Grazie mille degli spunti di riflessione Davide, mi trovo davvero tanto d'accordo con te. Quello di cui hai parlato in questo video vale assolutamente per chi ha un lavoro dipendente, ma anche per chi, come me, ha un lavoro da libero professionista. Io tendo ad associare, forse ogni tanto anche a sostituire, la mia identità personale con quella del mio lavoro e a darmi anche un valore su una scala di "successo" prettamente lavorativa che però ovviamente inficia su quella che è la mia qualità della vita percepita. Penso ci sia tanto lavoro da fare su questo fronte, ma con le giuste domande e riflessioni si può davvero cominciare a sgretolare questo velo di "religiosità" che abbiamo dato al lavoro nel tempo.
Grazie mille a te @alessioferreri! È molto interessante il tuo punto di vista perché a breve inizierò anch’io a lavorare da autonomo. Il rischio che si cela nella grande libertà è la mancanza di limiti al lavoro quando puoi e devi contare solo su te stesso. Sono molto convinto del concetto lavorare meno (e meglio), vedremo come andrà. 🤞
Mia umile opinione: non c'è soluzione perché purtroppo in un mondo che ruota sempre più vorticosamente intorno al profitto di pochi e quindi ai "valori" del capitalismo, non se ne esce finché non si smonta il giochino. E chi vuole smontarlo? Nessuno, in verità. Non certo chi ormai detiene il potere economico e politico, ma nemmeno gli ultimi, la cui più grande paura resta quella di perdere una minima fonte di sussistenza. Grazie per questo video.
Grazie del tuo pensiero @@unatipadalibri! È vero sembra un gioco a somma zero, ma conservo un minimo di speranza nell’autodeterminazione e nel fatto che quanto racconta il libro è parte di un movimento che sta cambiando la cultura del lavoro come la conosciamo oggi. Giusto oggi parlavo con un amico imprenditore che mi raccontava la sua stanchezza e la sua decisione di fare meno ore, ovviamente a discapito del profitto.
Bel video! Un mio pensiero, di cui mi piacerebbe discutere, è che il valore percepito e attribuito al lavoro da molti decenni non è più correlato allo sforzo (fisico o creativo che sia) o al prodotto in se. Questo, valore, è piuttosto legato a quanto esso riesca a muovere il mercato, il quale segue leggi che non rispettano quelli che sono i bisogni sociali o di appagamento del lavoratore. Portando un esempio semplicistico, se sei bravo a fare un prodotto x, mettiamo scarpe per esempio, ma sei "obbligato" per riuscire a venderle a fartele pagare quattro lire, non ti sentirai ricompensato ne riconosciuto degli sforzi fatti per riuscire a creare quel prodotto.
Grazie @fabiobonanato2178 ! La disconnessione tra valore reale e valore percepito, dovuto alle nuove logiche di mercato, mi fa pensare al momento in cui è stata dichiarata l’inconvertibilità del dollaro. In quel caso è servito per far crescere il valore del dollaro, per il lavoro invece sembra sia successo il contrario. La concorrenza globalizzata e l’iperproduzione hanno diminuito il valore del lavoro, sopratutto quello di qualità. Ciò ha portato con sé la perdita di senso e di prospettiva per i lavoratori. La soluzione? Forse come detto nel libro i problemi di oggi (grandi dimissioni ad esempio) sono i tasselli che stanno costruendo il futuro del lavoro.
Vero anche che senza l’azienda chi da il pane prendendosi il rischio d’impresa? È un cane che si mangia la coda anche se spesso sbilanciato per il padrone ti do ragione
Sento un fischio durante tutto il video, non so se hai il gain troppo alto o c'era qualcosa di acceso in camera(condizionatore, computer) che faceva un rumore.
Grazie mille degli spunti di riflessione Davide, mi trovo davvero tanto d'accordo con te.
Quello di cui hai parlato in questo video vale assolutamente per chi ha un lavoro dipendente, ma anche per chi, come me, ha un lavoro da libero professionista.
Io tendo ad associare, forse ogni tanto anche a sostituire, la mia identità personale con quella del mio lavoro e a darmi anche un valore su una scala di "successo" prettamente lavorativa che però ovviamente inficia su quella che è la mia qualità della vita percepita.
Penso ci sia tanto lavoro da fare su questo fronte, ma con le giuste domande e riflessioni si può davvero cominciare a sgretolare questo velo di "religiosità" che abbiamo dato al lavoro nel tempo.
Grazie mille a te @alessioferreri! È molto interessante il tuo punto di vista perché a breve inizierò anch’io a lavorare da autonomo. Il rischio che si cela nella grande libertà è la mancanza di limiti al lavoro quando puoi e devi contare solo su te stesso. Sono molto convinto del concetto lavorare meno (e meglio), vedremo come andrà. 🤞
Gran bel video Davide, grazie per averlo condiviso! Non lo conoscevo, ma mi hai incuriosito e lo prenderò a breve!
@filippopagotto8968 grazie a te e si si consigliatissimo! Trovi il link in descrizione 😉
Mia umile opinione: non c'è soluzione perché purtroppo in un mondo che ruota sempre più vorticosamente intorno al profitto di pochi e quindi ai "valori" del capitalismo, non se ne esce finché non si smonta il giochino. E chi vuole smontarlo? Nessuno, in verità. Non certo chi ormai detiene il potere economico e politico, ma nemmeno gli ultimi, la cui più grande paura resta quella di perdere una minima fonte di sussistenza. Grazie per questo video.
Grazie del tuo pensiero @@unatipadalibri!
È vero sembra un gioco a somma zero, ma conservo un minimo di speranza nell’autodeterminazione e nel fatto che quanto racconta il libro è parte di un movimento che sta cambiando la cultura del lavoro come la conosciamo oggi.
Giusto oggi parlavo con un amico imprenditore che mi raccontava la sua stanchezza e la sua decisione di fare meno ore, ovviamente a discapito del profitto.
@@davidebonvi sì, hai ragione, piccole azioni che possano cambiare se non il mondo almeno qualche microcosmo. Speriamo!
Bel video! Un mio pensiero, di cui mi piacerebbe discutere, è che il valore percepito e attribuito al lavoro da molti decenni non è più correlato allo sforzo (fisico o creativo che sia) o al prodotto in se. Questo, valore, è piuttosto legato a quanto esso riesca a muovere il mercato, il quale segue leggi che non rispettano quelli che sono i bisogni sociali o di appagamento del lavoratore. Portando un esempio semplicistico, se sei bravo a fare un prodotto x, mettiamo scarpe per esempio, ma sei "obbligato" per riuscire a venderle a fartele pagare quattro lire, non ti sentirai ricompensato ne riconosciuto degli sforzi fatti per riuscire a creare quel prodotto.
Grazie @fabiobonanato2178 ! La disconnessione tra valore reale e valore percepito, dovuto alle nuove logiche di mercato, mi fa pensare al momento in cui è stata dichiarata l’inconvertibilità del dollaro. In quel caso è servito per far crescere il valore del dollaro, per il lavoro invece sembra sia successo il contrario. La concorrenza globalizzata e l’iperproduzione hanno diminuito il valore del lavoro, sopratutto quello di qualità. Ciò ha portato con sé la perdita di senso e di prospettiva per i lavoratori. La soluzione? Forse come detto nel libro i problemi di oggi (grandi dimissioni ad esempio) sono i tasselli che stanno costruendo il futuro del lavoro.
E il capitalismo,ti do il pane ,mi devi gratitudine,ma senza i dipendenti dove va l 'azienda , non mi regali niente,tu azienda guadagni su di me
Vero anche che senza l’azienda chi da il pane prendendosi il rischio d’impresa? È un cane che si mangia la coda anche se spesso sbilanciato per il padrone ti do ragione
Sento un fischio durante tutto il video, non so se hai il gain troppo alto o c'era qualcosa di acceso in camera(condizionatore, computer) che faceva un rumore.
Probabile che sia il gain, verifico per il prossimo 😉