Sono (anche) un linguista, specializzato in giapponese. Parlare di sessismo intrinseco nella lingua non ha letteralmente alcun senso, ma non spiego perché visto che ci impiegherei ore. In compenso posso dirvi che in giapponese non esiste il genere, ne tantomeno il numero, dunque questo dovrebbe essere specchio di una società altamente inclusiva e paritaria? Beh, purtroppo no, anzi, la società giapponese è alquanto maschilista. Ottimo video come sempre
Ti prego, spiegamelo, perché moltə altrə linguistə sono convintə del contrario (tipo Vera Gheno. O me, che però affiancata a Vera Gheno devo solo tacere)
Comunque come argomento non vale molto. Il Giapponese potrebbe ben essere neutro, e promuovere la neutralità, senza che ciò basti. il punto non è che sia sufficiente, nè che sia necessaria, ma che sia uno degli elementi che contribuiscono. un po' come dire che il fumo non fa male perchè mio nonno ha sempre fumato e morto ultranovantenne.
@Emanuele676 assolutamente. Ma infatti il mio "collega" qui sopra (virgolettato perché io non sono un linguista ma un filologo) non ha negato questo, ma ha precisato come non si possa parlare di sessismo INTRINSECO nella struttura e grammatica di una lingua per definire una società sotto questo punto di vista, come non valga neanche il contrario qualora una lingua non presenti certe caratteristiche di forma. Quello che conta, e qui si riprende il video di Roberto, è l'attitudine e il pensiero che sta dietro e che da origine a quelle che sono le espressioni e le locuzioni (cosa diversa dalla grammatica in se e tutto ciò che ci gira in torno). Poi lasciami dire che la storia e la genesi di una lingua sono la cosa più importante per comprendere certe cose, non basta guardare quanto si ha ora (ed essendo un filologo la cosa mi preme particolarmente)
"Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sè, sono vuote?...E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele, e io nell'accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio."
Ciao Roberto, quando hai parlato dell'architetto più grande del mondo ( perdonami, sono ignorante in materia e non ne ricordo il nome ) ho riflettuto su una cosa. Se tu avessi detto la più " la più grande architetta del mondo", il messaggio che sarebbe passato sarebbe stato che lei era la più grande tra le architette donne, e non fra tutti gli architetti. È veramente difficile superate costruzioni mentali consolidate da secoli. Comunque complimenti e grazie per i tuoi video "free".
Ottima e onesta riflessione. Anche io leggendo il tuo messaggio penso proprio che avrei inevitabilmente pensato "la più grande fra le architette donna" .. È proprio su questo che Roberto ci invita a meditare!
Mi scusi ma la forma corretta è appunto il più grande architetto poiché è la forna generica. Quello su cui invece posso essere d accordo è il contrario ovvero che se intendessi il più grande architetto maschio e dicessi il più grande architetto si capirebbe il più grande in assoluto
@@user-ce3nm1ll2h esattamente, nella grammatica italiana il femminile si riferisce esclusivamente al sesso femminile. Il maschile ad entrambe... Per cui la forma corretta sarebbe "il più grande architetto". Comprendo il ragionamento, ma in questo caso non si tratta di costruzione mentale, o almeno non solamente, ma anche di grammatica
Volendo proprio fare i pignoli, avremmo dovuto precisare che si tratta del più grande architetto vivente o contemporaneo. Paragonare Zaha Hadid ad Apollodoro di Damasco, Bernini o Frank Lloyd Wright mi pare un po' azzardato.
Le pause, la forza delle parole, delle espressioni. Nei tuoi occhi ad un certo punto si leggeva quanto fossi calato in questo tuo monologo. Uno dei tuoi migliori video Roberto, complimenti.
Non sono d'accordo con la tesi del video. Provo ad argomentare. Innanzitutto, apprezzo moltissimo il tuo modo di argomentare le tue tesi Roberto. Spingi sempre a riflettere senza imporre. Anche se, da esperto oratore quale sei, fai giustamente ricorso ad esempi un po' estremi per sostenere le tue tesi. Lavoro nel settore commerciale. Ho letto molto sulla "scienza" della vendita. Ho ascoltato diversi seminari di "santoni" della comunicazione. Alcuni sono senza dubbio dei ciarlatani, come fu probabilmente quella persona che suggerì alla vostra azienda il ridicolo scambio della parola "problema" per "opportunità". Da altri c'è molto da imparare. Ritengo tuttavia che ci siano degli inciampi nel tuo ragionamento, e che tu abbia usato, consciamente o inconsciamente, almeno due "fallacie retoriche" per argomentare la tua tesi: la "composizione" ossia il ritenere che ciò che è valido per una parte sia valido per il tutto, e la "reductio ad absurdum", ossia portare ad un esempio estremo la tesi che si vuole confutare, per dimostrare indirettamente che tutta la tesi è priva di senso. Il primo esempio del video, ossia il caso del "santone delle vendite" che suggerisce di sostituire problema con opportunità, è una esasperazione di un caso estremo di sostituzione erronea, quindi facilmente condivisibile, che per "composizione" porti a ritenere valido per tutti i casi in cui una semplice sostituzione di parola non ha effetto. La mia opinione, in disaccordo con la tesi che proponi, è che anche le singole parole, o la semplice sostituzione di alcune di esse con dei giusti sinonimi, possano trasmettere la stessa identica informazione all'interlocutore, (quindi lasciando inalterato il messaggio, ed evitando casi limite in cui si perde la comunicazione perchè problema=opportunità) seppur avendo un impatto psicologico completamente differente. Quindi anche il cambio di una singola parola in un'intera frase può influenzare la psicologia dell'interlocutore. Per argomentare porto 4 esempi. Sicuramente non sarà un'argomentazione esaustiva, ma spero aiuti a riflettere. Esempio 1: "Questo bene che vorrei acquistare è caro" vs "Questo bene che vorrei acquistare è costoso". Entrambe le frasi comunicano lo stesso messaggio, ossia che il bene ha un prezzo piu' alto di quello che ci si aspettava, o della media, o di quello che ci si può permettere. Nel primo caso però, usando la parola "caro", si trasmette inconsciamente il messaggio che il bene ha un prezzo superiore a quello che vale. Nel secondo caso invece un bene "costoso" trasmette il messaggio che il prezzo è alto perchè rappresenta il valore del bene. Il primo caso trasmette negatività, stanno provando a farmi pagare piu' di quello che vale. Il secondo è molto piu' positivo. Sto pagando tanto perchè vale. Esempio 2: "Il prezzo di questo bene è 10,000€" vs "Il valore dell'investimento per questo bene è 10,000€" Esempio simile al primo. Il messaggio è lo stesso. La percezione inconscia nell'interlocutore è diversa. Nel primo caso, prezzo si associa ad esborso di denaro, perdita, negatività. Nel secondo caso "investimento" è un esborso che intrinsecamente porta con se il concento di ritorno, guadagno futuro, vantaggio. Esempio 3: "Buongiorno, scusi se la disturbo, posso rubarle un minuto?" tipica espressione di cortesia usata in buona fede ma che inconsciamente trasmette negatività per la presenza dei termini "disturbo" e "rubare". Inconsciamente: "Questa persona che ha chiamato mi sta disturbando dal mio lavoro e mi sta rubando tempo." Alternativa: "Buongiorno, la trovo in un buon momento per dedicarmi un minuto?" Stesso concetto. Inconsciamente: "buon momento. Positività. Dedicare associato al dare, altruismo." Esempio 4: "Hai ragione quando dici che il prodotto ha questo difetto, però è importante considerare anche i pregi" vs "Hai ragione quando dici che il prodotto ha questo difetto, [pausa] ed importante considerare anche i pregi" Qui si sostituisce una congiunzione avversativa come il "però" che in qualche modo nega e si mette in opposizione con la tesi dell'interlocutore, cambiandola per una pausa + una preposizione "e" che trasmette empatia, allineamento di opinioni, inclusione e non conflitto. Potrei portare altri esempi. Spero di essermi riuscito a spiegare. Complimenti a chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui. Grazie comunque a Roberto per i continui spunti di riflessione.
Ciao Brunoliegi! Grazie del messaggio! Finalmente qualcuno che argomenta! Apprezzo molto. Provo a risponderti con ordine e in modo articolato. Sulla parte delle fallacie logiche non so cosa dire se non che sono tutti casi reali e in cui realmente mi sono imbattuto. Perciò non mi sembrano in nessun modo assurdi né artificiosi. E, per me, ha senso evidenziarli, rifletterci sopra, avversare il pensiero che li ha prodotti. Ma veniamo ai tuoi esempi. ESEMPIO 1: Questo, per me, è il più impressionante, quello che mi colpisce di più. In effetti "caro" e "costoso", sulla carta sono sinonimi. Eppure bisogna ammettere che usare una parola o l'altra fa tutto un'altro effetto, come dici tu. Si tratta però, appunto, di due sinonimi e di due parole che esistono entrambe. Non si tratta di una cambio di senso, come quello fra "problema" e "opportunità", né si tratta di inventare espressioni nuove e artificiose come "diversamente abile". Le due espressioni "questo prodotto è caro" e "questo prodotto è costoso" sono entrambe perfettamente naturali e credibili. Il fatto che la percezione delle due frasi sia così diversa fa parte, per me, della magia imperscrutabile del linguaggio; ed è uno dei motivi per cui vale la pena scegliere con tanta cura le parole. E anche io, quando devo scrivere una lettera che è particolarmente delicata e importante, spendo tempo ad armeggiare con i sinonimi, sposto l'ordine delle frasi e mi arrabatto in certe minuzie apparentemente insignificanti. Esagero? Perdo tempo? Penso di no. Fin qui, insomma, ti seguo e sono sostanzialmente d'accordo con te. Non è questo che contesto o che mi lascia perplesso. ESEMPIO 2: Questo mi convince già di meno, onestamente. Se qualcuno mi dicesse che "Il valore dell'investimento per questo bene è 10,000€", io, da ingenuo e ignorante quale sono, probabilmente chiederei cosa si intende, esattamente, per "valore dell'investimento", immaginando chissà quale astrusità finanziaria o bancaria. A quel punto qualcuno, prima o poi, sarebbe costretto a dirmi che si tratta di un giro di parole per "costo" o "prezzo". Al che, immagino, mi sentirei leggermente preso per il culo. Ma io sono un caso particolare; può darsi che con la maggior parte delle persone funzioni alla grande. :-) ESEMPIO 3: Concordo sul fatto che, in effetti "posso rubarle un minuto?" risulti irritante. "Rubare" in italiano significa sottrarre con la forza o con l'inganno. Mi fa immaginare una relazione da cui io non avrò nessun vantaggio, ma da cui sarò impoverito; a meno che non si tratti una frase ironica. È semplicemente una frase fatta che è "mal fatta"; un termine usato male. E sono d'accordo con te che non vada bene. Ma, di nuovo, non si tratta di inventare stranezze, si tratta semplicemente di correggere un errore. Dopodiché ci possiamo chiedere: "è sufficiente questo a non irritare l'interlocutore?". Non saprei. Mi rifaccio alla mia esperienza personale. Io soffro perennemente di mancanza di tempo; non amo essere disturbato, il mio numero di telefono personale non è pubblicato e, quando qualcuno ha la ventura di trovarlo e fare suonare il mio apparecchio, purtroppo la domanda che mi nasce subitanea è: "Chi sarà, adesso, questo rompicoglioni?". Quello che succede poi dipende da vari fattori. Alcuni interlocutori mi parlano con una allegria e una confidenza che mi sembrano del tutto immotivati; la cosa mi sembra artefatta, mi insospettisce e di solito mi irrita. Altri, al contrario, parlano lentamente, con lunghe pause, momenti di esitazione, numerose parentesi che allontanano il punto della questione. In quei casi penso: "Mi hai chiamato prima ancora di aver deciso cosa volevi dirmi? E io dovrei collaborare con una persona così confusa? Dio ce ne scampi!" Altre volte è il tono di voce insolitamente fermo e autorevole che mi incuriosisce. Oppure l'uso di un linguaggio forbito, che mi fa pensare ad una cultura fuori dal comune. Altre volte scatta un'empatia immediata e indefinibile. Insomma, come dico più volte nel video, la relazione fra il linguaggio e la psiche è complessa, straordinariamente complessa, involuta e sottile. E, secondo me, lo ribadisco, spesso si ripone ingenuamente troppa fiducia nel potere persuasivo di una singola parola. ESEMPIO 4: Su questa non so immaginare che effetto mi farebbe il sentirla pronunciare. Il fatto è che "Hai ragione quando dici che il prodotto ha questo difetto" e "è importante considerare anche i pregi", sono obiettivamente due frasi che vanno in direzione opposta. Insomma, la proposizione avversativa è logica e naturale. Che effetto mi farebbe sentire sostituito un "però" da un "e"? Funzionerebbe, e otterrebbe l'effetto desiderato? Mi sembrerebbe artificioso e mi insospettirebbe? Come ho detto, onestamente non so dirtelo. Dovrei sentirmi dire la frase davvero per saperlo. Ecco, questo è quanto. Ti ringrazio ancora per i tuoi stimolanti esempi e spero di avere descritto in modo più articolato e preciso il mio punto di vista. Alla prossima! Roberto
Forse ho capito male o forse non afferro completamente il significato delle parole e le tecniche persuasive in una conversazione reale, in quanto a me pare che un bene caro non sia un bene costoso: se mi venisse proposta una biglia di vetro a 200€ sarebbe cara, un paio di scarpe sarebbero costose, una fornitura di viveri per un anno sarebbe, probabilmente, un affare. Per quanto riguarda: "scusi se la disturbo, posso rubarle ecc." Se non ho tempo da dedicare a una persona non c'è perifrasi sostitutiva che tenga. Per quanto riguarda: "il prodotto ha dei difetti... ed importante valutarne i pregi." siamo al limite dell'anacoluto; ed eliminando l'avversativa rimane pur sempre l'avversione pregi difetti, sostanzialmente non vedo cambiamenti; in una conversazione reale queste tecniche funzioneranno, probabile, non lo metto in dubbio, ma stiamo parlando di negozio cioè di un atto di scambio in cui due parti concorrono allo stesso scopo: per concludere un affare e il negozio non è comunicazione, semplicemente se ne serve in alcuni casi. Quello che intendo dire è che secondo me conta il contesto e la coerenza parola realtà oggettiva, altrimenti si cade veramente nella falsa retorica cioè nell'utilizzo dell'arte oratoria elevata per scopi non altrettanto elevati. Da tenere presente anche il peso che ha in questo discorso il lessico proprio di una lingua, cioè quanta materia prima si ha a disposizione. Prendiamo per esempio l'antico greco e confrontiamolo col latino: sia quantitativamente sia qualitativamente le loro lingue hanno prodotto opere di retorica e filosofia ma anche modi di pensare e popoli ben diversi, più o meno pragmatici più o meno inerenti la realtà oggettiva. Per intendersi: la sofistica è nata in Grecia, la retorica di Cicerone a Roma. La lingua varia nel tempo oltre che nello spazio e quindi sono completamente d'accordo con Roberto: se non cambia l'atteggiamento mentale, sostituire artificiosamente una parola con un'altra è inutile, se poi il concetto che esprime quella parola che si vuole cambiare è negativo, questa negatività prevarrà sempre, faccio solo un esempio che mi venne proposto ai tempi ormai lontanissimi della scuola dell'obbligo: prof. posso andare al gabinetto; prof. posso andare in bagno; prof. posso andare ai servizi; prof. posso uscire... qui addirittura nell'evoluzione linguistica si è sostituito il concetto col nulla, ma le risatine dei compagni maliziosi rimangono.
@@RobertoMercadini Innanzitutto grazie del tempo che hai dedicato alla risposta. Soprattutto alla luce del fatto che sei spesso a corto di tempo, acquista doppio valore. Personalmente non mi ritengo un gran sostenitore del relativismo, in cui la verità sta sempre nel mezzo, e tutti hanno sempre un po' ragione. Tuttavia, in queste questioni un po' filosofiche e sfumate, in cui è difficile se non impossibile dimostrare scientificamente dove sia la verità, credo la soddisfazione sia già nel sapere di aver portato gli altri a riflettere. Stavo quindi riflettendo sui miei esempi, alla luce delle tue considerazioni. Mi è piaciuta molto la tesi che sostenevi, non ricordo se in questo video o in quello di risposta che hai pubblicato ieri, sul fatto che le parole si "sporchino" col tempo. Parole originariamente innocue vengono sporcate negli anni, nei decenni dalla società, dai pregiudizi, dalle esperienze ad esse collegate. Forse il mio esercizio può ricollegarsi semplicemente al continuo tentativo di sostituire alcune parole "sporche", che si portano dietro un carico negativo indesiderato, con sinonimi e parafrasi piu' pulite. Oppure, caso ancora piu' auspicabile, sostituire con parole altrettanto "sporche" di messaggi piu' utili alla causa. Perchè influenzare (sporcare) negativamente il messaggio usando una certa parola, quando ne esiste una piu' pulita? Premetto che tutto ciò che ho detto riguarda la percezione latente. Quel sottostrato di emozioni, sentimenti piu' o meno consci, che le frasi e le parole si portano dietro. E' quello che si cerca di influenza cambiando alcune singole parole. Resta invariato il risultato evidente che se una persona non si può permettere una certa cosa non la comprerà, o se non ha tempo di ascoltarti non starà al telefono, o se il difetto è troppo importante non c'è pregio che tenga per compensare. Indipendentemente che si usi costoso al posto di caro, investimento al posto di prezzo o dedicare invece di rubare. Quello che, a mio parere cambia, è la percezione generale che l'interlocutore avrà di te. Citando il famoso monologo di Al Pacino in "Ogni maledetta domenica" in cui la partita non si vince in un colpo, ma si vince guadagnando ad ogni azione di gioco un centimetro in piu' dell'avversario, così ritengo che la grande partita della comunicazione, fatta di tante parole,frasi, discorsi, possa alla lunga essere "vinta" guadagnando impercettibile terreno ad ogni occasione possibile. Per quanto riguarda l'esempio 2, quello di prezzo=investimento, nel mio caso risulta facilmente sostituibile perchè lavorando nel btb (business to business) i miei clienti sono aziende, non persone fisiche come nel btc (business to consumer). De facto, qualunque azienda che sta comprando qualcosa sta investendo. Ritengo inoltre che non risulterebbe strano neanche in una conversazione con un consumatore, se usata nel giusto modo. Per esempio, immaginiamo tu sia un mio potenziale cliente a cui sto cercando di vendere un cellulare. Ti sto parlando di tutte le caratteristiche fantastiche, fotocamera, batteria, schermo..tu mi interrompi bruscamente e chiedi "si, però qual'è il prezzo?" Io ti risponderei in completa tranquillità "Roberto, per acquistare questo cellulare devi investire 800€". Tu potresti ribattere "800€!?, ma è molto piu' caro di quello che mi aspettassi". Io risponderei "Certo Roberto, questo modello è indubbiamente costoso. Non stai semplicemente comprando un cellulare, ma investendo in uno stile di vita diverso.. Il mio lavoro è quello di aiutarti a valutare tutte le implicazioni della scelta, per permetterti di prendere la migliore decisione per te stesso"...e così via. Chiedo perdono per la digressione, non volevo trasformare questo intervento in un corso di vendite. :)
@@marcoferrari2851 Ciao Marco, ragionamento sicuramente valido. Anche se e' vero quello che sostieni, è anche vero che la vita, o la maggior parte di essa, è una "vendita" o "negoziazione" costante in tantissime situazioni diverse che esulano dal mero scambio commerciale. Anzi, lo scambio commerciale è forse una delle poche situazioni in cui le due parti sono consciamente consapevoli di star effettuando una transazione. Non stai vendendo te stesso quando fai un colloquio di lavoro per essere assunto? Non stai vendendo te stesso al primo appuntamento per "vendere" la miglior versione di te alla ragazza/ragazzo che ti piace tanto? Non stai vendendo la tua idea quando proponi al tuo amico di andare al cinema invece di andare a bere una birra? Non stai vendendo il tuo tempo quando in casa negozi con la tua compagna/compagno sui giusti turni per le pulizie? Quando si sceglie se andare in vacanza al mare o montagna. Quando si difende o si accusa qualcuno in tribunale. Quando sei interrogato a scuola dal professore. Non sono questi esempi di vendita? Non sono quindi d'accordo sulla tua affermazione quando dici " il negozio non è comunicazione, semplicemente se ne serve in alcuni casi". Da notare che all'inizio del commento ho utilizzato il "quasi-anacoluto" quando ho detto "è vero quello che dici, ed è anche vero.." Volevo controbattere alla tua tesi, senza entrare in un clima di diretto contrasto di idee. Ho pensato fosse utile alla conversazione sperimentare questo espediente retorico sul nostro caso reale. Magari puoi darmi un feedback su come ti è sembrato fluisse il ragionamento.
@@BrunoLiegibastonliegi Hai ragione: tutta la vita è una continua negoziazione, anche questa piacevole chiacchierata lo è. Ed io in questo negozio posso solo dirti come la vedo, non come è ma quali effetti e conseguenze hanno su di me alcune tecniche persuasive. Innanzi tutto partiamo dalla fine, dire: "è vero quello che dici, ed è anche vero..." è sintatticamente corretto, a differenza dell'esempio sui pregi e difetti, quindi non è un anacoluto, al limite l'unico errore è la virgola prima della congiunzione, un banale segno grafico che da solo basta a farmi capire che separi nettamente le due tesi. Ora queste tecniche nella scrittura sono facilmente identificabili, durante una chiacchierata vengono rese con pause e gestualità che bastano però a farmi avvertire una certa forzatura nell'atteggiamento espositivo dell'interlocutore e quindi questo mi dispone negativamente ma, ripeto sto parlando per me stesso, non per tutti. Se passiamo all'anacoluto, come quello sui pregi e difetti e lo valutiamo durante una conversazione più o meno formale: contrattazione, negozio, organizzazione lavorativa, famigliare ecc. Ebbene questa figura retorica, che serve a dare un tono espressivo al discorso e lo fa stravolgendo per quanto possibile le regole sintattiche, con lo scopo di avvicinare il linguaggio a quello comune e rendere il discorso più vivace, se la incontrassi, non neii Promessi Sposi messa in bocca ad un umile comprimario, ma nella vita reale durante una conversazione, mi farebbe sorridere e mi farebbe insospettire, l'una o l'altra reazione nella misura in cui avverto genuinità e spontaneità nell'interlocutore, sto parlando sempre per me stesso. Vorrei solo fare un breve esempio e lo vado a prendere, così a memoria, dal libro citato: "I poveri, che Dio abbia pietà di loro!" Una frase così in una conversazione colorita può anche andare bene ma una qualsiasi sua versione tipo: "Le faccende domestiche, che Dio te la mandi buona." Oppure: "Una birra, che cos'altro ci vorrebbe adesso?!" O ancora: "Questo telefonino, non ce n'è uno meglio al mondo!." Ebbene frasi così potrebbero scatenare ilarità o indisposizione, a seconda di contesto, argomento e interlocutore. Ma tutto questo lo scrive una persona che difficilmente parla, preferendo ascoltare, leggere o al limite scrivere, quindi sono idee del tutto personali che semplicemente tenevo a condividere. Completamente d'accordo con te sul discorso riguardo la percezione ed è giusto che certe tecniche mirino a migliorare la percezione di te nell'interlocutore: è un lavoro difficile e impegnativo che spesso cozza contro diffidenza e maleducazione, per questo motivo non posso fare altro che accordarti tutta la mia stima. Tutti i tuoi esempi conducono comunque alla dimostrazione che la comunicazione è sempre un negozio ed e vero, ma questo non significa direttamente che un negozio è una comunicazione significa secondo me che il negozio si serve della comunicazione ma alla fine sono due cose ben distinte. Per negoziare devo comunicare ma per comunicare non è necessario che negozi qualche cosa: la comunicazione va ben oltre e non si limita alla lingua, un segnale stradale di stop per esempio ti comunica di fermarti senza proporti alcun negozio, lo stesso vale per un prato fiorito che ti comunica la primavera ma non ti invita a comprare i suoi fiori, tutto è comunicazione, non tutto è negozio e quasi tutto si serve della comunicazione. Una parte che però mi colpisce del tuo discorso è quando dici che hai voluto sperimentare un espediente retorico. Questo mi colpisce perché, soprattutto in una conversazione scritta, certe tecniche difficilmente passano inosservate ed hanno un effetto su chi legge che si potrebbe definire, ma anche qui sto parlando per me, di lucida analisi che mi porta a sezionare lo scritto e chiedermi perché mai ha voluto scrivere questo? Perché l'ha messa giù così? Ed è un po' come se la cavia sezionasse il ricercatore non ti pare?
Video bellissimo, hai esternato dei pensieri che mi porto dentro da tanto. Nota a margine: da diversamente abile ti dico, questo termine non mi dispiace. Non l'ho mai inteso come tu fai nel video. Diversamente abile per me significa che ha abilità in altri campi rispetto a quello dello "svantaggio". Quindi citando il tuo esempio: se uno non vede, per me diversamente abile significa che questa persona esprime e possiede abilità in aspetti diversi dalla vista. Magari ci sente benissimo o sa sempre da che parte inserire le chiavette usb.
Bravissimo. Io sinceramente mi farei anche la domanda "ma siamo così sicuri che la società sia maschilista, e non bisessista?". E' chiaro che se si osserva solo il problema di una categoria, ignorando i problemi delle altre categorie, si rischia di dipingere una categoria come vittima e l'altra come carnefice.
Roberto, si vede che sei un grande poeto, un linguisto, perché le tue riflessioni sono oltre tutte quelle opinioni di pancia che oggi si sentono tanto e ovunque. Sei anche un grande attore e registo, e si vede che sei capace di grandissima sensibilità, ad esempio per come difendi tutte le nostre amiche architette e ministre e giudichesse! Ti seguo da molto tempo ormai e ti ho fatto conoscere tra tanti amici: sono un tuo vero e proprio proselito, entusiasto di esserlo! Grazie mille Roberto
Ciao Roberto. Sono una ex studentessa di un tuo caro amico, che fu mio professore di Italiano per un solo anno di superiori, purtroppo. I tuoi video aprono la mente, li trovo molto stimolanti, e ringrazio il mio ex prof per averti portato nella nostra scuola. Ho speranza che anche altre giovani menti rimangano ammaliate da te, perchè abbiamo bisogno di conoscere persone così, che stimolino la nostra mente e il nostro pensiero. Perciò spero tanto che tu continui ad andare nelle scuole e a farti conoscere anche tra i più giovani! Io, 6 anni dopo averti conosciuto, non ho ancora smesso di seguirti e guardare incuriosita i tuoi video, e spero tanto che ciò sia accaduto anche ad altri studenti come ero io. Perciò Grazie per offrirci sempre nuovi stimoli e nuovi spunti su cui ragionare!
Ogni volta che ti ascolto ho un orgasmo culturale. Questa volta è stato multiplo e più violento che mai. Uno dei migliori video di TH-cam Italia, uno dei migliori tuoi, complimentiIIIIIIII!
Al mio tema di maturità del 95, mi è stato contestato che ho usato la parola handicappato in una frase. Utilizzata per indicare una categoria di persone, non certo per offendere nessuno. Il fatto che mi abbiano detto che era una parola offensiva, mi ha fatto capire chi ti critica in realtà sta criticando una parte di se stesso. Quel se stesso che userebbe quella parola per offendere qualcuno. Comunque riesci sempre a stupirmi✨
Fantastico video, molto attuale. Mi hai fatto pensare al percorso terapeutico che ho fatto negli ultimi anni. Ero "prigioniera" di alcune parole/frasi che mi erano state dette e ripetute fin da piccola in contesti poco sani, e che per questo avevano su di me un enorme effetto negativo. Una di queste - paradosso incredibile - era "ti voglio bene". La frase più semplice e forse più pura del mondo aveva per me l'effetto che avrebbe potuto avere un "non sei al sicuro". Ho impiegato anni per riuscire a "depotenziare" questa frase, anni durante i quali l'ho sostituita con diversi sinonimi e durante i quali stringevo i denti se mi veniva rivolta. Questa esperienza mi ha fatto cambiare idea su molti dei temi che riguardano l'uso delle parole. Perché ciò che io non riuscivo ad integrare, ai tempi in cui non potevo usare o ascoltare quella frase, era la differenza tra il passato traumatico ed il presente. La differenza di contesto. La soluzione per me non era cancellare quella frase o prendermi in giro sostituendola con altre varianti. Ora, questo è un caso parecchio personale e sicuramente non applicabile al discorso più generale che tu hai fatto (ci sono in campo anche dei meccanismi traumatici che non sono assolutamente in tema con il discorso), però penso che il concetto sia un po' questo: siamo legati ad un concetto obsoleto di alcuni termini, ma la realtà è già cambiata. Oggi, se pensiamo a medico, avvocato o giudice, non siamo portati a pensare immediatamente ad un uomo, e se lo facciamo, non è certo per quella "o" finale, ma per questioni sociali ben più profonde, che un banale cambiamento formale smuove ma non risolve.
Grazie! Grazie perché spingi a ragionare, ad andare nel fulcro delle cose, soprattutto quelle semplici e quotidiane, che magari usiamo dare per scontate. Il tutto attraverso una naturalità, ma complessità disarmanti.
Il cambiamento da perseguire è senza dubbio, come tu dici, nel pensiero e nella cultura È tuttavia vero che è estremamente più facile modificare un termine, e così segnare la volontà di modificare un concetto proprio della nostra cultura Il fatto mi sembra essere che molto spesso si percepisce il cambiamento nei termini come una conquista, piuttosto che come un punto di inizio Modificare le parole talvolta mi sembra necessario, ma pensare che sia sufficiente mi sembra solo un’illusione
Ogni volta che entro in Home e vedo la pubblicazione di un tuo nuovo video mi sale subito l'entusiasmo. Porti sempre tematiche diverse e sottili sulle quali nessuno si sofferma e/o pensa minimamente. E nel mentre esponi la tua idea tiri fuori delle conoscenze e delle informazioni storiche/scientifiche/lessicali incredibili. Sei una fonte di nuova conoscenza magnifica. Continua così 🙏🏼
Mi sento esattamente allo stesso modo anche io 😍 a volte riguardo con piacere pure i video precedenti, ascoltare Roberto è sempre un piacere, ha una capacità espositiva che finora ho visto solo in pochi altri YT intellettualmente impegnati, tra l'altro ❤
Sto studiando per diventare insegnante. L'anno scorso ho seguito il corso di pedagogia speciale. Ero emozionatissimo: mi aspettavo di imparare le tecniche di insegnamento più segrete (quelle speciali, appunto) e invece ho scoperto che, ora, i ragazzi con disabilità sono chiamati ragazzi con abilità speciali. Caro Roberto, la nuova espressione è arrivata e ha portato con sé una parola in più. Adesso ci servono 4 parole per riferirci alla stessa persona
Un discorso che ho provato a fare tante volte, ma senza riuscire mai ad essere così convincente e lucido. Ma, purtroppo, io non sono Roberto Mercadini. Grazie, come al solito.
Argomento interessantissimo. Mi ritrovo molto nella tua disamina. Hai portato degli esempi inequivocabili e credo utili alla comprensione. Sei sempre una sorpresa 😁👍
Caspita, quando vedo i tuoi video, capita che lucubrazioni mie su argomenti a cui non ho dato un capo o una coda in attesa di rimaneggiarli e riplasmarli per dargli un senso, rimangano sospesi nelle mia mente senza giudizio, (senza una presa di posizione che mi soddisfi). E a volte vengono riorganizzati, rimestati, ridefiniti in maniera chiara e concorde con i miei pensieri, dalle tue e parole dai tuoi ragionamenti. È già la seconda (o terza) volta che mi succede e nel giro di un video mi fai avanzare su dei concetti, magari anche di mesi o anni. Grazie Merca.
Bellissima analisi, pensiero stupendo! Mi vengono in mente molte cose, fra cui la traduzione letterale che fa il filologo Igor Sibaldi dell'incipit del Vangelo di Giovanni, restituendogli l'intento filosofico e gnostico: "In principio era la parola..." dove dice che la parola creava le tenebre, ma in ciascun uomo brilla la luce (l'intuito e il divino) e le tenebre (delle parole) non sono riuscite ad oscurare questa luce. Roberto tu fai l'esempio di una persona cieca. La parola cieca a me suscita sensazioni di calore e solidarietà. La mia bisnonna divenne cieca a quarant'anni. Fu l'unica persona ad uscire con coraggio dal rifugio antiaereo (nella seconda guerra mondiale) durante un bombardamento, per aiutare la nuora che portava in salvo i bambini. Per me cieca è coraggio. Si tuffò su mia mamma bambina e la salvò, rimanendo lei ferita alla testa. Per me cieca è amore incondizionato e vita, la mia vita, e gratitudine, la mia per lei. Lei sorrideva sempre e incoraggiava tutti. E cieca è per me anche vedere oltre il buio delle avversità, saper puntare alla luce del cuore. In più era bravissima a smontare e riparare le macchine da cucire. Così la parola cieca vuol anche dire "tutto è possibile". Ogni parola non vuole dire niente se sotto, nell'inconscio o nell'esperienza è collegata a niente; è brutta se suscitata da sentimenti brutti; e ogni parola può essere bellissima se connessa a ricordi, sensazioni e punti di vista meravigliosi. Come sempre, grazie! Cinzia
Grazie Roberto, mi è rimasto impresso quando qualche video fa dicesti che nella cultura ebraica è importante il confrontarsi e la capacità di dialogare ed ascoltarsi pur non essendo d'accordo. Apprezzo quest'occasione in cui si parla di argomentazioni delicate pur non allontanandosi dal significato profondo insito nella comunicazione. "L'essenziale è invisibile agli occhi" e muto all'orecchio aggiungerei. Grazie Roberto.
Mi sono veramente goduto la visione del video, sei una persona intelligente e profonda, capace di sviscerare problemi più complessi come, in questo caso, l'uso delle parole. Grazie di averne parlato, penso di capire un pochino meglio la questione, ora che ho visto il tuo video. Ti ho conosciuto per la prima volta allo spettacolo dei digitali purpurei e sono grato di essere venuto per vederti. Continua così.
Questo é il mio pensiero, lo penso da tempo e anche per me é inutile fare guerra alla lingua. Ma ti giuro, sentirti é stupendo, mi hai dato venire i brividi, sei veramente un ispirazione, sei uno di migliori uomini che conosca.
Ho apprezzato veramente tanto questo video. Sono felice di aver ascoltato queste parole, che tu abbia dedicato del tempo per spiegare a tutti quelli che hanno visto e che altri vedranno (spero), questo video, quanto sia importante e fondamentale comprendere e far nostro questo concetto.
Magnifico monologo, diretto, esplicito, magnetico. Analizzando dunque da un punto di vista linguistico, e prendendo come strumento il triangolo semiotico, possiamo quindi dire che il problema principale NON si trova nel significante (la parola), e tanto meno nel referente (l'oggetto reale), piuttosto l'errore, italiano ma non solo, si trova sul vertice del significato, ossia il valore che l'uomo attribuisce all'oggetto reale. Inutile quindi incentivarsi su lotte di modifica dei significanti, se prima di essi non modifichiamo il significato. Grazie, questi video sono sempre spunto di riflessioni.
Lo dicevano anche i vichinghi, il potere di Odino era il potere delle rune... Condivido davvero il tuo discorso, non è così facile che elimini la parola e elimini il pregiudizio. Il pregiudizio rimane nella mente se non si cambia il modo di pensare. Hai ragione! Bellissimo video! Grande Rob :)!
Con questo video mi hai lasciato senza parole. Non ne ho trovate , in giro per casa, adatte a descrivere ciò che hai suscitato nella mia scatola cranica. Resto in estasiato silenzio.😊😊😊
Ti dico "bravo!", perché secondo me hai trattato l'argomento in modo critico, interessante, propositivo, costruttivo e produttivo. E aggiungo che condivido ogni singola parola di ciò che hai detto.
4:38 cmq è vero il fatto che quando si sente dire la parola "problema", questa automaticamente mette tutti in allarme e fa pensare subito in maniera pessimistica, questa è una cosa innegabile, proprio perché la gente non vuole sentir proprio parlare di problemi e cerca in tutti i modi possibili di allontanarli dalla propria vita 😂
Sei davvero un grande. La tua intelligenza si vede non solo dal fatto degli argomenti trattati fino al midollo, ma soprattutto perché nei tuoi video inizi e finisci senza tagli . Che mente 💪🏻 continua così . Accresci la mia cultura ogni video
Si dice che"la bellezza è negli occhi di chi guarda", lo stesso si può dire delle parole che possono assumere significati con sfumature diverse (e spesso fondamentali) a secondo di come le si dice e di come le si sente. Quindi, come ottimamente dici, le parole contano sì, ma quello che c'è dietro conta infinitamente di più. Ascoltarti è uno spettacolo.
Ciao Roberto, discorso interessantissimo e mi piacerebbe intervenire. Dici che contano le idee e non i termini con cui vengono espresse, però è anche vero che le parole esprimono le proprie idee, o più in generale (dato che la lingua non la crea una persona sola ma una popolazione) il modo comune di pensare. E’ indubbio che declinare tutti i sostantivi tipicamente maschili (non per puro caso, come hai detto anche tu! ) anche al femminile non sia la soluzione al maschilismo, però è anche vero che non farlo sarebbe peggio: significherebbe non rappresentare la realtà quando si ha la possibilità di farlo, ignorarla, o peggio ancora non riconoscerla. Il fatto che giudichessa susciti disagio e/o ilarità è indice stesso del problema, ovvero di quanto sia assurdo l’idea che una donna possa essere giudice; così come ministra, avvocatessa, chirurga ecc. E’ anche questione di rispetto: se i tuoi pronomi sono maschili, dubito che ti farebbe piacere sentirti chiamare al femminile; una piccolezza che però ha il suo peso, poiché vieni percepito in modo differente rispetto a quanto tu sia realmente. (attenzione però! Non accade il contrario necessariamente! Ovvero ci sono donne che rifiutano il loro ruolo declinato al femminile! Qui si tratta di maschilismo interiorizzato: la declinazione maschile è indice di rispetto, prestigio, mentre la declinazione al femminile è indice di inesperienza). Vorrei rispondere anche riguardo alla parte del tuo discorso inerente agli insulti. Hai assolutamente ragione nel dire che, come dimostrato dal tuo professore, non sia il termine utilizzato a denigrare una persona ma l’idea che qualcuno ha di quella persona. Ciò nonostante spesso il peso di una parola non è portato da chi la dice, ma da chi la riceve, e se non la si riceve non si può capirne il peso. Io sono un ragazzo gay, e sono stato molto chiaro con tutti i miei amici etero sul fatto di non utilizzare certi termini come frocio o finocchio: è ovvio che detto da loro abbia un significato totalmente differente rispetto a ricevere questo insulto per strada, ma è proprio a causa del fatto che non abbiano idea di come ci si senta che lo rende un termine da non utilizzare a sproposito. E’ una mancanza di rispetto nei miei confronti non in quanto omosessuale ma in quanto persona discriminata. Se per una persona dire frocio o omossesuale non cambia, significa che hanno il privilegio di non avere idea di come ci si senta a sentirselo dire. Discorso analogo vale per la parola ne**o. La comunità nera è stata molto chiara riguardo questa parola.
Io credo che il nocciolo della questione sia questo. Tu come persona omosessuale hai tutto il diritto di pretendere da chiunque di non essere chiamato frocio, e se qualcuno lo fa è giusto che si becchi anche una bella denuncia, su questo non ci piove. Ma se un regista vuole usare una parola in film, o un cantante in una canzone, o io chiamarci il mio amico al quale so già che non da fastidio non credo sia diritto di nessuno vietarlo
JosephHPBlack Non funziona esattamente così, se non nell’ultimo caso. Ovvio che se tu hai il consenso del tuo amico puoi utilizzarla (ripeto, secondo me è davvero di cattivo gusto), capirai da solo però che ciò non vale per ogni altro omosessuale che incontri. Allora perché un regista o un cantante si dovrebbe sentire legittimato? La comunità gay si è espressa chiara: ogni parola diffamatoria nei nostri confronti non è tollerata. Non si tratta di libertà di espressione, si tratta di rispetto. Nessuno ha diritto di diffondere odio nei miei confronti (perché è di questo che si parla, anche se la gente non se ne rende conto. Trovo allucinante pensare che un politico non possa bestemmiare però dire frocio di merda sì). Allo stesso modo la comunità nera si è espressa contro l’utilizzo della ne**o. Ora io non sono nero, quindi ho fatica a comprendere esattamente i loro sentimenti al riguardo, pur essendo gay e quindi discriminato. E’ un qualcosa, il loro, di ben più radicale e profondo. Quindi se ti dicono che non devi usare quella parola, perché farlo comunque? Ripeto, che non mi si venga a dire che è libertà di espressione perché allora bisognerebbe andarsi a leggere la costituzione. Nessuno è libero di fomentare odio. Nessuno. A volte basta ascoltare. Altre invece non basta neppure l’ascolto, ci sono cose che sono impossibili da comprendere se non le si vive. In quel caso, l’unica (se si vuole essere persone decenti) è alzare le mani e riconoscere che non ne si sa’ abbastanza.
JosephHPBlack Aggiungo anche che se si è in grado di rispettare un Dio la cui esistenza non è provata, non dovrebbe essere difficile rispettare persone in carne ed ossa la cui esistenza dipende anche dalle nostre azioni.
In questo video hai messo ordine a pensieri sparsi, su questo argomento, che mi è capitato di fare in questi anni. La conclusione a cui arrivavo però è sempre stata la seguente: Cambiare l’utilizzo delle parole nella quotidianità (quindi utilizzare architetta quando si sta parlando di una donna architetto, ad esempio), può essere considerato un “promemoria” per ricordare le battaglie che stanno dietro queste parole “nuove” (vedi la trafila sul concetto di persone con disabilità). Ammetto però che a volte i “promemoria” rischiano di diventare irritanti per molte persone. Quindi, sì, il tuo ragionamento ha più senso. Cambiare una parola con la speranza che, chi prima non portava rispetto, in presenza di un nuovo termine si ravveda, è abbastanza stupido.
Grazie Roberto...alla metà circa di questo video sono ancora più cosciente (mio malgrado) di fare parte di una società diversamente abile.... Buona luce
Il tuo parlare è un piacevole climax costante, ti addentri sempre piu nella questione portando argomentazioni sempre più sorprendenti.. ascoltarti è un piacere, complimenti
Vivo all'estero e fra covid e distanza mi manca il nostro teatro. Però i tuoi video mi riportano in quello stato di ascolto partecipato che adoro. Grazie.
Caro Roberto, il monologo che ci regali con questo video è un esempio perfetto, limpido e avvincente di bel testo argomentativo. Il testo argomentativo, a scuola, viene spesso presentato come una tipologia testuale che deve sottostare a regolette fisse, rispettando uno schema fisso sempre uguale a sé stesso. Ai ragazzi viene chiesto di mettere nero su bianco una tesi, una serie di argomentazioni a favore, una antitesi, le confutazioni dell'antitesi... Va a finire che quei poveretti, scrivendo, non si rendono neppure conto di poter sfruttare le parole - strumento potentissimo - per dare voce alla propria anima, per gridare quello in cui credono, per relazionarsi criticamente con la realtà! Pensano di dover ricalcare un modello, di dover soddisfare dei criteri standardizzati dai libri di testo. Argomentare invece è questo: vivere, riflettere, giudicare (in senso critico e non moralistico), cercare le parole per dare concretezza al proprio pensiero, modellarle in modo da avvicinare il proprio mondo interiore a quello dell'altro. Ascolteremo insieme in classe il tuo discorso e lo studieremo, sono certa capiranno la differenza tra una argomentazione sentita e una argomentazione creata ad hoc per fargliela studiare. Una giovane prof 🌸
Bravissimo Roberto, intervento attualissimo! incontro quotidianamente persone che, così povere di concetti ed idee, si attaccano morbosamente alle parole e ai loro -presunti- significati fondamentali. A conferma di quanto dici (magistralmente come sempre) assistiamo quotidianamente all'effetto esattamente opposto che ha sortito la "regolina", applicata al mondo professionale e, soprattutto, politico. Ormai le parole "ministra", "avvocata", deputata" vengono utilizzate con scherno, il rispetto si dimostra con le azioni, non con le parole.
Mi hai ricordato una professoressa di tedesco che lamentava nella sua lingua (come nella nostra) la presenza di parole maschiliste come "herrlich" (meraviglioso) o "dämlich" (sciocco) dove Herr sta per uomo e Dame sta per donna. Inizialmente ero d'accordo con lei per cui pensavo che le parole cambiassero il concetto, ma col tuo ragionamento mi hai fatto totalmente ricredere!
Questa storia l'ho sempre trovata divertente, quando sento parlare di queste cose sorrido e mi adatto volendo alla questione accettandola, se alla gente va bene sostituire artificiosamente delle parole con altre è ok, l'intera questione è anche interessante da osservare dal punto di vista sociale e psicologico di persone che ne fanno delle battaglie personali fortissime. Eppure sai le parole sono solo suoni, e simboli scritti, se parlassi una lingua inventata nessuno mi capirebbe, e potrei insultare qualcuno sorridendo e lui penserebbe dopo ma questo è matto da dove viene, a sorridermi perché penserebbe che sto dicendo qualcosa di buono, le parole non sono nulla senza il corpo e l'intenzione del vettore che le veicola, il linguaggio non ê solo parole, comunicare è qualcosa che si fa con l'intera totalità dell'essere, corpo, mente e d'emozioni, e dare importanza ad una sola parte del linguaggio snatura l'intero processo comunicativo, siamo umani e comunichiamo più con un sorriso che con le parole, è il contesto e il modo a determinare il significato di questi suoni e quei simboli, non il simbolo stesso ad avere significato, le parole sono solo entità astratte che evolvono e cambiano, e rendere artificioso il cambiamento comporta solo rendere artificioso il linguaggio, snaturandolo
Grazie. Sostengo questo concetto da sempre, concetto che purtroppo va ad inserirsi in discorso più ampio che riguarda il politically correct come mezzo per lavarsi la coscienza con azioni sostanzialmente inutili. Il tuo video mi ha rasserenato la giornata!
Vedo questo video dopo aver visto il successivo sulle critiche che le sono state mosse. La sua acutezza mi sorprende sempre! Complimenti... e per la cronaca, nel mondo della scuola si cambiano proprio sempre le parole credendo di cambiare il resto, mah!
iscritto al volo: il tuo è uno dei pochi canali youtube in cui non mi viene neanche la tentazione di indossare le vesti del tuttologo e dire la mia perche': 1 riconosco di non essere competente (un eufemismo :D) 2 son felice di apprendere qualcosa grazie, Andrea
Direi titolo super provocatorio! Infatti, da un grande narratore come Roberto, mi è sembrato così strano che ho dovuto accertarmi di aver letto bene...Adesso mi gusto il video, però!
Pienamente d'accordo con quanto dici. Eccellente esposizione dove traspare la difficoltà e la complessità della questione. Prima c'è il pensiero e poi esce la parola, il processo contrario funziona egregiamente solo quando un pensiero soggiace già ma é muto nel profondo della coscienza senza la capacità di esporlo in parole e viene percepito come un disagio proprio perché non ha trovato la sua parola...finché qualcuno dà forma verbale a quel bisogno, allora la parola acquisisce la forza trainante di una mandria di buoi! Comunque, naturalmente, non é la parola in sé che crea il pensiero, piuttosto lo sprigiona e gli da cittadinanza. É come l'incontro tra uno spermatozoo (le parole) e l'ovulo (il concetto) che da inizio a sviluppi nuovi e forse rivoluzionari.
Bel ragionamento ovviamente giusto. Secondo me c'è anche un aspetto in più da aggiungere al discorso del maschilismo intrinseco in certi linguaggi, che è l'effetto psicologico della mancanza del neutro per comporre frasi generiche. Faccio un esempio banale e quasi esagerato. La frase "gli uomini sono straordinari perché sono arrivati sulla luna" ovviamente si riferisce all'umanità intera, ed io da bambino mi sentivo sempre motivato (ed incluso) da frasi del genere. Crescendo ho poi riflettuto sul fatto che 'uomini' sia in teoria il ""contrapposto"" di 'donne', e che effetto istintivo avrebbe avuto su di me da bambino sentire la notizia di una grande impresa compiuta da un team di sole donne con la frase "le donne son meravigliose, hanno fatto questo e quello". Credo che un effetto psicologico inconscio possa davvero averlo, anche se ovviamente nella maggior parte dei casi non è provocato intenzionalmente dall'oratore.
Concordo pienamente sul concetto che ha espresso. Ma del resto, prendendo la frase a esempio così com'è, ovvero: "gli uomini sono straordinari perché sono arrivati sulla luna", davvero si è portati a pensare agli uomini intesi come soggetti di sesso maschile. Più corretto sarebbe invece usare la forma: "L'Uomo ha compiuto un'impresa straordinaria conquistando la luna". Ecco che in questo caso, l'uso del singolare anziché del plurale (e nel caso dello scritto anche dell'iniziale maiuscola) riconduce più facilmente a intendere l'Uomo come genere umano, comprendendo quindi entrambi i sessi.
A mio parere una donna difficilmente si sentirebbe esclusa da quella frase. Che un uomo si sentirebbe escluso se venisse usato il femminile ha a che fare col fatto che in italiano usare il femminile plurale implica che ci si riferisca alle _sole_ donne, mentre invece non esiste un modo per riferirsi ai soli uomini.
D'accordo totalmente su tutta la linea. Se è vero che le parole hanno un senso e un peso - che spesso sfugge a molti, anche a chi si erge a paladino della parità linguistica - è altrettanto vero che quel senso e peso sono intrinsecamente legati al concetto e all'intenzione interpretativa di quel concetto da parte di chi parla. Bisogna prestare attenzione alle parole che si scelgono, ovvio, ma scegliere implica sempre profonda conoscenza e consapevolezza. Mi permetto di aggiungere un altro esempio ai tuoi: nella lingua scritta esiste una forma ormai molto diffusa che prevede l'uso di asterisco al posto delle vocali finali di aggettivi, sostantivi plurali e nomi collettivi. Condivido pienamente e capisco, ma a volte trovo che risulti una forzatura davvero troppo eccessiva. Argomento vastissimo e pieno di "rischi", lo so... Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi. Sempre edificante ascoltarti 👍👍👍
La seconda metà del video è meravigliosa, bravissimo. Ah, e Zaha Hadid ha creato delle strutture futuristiche sinceramente impressionanti. Non voglio sapere quanto tempo le sia costato disegnare e calcolare la planimetria di ogni progetto: sono edifici infiniti!
Dico di rado la mia. Sarò conciso. Grazie intanto a Roberto per averci messo la faccia. La mia opinione non fa pendere la bilancia da nessuna delle parti. E' vero, le parole possono anche essere una maschera. A volte capita chi ti uccide con discorsi di zucchero. Il peso del messaggio e chi attiva l'empatia della risonanza è l'emozione. Mio padre dice sempre "Puoi far ridere qualcuno con una parolaccia e farlo piangere con complimento". Altro punto del discorso è invece legato all'effetto delle parole sulla lingua. Secondo gli antichi egizi (e non solo) la parola era qualcosa di magico, infatti tra pareti dipinte, sarcofagi pieni di simboli e amuleti, le parole le abbiamo rinvenute ovunque. Ogni parola si carica di una sua vibrazione intrinseca. Nel linguaggio scritto ad esempio, l'emozione data dal tono di voce e dal linguaggio non verbale è impossibile da percepire, così è meno diretta la comprensione di uno scherzo o ironia. Poi non trovi sia pericoloso andare a modificare le parole in una cultura? Vedi questa "novità" dei social cosa ha portato. Tanti AMICI... E dove sono andati a finire tutti i VERI AMICI? Sembra essersi perso il senso. Non saranno state le sole parole, ma vuoi toglierle dalla ricetta? Le parole fanno una tradizione, portano un significato, sono simboli. Però abbiamo anche altro da offrire, è vero. Un messaggio è fatto di tanti elementi. Condivido con te l'idea di fondo del video. Cambiare le parole non risolve nulla, senza agire nel significato impresso in ognuno di noi. Grazie!
Complimenti per il tuo video, è incredibile che poco prima di vederlo stessi riflettendo (per caso) più o meno sulla stessa cosa. Penso che la tua argomentazione sia come sempre illuminante. Vorrei lasciare degli spunti qui nel commento per ampliare l'orizzonte di discussione considerando da vicino i tre esempi molto diversi, ma egualmente pregnanti, che hai adottato. 1- Per quanto riguarda il primo esempio spiega in modo chiaro e semplice qualcosa di cui sono sempre stato convinto: imparare ad argomentare è possibile, ma non esistono manuali che insegnano ad essere un buon oratore. Come giustamente hai sottolineato, un buon oratore deve saper lavorare con le emozioni, proprie ed altrui, e conoscere i mezzi linguistici (ma non solo) per suscitare di volta in volta un certo effetto, anche solo una sfumatura. L'idea delle "dieci regole del perfetto oratore", portata avanti da molta della retorica e della teoria dell'argomentazione contemporanee, soprattutto di stampo anglo-americano, mancano di porre l'accento su un fatto fondamentale, ovvero che l'argomentazione si svolge in circostanze sempre diverse in cui di fatto bisogna avere spirito di adattamento, capacità di saper scegliere il mezzo più adatto alle circostanze, e quindi anche capacità intuitive e interpretative. In realtà, se si vuole, lo scontro tra questi due modi concorrenziali di pensare la retorica risale almeno alla Grecia tra il V e il IV secolo, e oggi ritorna in forma diversa, ma egualmente urgente, se consideriamo la pervasività che la teoria della comunicazione e dell'argomentazione assumono nel panorama contemporaneo. 2- Il secondo esempio inevitabilmente ci fa pensare alle derive talvolta comiche (o forse drammatiche) a cui conduce il politicamente corretto. Certamente bisogna considerare che alcune parole in qualche modo sono intrinsecamente discriminanti, come nel caso del "subnormale", in cui in un certo senso la discriminazione è inscritta nella struttura morfologica della parola, come dicevi. Altre volte, invece, siamo davanti a delle parole che, oltre ad essere offensive, sono considerate scurrili e quindi, in generale, poco educate. In questo caso bisogna distinguere le due cose per considerare meglio la portata del problema. In ogni caso bisogna considerare anche che le parole hanno la loro storia, una storia che talvolta si sedimenta, talvolta prende svolte inaspettate, altre volte le conduce alla morte. Ma in ogni caso in qualche modo si deposita nella parole e agisce anche in forme poco consapevoli o totalmente inconsapevoli nel parlante. Può avere senso lottare contro certe parole dal mio punto di vista, ma solo se lo si fa con un atteggiamento intellettualmente illuminato. Cogliere la storia di una parola, decostruirne il significato, può (ma sottolineo può) contribuire a decostruire il concetto che sta dietro la parola. Ovviamente è il concetto il fulcro, ma il concetto è fatto di parole, si radica in un'espressione linguistica che difficilmente è neutrale rispetto al valore dalla cosa o del fenomeno che vuole indicare. 3- Sulla scia di quanto ho detto sulla storia delle parole volevo anche offrire uno spunto per quanto riguarda il terzo esempio. Molte voci, anche autorevoli, del femminismo teorico hanno posto un particolare accento sul lessico in qualche modo portatore di un'idea maschilista. Tu parlavi soprattutto del genere delle parole, ma il discorso è molto interessante anche in riferimento alle parole stesse. Tantissime parole hanno un'etimologia e una storia che le vanno a connotare fortemente rispetto al loro significato, anche in riferimento alla discriminazione di genere (ma non solo). Attaccare le parole o pretendere di cambiare il dizionario è follia, ma un'analisi critica delle parole può offrire un'occasione importante per ripensare la genesi di certi concetti che si sono sedimentati nella nostra cultura e che portano con sé, esplicitamente o implicitamente, il germe di una discriminazione. Il fatto che alcuni attivisti insistano sulle parole, talvolta con risultati poco credibili, comunque comunica una presa di posizione anche ideologica (con tutte le contraddizioni che un'ideologia può comportare). Chiaramente il risultato di certi atteggiamenti radicali porta anche alla polarizzazione delle posizioni al punto tale che alcuni diffidano dai difensori dell'emancipazione perché troppo radicali, pedanti o addirittura antipatici. Anche questo va detto. In definitiva indugiare sulle parole è un(') problema/opportunità, tutto dipende dalla bravura di chi parla.
Hai ragione, è più importante cambiare le idee rispetto a cambiare le parole, però cambiare le parole è proprio un tentativo di cambiare le idee, le due cose non sono in contrasto, ma lavorano assieme.
Concordo totalmente. Penso che sperare, in modo un po' ingenuo, che una revisione linguistica (tanto più se "forzosa") possa modificare il pensiero e risolvere enormi problemi culturali dia un falso senso di realizzazione. Un po' come comprare al banchetto UNHRC e pensare di stare cambiando il mondo. È un aiutino. Utile, per carità. Gradito. Ma non risolutivo, neanche lontanamente. Illusorio, perché ci fa sentire a posto con la coscienza. Sistemare la forma è un giusto obiettivo. Ma non basta a cambiare la sostanza. Mio padre, invalido del lavoro (amputato), sicuramente non gradisce se qualcuno si rivolge a lui in modo offensivo. Ma, più che una revisione dei termini con cui è definito, gli interesserebbe non trovare occupati i parcheggi riservati ai disabili, e vedersi sistemata la protesi ogni volta che serve (oggi le risorse scarseggiano...). Invece che gli tocca? Il vicino di casa che gli dice: "Ho preso una multa perché ho usato il parcheggio dei disabili, puoi dire che eri con me? Devo comunque pagare, ma in quel caso non mi tolgono i punti dalla patente". Sigh.
grandissimo. Condivido. Sono convinto che molte battaglie per il "politicamente corretto" siano non solo poco utili ma addirittura capaci di avere l'effetto opposto.
Grande Roberto Mercadini, molto interessante e ricco di spunti, come sempre, "Che te lo dico a fare"....Ne approfitto per aggiungere due riflessioni, non mie. La prima riguarda il famoso monologo dell'Amleto che hai citato, è una riflessione del prof. Goffredo Raponi su come tradurre la parola "question" dopo "To be or not to be". "Molti curatori intendono “question” per “problema”; il termine “problem” nel senso di “question proposed for solution”, “proposizione logica o matematica con dati certi la cui conclusione è una soluzione e una risposta” esiste nell'antico inglese. Shakespeare non lo usa mai, tanto meno l’avrebbe usato qui, dove non c'è un problema da risolvere, Amleto enuncia il dubbio eterno dell’uomo nell'esistenza dell’aldilà come liberazione dai mali dell’esistenza mortale: “nodo”, dunque, “nodo” della mente e dell’animo, nel senso dantesco (“…solvetemi quel nodo / che ha inviluppato mia sentenza”, Inf., X, 95-96). Altri traduttori (Lombardo) hanno “questione”, generico che non dice nulla". La seconda, invece, è una frase che disse Ugaretti durante una intervista sulla poesia di 60 anni fa circa (la si può trovare su youtube): "Si fa poesia non pensandoci, perché occorre farla. La poesia non è poesia, se non porta in sé un segreto. La parola è impotente, la parola non riuscirà mai a dare il segreto che è in noi. Ma lo avvicina."
Non ti chiedo di migliorare la qualità audio/video, assolutamente, puoi anche abbassarla per me, puoi fare anche dei poadcast, ma ti prego...TI PREGO: aumenta il volume del microfono, su molti telefoni si sente terribilmente piano e faccio fatica ad ascoltarti senza supporti esterni.
Favoloso mercadini! voglio buttarmi anch'io un po' nella mischia di questo argomento. Mi sa anche che qui si inserisce un fantastico meta-argomento, infatti parliamo delle parole con le parole (con tutto quello che la ricorsività può generare, incomprensioni comprese :3) e come in matematica dove spesso è difficile usare uno strumento per trattare lo strumento stesso, poichè serve una "gerarchia" più alta per trattare di argomenti più bassi... qui cercando una gerarchia maggiore delle parole per parlare delle parole, mi sono reso conto scrivendo che scrivendo sono sceso di una gerarchia :3 va bhe cercherò di accontentarmi, forse la gerarchia superiore alle parole è il pensiero, ma siccome non disponiamo di telepatia quello che ci rimane sono le emozioni, i sentimenti, i collegamenti mentali che le parole fanno scaturile ed è proprio queste che cercherò di usare. Alcuni punti: A- le parole sono una delle molte forme di (1) comunicazione e/o (2) messa in realtà di un pensiero/ di un emozione. B- la comunicazione e la messa in realtà possono e non possono, a seconda dei casi, unirsi e sovrapporsi, non sono categorie nette. Non sempre la comunciazione è messa in realtà di un pensiero, non sempre la messa in realtà di un pensiero è comunicazione. Molte sfumature. Per esempio la scritta "non fumare" su un cartello è per lo più comunicazione, il "Dio si" detto durante l'orgasmo è per lo più messa in realtà di un pensiero (oppure una forma d'arte). Dati A e B i quali sono a prescindere della volontà alla base, a prescindere dal pensiero che origina la parola. Quando tu dici o scrivi una parola la parola in quel esatto momento viene introdotta nel mondo reale e da quel momento la sua origine è importante solo se la sua esistenza non è l'unica cosa che rimane del pensiero che l'ha originata. Qui le cose si fanno difficili... perchè bisogna capire quando questo avviene, e non sempre è tangibile alle persone, perchè bisogna vedere se il pensiero "riconosce" l'altro pensiero. Questo "riconoscimento" è più semplice se le informazioni a disposizione sono maggiori, se e solo se le informazioni (in questo caso le singole parole) sono coerenti con il sistema di riferimento da cui derivano (il pensiero, rimane invariato). Facciamo un esempio per capire. "esempio" la parola fa parte dello stesso pensiero che ha orgininato la frase precedente. "per" la parola pur facendo parte dello stesso pensiero porta con se anche altri pensieri. In entrambi i casi il pensiero originario rimane o comunque è "interpretabile" da un altro pensiero. "architetta" il pensiero originario qui non è completamente riconducibile. 1- è riconducibile per il fattore che mercadini nel video ha usato questa parola, e io argomentando un mio pensiero sul suo pensiero uso questa parola, a sua volta lui riprende un pensiero di un altro su questa parola e via dicendo cercando di comprendere e risalire in una sorta di summa a tutti i pensieri "originanti", in pratica conducono o riconducono ai pensieri collegati a questa parola 2- non è riconducibile perchè non appartiene al contesto del mio pensiero che potrebbe avere espressione nella realtà anche senza di lei. "Supercalifragilistichespiralidoso" è collegata ad un pensiero in un film. "jadkgkjagfkagl" non è una parola perchè non è riconducibile a nessun pensiero..... oppure da oggi in poi lo è? no perchè il mio pensiero non sarà riconoscibile solo tramite quel insieme di lettere. Spero di aver usato le parole giuste :p. Riassunto più parole usiamo nel corretto contesto più queste saranno coerenti o incorenti tra loro e quindi daranno riconoscibilità o meno ad un pensiero. Ritorniamo un attimo ad A; cerchiamo di capire questa mia frase: "una delle molte forme" sta ad indicare che esistono varie forme come: la pittura, la scultura, i videogiochi, la programmazione, il linguaggio del corpo, la scrittura in prosa, la scrittura in versi, il simbolismo, l'araldica etc.. quindi tutte le forme di arte e tutte le forme possibili sia di comunicazione sia di messa in realtà di un pensiero. Le parole hanno questa particolarità: di essere usate un po' in tutte le altre forme, perchè queste forme di comunciazione/espressione non sono categorie "discrete" ma per lo più continue che vengono delineate non tanto dalla loro rappresentazione quanto dal loro contenuto (profondo e non) e diciamo che le parole sono uno standard di rappresentazione sia grafica, sia uditiva, sia tattile che quindi si adatta bene ad ogni campo...un po' come se fossero un ingrediente di una torta ma che può benissimo stare anche da solo, solo che non puoi fare la torta se non ha quel ingrediente, magari puoi fare altri dolci però. Quello che conta forse alla fine è se la torta è buona. Ecco perchè mi fanno molta paura quelli che difendono le parole a spada tratta, o i grammar-nazi. Stai "capendo" il mio pensiero al di la delle parole o ti interessa vedere se le parole che dico fanno parte del tuo pensiero o peggio ancora di un pensiero, perchè si può arrivare al punto di non riconoscere quelle parole perchè si crede che il pensiero da cui derivi non esista. Per semplificare le cose: le parole che dico fanno si parte di un mio pensiero, ma non sono l'unica cosa che compone il mio pensiero, poichè anche io, il mio stesso corpo è espressione e in qualche modo compone il mio pensiero. La matriosca esterna porta con se quella interna pur non vedendo io se essa è presente o meno. Se si dice le parole sono importanti o non sono importanti si crea un corto circuito, perchè sto dicendo con parole un pensiero che è più grande delle parole stesse e contemporaneamente non do abbastanza informazioni per chiarie questo pensiero è come dire "Vai" senza specificare nessun altro contesto o luogo. Ecco perchè altri tre parametri sono importanti quando vengono coinvolte le parole: lo spazio, il tempo e la fisicità. Perchè queste cose influiscono anche sulla stabilità di un pensiero che può avere una solidita e struttura diversa a seconda dei diversi tempi, spazi, o forme fisiche in cui questo viene messo in ballo. Poniamo che tra 100000 anni una specie aliena trova una nostra stampante su un pianeta disabitato, riesce ad accenderla e a farla funzionare la stampante stampa una parola "colore" quella parola da quel momento esiste fisicamente ma il pensiero che l'ha originata non è percepibile, quindi quella parola è importante o no? per gli alieni sicuramente si, poichè ora fa parte di un loro pensiero, per l'astronauta che ha deciso di buttare la sua vecchia stampante senza colore sicuramente no. Scusate ogni errore
Grazie per il tuo video...coraggioso! Sì, coraggioso, perché oggi fare un buon uso dell'intelligenza e ... delle parole non è sempre benvisto. La tendenza attuale è pensare e parlare secondo slogan correnti. Io sono in buona parte sorda dall'età di 5 anni per un antibiotico ...devastante, perché ha reso sordi e ciechi, anche totali, molti bambini della mia epoca (anni Cinquanta) .... E all'epoca non si chiedevano risarcimenti! Ho vissuto molte umiliazioni, inevitabilmente, per il mio problema.... anche perché la sordità, soprattutto parziale, non si vede! Ma le umiliazioni non vengono dalle parole. Vengono da uno sguardo, un atteggiamento, un tono di voce, una mancanza di sensibilità. Dire a qualcuno "sordo" o "non udente" non cambia assolutamente niente! Pensare che un sordo è un essere inferiore o deficiente, sì! Metterlo da parte è offensivo! Non aiutarlo è offensivo! Non essere pazienti con lui è offensivo! La vera sordità è quella del cuore, di chi non vuole capire e ascoltare. Le parole devono coincidere col pensiero....ma soprattutto col cuore!
Onestamente, fino a poco tempo fa ero convinto che "ministra" fosse considerato offensivo, come ad intendere "non è un vero ministro, è una ministra, un'altra cosa".
Sono (anche) un linguista, specializzato in giapponese. Parlare di sessismo intrinseco nella lingua non ha letteralmente alcun senso, ma non spiego perché visto che ci impiegherei ore. In compenso posso dirvi che in giapponese non esiste il genere, ne tantomeno il numero, dunque questo dovrebbe essere specchio di una società altamente inclusiva e paritaria? Beh, purtroppo no, anzi, la società giapponese è alquanto maschilista. Ottimo video come sempre
Ti prego, spiegamelo, perché moltə altrə linguistə sono convintə del contrario (tipo Vera Gheno. O me, che però affiancata a Vera Gheno devo solo tacere)
@@saralaudicina7913 ok ma scrivi in italiano per cortesia
Comunque come argomento non vale molto. Il Giapponese potrebbe ben essere neutro, e promuovere la neutralità, senza che ciò basti. il punto non è che sia sufficiente, nè che sia necessaria, ma che sia uno degli elementi che contribuiscono.
un po' come dire che il fumo non fa male perchè mio nonno ha sempre fumato e morto ultranovantenne.
@Emanuele676 Cos'è una cagata? E di che studi parliamo?
@Emanuele676 assolutamente. Ma infatti il mio "collega" qui sopra (virgolettato perché io non sono un linguista ma un filologo) non ha negato questo, ma ha precisato come non si possa parlare di sessismo INTRINSECO nella struttura e grammatica di una lingua per definire una società sotto questo punto di vista, come non valga neanche il contrario qualora una lingua non presenti certe caratteristiche di forma. Quello che conta, e qui si riprende il video di Roberto, è l'attitudine e il pensiero che sta dietro e che da origine a quelle che sono le espressioni e le locuzioni (cosa diversa dalla grammatica in se e tutto ciò che ci gira in torno).
Poi lasciami dire che la storia e la genesi di una lingua sono la cosa più importante per comprendere certe cose, non basta guardare quanto si ha ora (ed essendo un filologo la cosa mi preme particolarmente)
Homer: "Aiuto! Gli zombie!"
Bart: "Papa`! Preferiscono essere chiamati 'viventi svantaggiati!'"
"Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sè, sono vuote?...E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele, e io nell'accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio."
Amen
Vygotzckij?
@@leop3082 Pirandello
Provo un'invidia terribile per la tua lucidità e capacità espositiva. Sei davvero bravissimo.
Siamo in 2
Condivido
4
5😅
Lisa Simpson: "una rosa non perderà il suo profumo, cambiandole il nome!"
Bart Simpson: "se la chiami Cacca, sì."
Ciao Roberto, quando hai parlato dell'architetto più grande del mondo ( perdonami, sono ignorante in materia e non ne ricordo il nome ) ho riflettuto su una cosa. Se tu avessi detto la più " la più grande architetta del mondo", il messaggio che sarebbe passato sarebbe stato che lei era la più grande tra le architette donne, e non fra tutti gli architetti. È veramente difficile superate costruzioni mentali consolidate da secoli. Comunque complimenti e grazie per i tuoi video "free".
Stessa cosa che ho pensato io!
Ottima e onesta riflessione.
Anche io leggendo il tuo messaggio penso proprio che avrei inevitabilmente pensato "la più grande fra le architette donna" ..
È proprio su questo che Roberto ci invita a meditare!
Mi scusi ma la forma corretta è appunto il più grande architetto poiché è la forna generica. Quello su cui invece posso essere d accordo è il contrario ovvero che se intendessi il più grande architetto maschio e dicessi il più grande architetto si capirebbe il più grande in assoluto
@@user-ce3nm1ll2h esattamente, nella grammatica italiana il femminile si riferisce esclusivamente al sesso femminile. Il maschile ad entrambe... Per cui la forma corretta sarebbe "il più grande architetto". Comprendo il ragionamento, ma in questo caso non si tratta di costruzione mentale, o almeno non solamente, ma anche di grammatica
Volendo proprio fare i pignoli, avremmo dovuto precisare che si tratta del più grande architetto vivente o contemporaneo. Paragonare Zaha Hadid ad Apollodoro di Damasco, Bernini o Frank Lloyd Wright mi pare un po' azzardato.
Sei una mente lucida e profonda. Non sei un divulgatore, sei un filosofo contemporaneo. Forse il solo che dimostra di esserlo senza proclamarsi tale
Le pause, la forza delle parole, delle espressioni. Nei tuoi occhi ad un certo punto si leggeva quanto fossi calato in questo tuo monologo.
Uno dei tuoi migliori video Roberto, complimenti.
l'ultimo dell'anno qualcuno ha detto "che il 2020 sia un anno di grandi opportunità",
altrimenti non si spiega...
Non sono d'accordo con la tesi del video. Provo ad argomentare. Innanzitutto, apprezzo moltissimo il tuo modo di argomentare le tue tesi Roberto. Spingi sempre a riflettere senza imporre. Anche se, da esperto oratore quale sei, fai giustamente ricorso ad esempi un po' estremi per sostenere le tue tesi.
Lavoro nel settore commerciale. Ho letto molto sulla "scienza" della vendita. Ho ascoltato diversi seminari di "santoni" della comunicazione. Alcuni sono senza dubbio dei ciarlatani, come fu probabilmente quella persona che suggerì alla vostra azienda il ridicolo scambio della parola "problema" per "opportunità". Da altri c'è molto da imparare.
Ritengo tuttavia che ci siano degli inciampi nel tuo ragionamento, e che tu abbia usato, consciamente o inconsciamente, almeno due "fallacie retoriche" per argomentare la tua tesi: la "composizione" ossia il ritenere che ciò che è valido per una parte sia valido per il tutto, e la "reductio ad absurdum", ossia portare ad un esempio estremo la tesi che si vuole confutare, per dimostrare indirettamente che tutta la tesi è priva di senso.
Il primo esempio del video, ossia il caso del "santone delle vendite" che suggerisce di sostituire problema con opportunità, è una esasperazione di un caso estremo di sostituzione erronea, quindi facilmente condivisibile, che per "composizione" porti a ritenere valido per tutti i casi in cui una semplice sostituzione di parola non ha effetto.
La mia opinione, in disaccordo con la tesi che proponi, è che anche le singole parole, o la semplice sostituzione di alcune di esse con dei giusti sinonimi, possano trasmettere la stessa identica informazione all'interlocutore, (quindi lasciando inalterato il messaggio, ed evitando casi limite in cui si perde la comunicazione perchè problema=opportunità) seppur avendo un impatto psicologico completamente differente. Quindi anche il cambio di una singola parola in un'intera frase può influenzare la psicologia dell'interlocutore.
Per argomentare porto 4 esempi. Sicuramente non sarà un'argomentazione esaustiva, ma spero aiuti a riflettere.
Esempio 1: "Questo bene che vorrei acquistare è caro" vs "Questo bene che vorrei acquistare è costoso". Entrambe le frasi comunicano lo stesso messaggio, ossia che il bene ha un prezzo piu' alto di quello che ci si aspettava, o della media, o di quello che ci si può permettere. Nel primo caso però, usando la parola "caro", si trasmette inconsciamente il messaggio che il bene ha un prezzo superiore a quello che vale. Nel secondo caso invece un bene "costoso" trasmette il messaggio che il prezzo è alto perchè rappresenta il valore del bene. Il primo caso trasmette negatività, stanno provando a farmi pagare piu' di quello che vale. Il secondo è molto piu' positivo. Sto pagando tanto perchè vale.
Esempio 2: "Il prezzo di questo bene è 10,000€" vs "Il valore dell'investimento per questo bene è 10,000€" Esempio simile al primo. Il messaggio è lo stesso. La percezione inconscia nell'interlocutore è diversa. Nel primo caso, prezzo si associa ad esborso di denaro, perdita, negatività. Nel secondo caso "investimento" è un esborso che intrinsecamente porta con se il concento di ritorno, guadagno futuro, vantaggio.
Esempio 3: "Buongiorno, scusi se la disturbo, posso rubarle un minuto?" tipica espressione di cortesia usata in buona fede ma che inconsciamente trasmette negatività per la presenza dei termini "disturbo" e "rubare". Inconsciamente: "Questa persona che ha chiamato mi sta disturbando dal mio lavoro e mi sta rubando tempo." Alternativa: "Buongiorno, la trovo in un buon momento per dedicarmi un minuto?" Stesso concetto. Inconsciamente: "buon momento. Positività. Dedicare associato al dare, altruismo."
Esempio 4: "Hai ragione quando dici che il prodotto ha questo difetto, però è importante considerare anche i pregi" vs "Hai ragione quando dici che il prodotto ha questo difetto, [pausa] ed importante considerare anche i pregi" Qui si sostituisce una congiunzione avversativa come il "però" che in qualche modo nega e si mette in opposizione con la tesi dell'interlocutore, cambiandola per una pausa + una preposizione "e" che trasmette empatia, allineamento di opinioni, inclusione e non conflitto.
Potrei portare altri esempi. Spero di essermi riuscito a spiegare. Complimenti a chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui.
Grazie comunque a Roberto per i continui spunti di riflessione.
Ciao Brunoliegi!
Grazie del messaggio! Finalmente qualcuno che argomenta! Apprezzo molto.
Provo a risponderti con ordine e in modo articolato.
Sulla parte delle fallacie logiche non so cosa dire se non che sono tutti casi reali e in cui realmente mi sono imbattuto. Perciò non mi sembrano in nessun modo assurdi né artificiosi. E, per me, ha senso evidenziarli, rifletterci sopra, avversare il pensiero che li ha prodotti.
Ma veniamo ai tuoi esempi.
ESEMPIO 1: Questo, per me, è il più impressionante, quello che mi colpisce di più. In effetti "caro" e "costoso", sulla carta sono sinonimi. Eppure bisogna ammettere che usare una parola o l'altra fa tutto un'altro effetto, come dici tu. Si tratta però, appunto, di due sinonimi e di due parole che esistono entrambe. Non si tratta di una cambio di senso, come quello fra "problema" e "opportunità", né si tratta di inventare espressioni nuove e artificiose come "diversamente abile". Le due espressioni "questo prodotto è caro" e "questo prodotto è costoso" sono entrambe perfettamente naturali e credibili. Il fatto che la percezione delle due frasi sia così diversa fa parte, per me, della magia imperscrutabile del linguaggio; ed è uno dei motivi per cui vale la pena scegliere con tanta cura le parole. E anche io, quando devo scrivere una lettera che è particolarmente delicata e importante, spendo tempo ad armeggiare con i sinonimi, sposto l'ordine delle frasi e mi arrabatto in certe minuzie apparentemente insignificanti. Esagero? Perdo tempo? Penso di no. Fin qui, insomma, ti seguo e sono sostanzialmente d'accordo con te. Non è questo che contesto o che mi lascia perplesso.
ESEMPIO 2: Questo mi convince già di meno, onestamente. Se qualcuno mi dicesse che "Il valore dell'investimento per questo bene è 10,000€", io, da ingenuo e ignorante quale sono, probabilmente chiederei cosa si intende, esattamente, per "valore dell'investimento", immaginando chissà quale astrusità finanziaria o bancaria. A quel punto qualcuno, prima o poi, sarebbe costretto a dirmi che si tratta di un giro di parole per "costo" o "prezzo". Al che, immagino, mi sentirei leggermente preso per il culo. Ma io sono un caso particolare; può darsi che con la maggior parte delle persone funzioni alla grande. :-)
ESEMPIO 3: Concordo sul fatto che, in effetti "posso rubarle un minuto?" risulti irritante. "Rubare" in italiano significa sottrarre con la forza o con l'inganno. Mi fa immaginare una relazione da cui io non avrò nessun vantaggio, ma da cui sarò impoverito; a meno che non si tratti una frase ironica. È semplicemente una frase fatta che è "mal fatta"; un termine usato male. E sono d'accordo con te che non vada bene. Ma, di nuovo, non si tratta di inventare stranezze, si tratta semplicemente di correggere un errore.
Dopodiché ci possiamo chiedere: "è sufficiente questo a non irritare l'interlocutore?". Non saprei. Mi rifaccio alla mia esperienza personale. Io soffro perennemente di mancanza di tempo; non amo essere disturbato, il mio numero di telefono personale non è pubblicato e, quando qualcuno ha la ventura di trovarlo e fare suonare il mio apparecchio, purtroppo la domanda che mi nasce subitanea è: "Chi sarà, adesso, questo rompicoglioni?". Quello che succede poi dipende da vari fattori. Alcuni interlocutori mi parlano con una allegria e una confidenza che mi sembrano del tutto immotivati; la cosa mi sembra artefatta, mi insospettisce e di solito mi irrita.
Altri, al contrario, parlano lentamente, con lunghe pause, momenti di esitazione, numerose parentesi che allontanano il punto della questione. In quei casi penso: "Mi hai chiamato prima ancora di aver deciso cosa volevi dirmi? E io dovrei collaborare con una persona così confusa? Dio ce ne scampi!"
Altre volte è il tono di voce insolitamente fermo e autorevole che mi incuriosisce. Oppure l'uso di un linguaggio forbito, che mi fa pensare ad una cultura fuori dal comune. Altre volte scatta un'empatia immediata e indefinibile.
Insomma, come dico più volte nel video, la relazione fra il linguaggio e la psiche è complessa, straordinariamente complessa, involuta e sottile. E, secondo me, lo ribadisco, spesso si ripone ingenuamente troppa fiducia nel potere persuasivo di una singola parola.
ESEMPIO 4: Su questa non so immaginare che effetto mi farebbe il sentirla pronunciare. Il fatto è che "Hai ragione quando dici che il prodotto ha questo difetto" e "è importante considerare anche i pregi", sono obiettivamente due frasi che vanno in direzione opposta. Insomma, la proposizione avversativa è logica e naturale. Che effetto mi farebbe sentire sostituito un "però" da un "e"? Funzionerebbe, e otterrebbe l'effetto desiderato? Mi sembrerebbe artificioso e mi insospettirebbe? Come ho detto, onestamente non so dirtelo. Dovrei sentirmi dire la frase davvero per saperlo.
Ecco, questo è quanto. Ti ringrazio ancora per i tuoi stimolanti esempi e spero di avere descritto in modo più articolato e preciso il mio punto di vista.
Alla prossima!
Roberto
Forse ho capito male o forse non afferro completamente il significato delle parole e le tecniche persuasive in una conversazione reale, in quanto a me pare che un bene caro non sia un bene costoso: se mi venisse proposta una biglia di vetro a 200€ sarebbe cara, un paio di scarpe sarebbero costose, una fornitura di viveri per un anno sarebbe, probabilmente, un affare. Per quanto riguarda: "scusi se la disturbo, posso rubarle ecc." Se non ho tempo da dedicare a una persona non c'è perifrasi sostitutiva che tenga. Per quanto riguarda: "il prodotto ha dei difetti... ed importante valutarne i pregi." siamo al limite dell'anacoluto; ed eliminando l'avversativa rimane pur sempre l'avversione pregi difetti, sostanzialmente non vedo cambiamenti; in una conversazione reale queste tecniche funzioneranno, probabile, non lo metto in dubbio, ma stiamo parlando di negozio cioè di un atto di scambio in cui due parti concorrono allo stesso scopo: per concludere un affare e il negozio non è comunicazione, semplicemente se ne serve in alcuni casi. Quello che intendo dire è che secondo me conta il contesto e la coerenza parola realtà oggettiva, altrimenti si cade veramente nella falsa retorica cioè nell'utilizzo dell'arte oratoria elevata per scopi non altrettanto elevati. Da tenere presente anche il peso che ha in questo discorso il lessico proprio di una lingua, cioè quanta materia prima si ha a disposizione. Prendiamo per esempio l'antico greco e confrontiamolo col latino: sia quantitativamente sia qualitativamente le loro lingue hanno prodotto opere di retorica e filosofia ma anche modi di pensare e popoli ben diversi, più o meno pragmatici più o meno inerenti la realtà oggettiva. Per intendersi: la sofistica è nata in Grecia, la retorica di Cicerone a Roma.
La lingua varia nel tempo oltre che nello spazio e quindi sono completamente d'accordo con Roberto: se non cambia l'atteggiamento mentale, sostituire artificiosamente una parola con un'altra è inutile, se poi il concetto che esprime quella parola che si vuole cambiare è negativo, questa negatività prevarrà sempre, faccio solo un esempio che mi venne proposto ai tempi ormai lontanissimi della scuola dell'obbligo: prof. posso andare al gabinetto; prof. posso andare in bagno; prof. posso andare ai servizi; prof. posso uscire... qui addirittura nell'evoluzione linguistica si è sostituito il concetto col nulla, ma le risatine dei compagni maliziosi rimangono.
@@RobertoMercadini Innanzitutto grazie del tempo che hai dedicato alla risposta. Soprattutto alla luce del fatto che sei spesso a corto di tempo, acquista doppio valore.
Personalmente non mi ritengo un gran sostenitore del relativismo, in cui la verità sta sempre nel mezzo, e tutti hanno sempre un po' ragione. Tuttavia, in queste questioni un po' filosofiche e sfumate, in cui è difficile se non impossibile dimostrare scientificamente dove sia la verità, credo la soddisfazione sia già nel sapere di aver portato gli altri a riflettere.
Stavo quindi riflettendo sui miei esempi, alla luce delle tue considerazioni. Mi è piaciuta molto la tesi che sostenevi, non ricordo se in questo video o in quello di risposta che hai pubblicato ieri, sul fatto che le parole si "sporchino" col tempo. Parole originariamente innocue vengono sporcate negli anni, nei decenni dalla società, dai pregiudizi, dalle esperienze ad esse collegate. Forse il mio esercizio può ricollegarsi semplicemente al continuo tentativo di sostituire alcune parole "sporche", che si portano dietro un carico negativo indesiderato, con sinonimi e parafrasi piu' pulite. Oppure, caso ancora piu' auspicabile, sostituire con parole altrettanto "sporche" di messaggi piu' utili alla causa.
Perchè influenzare (sporcare) negativamente il messaggio usando una certa parola, quando ne esiste una piu' pulita?
Premetto che tutto ciò che ho detto riguarda la percezione latente. Quel sottostrato di emozioni, sentimenti piu' o meno consci, che le frasi e le parole si portano dietro. E' quello che si cerca di influenza cambiando alcune singole parole.
Resta invariato il risultato evidente che se una persona non si può permettere una certa cosa non la comprerà, o se non ha tempo di ascoltarti non starà al telefono, o se il difetto è troppo importante non c'è pregio che tenga per compensare. Indipendentemente che si usi costoso al posto di caro, investimento al posto di prezzo o dedicare invece di rubare.
Quello che, a mio parere cambia, è la percezione generale che l'interlocutore avrà di te.
Citando il famoso monologo di Al Pacino in "Ogni maledetta domenica" in cui la partita non si vince in un colpo, ma si vince guadagnando ad ogni azione di gioco un centimetro in piu' dell'avversario, così ritengo che la grande partita della comunicazione, fatta di tante parole,frasi, discorsi, possa alla lunga essere "vinta" guadagnando impercettibile terreno ad ogni occasione possibile.
Per quanto riguarda l'esempio 2, quello di prezzo=investimento, nel mio caso risulta facilmente sostituibile perchè lavorando nel btb (business to business) i miei clienti sono aziende, non persone fisiche come nel btc (business to consumer). De facto, qualunque azienda che sta comprando qualcosa sta investendo.
Ritengo inoltre che non risulterebbe strano neanche in una conversazione con un consumatore, se usata nel giusto modo. Per esempio, immaginiamo tu sia un mio potenziale cliente a cui sto cercando di vendere un cellulare. Ti sto parlando di tutte le caratteristiche fantastiche, fotocamera, batteria, schermo..tu mi interrompi bruscamente e chiedi "si, però qual'è il prezzo?" Io ti risponderei in completa tranquillità "Roberto, per acquistare questo cellulare devi investire 800€". Tu potresti ribattere "800€!?, ma è molto piu' caro di quello che mi aspettassi". Io risponderei "Certo Roberto, questo modello è indubbiamente costoso. Non stai semplicemente comprando un cellulare, ma investendo in uno stile di vita diverso.. Il mio lavoro è quello di aiutarti a valutare tutte le implicazioni della scelta, per permetterti di prendere la migliore decisione per te stesso"...e così via.
Chiedo perdono per la digressione, non volevo trasformare questo intervento in un corso di vendite. :)
@@marcoferrari2851 Ciao Marco, ragionamento sicuramente valido. Anche se e' vero quello che sostieni, è anche vero che la vita, o la maggior parte di essa, è una "vendita" o "negoziazione" costante in tantissime situazioni diverse che esulano dal mero scambio commerciale. Anzi, lo scambio commerciale è forse una delle poche situazioni in cui le due parti sono consciamente consapevoli di star effettuando una transazione. Non stai vendendo te stesso quando fai un colloquio di lavoro per essere assunto? Non stai vendendo te stesso al primo appuntamento per "vendere" la miglior versione di te alla ragazza/ragazzo che ti piace tanto? Non stai vendendo la tua idea quando proponi al tuo amico di andare al cinema invece di andare a bere una birra? Non stai vendendo il tuo tempo quando in casa negozi con la tua compagna/compagno sui giusti turni per le pulizie? Quando si sceglie se andare in vacanza al mare o montagna. Quando si difende o si accusa qualcuno in tribunale. Quando sei interrogato a scuola dal professore. Non sono questi esempi di vendita? Non sono quindi d'accordo sulla tua affermazione quando dici " il negozio non è comunicazione, semplicemente se ne serve in alcuni casi".
Da notare che all'inizio del commento ho utilizzato il "quasi-anacoluto" quando ho detto "è vero quello che dici, ed è anche vero.." Volevo controbattere alla tua tesi, senza entrare in un clima di diretto contrasto di idee. Ho pensato fosse utile alla conversazione sperimentare questo espediente retorico sul nostro caso reale. Magari puoi darmi un feedback su come ti è sembrato fluisse il ragionamento.
@@BrunoLiegibastonliegi Hai ragione: tutta la vita è una continua negoziazione, anche questa piacevole chiacchierata lo è. Ed io in questo negozio posso solo dirti come la vedo, non come è ma quali effetti e conseguenze hanno su di me alcune tecniche persuasive. Innanzi tutto partiamo dalla fine, dire: "è vero quello che dici, ed è anche vero..." è sintatticamente corretto, a differenza dell'esempio sui pregi e difetti, quindi non è un anacoluto, al limite l'unico errore è la virgola prima della congiunzione, un banale segno grafico che da solo basta a farmi capire che separi nettamente le due tesi. Ora queste tecniche nella scrittura sono facilmente identificabili, durante una chiacchierata vengono rese con pause e gestualità che bastano però a farmi avvertire una certa forzatura nell'atteggiamento espositivo dell'interlocutore e quindi questo mi dispone negativamente ma, ripeto sto parlando per me stesso, non per tutti. Se passiamo all'anacoluto, come quello sui pregi e difetti e lo valutiamo durante una conversazione più o meno formale: contrattazione, negozio, organizzazione lavorativa, famigliare ecc. Ebbene questa figura retorica, che serve a dare un tono espressivo al discorso e lo fa stravolgendo per quanto possibile le regole sintattiche, con lo scopo di avvicinare il linguaggio a quello comune e rendere il discorso più vivace, se la incontrassi, non neii Promessi Sposi messa in bocca ad un umile comprimario, ma nella vita reale durante una conversazione, mi farebbe sorridere e mi farebbe insospettire, l'una o l'altra reazione nella misura in cui avverto genuinità e spontaneità nell'interlocutore, sto parlando sempre per me stesso.
Vorrei solo fare un breve esempio e lo vado a prendere, così a memoria, dal libro citato: "I poveri, che Dio abbia pietà di loro!" Una frase così in una conversazione colorita può anche andare bene ma una qualsiasi sua versione tipo: "Le faccende domestiche, che Dio te la mandi buona." Oppure: "Una birra, che cos'altro ci vorrebbe adesso?!" O ancora: "Questo telefonino, non ce n'è uno meglio al mondo!." Ebbene frasi così potrebbero scatenare ilarità o indisposizione, a seconda di contesto, argomento e interlocutore. Ma tutto questo lo scrive una persona che difficilmente parla, preferendo ascoltare, leggere o al limite scrivere, quindi sono idee del tutto personali che semplicemente tenevo a condividere. Completamente d'accordo con te sul discorso riguardo la percezione ed è giusto che certe tecniche mirino a migliorare la percezione di te nell'interlocutore: è un lavoro difficile e impegnativo che spesso cozza contro diffidenza e maleducazione, per questo motivo non posso fare altro che accordarti tutta la mia stima.
Tutti i tuoi esempi conducono comunque alla dimostrazione che la comunicazione è sempre un negozio ed e vero, ma questo non significa direttamente che un negozio è una comunicazione significa secondo me che il negozio si serve della comunicazione ma alla fine sono due cose ben distinte. Per negoziare devo comunicare ma per comunicare non è necessario che negozi qualche cosa: la comunicazione va ben oltre e non si limita alla lingua, un segnale stradale di stop per esempio ti comunica di fermarti senza proporti alcun negozio, lo stesso vale per un prato fiorito che ti comunica la primavera ma non ti invita a comprare i suoi fiori, tutto è comunicazione, non tutto è negozio e quasi tutto si serve della comunicazione.
Una parte che però mi colpisce del tuo discorso è quando dici che hai voluto sperimentare un espediente retorico. Questo mi colpisce perché, soprattutto in una conversazione scritta, certe tecniche difficilmente passano inosservate ed hanno un effetto su chi legge che si potrebbe definire, ma anche qui sto parlando per me, di lucida analisi che mi porta a sezionare lo scritto e chiedermi perché mai ha voluto scrivere questo? Perché l'ha messa giù così? Ed è un po' come se la cavia sezionasse il ricercatore non ti pare?
Meraviglioso!! E.....particolarmente grunge quest'audio eh????😝☺☺☺☺ grande stima, sempre
Video bellissimo, hai esternato dei pensieri che mi porto dentro da tanto.
Nota a margine: da diversamente abile ti dico, questo termine non mi dispiace. Non l'ho mai inteso come tu fai nel video. Diversamente abile per me significa che ha abilità in altri campi rispetto a quello dello "svantaggio". Quindi citando il tuo esempio: se uno non vede, per me diversamente abile significa che questa persona esprime e possiede abilità in aspetti diversi dalla vista. Magari ci sente benissimo o sa sempre da che parte inserire le chiavette usb.
Bravissimo.
Io sinceramente mi farei anche la domanda "ma siamo così sicuri che la società sia maschilista, e non bisessista?".
E' chiaro che se si osserva solo il problema di una categoria, ignorando i problemi delle altre categorie, si rischia di dipingere una categoria come vittima e l'altra come carnefice.
giusta osservazione
Roberto, si vede che sei un grande poeto, un linguisto, perché le tue riflessioni sono oltre tutte quelle opinioni di pancia che oggi si sentono tanto e ovunque. Sei anche un grande attore e registo, e si vede che sei capace di grandissima sensibilità, ad esempio per come difendi tutte le nostre amiche architette e ministre e giudichesse! Ti seguo da molto tempo ormai e ti ho fatto conoscere tra tanti amici: sono un tuo vero e proprio proselito, entusiasto di esserlo! Grazie mille Roberto
Mercadini: voleva dire che...
Alberto Angela: ...Cleopatra è una donna che ha cambiato la storia!
...una donna moderna...
E qui tutti chiudono
Anche a me è comparto Albertino 🤣🤣🤣🤣
Da 15enne i suoi video mi arricchiscono sempre di più, lo considero un filosofo contemporaneo. L'unico che considero ciò.
È un arma in più la parola verso l'impossibile impresa dell'esprimersi
Hai ragione su tutto
Ciao Roberto. Sono una ex studentessa di un tuo caro amico, che fu mio professore di Italiano per un solo anno di superiori, purtroppo. I tuoi video aprono la mente, li trovo molto stimolanti, e ringrazio il mio ex prof per averti portato nella nostra scuola. Ho speranza che anche altre giovani menti rimangano ammaliate da te, perchè abbiamo bisogno di conoscere persone così, che stimolino la nostra mente e il nostro pensiero. Perciò spero tanto che tu continui ad andare nelle scuole e a farti conoscere anche tra i più giovani! Io, 6 anni dopo averti conosciuto, non ho ancora smesso di seguirti e guardare incuriosita i tuoi video, e spero tanto che ciò sia accaduto anche ad altri studenti come ero io. Perciò Grazie per offrirci sempre nuovi stimoli e nuovi spunti su cui ragionare!
È sempre un grandissimo piacere ascoltarla!
Ogni volta che ti ascolto ho un orgasmo culturale. Questa volta è stato multiplo e più violento che mai.
Uno dei migliori video di TH-cam Italia, uno dei migliori tuoi, complimentiIIIIIIII!
Al mio tema di maturità del 95, mi è stato contestato che ho usato la parola handicappato in una frase. Utilizzata per indicare una categoria di persone, non certo per offendere nessuno. Il fatto che mi abbiano detto che era una parola offensiva, mi ha fatto capire chi ti critica in realtà sta criticando una parte di se stesso. Quel se stesso che userebbe quella parola per offendere qualcuno.
Comunque riesci sempre a stupirmi✨
Interessante ragionamento, grazie!
Fantastico video, molto attuale.
Mi hai fatto pensare al percorso terapeutico che ho fatto negli ultimi anni. Ero "prigioniera" di alcune parole/frasi che mi erano state dette e ripetute fin da piccola in contesti poco sani, e che per questo avevano su di me un enorme effetto negativo.
Una di queste - paradosso incredibile - era "ti voglio bene". La frase più semplice e forse più pura del mondo aveva per me l'effetto che avrebbe potuto avere un "non sei al sicuro". Ho impiegato anni per riuscire a "depotenziare" questa frase, anni durante i quali l'ho sostituita con diversi sinonimi e durante i quali stringevo i denti se mi veniva rivolta.
Questa esperienza mi ha fatto cambiare idea su molti dei temi che riguardano l'uso delle parole. Perché ciò che io non riuscivo ad integrare, ai tempi in cui non potevo usare o ascoltare quella frase, era la differenza tra il passato traumatico ed il presente. La differenza di contesto.
La soluzione per me non era cancellare quella frase o prendermi in giro sostituendola con altre varianti. Ora, questo è un caso parecchio personale e sicuramente non applicabile al discorso più generale che tu hai fatto (ci sono in campo anche dei meccanismi traumatici che non sono assolutamente in tema con il discorso), però penso che il concetto sia un po' questo: siamo legati ad un concetto obsoleto di alcuni termini, ma la realtà è già cambiata. Oggi, se pensiamo a medico, avvocato o giudice, non siamo portati a pensare immediatamente ad un uomo, e se lo facciamo, non è certo per quella "o" finale, ma per questioni sociali ben più profonde, che un banale cambiamento formale smuove ma non risolve.
Grazie! Grazie perché spingi a ragionare, ad andare nel fulcro delle cose, soprattutto quelle semplici e quotidiane, che magari usiamo dare per scontate. Il tutto attraverso una naturalità, ma complessità disarmanti.
Il cambiamento da perseguire è senza dubbio, come tu dici, nel pensiero e nella cultura
È tuttavia vero che è estremamente più facile modificare un termine, e così segnare la volontà di modificare un concetto proprio della nostra cultura
Il fatto mi sembra essere che molto spesso si percepisce il cambiamento nei termini come una conquista, piuttosto che come un punto di inizio
Modificare le parole talvolta mi sembra necessario, ma pensare che sia sufficiente mi sembra solo un’illusione
Quando ti ascolto la mia mente si arricchisce sempre di più. Grazie
Mi rivolgo a te che stai scrollando. Il commento di Vygotskij è stato rimosso >:(
:(
Hari Forràs noooooo!
Ti leggevo prima non perdevo 20 minuti della mia vita hahahaha
Ahahah
Non è vero è più sotto🤣🤣 -scherzo-
Bravo.
Era da un po' che ruminavo queste stesse considerazioni, sei riuscito ad esprimerle magistralmente.
Sono illuminanti i suoi video. Seguirla, ascoltarla è bellissimo Professore. Grazie 🙏🏼
Ogni volta che entro in Home e vedo la pubblicazione di un tuo nuovo video mi sale subito l'entusiasmo. Porti sempre tematiche diverse e sottili sulle quali nessuno si sofferma e/o pensa minimamente. E nel mentre esponi la tua idea tiri fuori delle conoscenze e delle informazioni storiche/scientifiche/lessicali incredibili. Sei una fonte di nuova conoscenza magnifica. Continua così 🙏🏼
Mi sento esattamente allo stesso modo anche io 😍 a volte riguardo con piacere pure i video precedenti, ascoltare Roberto è sempre un piacere, ha una capacità espositiva che finora ho visto solo in pochi altri YT intellettualmente impegnati, tra l'altro ❤
Sto studiando per diventare insegnante. L'anno scorso ho seguito il corso di pedagogia speciale. Ero emozionatissimo: mi aspettavo di imparare le tecniche di insegnamento più segrete (quelle speciali, appunto) e invece ho scoperto che, ora, i ragazzi con disabilità sono chiamati ragazzi con abilità speciali. Caro Roberto, la nuova espressione è arrivata e ha portato con sé una parola in più. Adesso ci servono 4 parole per riferirci alla stessa persona
Anch'io ho avuto un impatto (disastroso) con la pedagogia (per diventare insegnante). Da allora la definisco NAZI-pedagogia. 😁😁😁
Un discorso che ho provato a fare tante volte, ma senza riuscire mai ad essere così convincente e lucido. Ma, purtroppo, io non sono Roberto Mercadini. Grazie, come al solito.
Argomento interessantissimo. Mi ritrovo molto nella tua disamina. Hai portato degli esempi inequivocabili e credo utili alla comprensione. Sei sempre una sorpresa 😁👍
Meraviglioso monologo di Roberto Mercadini.
Un diamante di inestimabile valore, REGALATO, alla comunità TH-cam!
Ho troppo da imparare da te e troppe poche parole per per esprimere quanto io abbia da imparare
Caspita, quando vedo i tuoi video, capita che lucubrazioni mie su argomenti a cui non ho dato un capo o una coda in attesa di rimaneggiarli e riplasmarli per dargli un senso, rimangano sospesi nelle mia mente senza giudizio, (senza una presa di posizione che mi soddisfi).
E a volte vengono riorganizzati, rimestati, ridefiniti in maniera chiara e concorde con i miei pensieri, dalle tue e parole dai tuoi ragionamenti.
È già la seconda (o terza) volta che mi succede e nel giro di un video mi fai avanzare su dei concetti, magari anche di mesi o anni.
Grazie Merca.
Bellissima analisi, pensiero stupendo! Mi vengono in mente molte cose, fra cui la traduzione letterale che fa il filologo Igor Sibaldi dell'incipit del Vangelo di Giovanni, restituendogli l'intento filosofico e gnostico: "In principio era la parola..." dove dice che la parola creava le tenebre, ma in ciascun uomo brilla la luce (l'intuito e il divino) e le tenebre (delle parole) non sono riuscite ad oscurare questa luce. Roberto tu fai l'esempio di una persona cieca. La parola cieca a me suscita sensazioni di calore e solidarietà. La mia bisnonna divenne cieca a quarant'anni. Fu l'unica persona ad uscire con coraggio dal rifugio antiaereo (nella seconda guerra mondiale) durante un bombardamento, per aiutare la nuora che portava in salvo i bambini. Per me cieca è coraggio. Si tuffò su mia mamma bambina e la salvò, rimanendo lei ferita alla testa. Per me cieca è amore incondizionato e vita, la mia vita, e gratitudine, la mia per lei. Lei sorrideva sempre e incoraggiava tutti. E cieca è per me anche vedere oltre il buio delle avversità, saper puntare alla luce del cuore. In più era bravissima a smontare e riparare le macchine da cucire. Così la parola cieca vuol anche dire "tutto è possibile". Ogni parola non vuole dire niente se sotto, nell'inconscio o nell'esperienza è collegata a niente; è brutta se suscitata da sentimenti brutti; e ogni parola può essere bellissima se connessa a ricordi, sensazioni e punti di vista meravigliosi. Come sempre, grazie! Cinzia
Grazie a te per questo bellissimo messaggio, Cinzia! ❤️
@@RobertoMercadini sei un dono! Grazie di esistere
Grazie Roberto, mi è rimasto impresso quando qualche video fa dicesti che nella cultura ebraica è importante il confrontarsi e la capacità di dialogare ed ascoltarsi pur non essendo d'accordo.
Apprezzo quest'occasione in cui si parla di argomentazioni delicate pur non allontanandosi dal significato profondo insito nella comunicazione.
"L'essenziale è invisibile agli occhi" e muto all'orecchio aggiungerei.
Grazie Roberto.
Mi sono veramente goduto la visione del video, sei una persona intelligente e profonda, capace di sviscerare problemi più complessi come, in questo caso, l'uso delle parole. Grazie di averne parlato, penso di capire un pochino meglio la questione, ora che ho visto il tuo video.
Ti ho conosciuto per la prima volta allo spettacolo dei digitali purpurei e sono grato di essere venuto per vederti. Continua così.
Un altro video stupendo e profondo. Grazie Roberto!
Questo é il mio pensiero, lo penso da tempo e anche per me é inutile fare guerra alla lingua. Ma ti giuro, sentirti é stupendo, mi hai dato venire i brividi, sei veramente un ispirazione, sei uno di migliori uomini che conosca.
Magnifico. Sei veramente un grande intellettuale, complimenti! ❤️
Ho apprezzato veramente tanto questo video. Sono felice di aver ascoltato queste parole, che tu abbia dedicato del tempo per spiegare a tutti quelli che hanno visto e che altri vedranno (spero), questo video, quanto sia importante e fondamentale comprendere e far nostro questo concetto.
Come studentessa di linguistica posso dire di aver apprezzato tantissimo questo video. Come donna pure ❤️
Ho scoperto suo canale oggi e non fermo di vedere i videi che sono divertenti e riflessivi.
Abbraccio, Roberto!
Magnifico monologo, diretto, esplicito, magnetico. Analizzando dunque da un punto di vista linguistico, e prendendo come strumento il triangolo semiotico, possiamo quindi dire che il problema principale NON si trova nel significante (la parola), e tanto meno nel referente (l'oggetto reale), piuttosto l'errore, italiano ma non solo, si trova sul vertice del significato, ossia il valore che l'uomo attribuisce all'oggetto reale. Inutile quindi incentivarsi su lotte di modifica dei significanti, se prima di essi non modifichiamo il significato. Grazie, questi video sono sempre spunto di riflessioni.
Lo dicevano anche i vichinghi, il potere di Odino era il potere delle rune... Condivido davvero il tuo discorso, non è così facile che elimini la parola e elimini il pregiudizio. Il pregiudizio rimane nella mente se non si cambia il modo di pensare. Hai ragione! Bellissimo video! Grande Rob :)!
Sei un grande Roberto!
Ti seguo da anni ormai e sento di dirti che ciò che fai è prezioso.
Complimenti, ma soprattutto grazie!
Con questo video mi hai lasciato senza parole.
Non ne ho trovate , in giro per casa, adatte a descrivere ciò che hai suscitato nella mia scatola cranica.
Resto in estasiato silenzio.😊😊😊
Ti dico "bravo!", perché secondo me hai trattato l'argomento in modo critico, interessante, propositivo, costruttivo e produttivo. E aggiungo che condivido ogni singola parola di ciò che hai detto.
4:38 cmq è vero il fatto che quando si sente dire la parola "problema", questa automaticamente mette tutti in allarme e fa pensare subito in maniera pessimistica, questa è una cosa innegabile, proprio perché la gente non vuole sentir proprio parlare di problemi e cerca in tutti i modi possibili di allontanarli dalla propria vita 😂
Sei davvero un grande. La tua intelligenza si vede non solo dal fatto degli argomenti trattati fino al midollo, ma soprattutto perché nei tuoi video inizi e finisci senza tagli . Che mente 💪🏻 continua così . Accresci la mia cultura ogni video
Gran bel video complimenti❤
Si dice che"la bellezza è negli occhi di chi guarda", lo stesso si può dire delle parole che possono assumere significati con sfumature diverse (e spesso fondamentali) a secondo di come le si dice e di come le si sente. Quindi, come ottimamente dici, le parole contano sì, ma quello che c'è dietro conta infinitamente di più.
Ascoltarti è uno spettacolo.
Ciao Roberto, discorso interessantissimo e mi piacerebbe intervenire. Dici che contano le idee e non i termini con cui vengono espresse, però è anche vero che le parole esprimono le proprie idee, o più in generale (dato che la lingua non la crea una persona sola ma una popolazione) il modo comune di pensare. E’ indubbio che declinare tutti i sostantivi tipicamente maschili (non per puro caso, come hai detto anche tu! ) anche al femminile non sia la soluzione al maschilismo, però è anche vero che non farlo sarebbe peggio: significherebbe non rappresentare la realtà quando si ha la possibilità di farlo, ignorarla, o peggio ancora non riconoscerla. Il fatto che giudichessa susciti disagio e/o ilarità è indice stesso del problema, ovvero di quanto sia assurdo l’idea che una donna possa essere giudice; così come ministra, avvocatessa, chirurga ecc. E’ anche questione di rispetto: se i tuoi pronomi sono maschili, dubito che ti farebbe piacere sentirti chiamare al femminile; una piccolezza che però ha il suo peso, poiché vieni percepito in modo differente rispetto a quanto tu sia realmente. (attenzione però! Non accade il contrario necessariamente! Ovvero ci sono donne che rifiutano il loro ruolo declinato al femminile! Qui si tratta di maschilismo interiorizzato: la declinazione maschile è indice di rispetto, prestigio, mentre la declinazione al femminile è indice di inesperienza).
Vorrei rispondere anche riguardo alla parte del tuo discorso inerente agli insulti. Hai assolutamente ragione nel dire che, come dimostrato dal tuo professore, non sia il termine utilizzato a denigrare una persona ma l’idea che qualcuno ha di quella persona. Ciò nonostante spesso il peso di una parola non è portato da chi la dice, ma da chi la riceve, e se non la si riceve non si può capirne il peso. Io sono un ragazzo gay, e sono stato molto chiaro con tutti i miei amici etero sul fatto di non utilizzare certi termini come frocio o finocchio: è ovvio che detto da loro abbia un significato totalmente differente rispetto a ricevere questo insulto per strada, ma è proprio a causa del fatto che non abbiano idea di come ci si senta che lo rende un termine da non utilizzare a sproposito. E’ una mancanza di rispetto nei miei confronti non in quanto omosessuale ma in quanto persona discriminata. Se per una persona dire frocio o omossesuale non cambia, significa che hanno il privilegio di non avere idea di come ci si senta a sentirselo dire. Discorso analogo vale per la parola ne**o. La comunità nera è stata molto chiara riguardo questa parola.
Io credo che il nocciolo della questione sia questo. Tu come persona omosessuale hai tutto il diritto di pretendere da chiunque di non essere chiamato frocio, e se qualcuno lo fa è giusto che si becchi anche una bella denuncia, su questo non ci piove. Ma se un regista vuole usare una parola in film, o un cantante in una canzone, o io chiamarci il mio amico al quale so già che non da fastidio non credo sia diritto di nessuno vietarlo
JosephHPBlack Non funziona esattamente così, se non nell’ultimo caso. Ovvio che se tu hai il consenso del tuo amico puoi utilizzarla (ripeto, secondo me è davvero di cattivo gusto), capirai da solo però che ciò non vale per ogni altro omosessuale che incontri. Allora perché un regista o un cantante si dovrebbe sentire legittimato? La comunità gay si è espressa chiara: ogni parola diffamatoria nei nostri confronti non è tollerata. Non si tratta di libertà di espressione, si tratta di rispetto. Nessuno ha diritto di diffondere odio nei miei confronti (perché è di questo che si parla, anche se la gente non se ne rende conto. Trovo allucinante pensare che un politico non possa bestemmiare però dire frocio di merda sì). Allo stesso modo la comunità nera si è espressa contro l’utilizzo della ne**o. Ora io non sono nero, quindi ho fatica a comprendere esattamente i loro sentimenti al riguardo, pur essendo gay e quindi discriminato. E’ un qualcosa, il loro, di ben più radicale e profondo. Quindi se ti dicono che non devi usare quella parola, perché farlo comunque? Ripeto, che non mi si venga a dire che è libertà di espressione perché allora bisognerebbe andarsi a leggere la costituzione. Nessuno è libero di fomentare odio. Nessuno. A volte basta ascoltare. Altre invece non basta neppure l’ascolto, ci sono cose che sono impossibili da comprendere se non le si vive. In quel caso, l’unica (se si vuole essere persone decenti) è alzare le mani e riconoscere che non ne si sa’ abbastanza.
JosephHPBlack Aggiungo anche che se si è in grado di rispettare un Dio la cui esistenza non è provata, non dovrebbe essere difficile rispettare persone in carne ed ossa la cui esistenza dipende anche dalle nostre azioni.
Uno dei tuoi migliori video! Grazie Roberto per avermi fatto riflettere ancora una volta!
Ottimo, l'audio è magistralmente di bassa qualità😀😀😀👏🏻👏🏻👏🏻🎶, mentre la qualità video mi sembra diversamente bella💪
Mercadini: nemmeno io avrei saputo esprimere il concetto con tanta chiarezza e precisione.
Complimenti!
😄😉
Non avevo mai ragionato su questo argomento. Mi ha fatto molto piacere ascoltare questo video. Grande!
Sempre le ho sostenute queste cose ma nessuno mi capiva quando le dicevo... Che bello vedere che qualcuno si prodiga per spiegare queste cose.
Video davvero illuminante che esprime un concetto profondo e intelligente.
In questo video hai messo ordine a pensieri sparsi, su questo argomento, che mi è capitato di fare in questi anni. La conclusione a cui arrivavo però è sempre stata la seguente:
Cambiare l’utilizzo delle parole nella quotidianità (quindi utilizzare architetta quando si sta parlando di una donna architetto, ad esempio), può essere considerato un “promemoria” per ricordare le battaglie che stanno dietro queste parole “nuove” (vedi la trafila sul concetto di persone con disabilità).
Ammetto però che a volte i “promemoria” rischiano di diventare irritanti per molte persone. Quindi, sì, il tuo ragionamento ha più senso. Cambiare una parola con la speranza che, chi prima non portava rispetto, in presenza di un nuovo termine si ravveda, è abbastanza stupido.
Grazie Roberto...alla metà circa di questo video sono ancora più cosciente (mio malgrado) di fare parte di una società diversamente abile....
Buona luce
Il tuo parlare è un piacevole climax costante, ti addentri sempre piu nella questione portando argomentazioni sempre più sorprendenti.. ascoltarti è un piacere, complimenti
Ogni volta che "chiudo" un tuo video, so che avrò materiale su cui pensare per un bel po'. Grazie.
Grazie per gli spunti di riflessione che ci offri ad ogni video.
I suoi video cambieranno il mondo. Cerchi di farne più spesso per piacere almeno uno a settimana, è sempre un piacere ascoltarla
Vivo all'estero e fra covid e distanza mi manca il nostro teatro. Però i tuoi video mi riportano in quello stato di ascolto partecipato che adoro. Grazie.
Il video più bello che abbia mai visto su TH-cam grazie
Caro Roberto, il monologo che ci regali con questo video è un esempio perfetto, limpido e avvincente di bel testo argomentativo. Il testo argomentativo, a scuola, viene spesso presentato come una tipologia testuale che deve sottostare a regolette fisse, rispettando uno schema fisso sempre uguale a sé stesso. Ai ragazzi viene chiesto di mettere nero su bianco una tesi, una serie di argomentazioni a favore, una antitesi, le confutazioni dell'antitesi... Va a finire che quei poveretti, scrivendo, non si rendono neppure conto di poter sfruttare le parole - strumento potentissimo - per dare voce alla propria anima, per gridare quello in cui credono, per relazionarsi criticamente con la realtà! Pensano di dover ricalcare un modello, di dover soddisfare dei criteri standardizzati dai libri di testo.
Argomentare invece è questo: vivere, riflettere, giudicare (in senso critico e non moralistico), cercare le parole per dare concretezza al proprio pensiero, modellarle in modo da avvicinare il proprio mondo interiore a quello dell'altro.
Ascolteremo insieme in classe il tuo discorso e lo studieremo, sono certa capiranno la differenza tra una argomentazione sentita e una argomentazione creata ad hoc per fargliela studiare.
Una giovane prof 🌸
Bravissimo Roberto, intervento attualissimo! incontro quotidianamente persone che, così povere di concetti ed idee, si attaccano morbosamente alle parole e ai loro -presunti- significati fondamentali.
A conferma di quanto dici (magistralmente come sempre) assistiamo quotidianamente all'effetto esattamente opposto che ha sortito la "regolina", applicata al mondo professionale e, soprattutto, politico. Ormai le parole "ministra", "avvocata", deputata" vengono utilizzate con scherno, il rispetto si dimostra con le azioni, non con le parole.
Commento lasciato solo per far sì che l'algoritmo di TH-cam ti dia la visibilità che meriti
Mi hai ricordato una professoressa di tedesco che lamentava nella sua lingua (come nella nostra) la presenza di parole maschiliste come "herrlich" (meraviglioso) o "dämlich" (sciocco) dove Herr sta per uomo e Dame sta per donna. Inizialmente ero d'accordo con lei per cui pensavo che le parole cambiassero il concetto, ma col tuo ragionamento mi hai fatto totalmente ricredere!
Questa storia l'ho sempre trovata divertente, quando sento parlare di queste cose sorrido e mi adatto volendo alla questione accettandola, se alla gente va bene sostituire artificiosamente delle parole con altre è ok, l'intera questione è anche interessante da osservare dal punto di vista sociale e psicologico di persone che ne fanno delle battaglie personali fortissime.
Eppure sai le parole sono solo suoni, e simboli scritti, se parlassi una lingua inventata nessuno mi capirebbe, e potrei insultare qualcuno sorridendo e lui penserebbe dopo ma questo è matto da dove viene, a sorridermi perché penserebbe che sto dicendo qualcosa di buono, le parole non sono nulla senza il corpo e l'intenzione del vettore che le veicola, il linguaggio non ê solo parole, comunicare è qualcosa che si fa con l'intera totalità dell'essere, corpo, mente e d'emozioni, e dare importanza ad una sola parte del linguaggio snatura l'intero processo comunicativo, siamo umani e comunichiamo più con un sorriso che con le parole, è il contesto e il modo a determinare il significato di questi suoni e quei simboli, non il simbolo stesso ad avere significato, le parole sono solo entità astratte che evolvono e cambiano, e rendere artificioso il cambiamento comporta solo rendere artificioso il linguaggio, snaturandolo
Grazie. Sostengo questo concetto da sempre, concetto che purtroppo va ad inserirsi in discorso più ampio che riguarda il politically correct come mezzo per lavarsi la coscienza con azioni sostanzialmente inutili. Il tuo video mi ha rasserenato la giornata!
Vedo questo video dopo aver visto il successivo sulle critiche che le sono state mosse. La sua acutezza mi sorprende sempre! Complimenti... e per la cronaca, nel mondo della scuola si cambiano proprio sempre le parole credendo di cambiare il resto, mah!
iscritto al volo: il tuo è uno dei pochi canali youtube in cui non mi viene neanche la tentazione di indossare le vesti del tuttologo e dire la mia perche':
1 riconosco di non essere competente (un eufemismo :D)
2 son felice di apprendere qualcosa
grazie, Andrea
Direi titolo super provocatorio! Infatti, da un grande narratore come Roberto, mi è sembrato così strano che ho dovuto accertarmi di aver letto bene...Adesso mi gusto il video, però!
Pienamente d'accordo con quanto dici. Eccellente esposizione dove traspare la difficoltà e la complessità della questione. Prima c'è il pensiero e poi esce la parola, il processo contrario funziona egregiamente solo quando un pensiero soggiace già ma é muto nel profondo della coscienza senza la capacità di esporlo in parole e viene percepito come un disagio proprio perché non ha trovato la sua parola...finché qualcuno dà forma verbale a quel bisogno, allora la parola acquisisce la forza trainante di una mandria di buoi! Comunque, naturalmente, non é la parola in sé che crea il pensiero, piuttosto lo sprigiona e gli da cittadinanza. É come l'incontro tra uno spermatozoo (le parole) e l'ovulo (il concetto) che da inizio a sviluppi nuovi e forse rivoluzionari.
Bel ragionamento ovviamente giusto. Secondo me c'è anche un aspetto in più da aggiungere al discorso del maschilismo intrinseco in certi linguaggi, che è l'effetto psicologico della mancanza del neutro per comporre frasi generiche. Faccio un esempio banale e quasi esagerato. La frase "gli uomini sono straordinari perché sono arrivati sulla luna" ovviamente si riferisce all'umanità intera, ed io da bambino mi sentivo sempre motivato (ed incluso) da frasi del genere. Crescendo ho poi riflettuto sul fatto che 'uomini' sia in teoria il ""contrapposto"" di 'donne', e che effetto istintivo avrebbe avuto su di me da bambino sentire la notizia di una grande impresa compiuta da un team di sole donne con la frase "le donne son meravigliose, hanno fatto questo e quello". Credo che un effetto psicologico inconscio possa davvero averlo, anche se ovviamente nella maggior parte dei casi non è provocato intenzionalmente dall'oratore.
Concordo pienamente sul concetto che ha espresso. Ma del resto, prendendo la frase a esempio così com'è, ovvero: "gli uomini sono straordinari perché sono arrivati sulla luna", davvero si è portati a pensare agli uomini intesi come soggetti di sesso maschile. Più corretto sarebbe invece usare la forma: "L'Uomo ha compiuto un'impresa straordinaria conquistando la luna". Ecco che in questo caso, l'uso del singolare anziché del plurale (e nel caso dello scritto anche dell'iniziale maiuscola) riconduce più facilmente a intendere l'Uomo come genere umano, comprendendo quindi entrambi i sessi.
A mio parere una donna difficilmente si sentirebbe esclusa da quella frase. Che un uomo si sentirebbe escluso se venisse usato il femminile ha a che fare col fatto che in italiano usare il femminile plurale implica che ci si riferisca alle _sole_ donne, mentre invece non esiste un modo per riferirsi ai soli uomini.
Andare a lavorare, guardando un tuo video mi fa cominciare la giornata con un umore migliore. Grazie
Brividi, bellissimo video, hai detto tutto quello che c’era da dire sull’argomento
D'accordo totalmente su tutta la linea. Se è vero che le parole hanno un senso e un peso - che spesso sfugge a molti, anche a chi si erge a paladino della parità linguistica - è altrettanto vero che quel senso e peso sono intrinsecamente legati al concetto e all'intenzione interpretativa di quel concetto da parte di chi parla. Bisogna prestare attenzione alle parole che si scelgono, ovvio, ma scegliere implica sempre profonda conoscenza e consapevolezza. Mi permetto di aggiungere un altro esempio ai tuoi: nella lingua scritta esiste una forma ormai molto diffusa che prevede l'uso di asterisco al posto delle vocali finali di aggettivi, sostantivi plurali e nomi collettivi. Condivido pienamente e capisco, ma a volte trovo che risulti una forzatura davvero troppo eccessiva. Argomento vastissimo e pieno di "rischi", lo so... Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi. Sempre edificante ascoltarti 👍👍👍
Grande Mercadini, cogli sempre nel segno👏👏👏
La seconda metà del video è meravigliosa, bravissimo.
Ah, e Zaha Hadid ha creato delle strutture futuristiche sinceramente impressionanti. Non voglio sapere quanto tempo le sia costato disegnare e calcolare la planimetria di ogni progetto: sono edifici infiniti!
Dico di rado la mia. Sarò conciso. Grazie intanto a Roberto per averci messo la faccia. La mia opinione non fa pendere la bilancia da nessuna delle parti. E' vero, le parole possono anche essere una maschera. A volte capita chi ti uccide con discorsi di zucchero. Il peso del messaggio e chi attiva l'empatia della risonanza è l'emozione. Mio padre dice sempre "Puoi far ridere qualcuno con una parolaccia e farlo piangere con complimento". Altro punto del discorso è invece legato all'effetto delle parole sulla lingua. Secondo gli antichi egizi (e non solo) la parola era qualcosa di magico, infatti tra pareti dipinte, sarcofagi pieni di simboli e amuleti, le parole le abbiamo rinvenute ovunque. Ogni parola si carica di una sua vibrazione intrinseca. Nel linguaggio scritto ad esempio, l'emozione data dal tono di voce e dal linguaggio non verbale è impossibile da percepire, così è meno diretta la comprensione di uno scherzo o ironia. Poi non trovi sia pericoloso andare a modificare le parole in una cultura? Vedi questa "novità" dei social cosa ha portato. Tanti AMICI... E dove sono andati a finire tutti i VERI AMICI? Sembra essersi perso il senso. Non saranno state le sole parole, ma vuoi toglierle dalla ricetta? Le parole fanno una tradizione, portano un significato, sono simboli. Però abbiamo anche altro da offrire, è vero. Un messaggio è fatto di tanti elementi. Condivido con te l'idea di fondo del video. Cambiare le parole non risolve nulla, senza agire nel significato impresso in ognuno di noi. Grazie!
Complimenti per il tuo video, è incredibile che poco prima di vederlo stessi riflettendo (per caso) più o meno sulla stessa cosa. Penso che la tua argomentazione sia come sempre illuminante. Vorrei lasciare degli spunti qui nel commento per ampliare l'orizzonte di discussione considerando da vicino i tre esempi molto diversi, ma egualmente pregnanti, che hai adottato.
1- Per quanto riguarda il primo esempio spiega in modo chiaro e semplice qualcosa di cui sono sempre stato convinto: imparare ad argomentare è possibile, ma non esistono manuali che insegnano ad essere un buon oratore. Come giustamente hai sottolineato, un buon oratore deve saper lavorare con le emozioni, proprie ed altrui, e conoscere i mezzi linguistici (ma non solo) per suscitare di volta in volta un certo effetto, anche solo una sfumatura. L'idea delle "dieci regole del perfetto oratore", portata avanti da molta della retorica e della teoria dell'argomentazione contemporanee, soprattutto di stampo anglo-americano, mancano di porre l'accento su un fatto fondamentale, ovvero che l'argomentazione si svolge in circostanze sempre diverse in cui di fatto bisogna avere spirito di adattamento, capacità di saper scegliere il mezzo più adatto alle circostanze, e quindi anche capacità intuitive e interpretative. In realtà, se si vuole, lo scontro tra questi due modi concorrenziali di pensare la retorica risale almeno alla Grecia tra il V e il IV secolo, e oggi ritorna in forma diversa, ma egualmente urgente, se consideriamo la pervasività che la teoria della comunicazione e dell'argomentazione assumono nel panorama contemporaneo.
2- Il secondo esempio inevitabilmente ci fa pensare alle derive talvolta comiche (o forse drammatiche) a cui conduce il politicamente corretto. Certamente bisogna considerare che alcune parole in qualche modo sono intrinsecamente discriminanti, come nel caso del "subnormale", in cui in un certo senso la discriminazione è inscritta nella struttura morfologica della parola, come dicevi. Altre volte, invece, siamo davanti a delle parole che, oltre ad essere offensive, sono considerate scurrili e quindi, in generale, poco educate. In questo caso bisogna distinguere le due cose per considerare meglio la portata del problema. In ogni caso bisogna considerare anche che le parole hanno la loro storia, una storia che talvolta si sedimenta, talvolta prende svolte inaspettate, altre volte le conduce alla morte. Ma in ogni caso in qualche modo si deposita nella parole e agisce anche in forme poco consapevoli o totalmente inconsapevoli nel parlante. Può avere senso lottare contro certe parole dal mio punto di vista, ma solo se lo si fa con un atteggiamento intellettualmente illuminato. Cogliere la storia di una parola, decostruirne il significato, può (ma sottolineo può) contribuire a decostruire il concetto che sta dietro la parola. Ovviamente è il concetto il fulcro, ma il concetto è fatto di parole, si radica in un'espressione linguistica che difficilmente è neutrale rispetto al valore dalla cosa o del fenomeno che vuole indicare.
3- Sulla scia di quanto ho detto sulla storia delle parole volevo anche offrire uno spunto per quanto riguarda il terzo esempio. Molte voci, anche autorevoli, del femminismo teorico hanno posto un particolare accento sul lessico in qualche modo portatore di un'idea maschilista. Tu parlavi soprattutto del genere delle parole, ma il discorso è molto interessante anche in riferimento alle parole stesse. Tantissime parole hanno un'etimologia e una storia che le vanno a connotare fortemente rispetto al loro significato, anche in riferimento alla discriminazione di genere (ma non solo). Attaccare le parole o pretendere di cambiare il dizionario è follia, ma un'analisi critica delle parole può offrire un'occasione importante per ripensare la genesi di certi concetti che si sono sedimentati nella nostra cultura e che portano con sé, esplicitamente o implicitamente, il germe di una discriminazione. Il fatto che alcuni attivisti insistano sulle parole, talvolta con risultati poco credibili, comunque comunica una presa di posizione anche ideologica (con tutte le contraddizioni che un'ideologia può comportare). Chiaramente il risultato di certi atteggiamenti radicali porta anche alla polarizzazione delle posizioni al punto tale che alcuni diffidano dai difensori dell'emancipazione perché troppo radicali, pedanti o addirittura antipatici. Anche questo va detto.
In definitiva indugiare sulle parole è un(') problema/opportunità, tutto dipende dalla bravura di chi parla.
Hai ragione, è più importante cambiare le idee rispetto a cambiare le parole, però cambiare le parole è proprio un tentativo di cambiare le idee, le due cose non sono in contrasto, ma lavorano assieme.
Le parole sono importanti quando sono quelle di Mercadini!!!! Ti amo!!!! ❤️👏👏👏
Concordo totalmente.
Penso che sperare, in modo un po' ingenuo, che una revisione linguistica (tanto più se "forzosa") possa modificare il pensiero e risolvere enormi problemi culturali dia un falso senso di realizzazione. Un po' come comprare al banchetto UNHRC e pensare di stare cambiando il mondo. È un aiutino. Utile, per carità. Gradito. Ma non risolutivo, neanche lontanamente. Illusorio, perché ci fa sentire a posto con la coscienza.
Sistemare la forma è un giusto obiettivo. Ma non basta a cambiare la sostanza.
Mio padre, invalido del lavoro (amputato), sicuramente non gradisce se qualcuno si rivolge a lui in modo offensivo. Ma, più che una revisione dei termini con cui è definito, gli interesserebbe non trovare occupati i parcheggi riservati ai disabili, e vedersi sistemata la protesi ogni volta che serve (oggi le risorse scarseggiano...). Invece che gli tocca? Il vicino di casa che gli dice: "Ho preso una multa perché ho usato il parcheggio dei disabili, puoi dire che eri con me? Devo comunque pagare, ma in quel caso non mi tolgono i punti dalla patente". Sigh.
Uno dei tuoi video più belli! Chapeau
Ancora una volta grazie, Roberto, perché ci offri il problema (😂) di ragionare approfonditamente sulle cose che esponi nei tuoi video.
grandissimo. Condivido. Sono convinto che molte battaglie per il "politicamente corretto" siano non solo poco utili ma addirittura capaci di avere l'effetto opposto.
Ottimo lavoro Roberto,complimenti.
Grande Roberto Mercadini, molto interessante e ricco di spunti, come sempre, "Che te lo dico a fare"....Ne approfitto per aggiungere due riflessioni, non mie. La prima riguarda il famoso monologo dell'Amleto che hai citato, è una riflessione del prof. Goffredo Raponi su come tradurre la parola "question" dopo "To be or not to be". "Molti curatori intendono “question” per “problema”; il termine “problem” nel senso di “question proposed for solution”, “proposizione logica o matematica con dati certi la cui conclusione è una soluzione e una risposta” esiste nell'antico inglese. Shakespeare non lo usa mai, tanto meno l’avrebbe usato qui, dove non c'è un problema da risolvere, Amleto enuncia il dubbio eterno dell’uomo nell'esistenza dell’aldilà come liberazione dai mali dell’esistenza mortale: “nodo”, dunque, “nodo” della mente e dell’animo, nel senso dantesco (“…solvetemi quel nodo / che ha inviluppato mia sentenza”, Inf., X, 95-96). Altri traduttori (Lombardo) hanno “questione”, generico che non dice nulla". La seconda, invece, è una frase che disse Ugaretti durante una intervista sulla poesia di 60 anni fa circa (la si può trovare su youtube): "Si fa poesia non pensandoci, perché occorre farla. La poesia non è poesia, se non porta in sé un segreto. La parola è impotente, la parola non riuscirà mai a dare il segreto che è in noi. Ma lo avvicina."
Non ti chiedo di migliorare la qualità audio/video, assolutamente, puoi anche abbassarla per me, puoi fare anche dei poadcast, ma ti prego...TI PREGO: aumenta il volume del microfono, su molti telefoni si sente terribilmente piano e faccio fatica ad ascoltarti senza supporti esterni.
Favoloso mercadini! voglio buttarmi anch'io un po' nella mischia di questo argomento. Mi sa anche che qui si inserisce un fantastico meta-argomento, infatti parliamo delle parole con le parole (con tutto quello che la ricorsività può generare, incomprensioni comprese :3) e come in matematica dove spesso è difficile usare uno strumento per trattare lo strumento stesso, poichè serve una "gerarchia" più alta per trattare di argomenti più bassi... qui cercando una gerarchia maggiore delle parole per parlare delle parole, mi sono reso conto scrivendo che scrivendo sono sceso di una gerarchia :3 va bhe cercherò di accontentarmi, forse la gerarchia superiore alle parole è il pensiero, ma siccome non disponiamo di telepatia quello che ci rimane sono le emozioni, i sentimenti, i collegamenti mentali che le parole fanno scaturile ed è proprio queste che cercherò di usare. Alcuni punti:
A- le parole sono una delle molte forme di (1) comunicazione e/o (2) messa in realtà di un pensiero/ di un emozione.
B- la comunicazione e la messa in realtà possono e non possono, a seconda dei casi, unirsi e sovrapporsi, non sono categorie nette. Non sempre la comunciazione è messa in realtà di un pensiero, non sempre la messa in realtà di un pensiero è comunicazione. Molte sfumature. Per esempio la scritta "non fumare" su un cartello è per lo più comunicazione, il "Dio si" detto durante l'orgasmo è per lo più messa in realtà di un pensiero (oppure una forma d'arte).
Dati A e B i quali sono a prescindere della volontà alla base, a prescindere dal pensiero che origina la parola. Quando tu dici o scrivi una parola la parola in quel esatto momento viene introdotta nel mondo reale e da quel momento la sua origine è importante solo se la sua esistenza non è l'unica cosa che rimane del pensiero che l'ha originata. Qui le cose si fanno difficili... perchè bisogna capire quando questo avviene, e non sempre è tangibile alle persone, perchè bisogna vedere se il pensiero "riconosce" l'altro pensiero. Questo "riconoscimento" è più semplice se le informazioni a disposizione sono maggiori, se e solo se le informazioni (in questo caso le singole parole) sono coerenti con il sistema di riferimento da cui derivano (il pensiero, rimane invariato). Facciamo un esempio per capire. "esempio" la parola fa parte dello stesso pensiero che ha orgininato la frase precedente. "per" la parola pur facendo parte dello stesso pensiero porta con se anche altri pensieri. In entrambi i casi il pensiero originario rimane o comunque è "interpretabile" da un altro pensiero. "architetta" il pensiero originario qui non è completamente riconducibile. 1- è riconducibile per il fattore che mercadini nel video ha usato questa parola, e io argomentando un mio pensiero sul suo pensiero uso questa parola, a sua volta lui riprende un pensiero di un altro su questa parola e via dicendo cercando di comprendere e risalire in una sorta di summa a tutti i pensieri "originanti", in pratica conducono o riconducono ai pensieri collegati a questa parola 2- non è riconducibile perchè non appartiene al contesto del mio pensiero che potrebbe avere espressione nella realtà anche senza di lei. "Supercalifragilistichespiralidoso" è collegata ad un pensiero in un film. "jadkgkjagfkagl" non è una parola perchè non è riconducibile a nessun pensiero..... oppure da oggi in poi lo è? no perchè il mio pensiero non sarà riconoscibile solo tramite quel insieme di lettere. Spero di aver usato le parole giuste :p.
Riassunto più parole usiamo nel corretto contesto più queste saranno coerenti o incorenti tra loro e quindi daranno riconoscibilità o meno ad un pensiero.
Ritorniamo un attimo ad A; cerchiamo di capire questa mia frase: "una delle molte forme" sta ad indicare che esistono varie forme come: la pittura, la scultura, i videogiochi, la programmazione, il linguaggio del corpo, la scrittura in prosa, la scrittura in versi, il simbolismo, l'araldica etc.. quindi tutte le forme di arte e tutte le forme possibili sia di comunicazione sia di messa in realtà di un pensiero. Le parole hanno questa particolarità: di essere usate un po' in tutte le altre forme, perchè queste forme di comunciazione/espressione non sono categorie "discrete" ma per lo più continue che vengono delineate non tanto dalla loro rappresentazione quanto dal loro contenuto (profondo e non) e diciamo che le parole sono uno standard di rappresentazione sia grafica, sia uditiva, sia tattile che quindi si adatta bene ad ogni campo...un po' come se fossero un ingrediente di una torta ma che può benissimo stare anche da solo, solo che non puoi fare la torta se non ha quel ingrediente, magari puoi fare altri dolci però. Quello che conta forse alla fine è se la torta è buona.
Ecco perchè mi fanno molta paura quelli che difendono le parole a spada tratta, o i grammar-nazi. Stai "capendo" il mio pensiero al di la delle parole o ti interessa vedere se le parole che dico fanno parte del tuo pensiero o peggio ancora di un pensiero, perchè si può arrivare al punto di non riconoscere quelle parole perchè si crede che il pensiero da cui derivi non esista. Per semplificare le cose: le parole che dico fanno si parte di un mio pensiero, ma non sono l'unica cosa che compone il mio pensiero, poichè anche io, il mio stesso corpo è espressione e in qualche modo compone il mio pensiero. La matriosca esterna porta con se quella interna pur non vedendo io se essa è presente o meno.
Se si dice le parole sono importanti o non sono importanti si crea un corto circuito, perchè sto dicendo con parole un pensiero che è più grande delle parole stesse e contemporaneamente non do abbastanza informazioni per chiarie questo pensiero è come dire "Vai" senza specificare nessun altro contesto o luogo. Ecco perchè altri tre parametri sono importanti quando vengono coinvolte le parole: lo spazio, il tempo e la fisicità. Perchè queste cose influiscono anche sulla stabilità di un pensiero che può avere una solidita e struttura diversa a seconda dei diversi tempi, spazi, o forme fisiche in cui questo viene messo in ballo. Poniamo che tra 100000 anni una specie aliena trova una nostra stampante su un pianeta disabitato, riesce ad accenderla e a farla funzionare la stampante stampa una parola "colore" quella parola da quel momento esiste fisicamente ma il pensiero che l'ha originata non è percepibile, quindi quella parola è importante o no? per gli alieni sicuramente si, poichè ora fa parte di un loro pensiero, per l'astronauta che ha deciso di buttare la sua vecchia stampante senza colore sicuramente no.
Scusate ogni errore
💪! Anche simpatico e fai proprio venir voglia di ascoltarti, anche xche' e' un argomento interessante.
Grazie molte!
Grazie per il tuo video...coraggioso! Sì, coraggioso, perché oggi fare un buon uso dell'intelligenza e ... delle parole non è sempre benvisto. La tendenza attuale è pensare e parlare secondo slogan correnti.
Io sono in buona parte sorda dall'età di 5 anni per un antibiotico ...devastante, perché ha reso sordi e ciechi, anche totali, molti bambini della mia epoca (anni Cinquanta) .... E all'epoca non si chiedevano risarcimenti! Ho vissuto molte umiliazioni, inevitabilmente, per il mio problema.... anche perché la sordità, soprattutto parziale, non si vede!
Ma le umiliazioni non vengono dalle parole. Vengono da uno sguardo, un atteggiamento, un tono di voce, una mancanza di sensibilità. Dire a qualcuno "sordo" o "non udente" non cambia assolutamente niente! Pensare che un sordo è un essere inferiore o deficiente, sì! Metterlo da parte è offensivo! Non aiutarlo è offensivo! Non essere pazienti con lui è offensivo!
La vera sordità è quella del cuore, di chi non vuole capire e ascoltare. Le parole devono coincidere col pensiero....ma soprattutto col cuore!
Che incredibile video! Grazie Merca!
Onestamente, fino a poco tempo fa ero convinto che "ministra" fosse considerato offensivo, come ad intendere "non è un vero ministro, è una ministra, un'altra cosa".