la causa è tra le società, ma se impazzisco e sparo a qualcuno sarà ad un avvocato non ad una astrazione ".
Ho anche avuto modo di vedere in cosa si traduce una causa "normale" di impugnazione di un brevetto in Italia. Il giudice nomina un perito, pescandolo da quel che capisco tra quelli di cui si fida in una lista di abilitati. La causa riguarda dispositivi di ricostruzione 3d dove ottica e software sono mostruosamente fusi. Il perito scelto è un esperto in balistica. Il perito fa innumerevoli riunioni con le parti per capirci qualcosa ma in un anno sono certo che non ha aperto neanche un libro di ottica di base. Stila una relazione senza capo ne coda ma costosissima che deve essere pagata dalle parti (e mette in difficoltà la società piccola). Il giudice dice che la relazione non permette di decidere e nomina un altro perito. Sono passati 3 anni e la società più grande va in crisi e chiede il concordato in bianco. Tutto fermo per altri anni, ma la società più piccola si trova la causa da spiegare a potenziali investitori ogni volta che va in due diligence...
@@robertopolesel5312 wow, hai descritto perfettamente lo scenario folle che più temo. Che ritengo essere molto più probabile di quello dell'azienda in buona fede che protegge ls sua invenzione su cui ha investito risorse. Brrr
Concordo in pieno. Nel linguaggio ad es., che è una delle prime forme di invenzione dell'uomo, ovviamente non esiste brevetto e questa libertà non ha bloccato l'invenzione e l'uso di altre parole né l'evoluzione del linguaggio stesso. Questo succederebbe ad ogni forma di altra creatività.
In realtà anche Einstein non è che avesse avuto idee così fuori dal mondo, infatti la relatività ristretta è il risultato che in quegli anni si era provato di tutto e mancava solo provare con l'idea che la natura empiricamente continuava a suggerirci, la velocità della luce è invariante per qualsiasi sistema di riferimento. Poi la relatività generale venne sviluppata "indipendentemente" (nel senso che comunque il problema matematico fu posto da Einstein) da Hilbert.
La particolarità di Einstein è la quantità assurda di innovazione teorica che ha portato in qualsiasi campo della fisica (relatività, effetto fotoelettrico, moto browniano, laser, entaglement, ...), tanti passi paralleli, relativamente piccoli, ovvero nelle corde dei migliori del tempo, ma fondamentali
per quelli che difendono la propieta' intellettuale... guardatevi i brevetti di tesla e di come si sta evolvendo il mercato delle auto elettriche.
Questo video è meglio di un libro
Volevo rispondere alla giornalista che ha dovuto spendere 500 € per la stesura dell’ articolo online e che se lo vedrebbe immediatamente copiato da un furbetto. Chiariamo che “copiato” significa riportare oltre il testo l’ attribuzione originale (autore e/o giornale), altrimenti è plagio e sarebbe un reato.
Supponiamo che la giornalista lavori per un giornale online tipo Il Post, e che pertanto esista un altro giornale, che chiameremo CopyPost su cui ci sono solo articoli scritti da altri, con le loro regolari attribuzioni. Entrambi tali giornali vivono di abbonamenti e pubblicità. Ma quanti abbonamenti e inserzionisti avrebbe CopyPost ? Penso nessuno. Ipotizziamo una situazione meno asimmetrica. Ogni tanto un giornalista di CopyPost propone al suo direttore un articolo copiato, sempre con le dovuti attribuzioni, pensate che il Luca Sofri della situazione glielo pubblicherebbe ? O non gli direbbe : “senti, copiare lo potrei fare anche io, se vuoi collaborare con il CopyPost scrivi qualche cosa di originale”.
Poi potremmo ipotizzare una situazione di simmetria, in cui ogni tanto il Post e il CopyPost pubblicherebbero articoli dell’ altro (sempre con le attribuzioni) in uno scambio alla pari nel lungo tempo. In tal caso entranti sarebbero contenti di ricevere una indiretta pubblicità dall’ altro giornale.
Probabilmente la nostra giornalista sarebbe al settimo cielo se un suo articolo venire copiato dai principali giornali nazionali e internazionali !
Il diritto d' autore non serve nemmeno per i giornali online.
Bellissimo argomento, e anche il suo libro, prof; scritto con grande chiarezza.
Ha notato la pubblicità massiva che le hanno messo sul video ? Sembra di guardare un film su mediaset 😅.
A parte quello interessante !! Grazie
Se i video li guardi da un browser su PC o Mac basta installare Adblock. Se dallo smartphone basta avanzare il video fino a tre secondi dalla fine cosicché finisca e poi premere l'icona del replay e non dovrebbe più avere pubblicità.
Prof ho letto il suo libro in materia, commento prima e poi vedo
*io dopo aver letto il titolo*:"they had us in first half, not gonna lie"
Discorso simile riguardo al movimento Free Software (poi anche Open Source) in ambito software. Nel 1980, in epoca di completa copertura proprietaria su hardware e software, si comincia a capire che il codice deve per necessità essere distribuito con modalità aperte e che consentano il riuso da parte di terzi per prodotti innovativi.
L'approccio opposto è ciò che ha condannato gli anni '90 ai monopoli sui sistemi operativi.
en.m.wikipedia.org/wiki/History_of_free_and_open-source_software
Mi è piaciuto moltissimo grazie
Non capisco perché Michele Boldrin attacchi spesso gli autori dei commenti discordi sulla base della loro anonimia. Al riguardo penso che Lei faccia un errore: oltre al fatto che si tratta di un argomento ad hominem che non risponde nel merito, ci possono essere buoni motivi per cui una persona voglia mantenere l'anonimato online. E' una scelta personale, non vedo perché debba essere oggetto di accusa e perché debba essere tirata in ballo la questione.
Può anche capitare che una persona utilizzi uno pseudonimo o soprannome col quale è conosciuto anche nella vita reale.
Più spesso ancora il nome utente è il risultato accidentale di una scelta fatta magari 25 anni prima nei primi approcci con Internet, come è stato nel mio caso: ho scelto un nome utente in maniera poco ragionata e quello mi sono tenuto sino ad oggi.
Pare invece che la cosa sia interpretata da Michele nel peggior modo possibile, come se le tutte le persone anonime lo siano al fine di sfuggire le responsabilità personali su quello che si fa online.
Mi può spiegare la sua opinione al riguardo dell'anonimato?
Audio dell'intervistatore è ottimo, meglio che Zoom
come mai c'è così tanta pubblicità? qualcuno sa perchè è aumentata?
Sarebbe molto carino consigliare delle letture quando si trattano temi così. Grazie.
Comunque the Last Dance l'abbiamo visto veramente tutti
Discussione interessantissima!
Tre riflessioni:
1) Sarebbe stra-interessante capire il modello di business delle aziende che lavorano sul software open-source (la citata Mozilla, e tantissime altre, dietro al mondo Linux e altro). È una quantità di lavoro immensa, fatta da un numero immenso di persone con un costo $/h(lavoro) altissimo, in qualche modo devono girare dei soldi.
2) Ma non è assurdo che nella moda esista il monopolio dei marchi? Se io azienda potessi realizzare pantaloni identici a quelli della Adidas, scriverci "Adidas", metterci il logo e le tre righe, e venderli a un prezzo minore a chiunque voglia comprarli, quale danno ne verrebbe alla collettività?
Ovviamente si può pensare a un etichetta, non falsificabile, che dichiari l'azienda produttrice di un prodotto, ma perché dovrebbe essere visibile a terzi?
3) PROF VOGLIAMO UN VIDEO DI DUE ORE SU COME CUCINANO GLI AMERICANI
Mozilla guadagna principalmente da Google, viene pagata per avere Google come browser predefinito.
Il problema è che Adidas spende enormi quantità di denaro per convincere il mondo che quei pantaloni con scritto Adidas con 3 righe siano più fighi degli altri, e certamente non li spendono per far guadagnare te, il danno per la collettività è che i consumatori vogliono comprare i pantaloncini che hanno visto in TV con Ronaldo, non i tuoi, li stai ingannando o li stai aiutando ad ingannare gli altri.
@@federicobidone7789 grazie dell'informazione, non sapevo.
Beh, no. La gente vuole dei pantaloni fatti in quel modo, chi vuole anche assicurarsi che siano prodotti da Adidas può rivolgersi a un negozio certificato, sennò li compri pure da me.
Alla collettività non viene proprio NESSUN danno, mi pare.
Poi è ovvio che ad Adidas non stia bene, ma direi cazzi di Adidas e di Ronaldo, la prossima volta non spendono soldi così oppure trovano un altro modo di convincere la gente a comprare i loro pantaloni. Di sicuro non vorrei essere io Stato a impiegare le mie forze dell'ordine e i miei tribunali per perseguire chi produce pantaloni.
@@fabiocalcinelli4262 Non è vero che la gente vuole quei pantaloni fatti in quel modo, vuole degli Adidas fatti in quel modo, perché se tu creassi gli stessi identici pantaloni ma la scritta fosse Edidas non li comprerebbe nessuno.
Quindi le cose sono due:
O tu mi dici che il valore intrinseco nel design del pantalone sta in quella combinazione di lettere, che il consumatore ritiene attraenti a prescindere, il che è un po' ridicolo.
Oppure il consumatore sceglie un prodotto Adidas piuttosto che un imitazione perché riconosce un valore del brand, che comprende lo status ad esso associato, la garanzia di un prodotto di qualità ecc.
Immagina di comprare una maglia marchiata Giorgio Armani, e poi trovare delle cuciture scadenti o dei materiali di bassa qualità, certo potresti dirmi che è un problema del consumatore che non controlla bene il prodotto, o che non sa distinguere un "Armani originale" da una copia, il punto è che se esiste anche un solo consumatore che può fraintendere e comparare un prodotto per un altro, stai de facto truffando il consumatore.
Vedi il caso tutto italiano di supreme, e della sua copia legale (il marchio non era registrato in Italia), supreme Barletta. Sono stati venduti moltissimi capi di bassa qualità a consumatori che credevano di comprare un capo di alta qualità associato anche ad uno status di esclusività.
La questione si amplia ulteriormente quando parliamo di pezzi rari che possono benissimo essere paragonati ad opere d'arte. Se io ti do 1000 euro per una felpa supreme x Louis Vuitton, perché penso che la rivenderò tra un anno a 2000, voglio che sia il capo originale che esiste solo in un numero limitato di pezzi.
Il punto è che il brand ha un valore, e spesso questo non ha nulla a che fare con il capo in se, che è il motivo per cui la stessa maglia di Zara ha un prezzo e da Gucci un altro. Questo valore viene generato con dei costi, e se lo può usare chiunque, nessuno è disposto a sostenerli quei costi.
Il risultato è un mercato senza marketing, fatto da migliaia o milioni di brand tutti diversi, che vendono praticamente a livello locale.
Risultato un aumento dei prezzi e la morte di tutto il settore del lusso.
Le rispondo sul punto 1). Con l'assistenza e i servizi a corredo dei prodotti sviluppati, la manutenzione e la personalizzazione dei software.
Chi li coosce meglio e chi ne conosce le potenzialità evolutive meglio di chi li ha svuluppati?
Ma assolutamente no.
Il consumatore compra Adidas perché vuole proiettare lo status symbol del marchio Adidas su chi gli sta intorno. Con la maglietta "Edidas", con quattro righe bianche, o "Armanni", fai la figura del poveraccio perché è palese che non puoi permetterti l'originale.
Se anche gli stati non proteggessero i marchi, qualcuno vuole assicurarsi che un capo sia prodotto da una particolare azienda, o per fedeltà al marchio o più probabilmente perché vuole essere sicuro della qualità del prodotto che compra, basterebbe che controllasse l'etichetta al momento dell'acquisto. Così come ora, se produco una maglietta in poliestere, non posso scrivere "100% cotone", non potrei scrivere "prodotto da Adidas".
Che la qualità dei capi diminuirebbe mi sembra assolutamente improbabile, hai detto anche tu che i costi non corrispondono alla effettiva qualità del prodotto.
Gli unici a perdere (sul lungo periodo; è ovvio che nell'immediato ci sarebbero sconvolgimenti se questa idea venisse applicata, come sottolineato nel video per la questione analoga dei brevetti) sarebbero i signori Gucci ecc, che non potrebbero più convincere persone di livello sociale medio-basso a dare valore ai loro simboli, e i signori Ronaldo. E in entrambi i casi mi sembra un cambiamento affatto negativo sulla società.
Riformulo il concetto, magari si capisce meglio: che lo Stato si assicuri che il consumatore sappia quale azienda ha prodotto ciò che compra, mi pare sensatissimo. Ma che si assicuri che CHIUNQUE VEDA il prodotto debba sapere quale azienda lo ha prodotto, e impedisca ad altri di produrre un prodotto esternamente identico (o magari del tutto identico) mi sembra assurdo. E mi sembra palese che serva solo a fottere persone, specialmente di livello socio-economico medio basso (tanto è così, mi basta guardarmi intorno: i figli di immigrati di basso ceto sono tutti intamarriti di loghi dalla testa ai piedi, gli studenti figli di medici e avvocati si vestono ai negozi dell'usato) a sputtanare soldi in un meccanismo di simboli.
La persona che vuole le scarpe da montagna Salewa, o la giacca di Armani, che VERAMENTE sono di alta qualità, potrebbe comprarsele comunque.
Riformulo di nuov:
Che lo stato mi garantisca di poter sapere cosa compro, mi sembra sacrosanto. Che lo stato mi garantisca di poter MOSTRARE cosa compro, mi sembra una stronzata.
Che qualità
Michele, non capisco l'esempio di M. Jordan vs S. Pippen. Jordan alla fine è un brand è imitabile in teoria ma qs in pratica significa che devi giocare meglio o essere più spettacolare ma non puoi spacciarti per Jordan se non lo sei. Alla fine lo sport è come la moda dove c'è competizione ma alla fine alcuni marchi primeggiano nelle preferenze dei consumatori.
Il sito dklevine punto com non risponde (e da linea di comando non pinga), qualcuno può darmi un feedback?
A me sembra funzionare perfettamente
Penso di aver risolto: su firefox non va, su chrome va ma viene segnalato come non sicuro. L'ip del sito è 192.167.89.2, in questo modo da firefox va, ma da cmd continua a non pingare. Boh.
in ogni caso il link al libro è questo www.dklevine.com/papers/imbookfinalall.pdf
a me va (chrome)
@@Mario-cf2ee io ho Firefox su Linux e funziona
Argomento interessantissimo. Consiglia qualche lettura e/o articoli in materia per qualcuno che l'economia la mastica non tantissimo ma cerac di capirci qualcosa?
Abolire la proprieta intellettuale, di MB e DKL (Laterza)
@@MicheleBoldrin grazie mille prof
Non mi è chiaro perché qualcuno che sa che la sua innovazione potrà essere utilizzata da altri dovrebbe investire in innovazione. Gli investimenti che hanno un break-even di lungo periodo, senza un brevetto hanno costo opportunità negativo.
Federico Bidone prendiamo spaceX come esempio, se anche le sue tecnologie dovessero finire in mano ad altre compagnie, queste ultime dovrebbero comunque avere il tempo di prendere i progetti, comprenderli, ri-svilupparli e applicarli al loro ambiente modo di fare e struttura e tecnologie... SpaceX conserverebbe comunque il primato tecnologico come prima compagnia a fornire quel servizio/prodotto a quel determinato costo, e vendendo per prima sul mercato avrebbe già comunque l’opportunità di rifarsi enormemente dei costi di R&D, in un qualunque caso. Altresì in un mercato monopolizzato dal brevetto il progredire tecnologico potrebbe essere moooolto rallentato (esempio del prof su AT&T), ad oggi SpaceX è la compagnia più progredita e c’è un gap con Bue Origin e Virgin Galactic per esempio, Musk per i prossimi 10 anni potrebbe smettere di innovare, visto il suo primato, con costi maggiori ovviamente per coloro che usufruiscono del servizio.
@@raoulmainini3193 Si ma questo è cherry picking, hai preso una società che è in un business estremamente particolare, che non può esistere senza un accordo con gli stati ecc.
So benissimo che ci sono società che possono ripagarsi i costi di R&D solo col vantaggio di essere first mover, ma non è così per tutti.
Diciamo che lo sviluppo di una tecnologia mi costa 100 miliardi, che prevedo che implementare questa tecnologia mi renda un miliardo all'anno, andrò in pari dopo 100 anni. Se chiunque può usarla, arriverà un competitor che siccome arriva per secondo prenderà magari il 30% del mercato.
Quindi io farò 700 milioni e il competitor solo 300 milioni, ma lui non avrà 100 miliardi di debito sulle spalle.
Il mio punto di pareggio sale a 142 anni, in un arco di tempo così elevato avendo un competitor con 100 miliardi di debiti in meno, la probabilità di fallire è estremamente più elevata, quindi se faccio un rapporto rischio-rendimento capirò che il mio costo opportunità di innovare è incredibilmente svantaggioso rispetto a copiare da chi innova.
Questo porterà ad un mercato in cui nessuno ha interesse ad innovare.
Gli unici investimenti in R&D ci saranno quelli si ripagano nel breve periodo, il che porta tutta una serie di problematiche.
@Federico Bidone parlando tecnicamente una ricerca con un costo simile idealmente è qualcosa di complesso, per copiarti serve tempo, il gioco del primo che entra, sta tutto nel lasso di tempo che corre tra l’entrata nel mercato della nuova tecnologia e i concorrenti che ti copiano, paradossalmente, un concorrente a questo punto farebbe prima a pagarti chiamando tuoi ricercatori per apprendere come tu l’abbia sviluppata, che non comprando il tuo prodotto e clonarlo, esempio stupidissimo, anche nella seconda riv.industriale bastava comprare un motore, smontarlo e capivi tutti i suoi componenti (tralascio il problema dei metodi di produzione per i vari tipi di metallo di ogni componente, anche se non è roba da poco, tutti dimenticano questo particolare) ad oggi non è così semplice copiare il lavoro di un altro (per lo meno, dipende dal settore e da cosa stai copiando)
L’obiezione che si può considerare sensata è: se sei un indipendente, e vuoi fare la tua azienda, i giganti ti mangeranno subito... Vero, se entri in un mercato già consolidato e sviluppato, a meno che non ti appoggi a qualcuno con grandi capitali o che è già nel mercato, da solo potrai fare poco o nulla (questa condizione però è sempre valsa anche in tempi passati, e in regimi con riconoscimento dei brevetti), se anche potessi far qualcosa “da solo” fondando la tua azienda con un prodotto realmente innovativo, l’altra faccia della medaglia è che ci metterebbe una enorme quantità di tempo per affermarsi, rallentando tutto il processo di ulteriore sviluppo. (Il discorso è enorme e sono stato generico ovviamente, è un discorso da affrontare in ore e ore, le implicazioni etc... sono moltissime)
@@raoulmainini3193 infatti il problema sta in quei settori dove c'è poco margine di innovazione e ci sono già dei competitor con del know how. Un innovazione molto complessa poi produce dei risultati relativamente semplici, se pensi alla lampadina, c'è voluto tantissimo tempo per trovare il filamento giusto che permettesse di avere una lampadina che non si bruciasse dopo 3 secondi, ma una volta trovato chiunque può copiarlo in 10 minuti. Anche space X se andiamo a vedere nel momento in cui rende pubblico il processo produttivo di ogni singola vite rende relativamente poco complesso copiare. La esa potrebbe benissimo costruire un Falcon in un mesetto "con le istruzioni". Pure con il motore oggi è più semplice, con un ingegnere ed una TAC e magari uno spettrofotometro, capire com'è fatto ogni componente e dove va è molto semplice, poi quel che è difficile è implementare la produzione, ma un'azienda con un elevato knowhow nel settore non è molto difficile. Ovviamente il mio esempio di investimenti a 100 anni è un estremizzazione, ma quando il costo dell'innovazione è alto, il ROI è basso, ed i competitor riescono ad implementare velocemente l'innovazione, il vantaggio di essere il primo può non essere sufficiente per rimanere sul mercato e ripagare i costi dell'innovazione, questo spinge le imprese a far solo ragionamenti di breve periodo.
Vedi Snapchat che stava sfidando il monopolio di facebook con la sua innovazione, dopodiché facebook l'ha implementata e Snapchat è crollata, e questo ha dimostrato che nessuno ha più convenienza ad innovare nel settore social, se non facebook stesso.
Con tutta questa pubblicità diventa difficile seguire. L'ha messa apposta per far comprare il libro :)
Uno degli argomenti addotti per spiegare come mai la rivoluzione industriale è nata in Inghilterra è la precoce istituzione dei brevetti che ha origine nel 1624. Non sarebbe male avere una trasmissione dedicata agli aspetti storici dei brevetti e delle loro conseguenze affidata, poniamo, a Giovanni Federico,
Non ho capito cosa significa . Mi può spiegare per favore
Fabrizio Napoli ah ora ho capito . Grazie . Ma se si annulla la proprietà intellettuale non si rischia di svalutarne il lavorano e di spingere meno persone a lavorarci sopra perché paradossalmente non guadagnerebbero ? Domanda banale sicuramente da ignorante che sono io . Per cui le fo la possibilità di insultarmi o di criticarmi . Grazie per la risposta 🙏🙏🙏
Fabrizio Napoli sono pienamente d accordo e complimenti perché sei una persona competente e intelligente . Hai studiato economia ? Ultima domanda cosa ne pensi delle riviste accademiche e appunto dei diritti che impediscono la diffusione al grande pubblico previo pagamento cospicuo anche per poche righe ?
@@Marco-mw9ky Lo dice il prof nel video; il vantaggio di essere il primo a innovare in un campo da' grandissimi vantaggi anche senza brevetto. Vedi Apple
Mio commento tattico e ora ascolto
Scusi prof, troppa pubblicità, inguardabile nonostante il tema mi sia caro
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Prof, faccia un video su Crepaldi che è stato vittima di cyberbullismo
Ma lo ha già fatto, sul canale di Rick dufer
L'idea dell'abolizione della proprietà intellettuale mi affascina molto e le spiegazioni sono molto convincenti, però è una di quelle idee che "si fa fatica a mandare giù", forse troppo abituati a considerare il copyright come qualcosa di ineluttabile.
Provo a fare l'avvocato del diavolo: siamo d'accordo che senza brevetto l'innovatore sarebbe comunque incentivato dal vantaggio del first mover, ma ha senso dire che "l'ingiusto guadagno" fornito dal brevetto comunque "incentiva di più"? L'innovatore calcola per esempio che da una invenzione guadagnerà 1 miliardo e ha il 10% di possibilità di riuscirci, sarà disposto a investire fino a 100 milioni. Se il brevetto aumenta il guadagno a 2 miliardi, non ha senso aspettarsi che l'innovatore sarà disposto a investire fino a 200 milioni?
L'idea è sbagliata soltanto perché i costi legati al sistema brevetto (il limite allo sviluppo di altre idee, gli enormi costi di contenzioso, la burocrazia, i brevetti che non brevettano niente etc.) si mangiano di fatto questo possibile vantaggio, oppure esiste una ragione matematica per cui questo non vale, come è stato dimostrato rispetto alla classica obiezione dell'imitatore?
Salve! Comprendo la difficoltà a digerire Sani cambiaMenti...soprattutto in una cultura cosi piatta e dedità all'ebetismo Etico Morale Sociale Culturale e dello stimolo assente alla Cuiosità Personale sulla ricerca Dei Fatti Reali ( pericolosi per chi come i Bambini Viziati vogliono tutto per sè...) ma...spesso in NATURA ciò che è buono al gusto...fà male...e spesso in NATURA...ciò che crea un alito "cattivo"...è un ANTIVIRALE ECCEZZIONALE ... ;-)
un abbraccio Sincero
Grazie
La risposta è, a quanto ne so, perché dovrebbe. Il costo per ottenere quell'innovazione sarà sempre di 100 milioni, la probabilità sempre del 10% ogni 100 milioni investiti, o forse anche meno, in rapporto all'investimento. Di conseguenza, fossi io a gestire l'impresa, ringrazierei per il miliardo in più, che distribuirei ai miei azionisti(spesso me stesso) o userei per altro. Un miliardo che la società non avrebbe dovuto pagare, ma sborsa in quanto costo aggiuntivo del monopolio.
Spero di aver chiarito il tuo problema
@@andreagaudio293 Salve! scusami ma non ho capito cosa dici...Sei Capace di dirlo ad un BAMBINO...te ne sarei Grato
@ allora, un investimento sicuro al 100% non può esistere, purtroppo. Altrimenti saremmo tutti ricchi, basterebbe investire e magicamente ci ritornerebbero i nostri capitali aumentati del 50%, ma diamolo per assurdo. Prendiamo il primo caso: consideriamo, oltre alle spese di R&D, anche un costo di base per gli impianti, facciamo di 100 milioni e poniamo che tutto questo sia pronto nel momento in cui otteniamo il prodotto, ovvero il tempo t1. L'azienda rivale dovrà investire almeno come noi nella costruzione degli stabilimenti e ciò avverrà a t2, almeno. Inoltre copiare ha un costo, che noi poniamo a circa il 25% del costo di ricerca(se l'altro ha pagato ingegneri per crearlo, dovremo farlo anche noi. Avremo bisogno di un laboratorio e di tempo. Non è come copiare la ruota) di conseguenza, se il nostro investimento deve rientrare in 5 anni, come monopolista temporaneo avremo la possibilità di mettere al pubblico un prezzo molto alto, noi a t2 avremo un saldo di bilancio di - 200M, l'impresa rivale truffa&arraffa avrà una perdita di - 125M. Anche abbassando il prezzo al costo di produzione, in questo momento siamo entrambi in rosso. Questo per truffa è arraffa non è un buon affare, quindi non spendono i loro soldi in questo modo, perché ci perderebbero una discreta somma. Io invece rimango , perché ho ormai investito e mi tengo le mie quote di mercato. Questo è il concetto che il prof voleva esprimere, credo. L'innovazione e la copiatura sono entrambe lente e a costo non zero
@ poi, nel caso da te proposto, se deve dipendere da un brevetto per essere conveniente alla fine di tutto, significa che può anche non essere ricercato del tutto. Trovo sinceramente immorale domandare alla popolazione tutta di pagare una tassa occulta, nella forma di prezzi da monopolio, per permettere a qualcuno di arricchirsi senza aver fornito un valore aggiunto alla società. Se vuoi uno slogan, che non è che mi piacciano tanto, usa questo.
stupendo. davvero interessante. confermo che il libro di obldrin in italiano in cartaceo non è agevolmente disponibile
Scusate non io non ho ben capito la differenza tra il plagio e il copiare un brevetto. Cioè non sono la stessa cosa ?
riascolta.
Se copio attribuendomi la paternità della cosa è plagio.
è impossibile seguire il discorso, troppa pubblicità!! che diavolo!
Abolire la proprietà intellettuale?
Se così non fosse avremmo ancora jesse owens record sui cento metri piani e Bolt non sarebbe mai apparso.
Cosa diavolo centra la proprietà intellettuale con un record sportivo, che dipende solo dal fisico dell'atleta? O parli dell'IP sulle pillole che hai dimenticato di prendere?
Solo chi non ha idee, può pensare di abolire la proprietà intellettuale,come solo chi non ha proprietà personali, può pensare di abolire la proprietà privata.
Solo chi non ha ascoltato il video può commentare così a caso
@@riccardomichelotto1634 Il discorso è che non si può generalizzare su tutti gli aspetti e i settori della proprietà intellettuale,sono troppo diversi come implicazioni,mi rendo conto che con i brevetti in alcuni settori si blocca l'innovazione ed il progresso, ma pensiamo per esempio ai designer di prodotto,come si potrebbe non riconoscerne in qualche misura l'originalità??
Non è ovvio? No.
@@fx9611 lol, Il design infatti non è coperto praticamente in nessun modo in praticamente nessun luogo del mondo. Sennò dovremmo arrestare i commessi di Zara per ricettazione.
@@Skarn85 ma non diciamo scemenze,ci sono mille esempi che dicono il contrario,dagli scooter cloni della Vespa sequestrati ai saloni,ai designer di prodotto che continuano a ricevere royalties sulla vendita dei loro lavori non copiabili.