KENT WRECK First Look june 2024

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  • เผยแพร่เมื่อ 8 ก.ย. 2024
  • Relitto della motonave Kent, un primo (lungo) sguardo.
    Il relitto del Kent rappresentava uno degli obiettivi di questa veloce trasferta nel Blu di San Vito e nonostante le condizioni meteo variabili ed inusuali del mese di giugno, solo grazie all’esperienza e alla conoscenza meticolosa e completa della zona da parte di Roberto, riesco a prendere contatto con la nave: il vento, la dinamica del moto ondoso e la conseguente visibilità non ottimale, mi hanno proposto la sfida di riuscire a dare almeno un’idea, attraverso il mio racconto visivo, della nave sommersa. Il relitto è molto conosciuto ed apprezzato anche per gli aspetti naturalistici della biodiversità di cui è diventato substrato, e sarebbero numerosi gli spunti per questo tipo di riprese e fotografie che molto diffusamente sono state effettuate dai frequentatori di questo sito.
    Il mio limite è il poco tempo a disposizione. Una nave di circa 80 metri di lunghezza per 800 tonnellate adagiata su un fondale di 52 metri in perfetto assetto di navigazione e in buono stato di conservazione, rappresenta una grande attrazione, ma per le caratteristiche dell’immersione, occorrerebbero numerosi tuffi per avere una percezione soddisfacente del relitto. Il briefing sui disegni belli ed accurati di Virginia e tutte le indicazioni di Roberto sulla condotta e sull’organizzazione dell’immersione, mi suggeriscono una serie di percorsi e di punti sui quali soffermarmi: avvantaggiato dalla scorta di gas e dall’uso dello scooter, provo a realizzare la mia visione del relitto sommerso che qui vi propongo.
    Dopo la discesa sul pedagno fissato sul lato di dritta della coperta del cassero di poppa, mi dirigo deciso verso la prua sorvolando tutta la nave per la sua lunghezza fino ad oltrepassarla. Mi spingo ad una ventina di metri di fronte al tagliamare per inquadrare la nave che sembra emergere, navigando nel Blu, dall’abisso…
    Tralascio le murate dello sbalzo di prua che sono colonizzate da gorgonie e paramuricee, e mi dirigo di fronte al castello di prua dove appoggiate alla paratia dei locali dell’equipaggio, si possono vedere chiaramente un’elica ed un’ancora di rispetto. Ripercorro la coperta fino alla prima torre del bigo di carico intorno alla quale indugio lungamente, quasi ipnotizzato dallo spettacolo delle incrostazioni del coralligeno, dei grappoli di tunicati, delle spugne e delle madrepore attorno alle quali volteggiano nuvole di meravigliosi anthias, saraghi, tanute e appena più in alto, folti gruppi di boghe. E’ una carrellata lunga, lo riconosco, ma questo cuore di vita pulsante tra le lamiere del relitto varrebbe da solo l’immersione.
    A mezzanave, sotto la coperta che divide le due grandi stive, effettuo un passaggio nel quale si può ancora intravedere ciò che resta di una parte del carico, attraverso un velo di fango in leggera sospensione. Riguadagno la coperta e dopo aver superato la seconda torre del bigo di carico altrettanto colorata e ricca di vita di quella di prua, mi trovo al cospetto del cassero di poppa e della finestratura della timoneria : uno sguardo all’interno e la ripresa dei giochi di luce tra l’ombra, il blu dell’esterno e le concrezioni colorate, si impongono per rimarcare la rivincita della natura sull’invasione della lamiera estranea.
    All’interno dei locali più facilmente accessibili del cassero di poppa, mi ritrovo ad osservarne il silenzio e la nuda ruvida atmosfera di abbandono e di perdita che si ritrova in ogni relitto.
    Come guardando un fantasma che emerge dall’oscurità, mi soffermo un’ultima volta a riprendere le sovrastrutture di poppa: la luce lontana di una torcia degli altri subacquei del gruppo , già in deco qualche decina di metri più su, mi ricorda che provengo dal mondo di sopra e che devo lasciare ancora una volta, il mio amato mondo Blu.
    L’affondamento del Kent, battente bandiera cipriota, con un equipaggio di 11 persone, partito da Siracusa a fine giugno del 1978 e diretto in Nigeria, avvenne a seguito dell’esplosione di un incendio in sala macchine, che dopo una notte di fuoco, culminò poco prima delle 12 dell’8 luglio 1978, nella perdita della nave.
    Due rimorchiatori trainarono la nave dal largo fino alla rada, a mezzo miglio dalla costa, di fronte all’antica tonnara di San Vito Lo Capo, in un’area detta “il Firriato”, tra Punta Spadillo e Punta Forbice, dove la nave colò a picco. Non ci fu nessuna perdita di vite umane.

ความคิดเห็น • 1

  • @Juri_1989
    @Juri_1989 หลายเดือนก่อน

    e quanti c'è ne saranno altri