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- เผยแพร่เมื่อ 4 พ.ย. 2024
- Un’inclinazione per le materie scientifiche che ha lasciato il posto allo studio della teologia. Adnane Mokrani è un teologo musulmano esperto di teologia cristiana, professore presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma dove insegna Studi Islamici e Relazioni Cristiano-Musulmane. Presidente del Cipax - Centro Interconfessionale per la Pace, è uno dei firmatari, di 138 saggi musulmani, della lettera aperta “Una parola comune tra noi e voi” indirizzata dalle personalità dell’Islam ai “capi delle Chiese cristiane di tutto il mondo”, ed è fortemente convinto del valore del dialogo interreligioso come stile di vita e non diplomazia, come strumento di umanizzazione e santificazione. Perché l’incontro con un’altra religione è un’occasione per vedere le questioni della vita da un’ottica diversa. In un’epoca in cui l’incontro con l’altro intimorisce e la minaccia di una dominazione proveniente dall’Oriente crea sgomento, il prof. Mokrani insegna che il dialogo è possibile con tutti, e che è considerato un errore pensare al Corano come idolo o a un libro di legge, e che è sicuramente “più aperto di certi musulmani”, come Mokrani afferma.
Ma perché un musulmano avrebbe dovuto interessarsi la teologia cristiana? “Perché avevo studiato teologia islamica nelle università islamiche in Algeria, Costantina e poi a Tunisi. Poi un giorno sono andato a salutare il nuovo vescovo di Tunisi, Fouad Twal, poi diventato il nuovo patriarca di Gerusalemme, e lui mi ha proposto questa bella opportunità di studio che mi ha cambiato la vita.”
Il dialogo l’ha imparato in casa, Adnane, poiché sua mamma e sua zia avevano insegnato in scuole cattoliche ad Algeri. ”E’ difficile dialogare con tutti, ma dalle persone più chiuse impariamo la pazienza, e offriamo una possibilità di conversione. Conversione a Dio, all’umano, perché credo molto nella spiritualità dell’incontro umano. Forse chi non ha avuto la possibilità di aprirsi, per tanti motivi, è diventato rigido, perciò il dialogo può offrire una possibilità di cambiamento”.
Il dialogo e l’incontro, sono veicolo di pace fra le diverse culture. Un paradosso è stato l’incompreso discorso di Papa Benedetto XVI a Ratisbona, un momento di tensione e scontro aspro, anche pericoloso, che tuttavia ha aperto un dialogo inimmaginabile: “Papa Benedetto ha toccato un punto essenziale: che l’esperienza religiosa autentica è un’esperienza pacifica, la violenza è un problema che può trasformare la religione in una ideologia, un’arma di potere, di lotta, di esclusione. E proprio dopo questo discorso si è aperto un tavolo di dialogo con “Una parola comune tra noi e voi” che ha messo insieme musulmani da tutto il mondo”.
Il Corano è uno scritto che va interpretato o idolatrato? “Normalmente il Corano è interpretato dai centri di studi islamici, le università nel mondo, ma adesso c’è necessità di un’apertura più ampia. E anche di una collaborazione interreligiosa, mi interessa molto il dialogo metodologico tra studi biblici e studi coranici. Ci sono grandi associazioni che lavorano in questo campo dove sapienti, professori, musulmani e non musulmani, lavorano insieme in progetti di ricerca. C’è un’apertura verso un lavoro più universale sul Corano e ci sono tanti musulmani che lavorano in questi progetti”.