Insuperabile... Gassman, Sordi, Mastroianni, Tognazzi, Manfredi (e mi fermo al cinema...): lo specchio dell'Italia di quegli anni, piena di problemi, ma fondamentalmente sana, in quanto esisteva una classe media amante, tra la altre cose, del bello, della cultura, dell'istruzione, dell'arte. Mi ricordo mia madre : voleva che io studiassi non per denaro, ma perchè ai suoi occhi la gente "istruita", "colta", era da lei sinceramente ammirata, presa come fonte e modello. Oggi, dopo vent'anni di tutto ciò che ben sappiamo, sono rimaste le ceneri di quell'Italia. Vedo attorno a me gente con titoli e diplomi alla quale letture come questa di Gassman, non solo non dicono nulla, ma anzi, non sanno nemmeno che esistono; non sanno nemmeno che un giorno sono esistiti un Dante Alighieri, un Petrarca, un Boccaccio, un Manzoni, un Leopardi, un Carducci, un Foscolo (e mi fermo alla letteratura....). Che amarezza! Che delusione! Che....peccato!
"Una classe media amante tra le altre cose del bello, della natura, del debito pubblico e delle baby pensioni a carico delle generazioni future." Basta idealizzare l'Italia, dobbiamo finirla. 😄
Vexilla regis prodeunt inferni verso di noi; però dinanzi mira", disse ’l maestro mio, "se tu ’l discerni".3 Come quando una grossa nebbia spira, o quando l’emisperio nostro annotta, par di lungi un molin che ’l vento gira,6 veder mi parve un tal dificio allotta; poi per lo vento mi ristrinsi retro al duca mio, ché non lì era altra grotta.9 Già era, e con paura il metto in metro, là dove l’ombre tutte eran coperte, e trasparien come festuca in vetro.12 Altre sono a giacere; altre stanno erte, quella col capo e quella con le piante; altra, com’arco, il volto a’ piè rinverte.15 Quando noi fummo fatti tanto avante, ch’al mio maestro piacque di mostrarmi la creatura ch’ebbe il bel sembiante,18 d’innanzi mi si tolse e fé restarmi, "Ecco Dite", dicendo, "ed ecco il loco ove convien che di fortezza t’armi".21 Com’io divenni allor gelato e fioco, nol dimandar, lettor, ch’i’ non lo scrivo, però ch’ogne parlar sarebbe poco.24 Io non mori’ e non rimasi vivo; pensa oggimai per te, s’ hai fior d’ingegno, qual io divenni, d’uno e d’altro privo.27 Lo ’mperador del doloroso regno da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia; e più con un gigante io mi convegno,30 che i giganti non fan con le sue braccia: vedi oggimai quant’esser dee quel tutto ch’a così fatta parte si confaccia.33 S’el fu sì bel com’elli è ora brutto, e contra ’l suo fattore alzò le ciglia, ben dee da lui procedere ogne lutto.36 Oh quanto parve a me gran maraviglia quand’io vidi tre facce a la sua testa! L’una dinanzi, e quella era vermiglia;39 l’altr’eran due, che s’aggiugnieno a questa sovresso ’l mezzo di ciascuna spalla, e sé giugnieno al loco de la cresta:42 e la destra parea tra bianca e gialla; la sinistra a vedere era tal, quali vegnon di là onde ’l Nilo s’avvalla.45 Sotto ciascuna uscivan due grand’ali, quanto si convenia a tanto uccello: vele di mar non vid’io mai cotali.48 Non avean penne, ma di vispistrello era lor modo; e quelle svolazzava, sì che tre venti si movean da ello:51 quindi Cocito tutto s’aggelava. Con sei occhi piangëa, e per tre menti gocciava ’l pianto e sanguinosa bava.54 Da ogne bocca dirompea co’ denti un peccatore, a guisa di maciulla, sì che tre ne facea così dolenti.57 A quel dinanzi il mordere era nulla verso ’l graffiar, che talvolta la schiena rimanea de la pelle tutta brulla.60 "Quell’anima là sù c’ ha maggior pena", disse ’l maestro, "è Giuda Scarïotto, che ’l capo ha dentro e fuor le gambe mena.63 De li altri due c’ hanno il capo di sotto, quel che pende dal nero ceffo è Bruto: vedi come si storce, e non fa motto!;66 e l’altro è Cassio, che par sì membruto. Ma la notte risurge, e oramai è da partir, ché tutto avem veduto".69 Com’a lui piacque, il collo li avvinghiai; ed el prese di tempo e loco poste, e quando l’ali fuoro aperte assai,72 appigliò sé a le vellute coste; di vello in vello giù discese poscia tra ’l folto pelo e le gelate croste.75 Quando noi fummo là dove la coscia si volge, a punto in sul grosso de l’anche, lo duca, con fatica e con angoscia,78 volse la testa ov’elli avea le zanche, e aggrappossi al pel com’om che sale, sì che ’n inferno i’ credea tornar anche.81 "Attienti ben, ché per cotali scale", disse ’l maestro, ansando com’uom lasso, "conviensi dipartir da tanto male".84 Poi uscì fuor per lo fóro d’un sasso e puose me in su l’orlo a sedere; appresso porse a me l’accorto passo.87 Io levai li occhi e credetti vedere Lucifero com’io l’avea lasciato, e vidili le gambe in sù tenere;90 e s’io divenni allora travagliato, la gente grossa il pensi, che non vede qual è quel punto ch’io avea passato.93 "Lèvati sù", disse ’l maestro, "in piede: la via è lunga e ’l cammino è malvagio, e già il sole a mezza terza riede".96 Non era camminata di palagio là ’v’eravam, ma natural burella ch’avea mal suolo e di lume disagio.99 "Prima ch’io de l’abisso mi divella, maestro mio", diss’io quando fui dritto, "a trarmi d’erro un poco mi favella:102 ov’è la ghiaccia? e questi com’è fitto sì sottosopra? e come, in sì poc’ora, da sera a mane ha fatto il sol tragitto?".105 Ed elli a me: "Tu imagini ancora d’esser di là dal centro, ov’io mi presi al pel del vermo reo che ’l mondo fóra.108 Di là fosti cotanto quant’io scesi; quand’io mi volsi, tu passasti ’l punto al qual si traggon d’ogne parte i pesi.111 E se’ or sotto l’emisperio giunto ch’è contraposto a quel che la gran secca coverchia, e sotto ’l cui colmo consunto114 fu l’uom che nacque e visse sanza pecca; tu haï i piedi in su picciola spera che l’altra faccia fa de la Giudecca.117 Qui è da man, quando di là è sera; e questi, che ne fé scala col pelo, fitto è ancora sì come prim’era.120 Da questa parte cadde giù dal cielo; e la terra, che pria di qua si sporse, per paura di lui fé del mar velo,123 e venne a l’emisperio nostro; e forse per fuggir lui lasciò qui loco vòto quella ch’appar di qua, e sù ricorse".126 Luogo è là giù da Belzebù remoto tanto quanto la tomba si distende, che non per vista, ma per suono è noto129 d’un ruscelletto che quivi discende per la buca d’un sasso, ch’elli ha roso, col corso ch’elli avvolge, e poco pende.132 Lo duca e io per quel cammino ascoso intrammo a ritornar nel chiaro mondo; e sanza cura aver d’alcun riposo,135 salimmo sù, el primo e io secondo, tanto ch’i’ vidi de le cose belle che porta ’l ciel, per un pertugio tondo.138 E quindi uscimmo a riveder le stelle.
He's reading Dante's Inferno's last chapter . Dante's Comedia is formed by 3 books ( Inferno , Purgatory and Paradise , all formed of 33 chapters except one of them which has one more . 33 is symbolic because 3 stands for the Trinity , 100...aka the total number of chapters represents God's entirety ) . Inside the Divine Comedy Dante will apparently be talking about the "Divine" and thus hell , purgatory and the heavens but in truth there's a lot more to it than what the reader can see at a first glance ; the poet does in truth simply use this topic as an expedient to talk of the most various things his mind can come up with , spacing from his time's political problems to philosophy , ethics , love and so on. In this chapter specifically Dante and Vergil are about to meet Lucifer ( represented as a three headed beast whose wings generate such a strong wind that it's able to keep that part of the inferno completely frozen in ice ) who's devouring the souls of Brutus , Cassius and Judas ( considered to be the worst traitors who ever lived ) . The king of hell is depicted as some kind of mechanical monster as he won't even pay attention to Dante and Vergil themselves due to how miserable is his condition of being now powerless and stuck in the Inferno , away from every hope of salvation . After climbing on his back and using it to press on further the two travelers will reach a natural cavern's tunnel and from there , after noticing that they are now in the austral emisphere instead of being still in the boreal one , will manage to get out from the inferno during the night....and that's why Dante comments "And thus we exited and gazed back at the stars" . The two of them have now reached the Purgatory's mountain entrance . ( There would be a lot more to add and explain but the reply is already hella long and I don't wanna write an essay )
ridicolo, pomposo, senza dinamica, lo schema che si ripete senza fermarsi, un modo vecchio, sillabico, che non traluce nessun elemento psicologico. la rovina di dante
Dovresti portare rispetto se non altro per la professionalità di un attore che non doveva dimostrare nulla eppure, ha tenuto a mente una serie impressionante di terzine. Si può anche dissentire da una certa esposizione, senza offendere, disprezzare , e soprattutto senza l'umiltà di chiarire che il tuo è un giudizio personale ...Come direbbe Sgarbi : CAPRA!!!
Insuperabile... Gassman, Sordi, Mastroianni, Tognazzi, Manfredi (e mi fermo al cinema...): lo specchio dell'Italia di quegli anni, piena di problemi, ma fondamentalmente sana, in quanto esisteva una classe media amante, tra la altre cose, del bello, della cultura, dell'istruzione, dell'arte. Mi ricordo mia madre : voleva che io studiassi non per denaro, ma perchè ai suoi occhi la gente "istruita", "colta", era da lei sinceramente ammirata, presa come fonte e modello. Oggi, dopo vent'anni di tutto ciò che ben sappiamo, sono rimaste le ceneri di quell'Italia. Vedo attorno a me gente con titoli e diplomi alla quale letture come questa di Gassman, non solo non dicono nulla, ma anzi, non sanno nemmeno che esistono; non sanno nemmeno che un giorno sono esistiti un Dante Alighieri, un Petrarca, un Boccaccio, un Manzoni, un Leopardi, un Carducci, un Foscolo (e mi fermo alla letteratura....). Che amarezza! Che delusione! Che....peccato!
🤦🏻♀️
mi parli dall'anima.
"Una classe media amante tra le altre cose del bello, della natura, del debito pubblico e delle baby pensioni a carico delle generazioni future." Basta idealizzare l'Italia, dobbiamo finirla. 😄
Vexilla regis prodeunt inferni
verso di noi; però dinanzi mira",
disse ’l maestro mio, "se tu ’l discerni".3
Come quando una grossa nebbia spira,
o quando l’emisperio nostro annotta,
par di lungi un molin che ’l vento gira,6
veder mi parve un tal dificio allotta;
poi per lo vento mi ristrinsi retro
al duca mio, ché non lì era altra grotta.9
Già era, e con paura il metto in metro,
là dove l’ombre tutte eran coperte,
e trasparien come festuca in vetro.12
Altre sono a giacere; altre stanno erte,
quella col capo e quella con le piante;
altra, com’arco, il volto a’ piè rinverte.15
Quando noi fummo fatti tanto avante,
ch’al mio maestro piacque di mostrarmi
la creatura ch’ebbe il bel sembiante,18
d’innanzi mi si tolse e fé restarmi,
"Ecco Dite", dicendo, "ed ecco il loco
ove convien che di fortezza t’armi".21
Com’io divenni allor gelato e fioco,
nol dimandar, lettor, ch’i’ non lo scrivo,
però ch’ogne parlar sarebbe poco.24
Io non mori’ e non rimasi vivo;
pensa oggimai per te, s’ hai fior d’ingegno,
qual io divenni, d’uno e d’altro privo.27
Lo ’mperador del doloroso regno
da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia;
e più con un gigante io mi convegno,30
che i giganti non fan con le sue braccia:
vedi oggimai quant’esser dee quel tutto
ch’a così fatta parte si confaccia.33
S’el fu sì bel com’elli è ora brutto,
e contra ’l suo fattore alzò le ciglia,
ben dee da lui procedere ogne lutto.36
Oh quanto parve a me gran maraviglia
quand’io vidi tre facce a la sua testa!
L’una dinanzi, e quella era vermiglia;39
l’altr’eran due, che s’aggiugnieno a questa
sovresso ’l mezzo di ciascuna spalla,
e sé giugnieno al loco de la cresta:42
e la destra parea tra bianca e gialla;
la sinistra a vedere era tal, quali
vegnon di là onde ’l Nilo s’avvalla.45
Sotto ciascuna uscivan due grand’ali,
quanto si convenia a tanto uccello:
vele di mar non vid’io mai cotali.48
Non avean penne, ma di vispistrello
era lor modo; e quelle svolazzava,
sì che tre venti si movean da ello:51
quindi Cocito tutto s’aggelava.
Con sei occhi piangëa, e per tre menti
gocciava ’l pianto e sanguinosa bava.54
Da ogne bocca dirompea co’ denti
un peccatore, a guisa di maciulla,
sì che tre ne facea così dolenti.57
A quel dinanzi il mordere era nulla
verso ’l graffiar, che talvolta la schiena
rimanea de la pelle tutta brulla.60
"Quell’anima là sù c’ ha maggior pena",
disse ’l maestro, "è Giuda Scarïotto,
che ’l capo ha dentro e fuor le gambe mena.63
De li altri due c’ hanno il capo di sotto,
quel che pende dal nero ceffo è Bruto:
vedi come si storce, e non fa motto!;66
e l’altro è Cassio, che par sì membruto.
Ma la notte risurge, e oramai
è da partir, ché tutto avem veduto".69
Com’a lui piacque, il collo li avvinghiai;
ed el prese di tempo e loco poste,
e quando l’ali fuoro aperte assai,72
appigliò sé a le vellute coste;
di vello in vello giù discese poscia
tra ’l folto pelo e le gelate croste.75
Quando noi fummo là dove la coscia
si volge, a punto in sul grosso de l’anche,
lo duca, con fatica e con angoscia,78
volse la testa ov’elli avea le zanche,
e aggrappossi al pel com’om che sale,
sì che ’n inferno i’ credea tornar anche.81
"Attienti ben, ché per cotali scale",
disse ’l maestro, ansando com’uom lasso,
"conviensi dipartir da tanto male".84
Poi uscì fuor per lo fóro d’un sasso
e puose me in su l’orlo a sedere;
appresso porse a me l’accorto passo.87
Io levai li occhi e credetti vedere
Lucifero com’io l’avea lasciato,
e vidili le gambe in sù tenere;90
e s’io divenni allora travagliato,
la gente grossa il pensi, che non vede
qual è quel punto ch’io avea passato.93
"Lèvati sù", disse ’l maestro, "in piede:
la via è lunga e ’l cammino è malvagio,
e già il sole a mezza terza riede".96
Non era camminata di palagio
là ’v’eravam, ma natural burella
ch’avea mal suolo e di lume disagio.99
"Prima ch’io de l’abisso mi divella,
maestro mio", diss’io quando fui dritto,
"a trarmi d’erro un poco mi favella:102
ov’è la ghiaccia? e questi com’è fitto
sì sottosopra? e come, in sì poc’ora,
da sera a mane ha fatto il sol tragitto?".105
Ed elli a me: "Tu imagini ancora
d’esser di là dal centro, ov’io mi presi
al pel del vermo reo che ’l mondo fóra.108
Di là fosti cotanto quant’io scesi;
quand’io mi volsi, tu passasti ’l punto
al qual si traggon d’ogne parte i pesi.111
E se’ or sotto l’emisperio giunto
ch’è contraposto a quel che la gran secca
coverchia, e sotto ’l cui colmo consunto114
fu l’uom che nacque e visse sanza pecca;
tu haï i piedi in su picciola spera
che l’altra faccia fa de la Giudecca.117
Qui è da man, quando di là è sera;
e questi, che ne fé scala col pelo,
fitto è ancora sì come prim’era.120
Da questa parte cadde giù dal cielo;
e la terra, che pria di qua si sporse,
per paura di lui fé del mar velo,123
e venne a l’emisperio nostro; e forse
per fuggir lui lasciò qui loco vòto
quella ch’appar di qua, e sù ricorse".126
Luogo è là giù da Belzebù remoto
tanto quanto la tomba si distende,
che non per vista, ma per suono è noto129
d’un ruscelletto che quivi discende
per la buca d’un sasso, ch’elli ha roso,
col corso ch’elli avvolge, e poco pende.132
Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d’alcun riposo,135
salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ’l ciel, per un pertugio tondo.138
E quindi uscimmo a riveder le stelle.
Madò, m'ha steso! Che meraviglia!
gigantesco, insuperabile Vittorio! Dante non avrebbe potuto chiedere miglior lettore....
Sono senza parole.
Come disse il Boccaccio... 'divina' davvero...
:-)
ciao, Fabio
Emozionante, stupendo! Grazie a chi ha postato questo video
STRAORDINARIA LECTURA DANTIS DEL GRANDE , INCOMMENSURABILE GASSMAN
Grazie maestro
Sublime.... E non trovo altro a dire
🙌 👏 🙏 🤝 👍
Immenso.
Incommensurabile.
Scusate sapete dirmi il luogo? Grazie mille
Meraviglioso
Magnifique
Alessandro Bernero
❤️✨
Berbero Alessandro
Discernere
What is he talking about?
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Inferno, by Dante Alighieri
He's reading Dante's Inferno's last chapter .
Dante's Comedia is formed by 3 books ( Inferno , Purgatory and Paradise , all formed of 33 chapters except one of them which has one more . 33 is symbolic because 3 stands for the Trinity , 100...aka the total number of chapters represents God's entirety ) .
Inside the Divine Comedy Dante will apparently be talking about the "Divine" and thus hell , purgatory and the heavens but in truth there's a lot more to it than what the reader can see at a first glance ; the poet does in truth simply use this topic as an expedient to talk of the most various things his mind can come up with , spacing from his time's political problems to philosophy , ethics , love and so on.
In this chapter specifically Dante and Vergil are about to meet Lucifer ( represented as a three headed beast whose wings generate such a strong wind that it's able to keep that part of the inferno completely frozen in ice ) who's devouring the souls of Brutus , Cassius and Judas ( considered to be the worst traitors who ever lived ) . The king of hell is depicted as some kind of mechanical monster as he won't even pay attention to Dante and Vergil themselves due to how miserable is his condition of being now powerless and stuck in the Inferno , away from every hope of salvation .
After climbing on his back and using it to press on further the two travelers will reach a natural cavern's tunnel and from there , after noticing that they are now in the austral emisphere instead of being still in the boreal one , will manage to get out from the inferno during the night....and that's why Dante comments "And thus we exited and gazed back at the stars" .
The two of them have now reached the Purgatory's mountain entrance .
( There would be a lot more to add and explain but the reply is already hella long and I don't wanna write an essay )
ridicolo, pomposo, senza dinamica, lo schema che si ripete senza fermarsi, un modo vecchio, sillabico, che non traluce nessun elemento psicologico. la rovina di dante
Parli di Gassman o di Benigni?
Quanta ignoranza in un solo commento........
Dovresti portare rispetto se non altro per la professionalità di un attore che non doveva dimostrare nulla eppure, ha tenuto a mente una serie impressionante di terzine. Si può anche dissentire da una certa esposizione, senza offendere, disprezzare , e soprattutto senza l'umiltà di chiarire che il tuo è un giudizio personale ...Come direbbe Sgarbi : CAPRA!!!