15. Aristotele: la dottrina del divenire

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  • เผยแพร่เมื่อ 29 ก.ค. 2024
  • Se ti ricordi, il problema del divenire lo avevano già ampiamente approfondito diversi filosofi prima di Aristotele. Eraclito era colui che riteneva l’esistenza del divenire anche perché tutto scorre (panta rei per l’appunto) e tutto è in divenire. Invece, Parmenide sosteneva che il divenire fosse una cosa impensabile dal punto di vista logico perché è pensabile solo ciò che è mentre ciò che non è non può essere pensato. E siccome il divenire rappresenta il futuro e, quindi, nel presente non è, esso non può essere pensato.
    Aristotele ribatte alla concezione di divenire come qualcosa di impossibile perché impensabile di Parmenide e della scuola eleatica sostenendo che il divenire non implica un passaggio dal non essere all’essere e viceversa. Il divenire è, invece, un passaggio da un certo tipo di essere ad un altro tipo di essere. Quindi, se Parmenide e la sua scuola ritenevano che il divenire è il non essere e non può essere pensato proprio perché non è, Aristotele vede il divenire sul piano dell’essere come un passaggio che si sviluppa sullo stesso piano dell’essere, da un certo tipo di essere ad un altro. Quindi, per Aristotele esiste un’unica realtà che è l’essere e il divenire è una modalità dell’essere.
    Per Aristotele esistono quattro tipi di divenire, anche chiamati tipi di movimento: il movimento locale, il movimento qualitativo, il movimento quantitativo e il movimento sostanziale.
    1. Il movimento locale consiste nello spostamento, nella traslazione di un corpo da un posto A ad un posto B
    2. Il movimento qualitativo consiste, invece, nell’alterazione di una qualità di una sostanza. Se Socrate da non-musico diventa musico, si modifica una sua qualità ma la sostanza (ossia Socrate come uomo) non cambia.
    3. Il movimento quantitativo, come suggerisce la parola, consiste nell’aumento o nella diminuzione di una certa quantità della sostanza. Una persona può ingrassare o dimagrire così come un edificio può aumentare in altezza.
    4. in ultimo abbiamo il movimento sostanziale che Aristotele dice essere il movimento della “generazione e corruzione” ossia del divenire nei suoi due massimi estremi: la vita da un lato e la morte dall’altro. Rispetto agli altri tre movimenti che non mutano la sostanza (perché abbiamo visto nell’esempio di Socrate che Socrate rimane tale, cambia semplicemente una sua qualità così come anche l’ingrassare e il dimagrire del movimento quantitativo). Ecco rispetto agli altri tre movimenti, il movimento sostanziale va ad intaccare la sostanza perché la sostanza nasce o muore. Attenzione però, per Aristotele non proveniamo dal non-essere né tanto meno andiamo nel non-essere. Cambiamo semplicemente piano d’essere.
    E per poter spiegare meglio questo concetto del divenire nel piano dell’essere, Aristotele conia due nuovi concetti: quello di potenza e quello dell’atto.
    La potenza è quella possibilità che la materia prenda forma. Ricordati che la materia è ciò di cui è fatta la sostanza mentre la forma è l’essenza stessa della sostanza, l’essere in quanto tale. Quindi, la potenza è la possibilità che la materia assuma una determinata forma.
    L’atto è la realizzazione di questa potenza ossia la concretizzazione di una materia che prende una determinata forma.
    Facciamo un esempio per capirci meglio. Prendiamo un pulcino. L’uovo rappresenta la potenza ossia la possibilità che quella materia diventi sostanza, ossia il pulcino e il pulcino è l’atto ossia la concretizzazione di questa potenza. In questo senso dobbiamo fare un’equivalenza tra potenza e materia e atto e forma. Infatti, la potenza sta alla materia come l’atto sta alla forma. Quindi, abbiamo visto che il passaggio non è dal non essere all’essere, ma dalla potenza (che comunque è perché è materia) all’atto (che è la forma). Aristotele chiama l’atto “entelechìa” che in greco significa “realizzazione” o “perfezione attuata” ed è per lui ontologicamente superiore alla potenza perché ne rappresenta la causa, lo scopo, il senso per poi si attua quella potenza. Quindi, alla classica domanda: “è nato prima l’uovo o la gallina”, Aristotele probabilmente risponderebbe la gallina perché è l’atto, è la realizzazione di quella potenza che è caratterizzata dalla materia “uovo”.
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    A presto. Dott.ssa Laura Pirotta, psicologa clinica.
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