Grazie mille! Sono felice che tu l’abbia trovato interessante. Heidegger è complesso, ma anche incredibilmente attuale. Se c’è un aspetto specifico che ti ha colpito o su cui vorresti approfondire, fammelo sapere!
L'angoscia è l'assenza di Dio. È il sentimento che nasce dal rifiuto di Dio nella nostra vita e quindi è lo sgomento che proviamo osservando ciò che ci si para davanti una volta escluso Dio: il nulla
Il concetto di angoscia in Heidegger si riferisce a un’esperienza esistenziale legata alla consapevolezza del nulla e della finitezza umana, che emerge quando l’individuo si confronta con la propria solitudine esistenziale. Non si tratta tanto di un’assenza di Dio, quanto della sensazione di impotenza di fronte alla vastità dell’esistenza e alla propria mortalità. Certamente, in alcune tradizioni religiose, l’angoscia può essere vista come una separazione da Dio, ma in Heidegger il nulla è una condizione intrinseca alla nostra esistenza che non dipende da una causa teologica, ma dalla consapevolezza della nostra finitezza.
@SemplicementeAforismi la consapevolezza presuppone una verità da noi acquisita e riconosciuta come realtà. Questa verità la si può acquisire attraverso i sensi ed ecco la morte del corpo, realtà materiale indiscutibile, oppure attraverso lo spirito ed ecco l'immortalità dell'anima, realtà spirituale allo stesso modo indiscutibile. Al di là di queste due indiscutibili realtà c'è la nostra volontà per cui nulla è vero per noi se non ciò in cui vogliamo credere, sia esso la nostra finitezza materiale sia esso la nostra eternità spirituale. Detto ciò, prendere consapevolezza della nostra finitezza materiale è un traguardo parziale, tanto è vero che nonostante Heidegger e tutti i filosofi precedenti e successivi, l'angoscia ai giorni nostri inevitabilmente si manifesta ad una qualche età nella stragrande maggioranza delle persone che scelgono di credere nella propria finitezza, ad eccezione dei pazzi e dei già morti viventi che non temono di morire essendo inconsapevoli di essere vivi
@@SemplicementeAforismi OK, ma ciò significa che con la nostra morte finisce tutto. Non esiste alcuna "anima immortale" che fu un'invenzione platonica, ripresa poi dal cristianesimo
@@marcob4630 Hai sollevato una questione centrale! In effetti, per Heidegger, la morte rappresenta il limite estremo dell’esistenza, ed è proprio la consapevolezza di questa finitezza che ci spinge a vivere in modo più autentico. A differenza di Platone, che concepiva l’anima immortale, Heidegger non parla di un’anima separata dal corpo. La sua prospettiva non è teologica, ma esistenziale: ciò che conta non è tanto ‘cosa accade dopo la morte’, ma come la consapevolezza della morte influisce sulla nostra vita presente. Questo è il cuore del concetto di “essere-per-la-morte” (Sein-zum-Tode). Resta però uno spazio di riflessione aperto, in cui ciascuno può dare la propria risposta personale a questa domanda.”
Vi sentite piu autentici o piu alienati nel mondo moderno dominato dalla tecnologia? Scrivetelo nei commenti…
La morte è il nostro vero orizzonte o limite invalicabile! È lei che conferisce un senso su come siamo vissuti
Molto interessante
Grazie mille! Sono felice che tu l’abbia trovato interessante. Heidegger è complesso, ma anche incredibilmente attuale. Se c’è un aspetto specifico che ti ha colpito o su cui vorresti approfondire, fammelo sapere!
L'angoscia è l'assenza di Dio. È il sentimento che nasce dal rifiuto di Dio nella nostra vita e quindi è lo sgomento che proviamo osservando ciò che ci si para davanti una volta escluso Dio: il nulla
Il concetto di angoscia in Heidegger si riferisce a un’esperienza esistenziale legata alla consapevolezza del nulla e della finitezza umana, che emerge quando l’individuo si confronta con la propria solitudine esistenziale. Non si tratta tanto di un’assenza di Dio, quanto della sensazione di impotenza di fronte alla vastità dell’esistenza e alla propria mortalità. Certamente, in alcune tradizioni religiose, l’angoscia può essere vista come una separazione da Dio, ma in Heidegger il nulla è una condizione intrinseca alla nostra esistenza che non dipende da una causa teologica, ma dalla consapevolezza della nostra finitezza.
@SemplicementeAforismi la consapevolezza presuppone una verità da noi acquisita e riconosciuta come realtà. Questa verità la si può acquisire attraverso i sensi ed ecco la morte del corpo, realtà materiale indiscutibile, oppure attraverso lo spirito ed ecco l'immortalità dell'anima, realtà spirituale allo stesso modo indiscutibile. Al di là di queste due indiscutibili realtà c'è la nostra volontà per cui nulla è vero per noi se non ciò in cui vogliamo credere, sia esso la nostra finitezza materiale sia esso la nostra eternità spirituale. Detto ciò, prendere consapevolezza della nostra finitezza materiale è un traguardo parziale, tanto è vero che nonostante Heidegger e tutti i filosofi precedenti e successivi, l'angoscia ai giorni nostri inevitabilmente si manifesta ad una qualche età nella stragrande maggioranza delle persone che scelgono di credere nella propria finitezza, ad eccezione dei pazzi e dei già morti viventi che non temono di morire essendo inconsapevoli di essere vivi
@@SemplicementeAforismi OK, ma ciò significa che con la nostra morte finisce tutto. Non esiste alcuna "anima immortale" che fu un'invenzione platonica, ripresa poi dal cristianesimo
@@marcob4630 Hai sollevato una questione centrale! In effetti, per Heidegger, la morte rappresenta il limite estremo dell’esistenza, ed è proprio la consapevolezza di questa finitezza che ci spinge a vivere in modo più autentico. A differenza di Platone, che concepiva l’anima immortale, Heidegger non parla di un’anima separata dal corpo. La sua prospettiva non è teologica, ma esistenziale: ciò che conta non è tanto ‘cosa accade dopo la morte’, ma come la consapevolezza della morte influisce sulla nostra vita presente. Questo è il cuore del concetto di “essere-per-la-morte” (Sein-zum-Tode). Resta però uno spazio di riflessione aperto, in cui ciascuno può dare la propria risposta personale a questa domanda.”
@@SemplicementeAforismi condivido, grazie!