The Crowd - Gabriele Micalizzi con Leica SL3

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  • เผยแพร่เมื่อ 17 ธ.ค. 2024
  • Giacarta sprofonda. E il cambiamento climatico è la prima causa. Il mare di Giava che la circonda si sta alzando mentre la terra ogni anno affonda fino a 10 centimetri. Quasi dieci milioni di persone che vivono in città e altri venti nell’area circostante, la metropoli indonesiana è tra le più densamente abitate al mondo. Traffico e inquinamento incontrollabili, Giacarta è grattacieli che si innalzano e baraccopoli che si moltiplicano. Persino ai bordi della ferrovia, dove sorge il villaggio di Kampung Bandan: una distesa infinita di baracche a un passo dalle rotaie, dove giocano i bambini e ogni mezz’ora passa un treno.
    Ma c’è anche una questione parallela. Perché la sovrappopolazione spinge gli indonesiani a inseguire l’acqua pulita pompandola da pozzi illegali che stanno asciugando sempre di più la falda acquifera. Più di un terzo della città è oggi sotto il livello del mare, e le inondazioni sono sempre più frequenti, come si è visto anche nelle elezioni del 14 febbraio 2024, con centinaia di seggi allagati. Così, per “alleggerire” Giacarta cresciuta esponenzialmente, il governo ha approvato il progetto miliardario di trasferire la capitale, costruendone una nuova a Nusantara, nel Borneo lontano 800 chilometri: per le autorità locali la soluzione utopistica a Giacarta che affonda, per tanti osservatori invece un disastro ecologico per l’impatto ambientale devastante che sta provocando.
    L’invasione dell’acqua è oggi la minaccia che fa più paura. Con la Leica SL3 l’abbiamo fotografata nel villaggio di Cangkring, nella regione di Demak, Giava Centrale, dove le forti piogge hanno rotto gli argini già paludosi del fiume e l’acqua per giorni ha sommerso case, strade, pezzi di vita, causando ottomila sfollati. Obbligando molti di loro a vivere per giorni su uno spartitraffico largo neanche un metro, unico lembo asciutto sul quale salvare il poco sfuggito alla violenza dell’acqua. Un villaggio finito sott’acqua, sotto forti piogge, scattato con la SL3 che non ha tradito nemmeno in situazioni estreme come questa. Come a Cemarajaya, Karawang, Giava Ovest: la comunità di pescatori ha costruito una lunga barricata di sacchi di sabbia per provare a salvare il villaggio, ma la marea in crescita continua a erodere la costa, sommerge la moschea che è il riferimento del villaggio, devasta le case. A Timbulsloko, a otto ore di auto da Jakarta, dove c’era la terra oggi c’è l’acqua e con la SL3 abbiamo fotografato come gli abitanti siano stati costretti ad adattarsi ai drastici cambiamenti: prima villaggio di contadini, strade e piantagioni, oggi completamente galleggiante per via della marea che si alza e della terra che cede. La gente del posto ha dovuto rialzare di due metri le case, trasformate in palafitte. E le strade sono diventate passerelle di legno, collegate da piccole imbarcazioni. Un adattamento continuo, che è una corsa infinita alla salvezza perché l’acqua non si sta fermando. Modificando abitudini, lavoro, stili di vita. Un mondo che cambia, colpito da grandi mutazioni climatiche e sfruttamento del territorio. Che è la sfida che solo una macchina fotografica versatile, molto resistente, capace, riesce a raccontare in ogni suo dettaglio.

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