Che bello. Sicuramente per limite mio, ma una *cosa* filosofica così bella, tra italofoni, non ricordo quand'è che l'ho sentita l'ultima volta. Grazie a Dario e a Michele, qui in veste di uomini primi che di professori.
Io ho sempre pensato di essere pazzo. Poi arriva Boldrin..e scopro che siamo in due! Grande! La ringrazio per i contenuti, e ringrazio Rick DuFer, in assenza del quale non avrei mai saputo della sua esistenza!
Provo a dire la mia. In generale la questione delle definizioni presuppone due elementi: - la necessità delle definizioni perché si possa usare parole che abbiano senso nello comunicazione; - l'impossibilità di arrivare una definizione univoca delle cose; In mezzo ci sta l'utilità secondo la quale due o più soggetti che vogliano intendersi stabiliscono un perimetro di significato condiviso. Per quanto riguarda la definizione di liberalismo credo che vada puntata la luce verso il demone cattivo che ci sta dietro. Il demone cattivo ha a che fare con l'uguaglianza, la proprietà e l'opportunità. Con grande facilità possiamo dire che siamo tutti diversi, perché nasciamo con forza fisica diversa, con capacità cognitive diverse e poi in anche in contesti diversi. Questo fa si che avere qualcosa per merito rischia di essere una grande ipocrisia. Quindi eleviamo al rango di qualità morale la tendenza a conquistare una soddisfacente posizione economica, sociale ...etica....spirituale....ecc...In sintesi non c'è cosa che si conquisti senza un atto volitivo condizionato dalle opportunità. Difendere e propagare la propria libertà è, per certi versi, di per se illiberale perché non fondabile su un base di uguaglianza di principio. In lettura politica si può elaborare lo Stato di diritto, in senso economico si può studiare il percorso di crescita maggiore, in senso morale si può solo lasciare Il libero arbitrio al contesto religioso ultraterreno. Ho cercato di essere sintetico, ma probabilmente sono stato solo impreciso. Saluti
A me sembra che Dario più volte non colga il punto a cui Michele vuole arrivare, purtroppo. Il punto Cardine del discorso di Michele è che, ammesso esista il libero arbitrio, la libertà individuale implica il poter fare delle scelte che sono soggettive, e quindi non generalizzabili. (siamo tutti diversi) A mio modesto parere bisognerebbe discutere sui limiti che il liberalismo propone riguardo la soggettività, ammesso che esistano (seguendo il discorso di Michele con Rick, neanche il principio secondo cui la mia libertà termina nel momento in cui privo il prossimo della sua libertà è valido, per colpa dei maledetti motociclisti). Forse il problema è che il liberalismo duro e puro, come tutte le teorie sociali in fondo, non trova riscontro pratico. Comunque, complimenti per tutto.
Dario Berti avrebbe potuto spiegare molto meglio il punto di vista liberale utilizzando le stesse argomentazioni di Boldrin per squalificare il liberalismo: se è vero che, come dice Boldrin, la morale è soggettiva, allora ha senso che l'individuo sia libero di seguire la propria morale nelle scelte personali che non toccano gli altri individui. Al minuto 27:00 Boldrin dice che uno dei fondamenti del liberalismo è la libera migrazione, in maniera tale che un individuo possa scegliere di vivere nel sistema che preferisce. Più avanti afferma che lui, per proprie preferenze personali, ha scelto di vivere in USA, ma che si tratta solo di una sua preferenza personale e che non ritiene che nella sua preferenza ci sia un valore morale superiore, come lasciano intendere i liberali rispetto all'insieme di valori che sostengono. Dario Berti allora avrebbe potuto ribattere che se un individuo può fare scelte personali senza spostarsi dalla propria nazione è più libero che se deve scegliere tra un numero limitato di nazioni. Infatti la superiorità morale del liberalismo rispetto a correnti politiche illiberali paradossalmente sta nella sua amoralità: ritenere che le proprie visioni morali siano personali e non universali e che non essendo universali non si possano imporre a tutti quanti con la forza. Se poi l'insieme di scelte individuali creano un ambiente che non ti piace, se tu che devi cambiare ambiente (in extrema ratio) andando a vivere da un'altra parte, anziché limitare la libertà degli individui per creare l'ambiente che piace a te. Se poi non esiste un ambiente che ti piace allora dovrai stare lontano dalle altre persone e cercare la felicità nella solitudine.
Pienamente d'accordo con Boldrin. Faccio una mia riflessione a partire dall'esempio del portafoglio: se dovessi dare ascolto solo alla mia "intuizione morale", in certi casi estremi (ladro che per una serie di sfortune si è trovato in una situazione di grande difficoltà economica, derubato molto ricco, magari addirittura non per merito ma per nascita) avrei difficoltà a giudicare il fatto come "sbagliato". Ma questa è, appunto, la mia sensibilità personale, determinata da mie predisposizioni e da una serie di influenze ricevute a partire dall'infanzia A livello razionale, non ho alcun dubbio che nel momento in cui viviamo in una società che si è accordata su certe regole quelle regole vanno rispettate da tutti. Nessun sistema sarà mai percepito da tutti come perfetto, si cerca di stabilizzarsi su un compromesso che minimizzi le ingiustizie percepite, ma una morale "oggettiva" non può e non potrà mai esistere.
Dario Berti avrebbe potuto spiegare molto meglio il punto di vista liberale utilizzando le stesse argomentazioni di Boldrin per squalificare il liberalismo: se è vero che, come dice Boldrin, la morale è soggettiva, allora ha senso che l'individuo sia libero di seguire la propria morale nelle scelte personali che non toccano gli altri individui. Al minuto 27:00 Boldrin dice che uno dei fondamenti del liberalismo è la libera migrazione, in maniera tale che un individuo possa scegliere di vivere nel sistema che preferisce. Più avanti afferma che lui, per proprie preferenze personali, ha scelto di vivere in USA, ma che si tratta solo di una sua preferenza personale e che non ritiene che nella sua preferenza ci sia un valore morale superiore, come lasciano intendere i liberali rispetto all'insieme di valori che sostengono. Dario Berti allora avrebbe potuto ribattere che se un individuo può fare scelte personali senza spostarsi dalla propria nazione è più libero che se deve scegliere tra un numero limitato di nazioni. Infatti la superiorità morale del liberalismo rispetto a correnti politiche illiberali paradossalmente sta nella sua amoralità: ritenere che le proprie visioni morali siano personali e non universali e che non essendo universali non si possano imporre a tutti quanti con la forza. Se poi l'insieme di scelte individuali creano un ambiente che non ti piace, se tu che devi cambiare ambiente (in extrema ratio) andando a vivere da un'altra parte, anziché limitare la libertà degli individui per creare l'ambiente che piace a te. Se poi non esiste un ambiente che ti piace allora dovrai stare lontano dalle altre persone e cercare la felicità nella solitudine.
Molto bravo Boldrin a tenere testa a Dario Berti e anche Rick Du Fer. Il punto sta effettivamente sull'estendere il proprio giudizio morale ed etico agli altri componenti della comunità. Ciò che per me è un giudizio morale acquisito può non esserlo per qualcun'altro.
"Ciò che per me è un giudizio morale acquisito può non esserlo per qualcun'altro." Esatto, ma questo è proprio uno dei motivi per cui una società liberale è preferibile ad una autoritaria. Tra le due solo la prima tiene in debita considerazione, rispettandole, le inevitabili differenze soggettive nella valutazione etica/valoriale degli individui. E solo la prima contrasta la possibilità che qualcuno possa "estendere il proprio giudizio morale ed etico agli altri componenti della comunità", magari con l'uso della forza.
@@andrewmay1171 65' fa avrei concordato completamente con te, però mi pare che noi non ci rendiamo conto che anche in una "democrazia liberale" estendiamo il nostro giudizio morale agli altri componenti della comunità con l'uso della forza. Se facciamo pressioni come società civile perché l'aborto entro il terzo mese non sia considerato omicidio, e eleggiamo dei rappresentanti in linea col nostro pensiero che poi approveranno una legge, beh lo abbiamo fatto. Abbiamo esteso il nostro giudizio morale agli altri. E se te sei un medico e ti rifiuti di far abortire ci sarà un ente giudiziario che ti condannerà e eventualmente una forza militare che verrà a prenderti. C'è una forza che ti obbliga a rispettare le regole. E allora cosa cambia fra i due sistemi? Forse cambia solo dal punto di vista quantitativo e non qualitativo. Si accetta che serva una maggioranza in un gruppo di persone per poter imporre a tutti gli altri il nostro giudizio morale. E non basti un dittatore e un gruppo di militari. Preferisco di gran lunga la democrazia liberale, ma ritenere che questa 'tenga in debita considerazione e rispetti le inevitabili differenze nella valutazione morale di ognuno' è probabilmente un'illusione.
@@saveriotraini6980 Capisco il tuo punto di vista, però l'esempio che fai, sull'aborto, è un po' fuorviante perché va al di là della contrapposizione tra liberalismo e autoritarismo: per discutere di questo tema puramente in termini "liberalismo perché sì e perché no" dovremmo innanzitutto stabilire se il feto è o meno un individuo portatore di diritti, cioè per usare le tue parole se abortire sia equivalente ad un omicidio, il che come vedi è esattamente la questione al centro del dibattito sull'aborto, ma non è una questione che si può risolvere (unicamente) dando credito ad una o all'altra visione politica. Credo l'opinione di ciascuno sul diritto all'aborto sia, o debba essere, motivata da ragioni che vanno oltre all'essere liberali o meno. Se ad esempio io fossi convinto che l'aborto entro il terzo mese sia di fatto un omicidio, volerlo proibire per me sarebbe coerente con la difesa dei diritti individuali (quelli del feto in questo caso). A questo punto potremmo anche affrontare il tema dell'aborto nello specifico ovviamente, non avrei nessun problema, ma sono sicuro che nel farlo toccheremmo argomenti che vanno ben al di là del liberalismo. Per questo penso che l'esempio non sia il più utile a questa discussione. In ogni caso, volendo semplificare, se partiamo dal presupposto che il feto entro il terzo mese non è una persona, allora direi che sì, il diritto della donna ad interrompere la gravidanza di fatto "rispetta le differenze nella valutazione morale di ognuno" (la possibilità per i medici di rifiutarsi a collaborare senza essere costretti con la forza rappresenta, d'altro canto, l'applicazione di un principio liberale, al contrario di quanto sembri suggerire). Mi chiedi che differenza ci sia tra uno stato liberale ed uno autoritario, visto che anche il primo deve imporre delle regole. Vedila così: Siccome alcune regole (e quindi la forza per farle rispettare) sono necessarie per evitare il rischio che nessun diritto, nemmeno il più elementare, venga rispettato, non è auspicabile che alcune regole (e l'uso della forza) siano esclusi a priori. Lo stato liberale mira semplicemente alla riduzione al minimo delle regole, idealmente dovrebbe trattarsi solo di quelle regole che consentono la tutela di alcuni diritti fondamentali delle persone. Comunque quello di cui parli è sostanzialmente il "Paradosso della tolleranza" di Karl Popper, se ti interessa approfondire trovi molta letteratura in merito anche online.
Dario Berti avrebbe potuto spiegare molto meglio il punto di vista liberale utilizzando le stesse argomentazioni di Boldrin per squalificare il liberalismo: se è vero che, come dice Boldrin, la morale è soggettiva, allora ha senso che l'individuo sia libero di seguire la propria morale nelle scelte personali che non toccano gli altri individui. Al minuto 27:00 Boldrin dice che uno dei fondamenti del liberalismo è la libera migrazione, in maniera tale che un individuo possa scegliere di vivere nel sistema che preferisce. Più avanti afferma che lui, per proprie preferenze personali, ha scelto di vivere in USA, ma che si tratta solo di una sua preferenza personale e che non ritiene che nella sua preferenza ci sia un valore morale superiore, come lasciano intendere i liberali rispetto all'insieme di valori che sostengono. Dario Berti allora avrebbe potuto ribattere che se un individuo può fare scelte personali senza spostarsi dalla propria nazione è più libero che se deve scegliere tra un numero limitato di nazioni. Infatti la superiorità morale del liberalismo rispetto a correnti politiche illiberali paradossalmente sta nella sua amoralità: ritenere che le proprie visioni morali siano personali e non universali e che non essendo universali non si possano imporre a tutti quanti con la forza. Se poi l'insieme di scelte individuali creano un ambiente che non ti piace, se tu che devi cambiare ambiente (in extrema ratio) andando a vivere da un'altra parte, anziché limitare la libertà degli individui per creare l'ambiente che piace a te. Se poi non esiste un ambiente che ti piace allora dovrai stare lontano dalle altre persone e cercare la felicità nella solitudine.
@@saveriotraini6980 in realtà il pensiero liberale sarebbe che l'aborto non è punito dallo stato, ma un medico sceglie liberamente se occuparsi di aborti oppure no e nessuno lo può obbligare a buttarcisi.
Una discussione cosi', anche durasse 14 ore, a me andrebbe benissimo. Con questo non intendo lodare il livello di qualita', ma piu' che altro esprimere la mia "onesta preferenza" sul fatto che quando tratti questioni del genere, dovresti revocare il limite sulla durata del video, perche' avrei voluto davvero vedervi arrivare in fondo a quella questione che aveva iniziato a dipanarsi da quando avete iniziato a parlare delle preferenze, e dell'intensita' delle preferenze. Preparate la "part 2" se potete, onestamente credo ne valga davvero la pena.
Minuto 20.58 : Berti assoda che la fede nel libero arbitrio è necessaria per proclamarsi liberali mentre sta dialogando con un interlocutore liberale che si è appena dichiarato in disaccordo su questo punto, forse perchè determinista. Boldrin guarda l'ora, ci rinuncia, e dà ragione a Berti. Peccato...
Il libero arbitrio non è solo razionale. Il razionale è un insieme di rappresentazioni 'mentali' funzioni logiche(discernere aggregare dividere associare etc funzioni cognitive(concentrazione attenzione memoria) e metacomponenti cognitive(autocontrollo metaaprendimento metacognizione). Questa è la pentola, ma sotto c'e' il fuoco che scalda la pentola: Motivazioni ciò che mi interessa nel mondo( proteggere possedere curare etc), Emozioni (risposte neurobiologiche al mondo che precedono la consapevolezza, esempio tremi e perché tremi ti accorgi di aver paura). Un approccio etologico all'uomo dovrebbe essere discusso perché viene prima, è il materiale che poi evolve dimensionalmente e viene a sua volta 'evoluto'. Professore se posso le consiglio di parlarne con l'etologo Roberto Marchesini,sarebbe interessante vedere cosa ne esce fuori.
@@MicheleBoldrin si ha ragione, mi riferivo alle nostre capacità, possibilità di scelta quello che normalmente viene considerato libero arbitrio non è solo una componente razionale su cui abbiamo un controllo, e anche ipotizzando fosse razionale è una composizione di diverse componenti mentali che tra l'altro cambiano o possono cambiare componendosi in maniera diversa tra loro considerando che le composizioni già in essere hanno una resistenza al cambiamento ( sono strutture sottostanti del SNC )
Bella discussione. Se non sbaglio Boldrin pone una specie di scetticismo morale filosofico, porta ogni discorso sulla libertà alla morale (secondo me correttamente). In un certo senso il vero liberalismo è l'anarchia, quindi ha senso non potersi definire liberali, il punto è definire cosa si intende per questo "liberali" Credo il punto sia definire alla base degli assiomi morali in comune, definire quindi poi libertà. Personalmente la vedo così: ritengo la teoria dei giochi abbia molto da dirci sull'etica e morale (in questo modo ne rubiamo anche il formalismo matematico), in questo modo come possiamo definire un equilibrio o una soluzione efficente (tipo un equilibrio di Nash) potremmo anche definire un "equilibrio morale" tra i giocatori (che si potrebbe definire come massimizzazione di valore positivo per l'individuo e la collettività), in questa formalizzazione possiamo divertirci a definire liberale la visione per cui si lascia o tende di dare agli individui il maggior numero di scelte possibile , non necessariamente tutte, anche riducendole ma in rapporto al danno/beneficio collettivo, consapevoli che questa scelta è relativa alla società e periodo storico. In quest'ottica il legislatore pone un meta-gioco sul gioco a cui i cittadini dovranno partecipare, decidendo i gradi di libertà che i partecipanti hanno; sicuramente si può fare il regresso all'infinito che sappiamo porterebbe ad un scetticismo/relativismo totale, sappiamo anche che alcuni assiomi su cui fondare il discorso sono necessari ma in questo contesto non trovo contraddittorio definirmi "liberale".
Viva il pragmatismo! Mi ero perso la definizione di liberale come di colui che mette in discussione il concetto di liberalismo, stupenda. Non vedo l'ora si sentire la seconda parte.
E io che mi dico liberale ma non credo al libero arbitrio, che fine faccio? Personalmente arrivo alle stesse conclusioni ammettendo che ci comportiamo as if avessimo il libero arbitrio.
Mi pare di capire che qui si stia discutendo del mito, nel senso che Harari ha descritto in Sapiens. Nel momento in cui un mito diviene accettato in comunità estese, il mito diventa un "fatto accettato", sebbene non intrinsecamente vero.
Non sarebbe manco da specificare! Questa la forza di chi assume un potere negoziale che diceva il prof. Nel video. Se ci fosse una forza buddista avresti detto non nel senso buddista del termine.
Dialogo splendido. Vi ho seguito fino a ‘ma questo è’ Marx e un po’ di Nietzsche’. Poi è’ scaduto il tempo. Potrebbe essere un’idea riprendere da lì. Grazie
5 ปีที่แล้ว
Io penso che potrebbe essere molto utile invertire la direzione del ragionamento, cioè invece di partire da un concetto generale e universale per poi vedere se regge, io partirei dai caratteri essenziali dei vari tipi di ordinamento positivo per cercare di individuarne i principi di regolazione e composizione delle differenti, e a volte contrastanti, preferenze degli individui. Prendendo spunto dagli ultimi minuti di Boldrin (che ritengo fondamentali per inquadrare il problema) intanto vedrei se possiamo confermare che effettivamente essi adottino lo schema dell'equilibrio dei gruppi di forza? Se si, dovrebbero fare diversamente? Come e perchè?
Comunque, sulle 'buone ragioni', non si può non ricordare chi se n'è occupato per una vita: Raymond Boudon (che non si discosta molto, per quel che posso vedere, a livello di teoria della scelta, preferenze, valori, ecc., da quanto ha accennato Boldrin). Aiuterebbe forse a sciogliere il nodo del 'gusto' che, come tutto il resto, va definito, come giustamente avete provato a fare.
5 ปีที่แล้ว +4
Però il pragmatismo non è anch'esso un principio morale nel momento in cui gli diamo un contenuto specifico? Io non ho grandi conoscenze quindi potrei usare i termini in maniera errata; provo a spiegarmi. Dire "sono pragmatico" presuppone un fine che si vuol raggiungere con il pragmatismo appunto, no? Cioè, quando dice "non esiste il giusto, ma l'opportuno, l'adeguato, quello che conviene fare" ecco, quello che conviene fare in vista di quale risultato finale? Ecco, individuato questo risultato, perchè proprio quello e non altro? Immagino perchè evidentemente quel determinato risultato finale lo considera "giusto", ha un criterio in base al quale dice che la situazione A è migliore della situazione B. Ora, se questi due video avevano semplicemente lo scopo di capire se possiamo elaborare una definizione formale di "liberalismo" che regga dal punto di vista logico ed empirico, probabilmente non è rilevante discutere del risultato finale cui il suo pragmatismo è rivolto, perchè è questione diversa. A me sembra che nè DuFer nè Dario Berti siano riusciti a formulare principi solidi e trovo veramente difficile, in tutta sincerità, non essere d'accordo con Boldrin. Alla fine hanno semplicemente proposto delle varianti del principio di non aggressione che di per sè - come abbiamo già visto - non è utile a dare una soluzione realmente praticabile nemmeno a semplici problemi di immissione. Però, se lo scopo dei video è anche quello di capire se possiamo individuare un modo migliore degli altri di regolare i rapporti tra gli individui, allora cosa Michele Boldrin pensa sia giusto (cioè: a quale risultato finale è rivolto il suo pragmatismo) è rilevante per la discussione e quindi glielo chiedo, se vorrà rispondere. La questione è importante, ritengo, indipendentemente dalla posizione che assumiamo circa la natura delle preferenze, cioè, anche se fosse vero che la mia preferenza per un mondo senza schiavitù non è diversa, nella sua genesi e nella sua natura, dalla mia preferenza per il cioccolato.
Si, condivido. Infatti, se nota, io insisto sulla natura individuale/soggettiva (giusto per me non significa in principio giusto anche per te) dei principi morali che collettivi/oggettivi (giusti a priori per tutti perche' conseguenze di una qualche verita' ovvia/rivelata) non possono essere. Dopodiche', siccome PER ME, vivere in comunita' con altri accetto il principio di dover condividere alcune regole morali e partecipo al processo con cui si determinano. CONSAPEVOLE che non vi e' nulla di assoluto in nessuna di esse e che potranno cambiare, di certo. I MIEI principi morali sono miei, e quelli me li gestisco io. La qual cosa, btw, e' l'unico senso coerente che si puo' dare alla celebre massima kantiana.
@@MicheleBoldrin Dario Berti avrebbe potuto spiegare molto meglio il punto di vista liberale utilizzando le stesse tue argomentazioni per squalificare il liberalismo: se è vero che, come dici te, la morale è soggettiva, allora ha senso che l'individuo sia libero di seguire la propria morale nelle scelte personali che non toccano gli altri individui. Al minuto 27:00 dici che uno dei fondamenti del liberalismo è la libera migrazione, in maniera tale che un individuo possa scegliere di vivere nel sistema che preferisce. Più avanti affermi che tu, per tue preferenze personali, hai scelto di vivere in USA, ma che si tratta solo di una tua preferenza personale e che non ritieni che nella tua preferenza ci sia un valore morale superiore, come lasciano intendere i liberali rispetto all'insieme di valori che sostengono. Dario Berti allora avrebbe potuto ribattere che se un individuo può fare scelte personali senza spostarsi dalla propria nazione è più libero che se deve scegliere tra un numero limitato di nazioni. Infatti la superiorità morale del liberalismo rispetto a correnti politiche illiberali paradossalmente sta nella sua amoralità: ritenere che le proprie visioni morali siano personali e non universali e che non essendo universali non si possano imporre a tutti quanti con la forza. Se poi l'insieme di scelte individuali creano un ambiente che non ti piace, se tu che devi cambiare ambiente (in extrema ratio) andando a vivere da un'altra parte, anziché limitare la libertà degli individui per creare l'ambiente che piace a te. Se poi non esiste un ambiente che ti piace allora dovrai stare lontano dalle altre persone e cercare la felicità nella solitudine.
Per quanto riguarda la differenza tra "gusto" e "descrizione dei valori" secondo me il punto su cui soffermarci è il seguente: - il gusto è una preferenza soggettiva che NON vuole avere una validità normativa, deontica: sto semplicemente dicendo che io, per miei gusti soggettivi, preferisco x a y (non che x è necessariamente migliore a y) - quando esprimo una preferenza sulla democrazia contro il fascismo, io non sto solo dicendo che, in base ai miei valori, è preferibile; ma anche che è migliore, cioè che deve avere una validità normativa. Se la maggioranza dei romani come gusto, per divertimento, preferiva far sbranare cristiani dai leoni, questo non significa che sia giusto, anche se ciò è preferito dalla maggioranza. Secondo me quel tipo di uccisione è sbagliato indipendentemente dal gusto collettivo; ed è sbagliato in base a principi che spero siano normativi, validi per tutti. Uccidere ebrei è sempre sbagliato, indipendentemente dal gusto della maggioranza. Sì, è un dogma. Ma un dogma che ritengo valido, e che non va dimostrato. Quindi se Boldrin utilizza il gusto come solo parametro normativo per stabilire il giusto e lo sbagliato, ci si può trovare nei paradossi precedentemente esposti ( è giusta la schiavitù, solo perché così prescrive il gusto della maggioranza?). Ovviamente anche il relativismo storico non è una giustificazione: perché io posso capire perché i tedeschi votarono Hitler, posso comprendere queste motivazioni. Ma non per questo direi che "uccidere ebrei è giusto" è vera relativamente a quella stagione. p.s. lo stesso si potrebbe dire dei vegani, ad esempio. Il problema non consiste che un individuo preferisce non mangiare carne, a livello soggettivo, come gusto personale. Ma che di quella scelta individuale si vuole offrire una validità normativa, valida per tutti. Quindi il punto sarebbe proprio capire quali sono i valori non negoziabili (costituzione), quali sono le libertà soggettive ( i diversi gusti da tollerare) e quale è lo spazio della sfera politica che deve stabilire proposizioni normative, che valgono per una determinata comunità
Ho trovato interessante il parallelo con il Cristianesimo, o meglio i cristiani. Come i liberisti credono nella libertá, i cristiani credono in Dio. Entrambi i concetti sono astratti e vaghi, al punto che ognuno ne delimita i confini a seconda del proprio sentimento. Alcuni individui inoltre sentono di far parte di una categoria, rispecchiandosi in alcuni criteri piuttosto che altri. Ma bastano sono alcuni elementi per essere considerati facenti parte di una categoria? Si é, ad esempio, cristiani se si crede in Dio ma non si va a Messa? Se si crede in Cristo e non si porge l'altra guancia? Oppure si fa parte di una categoria di persone quando TUTTI i criteri sono soddisfatti? Sotto questo punto di vista capisco l'obiezione del prof. Boldrin di non voler essere categorizzato, perché le categorie perdono di senso se ognuno prende per buoni solo i parametri che piacciono a lui e capisco anche perché dice che sia meglio parlare piuttosto di Boldrinismo, di Duferismo, visto che ognuno soddisfa solo alcuni criteri della categoria a cui sente di appartenere ma non tutti.
E' difficile intervenire in un dibattito che interseca così tanti ambiti di indagine filosofica (ontologia, morale, epistemologia, politica, filosofia della mente) tuttavia cercherò malamente di farlo. Io credo che si possa essere liberali senza dover credere nell'esistenza del libero arbitrio, o per lo meno non nell'idea ingenua di libero arbitrio. Credo che bisognerebbe partire dalla base: in primis fissare un'ontologia, ad esempio un'ontologia fisicalista (che mi sembra che per la scienza funzioni piuttosto bene) e vedere all'interno di quella concezione della realtà come e se si possa formulare una nozione consistente di libero arbitrio. Ora sto pensando a D.C. Dennett e alla sua monografia "L'evoluzione della libertà" in cui precisamente cerca di formulare una nozione di libero arbitrio un po' più consistente della nozione ingenua e soprattuto compatibile con il determinismo delle scienze chimiche che usiamo quando vogliamo parlare in modo preciso dei corpi umani (i.e. delle persone che dovrebbero essere libere). Partendo dall'analisi di Dennett credo che si possano declinare almeno due nozioni di libertà, in entrambi i casi differenti dalla libertà assoluta che scintillerebbe nel momento in cui decido che gusti prendere dal gelataio. In primis la libertà individuale intesa come la capacità di modificare i propri schemi di comportamento (volontariamente o meno). In questo senso la libertà può essere vista come la possibilità da parte di un hardware di elaborare o ricorrere a differenti tipi di software per risolvere dei problemi. In secondo luogo la libertà come spazio a nuovi schemi di comportamento lasciato dalle leggi che ne proibiscono alcuni e non altri e quindi come rimozione degli ostacoli che permetterebbero a certi schemi di comportamento migliori di affermarsi. Essere liberali in questo contesto credo possa significare ammettere che ci possono essere schemi di comportamento migliori per risolvere dei problemi e soprattutto che non siamo sicuri che gli schemi di comportamento ora diffusi siano i migliori schemi possibili. Da questo punto di vista, socialmente sembra ragionevole cercare un consenso non su ciò che consideriamo lo schema comportamentale giusto per affrontare il mondo ma su quegli schemi comportamentali che sembrano essere probabilmente dannosi (lasciando che gli schemi migliori si affermino spontaneamente) per la risoluzione di certi porblemi. Dal punto di vista politico essere liberali senza libero arbitrio potrebbe semplicemente essere per la proibizione di certe azioni che vengono considerate nocive per la risoluzione di un certo tipo di problema e allo stesso tempo porre meno vincoli possibili all'emersione di soluzioni nuove per gli stessi problemi. L'essenza di questa concezione non sta nella nozione di libertà ma nell'ammissione che non sappiamo se le soluzioni emerse in natura sino ad oggi per risolvere certi problemi siano le migliori possibili. Credo che un liberale debba sostenere più l'idea di una scienza fallibile che l'idea del libero arbitrio.
Ho trovato un commento che spiega esattamente quello che penso meglio di quanto io saprei fare , grazie . Se ho capito bene ritengo anche io che si può essere liberali politicamente ( io mi ritengo tale) senza credere nel libero arbitrio come inteso da loro due nel video.
Siamo sempre al solito punto. Parli di "migliore" , "giusto" ecc.. ma ciò che definisco tale ha una variabilità storica, culturale, geo politica e così via. Nel momento stesso in cui tiri in ballo questi termini cadi nell'indeterminismo e nella vacuità dei concetti
Una domanda, non potrebbe essere che la morale lo fa la giurisprudenza del periodo? Ad esempio io posso sentirmi libero e liberale in Russia e trovare moralmente giusto menare un omosessuale in quanto contro la morale della comunità nella quale mi trovo e difatti magari la legge me lo permette. E appunto da liberale posso, se non trovarmi d'accordo con questa morale andare a vivere da un'altra parte e trovarmi un comunità che condivide la mia morale all'interno della quale sentirmi libero e garantire la mia libertà e la libertà degli altri. Alla domanda perché preferisci l'America alla coera del nord oltre al gusto, da uomo di scienza potrebbe mettere anche la libertà economica poiché stimola innovazione, nonché progresso? Cosa che nei paesi più dittatoriali o di controllo non c'è! Ad esempio in Cina credo ci sia grandissima capacità Innovativa ma intesa come capacità migliorativa piuttosto che di novità, loro stesso difatti ringraziamo la Apple. Scusate se può risultare poco chiaro ma scrivere in maniera precisa e puntuale avrebbe allungato troppo il commento.
Proffessor Boldrin, è giusto definire i liberalismo come la corrente che aumenta la libertà personale fino a quando non violi quella altrui, spostando il confine tramite il processo democratico? Mi pare di aver capito che per lei quei limiti sono strettamente personali e quindi sempre sbagliati quando imposti, impedendo di chiamare liberali i liberali stessi poiché dovranno sempre puntare ad una media pesata tra tutti gli individui, dico bene? Grazie in anticipo per l'attenzione e per i contenuti che porta
Il principio di relatività applicato alla morale se da un punto di vista individuale è più o meno logicamente gestibile, da una prospettiva sociale potrebbe essere devastante e confondersi o alimentare in principio\fatto della forza bruta come fonte della legge. Questo è secondo me il limite di alcune affermazioni del pensiero del Professore Boldrin. Come mi accade sempre più spesso, credo che i concetti con cui cerchiamo di spiegare i fatti variano a seconda delle dimensioni (nel senso della grandezza del contenuto del concetto stesso) nella stessa misura in cui le leggi naturali degli atomi non si applicano alle leggi naturali degli astri. A livello individuale, per comprendere la legge morale, ci si deve mettere sotto il braccio la critica della ragion pratica, l'etica nicomachea ed i Vamgeli di Cristo Gesù. A livello sociale, e di organizzazione sociale, ci si deve mettere sotto il braccio La costituzione degli ateniesi, La prima deca di Tito Livio, l'illuminismo francese, l'utilitarismo inglese. A questo punto, abbeverandosi alla dialettica hegeliana, alla storicità della soggettività ed all'impurità del linguaggio umano, si può tirare fuori una linea che individui, con margini di notevoli approssimazioni, un risultato sulla definizione del concetto di pensiero liberale. Saluti a tutti
Non direi perché se è uno che effettivamente di dinamica di sistemi ne capisce, non ha fiducia dei risultati delle sue azioni in quanto non prevedibili con certezza in un sistema caotico. Poi Quando parla del libero arbitrio utilizza un'argomentazione galimbertiana definendo il libero arbitrio cristiano. Direi, visto la sua passione nell'ammazzare le credenze e i valori comuni, essere più un nichilista attivo.
@@Davidelombardi18 il fatto che le azioni di un individuo non siano perfettamente prevedibili in quanto l’essere umano è un essere irrazionale e in quanto tale non perfettamente modellizzabile, non aggiunge ne toglie nulla alla sue argomentazioni. Il libero arbitrio pertanto è un concetto astratto che vuole indicare la tendenza a prendere delle decisioni in base a ciò che ci sembra più opportuno nell’ambito del contesto sociale cui siamo immersi e che inevitabilmente pone limitazioni alle libertà di ciascuno. In merito alla effettiva quindi scientifica esistenza di quest’ultimo c’è un enorme dibattito in corso e ogni considerazione è puramente soggettiva. Rendersi conto che la nostra visione del mondo e il nostro concetto di moralità è puramente soggettivo e non assoluto è il primo vero passo a mio avviso per comprendere a fondo il concetto di libertà. E questo Michele l’ha argomentato a dovere.
@@laralamatta481 "io dico sempre bugie", è una affermazione vera o falsa? Scusa le n-domande ma ci tengo a farti riflettere sull'ultima frase che hai detto e farto analizzzare poi le conseguenze.
Eh, ha ragione il Prof. in questo senso: la proprietà non è un "fatto", altrimenti dovrebbero sembrarci ragionevoli anche idee del tipo "se entri in casa mia senza permesso, ti posso sparare (o, comunque, posso farti ciò che voglio, perché sei entrato in casa mia senza permesso - ovvero, hai violato la mia proprietà)". Anche la ragione morale è personale, soggettiva, non condivisa. Per me alla base del pensiero liberale c'è un elevato livello di tolleranza in generale, direi fino ad arrivare idealmente a una situazione di quasi-anarchia in un contesto di civilizzazione socialmente molto avanzato. In poche parole, è un buon punto di partenza per una visione di base sul mondo (ovviamente per me) ma, nel fondo, resta alquanto utopica.
@Simone De Filippo il tentato omicidio o l'omicidio in risposta alla violazione di domicilio privato è un'azione non commisurata al gesto, molto semplicemente. Questo secondo il mio senso morale. Se vogliamo vivere in uno stato di diritto, non possiamo pretendere di farci giustizia da soli. Ciò non significa non difendersi in una situazione di pericolo; attenzione però a contestualizzare bene che cosa si intenda per "difesa". In poche parole: non puoi pretendere di poter sparare in faccia al tizio che sta tentando di rubarti la televisione. Come dicevo prima, la risposta (omicidio/tentato omicidio) non sarebbe commisurata al gesto (furto). Saluti
Quasi completamente d’accordo con Boldrin, tranne che per l’iniziale analogia tra il libero arbitrio che voleva intendere Berti come substrato del liberalismo, inteso come scelta libera per se stessi, cosa diversa dal libero arbitrio Cristiano che quasi deve essere inteso nella storia religiosa come un’arma a doppio taglio dato ai “poveri” umani: ti è stata data l’opportunità di scegliere come vuoi ( quasi una punizione) ma devi scegliere come DEVI per essere ritenuto un Cristiano degno di...ecc ecc Grazie sempre per le interessanti conversazioni
Le descrizioni morali sono insignificanti, non sbagliate. Il mondo in cui é vero che "uccidere é sbagliato" non differisce di una virgola dal mondo in cui é falso che "uccidere é sbagliato". L'enunciato "uccidere é sbagliato" non porta con sé alcuna informazione, a differenza di "nel mondo ci sono gli alberi" o "le giraffe hanno il collo lungo lungo". Questo é un fatto abbastanza palese anche se i filosofi, paradossalmente, sono gli ultimi ad accorgersene. La mia discussione col fascista tenta di trovare delle preferenze del fascista per certe cose che si rivelano non rispettate dal fascismo stesso, ad esempio il fascista generalmente PER SUO GUSTO vuole poter esprimere la propria preferenza politica, al che posso fargli notare che il fascismo non é conforme al SUO GUSTO. Quando discutiamo invece se é più buona la carbonara o la pizza non c'è nessuna scomposizione in diversi elementi da attuare, c'è il solo gusto. É una differenza di complessità, non di qualità. Tuttavia credo che sia sbagliato l'approccio morale al liberalismo di Dario Berti, fondato su principi soggettivi superficialmente scambiati per principi assoluti, ma che si possa comunque sostenere un liberalismo normativo di un certo tipo. Ad esempio, a prescindere dalle mie intuizioni morali, io posso mettermi d'accordo sulla definizione di "stato efficente" come quello stato che massimizza il benessere dei cittadini, a quel punto il liberalista potrebbe essere colui che ritiene che per massimizzarlo é necessario un certo sistema di leggi. Infine che il libero arbitrio, così come inteso a questo livello, non esista, é un fatto assolutamente indubitabile. Noi siamo fatti di atomi e gli atomi si muovono secondo le leggi della fisica. L'indeterminazione della fisica quantistica sui processi MACROSCOPICI che regolano il flusso di ioni nelle reti neuronali non c'entra nulla. L'unica cosa che consente di sostenere é che il libero arbitrio influenza quegli eventi indeterminati della fisica quantistica soltanto all'interno dei cervelli e non da altre parti e che giusto giusto queste libere decisioni siano sempre uguali a quelle previste dal modello macroscopico per una incredibile coincidenza. É chiaro che nessuna persona ragionevole potrebbe mai sostenere una cosa così assurda.
La percezione di libero arbitrio viene data essenzialmente da due componenti: - La percezione di aver preso autonomamente una decisione - La percezione di poter implementare quella decisione nel mondo che ci circonda La 'presa di decisione' (il cosiddetto processo di 'decision making', che si ritiene sia fondato soprattutto sull'attività delle aree associative della corteccia cerebrale) avviene grazie a meccanismi neuronali di cui, come individui, non non siamo consapevoli. La decisione, o meglio, la percezione di aver preso una decisione, arriva alla coscienza 'già pronta', ma non è possibile controllare volontariamente il substrato neuronale che sta alla base di essa (non posso decidere di inibire i potenziali d'azione dei neuroni che si sono attivati nel processo decisionale). Una volta avvenuta la presa di decisione, presa consapevolezza delle nostre intenzioni, possiamo decidere di implementarle o meno, ed in quello sta il livello 'implementativo' del libero arbitrio, ma non possiamo decidere di 'non essere d'accordo con il nostro sistema nervoso', nel momento in cui tentassimo di farlo, staremmo comunque utilizzando un substrato che non controlliamo. E' un discorso molto complesso, e di questi processi si conosce relativamente poco (che non vuol dire 'niente', come amano pensare i disfattisti del pensiero scientifico riduzionista), ma quel poco ho sempre trovato che vada abbastanza in contrasto con l'idea di presa di decisione del tutto autonoma e cosciente da parte dell'individuo.
Stai trattando cervello e mente come entità separate. Non c'è un "qualcosa" che prende coscienza di processi a livello neurologico e li traduce in decisione conscia. La decisione quando è presa, arriva come un un pacchetto unico e pronto all'uso
Dario Berti avrebbe potuto spiegare molto meglio il punto di vista liberale utilizzando le stesse argomentazioni di Boldrin per squalificare il liberalismo: se è vero che, come dice Boldrin, la morale è soggettiva, allora ha senso che l'individuo sia libero di seguire la propria morale nelle scelte personali che non toccano gli altri individui. Al minuto 27:00 Boldrin dice che uno dei fondamenti del liberalismo è la libera migrazione, in maniera tale che un individuo possa scegliere di vivere nel sistema che preferisce. Più avanti afferma che lui, per proprie preferenze personali, ha scelto di vivere in USA, ma che si tratta solo di una sua preferenza personale e che non ritiene che nella sua preferenza ci sia un valore morale superiore, come lasciano intendere i liberali rispetto all'insieme di valori che sostengono. Dario Berti allora avrebbe potuto ribattere che se un individuo può fare scelte personali senza spostarsi dalla propria nazione è più libero che se deve scegliere tra un numero limitato di nazioni. Infatti la superiorità morale del liberalismo rispetto a correnti politiche illiberali paradossalmente sta nella sua amoralità: ritenere che le proprie visioni morali siano personali e non universali e che non essendo universali non si possano imporre a tutti quanti con la forza. Se poi l'insieme di scelte individuali creano un ambiente che non ti piace, se tu che devi cambiare ambiente (in extrema ratio) andando a vivere da un'altra parte, anziché limitare la libertà degli individui per creare l'ambiente che piace a te. Se poi non esiste un ambiente che ti piace allora dovrai stare lontano dalle altre persone e cercare la felicità nella solitudine.
Provo a dire la mia, potrei risultare confuso, ma non so fare di meglio. Allora, innanzitutto la domanda "cosa vuol dire davvero X?" la si può applicare a qualsiasi definizione esistente, la definizione stessa di "definizione" potrebbe essere soggetta a dibattito. Questo perchè, fondamentalmente, siamo incapaci di far coincidere perfettamente la conoscenza individuale con la verità, con il fatto nudo, che in questo caso è rappresentato dalle idee di colui che sta compiendo l'atto di definire (naturalmente egli starà a sua volta esprimendo una visione soggettiva e quindi non necessariamente "giusta", tuttavia dal punto di vista dell'ascoltatore essa è un fatto da analizzare e comprendere). Di conseguenza, non essendo una contro-argomentazione specifica, non la trovo valida a smontare la tesi. Piuttosto, è una domanda fondamentale per aprire una discussione più profonda, ovvero quale sia il rapporto fra conoscenza e verità, tra soggetto e oggetto: questione piuttosto vecchia, ma dura a morire. A questo proposito, trovo fondamentale abbandonare l'idea dell'esistenza del libero arbitrio, almeno per come è stato definito finora. Ad essere sincero, trovo insostenibile il discorso che voglia pensare una razionalità separata ermeticamente dagli istinti, dall'inconscio, dalla corporeità. Questa è infatti la visione, fondamentalmente cristiana, che Boldrin, giustamente, critica, essendo quella di una volontà esterna che pilota il corpo come un burattinaio con un burattino, cosa ovviamente assurda di fronte alle evidenze empiriche che abbiamo. Credo piuttosto che lo snodo focale stia proprio nello smettere di chiedersi se l'uomo sia o individualmente libero o schiavo dell'ambiente, poichè le due condizioni non sono mutualmente esclusive. Noi siamo indubbiamente ciò che siamo grazie all'ambiente che abitiamo, fosse anche solo per lo 0,1% della nostra identità, e questo è sufficiente a dire che ne siamo un prodotto nel complesso, dato che non c'è un'altra copia di noi stessi posta in un mondo parallelo, uguale al nostro fintanto che non arrivi la mano di chi stesse indagando la questione, che ci permetta di avere un qualche tipo di gruppo di controllo. Ecco, questo è il tema centrale della riflessione: il fatto che noi siamo prigionieri del sistema che vogliamo conoscere, e lo modifichiamo anche studiandolo. La nostra stessa razionalità, del resto, esiste solo al fine di adattarsi al mondo a noi esterno, vive delle relazioni che con esso instaura. A questa certezza empirica se ne affianca un'altra, ovvero il fatto che comunque, indipendentemente dal fatto che essa possa essere dipendente o meno dal mondo esterno, noi possediamo una volontà, e con essa un punto di vista sul mondo, niente di più e niente di meno. Tutto ciò che viviamo lo viviamo attraverso la nostra soggettività, quindi possiamo essere sicuri che essa, almeno da un punto di vista soggettivo, esiste. Ora che abbiamo identificato questi due dati fondamentali, direi che la definizione di liberalismo più solida possibile sia "l'idea generale per la quale ogni idea particolare debba svilupparsi tenendo conto della priorità dell'esistenza dell'individuo su tutte le altre contingenze". In questo modo abbiamo ottenuto la definizione di un principio primo innanzitutto metodologico, ed è qui che dobbiamo fermarci, almeno per quanto riguarda l'identificazione del liberalismo in sè. Trovo infatti che nel colloquio esso sia stato confuso troppo spesso con il concetto di "giusto", che ovviamente non è universalmente condiviso da tutti gli uomini nella stessa forma, ma non è questo ciò che ci interessa in questo caso. Per fare un esempio, io mi definisco un liberale e non altro perchè se una persona mi ponesse come argomento a favore dell'eguaglianza assoluta di condizioni di tutti gli uomini il fatto che l'idea del merito sia una mera illusione, io le risponderei che questo non è rilevante, dato che non è sufficiente ad eliminare l'esistenza di una moltitudine di soggetti di fatto diversi. Insomma, la consapevolezza dell'illusione non basta a cancellarla e a sostituirla con un qualcosa d'altro che sarebbe, a sua volta, un'altra forma di illusione, forse anche meno credibile di quella originale. Questo però non dice nulla su ciò che sia poi considerato giusto o sbagliato, e non potrebbe essere altrimenti, è il rovescio della medaglia dell'essere individui. Spero di essermi spiegato decentemente, anche se temo di essere stato quanto meno incompleto.
Caro professore, pensavo di essere un po' pazzo nel coltivare certe intuizioni. Lei ha esposto ciò che penso fin nei più piccoli particolari , non avendo i suoi strumenti e le sue competenze ne vado orgoglioso.
Professor Boldrin, lei dibatte da una posizione troppo forte. A certe cose si deve arrivare per approssimazione. E' in possibile affermare certe cose in via assoluta
buonasera, riflettendo sulla vostra conversazione ho pensato che per trovare un fondamento del pensiero liberale partirei dall'idea che un liberale puo rifiutare che esista il libero arbitrio e accettare che ogni scelta razionale derivi comunque dagli istinti. Il punto e' che il liberale crede che ognuno sia libero di perseguire la soddisfazione dei propri istinti nel modo che crede piu efficace, il tutto in un contorno di regole e leggi definite che limitano le differenze di possibilita' nell'operare la scelta.
@@MicheleBoldrin immagino la maggioranza, lasciando libera scelta di non aderire o andarsene. Stabilita una gerarchia fra gli istinti fondamentali che tutti perseguiamo, accordata a maggioranza o "normalita'", si puo costruire un modello di regole che eviti che l'istinto piu basso di un individuo impedisca il realizzarsi di un istinto primario di un altro individuo. leggi che evitino ad esempio che la ricerca di maggior potere sociale o economico giustifichi un aggressione fisica, in questo caso saerebbe sovrastato l'istinto di autoconservazione o sopravvivenza. capisco che si pone il problema del caso in cui si rubi o uccida per fame, ma le stesse leggi devono mettere ognuno in condizione di vedere soddisfatti i bisogni primari, quello che dovrebbe essere il lavoro dello stato sociale. in un contesto del genere diventa realistico e attuabile il pensiero liberale che ho provato a definire. so' che e' utopico, ma lo so sono un po' tutti i principi fondanti delle correnti di pensiero..
Un appunto: al min. 7 Berti fa derivare l'uguaglianza dalla libertà. Ma Bobbio in "Destra e sinistra" li identifica come due principi confliggenti. La libertà essendo ideale primario della dx e l'uguaglianza come ideale primario della sx.
non ho capito una cosa: quindi Boldrin non ritiene che esistano idee politiche più giuste di altre ma solo idee che piacciono ad alcuni e non ad altri. quindi quando si combatte per idee politiche lo si fa solo per sé stessi (o per chi ha i nostri stessi gusti)? quando dice che sostiene la libertà di stampa (ad esempio) perché lo fa? avrà qualche motivo per cui preferisce la libertà di stampa al suo opposto, e non mi pare si tratti di gusti. dove sbaglio?
Non si combatte per idee che ci piacciono 'soltanto per se stessi', ma 'soltanto in quanto preferite da noi stessi' NON 'in quanto corrette e migliori per tutti'
Il vero tema di fondo mi pare che sia come sempre: quale educazione? Parto da questo presupposto: la libertà individuale assoluta è un mito quindi sostanzialmente una fantasia. Perciò preferisco parlare di ampiezza degli spazi di libertà. A mio avviso questi spazi di libertà si acquisiscono soltanto così: crescendo in un'ambiente favorevole (a livello materiale, ma anche cognitivo e affettivo). Creare le migliori condizioni di base per uno sviluppo sano per il massimo numero di persone mi sembra l'unico modo per aumentare davvero il grado di libertà degli individui cioe la loro capacita di sviluppare interessi e preferenze più sane, socialmente condivisibili e realizzabili. Infatti secondo me la libertà non è altro che questo: riuscire a trarre soddisfazione da attività costruttive (magari anche complesse) e disporre del maggior numero di strumenti per realizzarli. Questo però richiede una comunità che oltre a darti cibo, vestiti, casa e cure mediche, ti faccia amare almeno un po' te stesso, il tuo prossimo e un pochino anche lo studio e il lavoro.
Di base, sarei d'accordo col professor Boldrin: rifiuta il giusnaturalismo, che è alla base del pensiero lockiano; anche io ritengo che non si possa definire una legge morale universale, qualcosa di moralmente giusto o di sbagliato in termini assoluti (se lo si fa, è, come è stato detto, il risultato di compromessi e di intuizioni morali di taluni che, avendo potere politico, li generalizzano e li impongono). Ed è qui che mi sembra stia il suo punto di divergenza con il liberalismo; che però costituisce la negazione dell'assunto primo fondamentale sui cui è costruito il pensiero lockiano. D'altra parte, questo vuol dire anche prendere una posizione relativista (almeno sul piano morale, visto che mi sembra di capire che il professore abbracci anche istanze del positivismo scientifico) pericolosa, perché è un atteggiamento che mette in discussione tutto, tutta la civiltà moderna a partire dai suoi pilastri, mette in discussione anche le libertà e diritti considerati inviolabili. E' un atteggiamento che, se venisse generalizzato, porterebbe al caos. Piuttosto che sul piano morale, mi sembra di capire che Boldrin valuti la questione in termini di praticità e di convenienza. E provo ad avventurarmi un pelino di più. Probabilmente è così: la motivazione morale potrebbe essere solo un idealizzare la vera motivazione, cioè quella pratica, cosa che la renderebbe più "romantica", rispetto all'aspetto meramente pragmatico.
Il Prof. non riesce ad avere un atteggiamento prescrittivo, ha naturalmente di suo un atteggiamento di tipo descrittivo. Anche questa è una caratteristica alla base di molti liberali, ed è anche uno dei motivi per cui è difficile definirsi liberali nel senso di facenti parte di una corrente, in quanto farlo già presupporrebbe una definizione di standard a cui omologarsi o a cui fare omologare altri. Ecco perché al Prof. non piace definirsi tale (mi corregga se sbaglio, Prof).
In parte quello che scrive lo condivido. Ma non e' solo la dicotomia positivo/normativo ma anche quella della coerenza logica (quindi morale) dei concetti che vengono definiti come "liberali". Definirsi liberale e' come definirsi tolemaico: o ben non vuol dire un cazzo o ben vuol dire una serie di affermazioni incoerenti fra di loro.
@@MicheleBoldrin chiarissimo. Prendendo per buona la sua seconda conclusione, ovvero quella secondo cui la definizione condivisa - si fa per dire - di "liberale" comprenderebbe concetti di base anche incoerenti, le chiedo però: non è forse vero che le definizioni ampie di alcuni concetti che identificano certi raggruppamenti sociali con determinate idee morali ed etiche condivise alla base sono sempre soggetti a (più o meno piccoli) problemi di incoerenza interna? Mi spiego: non crede sia impossibile la totale coerenza in termini di definizione netta di concetti quali libertà, solidarietà, progresso, ricchezza, ecc.? E, nel qual caso, non sarebbe quindi più opportuno valutare il livello di tale incoerenza, in quanto tale (come ha fatto lei in questo incontro) e in relazione a tutte le altre componenti che fanno parte di quella definizione, piuttosto che dissociarsi completamente da essa quando, tra le varie incoerenze, comprende anche una buona fetta di ciò che, in fin dei conti, rappresenta la mia visione del mondo? Mi permetto di chiederle questo perché mi è sorto lo stesso dubbio negli ultimi tempi relativamente ad altre definizioni o autodefinizioni di posizioni morali condivise o contrastate che presentano altri tipi di incoerenze (a mio parere) minime; penso, ad esempio, al concetto di "femminismo" e al fenomeno sociale femminista ed antifemminista. In particolare mi riferisco a tutti quelli che di fatto sono femministi ma hanno sviluppato un certo ribrezzo a definirsi tali, preferendo l'autodefinizione di "egualitari". Laddove le loro azioni e i loro scopi siano praticamente sovrapponibili a quelli del "femminismo tradizionale", il distacco (invece di evidenziare ed eventualmente contrastare le incoerenze all'interno di quel raggruppamento sociale) non risulta, di fatto, controproducente anche per loro? Spero di essermi spiegata in modo chiaro, grazie ancora per il suo tempo.
Prof, sono un po' confuso sulla relazione che secondo lei esiste tra cristianesimo e l'idea dell'uguaglianza di tutti gli esseri umani. Secondo lei al cristianesimo e' attribuibile la sua invenzione o solo la sua diffusione (perlomeno nel mondo occidentale)? Sulla diffusione dell'idea attraverso il cristianesimo sono piuttosto convinto anch'io, e lo trovo un caso di studio interessante: sarebbe riuscita l'idea a diffondersi senza la "mitologia" sottostante o con una "mitologia" diversa? Mi viene in mente la frase: non credo in Dio ma mi comporto facendo finta che esista (purtroppo non ricordo dove l'ho sentita/letta)
Io credo che il compito di uno stato sia quello di garantire la maggior felicità al maggior numero di persone e che il liberalismo sia l'opzione migliore. Dà maggior importanza ad alcune libertà(ad esempio, quella di decidere il mio orientamento sessuale) rispetto ad altre (nell'esempio, quella di importi la mia visione di orientamento sessuale perché la tua mi dà fastidio) perché la limitazione di alcune libertà comporterebbe un danno maggiore, anche in caso le persone che subirebbero la limitazione della libertà ( nell'esempio, gli omossessuali) siano meno di quelle che vorrebbero tale limitazione
Potremmo definire il libero arbitrio come la capacità degli esseri umani di pensare/agire al di fuori di schemi predefiniti (dagli uomini e/o dalla natura)? Quindi, nell'esempio del motociclista che disturba gli altri, la sua volontà di trasgredire una regola umana, nel caso di una persona che si lascia morire di fame, la volontà di trasgredire una regola naturale: l'istinto di mangiare per sopravvivere. Allora, nella definizione di libertà, l'anello mancante potrebbe essere l' "assunzione di responsabilità"? È libero colui che agisce come meglio crede, assumendosi però la responsabilità del suo agire e dei suoi effetti, positivi o negativi che siano. Se aggiungiamo il concetto di responsabilità al discorso, dall'insieme possiamo escludere le religioni, penso. Nel Cristianesimo, ad esempio, qualsiasi decisione presa in autonomia è affidata a Dio nel suo esito, totalmente o parzialmente (deresponsabilizzazione: fumo ma affido la mia salute a Dio).
È sbagliato provare a basare il liberalismo sul libero arbitrio perché è un concetto metafisico, non molto differente dal basare la propria convinzione politica sull'esistenza di Dio o lo spirito della storia. Personalmente credo che il liberalismo sia più che altro una posizione politica, ovvero che riguarda l'organizzazione della polis, e non una dottrina morale (e infatti ci sono liberali conservatori, progressisti, etc...). L'idea di base è che non sappiamo cosa sia giusto nel senso assoluto, non possediamo la verità, allora ognuno deve essere libero di vivere la propria vita secondo le sue opinioni. Lo stato quindi deve essere organizzato in maniera da evitare l'imposizione forzata di una certa idea sugli altri sia da parte dei cittadini su altri cittadini che da parte dello stato sui cittadini. Quindi deve esistere uno stato con capacità di esercitare violenza per difendere i più deboli (in questo diverge il liberalismo dall'anarchismo) ma che è limitato nei suoi poteri da una costituzione dove vengono affermati i diritti base di ogni cittadino che non possono essere infranti. Dati questi elementi lo stato può legiferare ulteriormente quando è ragionevole farlo però sempre nel rispetto della costituzione
Beh, infine arriva l' 1:02:35 . E certo, c'è dell'altro, ma sarà interessante capire cos'altro c'è, la prossima volta. Se un giorno, prof. Boldrin, capiterà che molti dei suoi giovani fans inorriditi l'abbandoneranno, presi, come legittimamente sono, a organizzarsi con qualche minore apprensione il futuro, lei potrà comunque sempre contare sui pochi che non amano votarsi ai totem e indossare l'apposito abito talare.
Credo che all'inizio del video Boldrin abbia fatto un'obiezione fatale a Berti (dimostrandogli di contraddirsi): se il liberalismo, come teoria del dover essere, viene "derivato" da un fatto (quale sarebbe il libero arbitrio), allora il liberalismo fa derivare un dover essere dall'essere, violando la legge di Hume. O si è liberali (nell'accezione sopra indicata), o si accetta la legge di Hume.
Credo infatti che all'interno del 'mondo liberale' (ma non solo) una differenza fondamentale stia proprio lì, tra chi si pone sulla scia di Hume (detto così, semplificando) e chi infine ha pretese 'fondazionistiche'.
@@MicheleBoldrin sposto le pedine non per istinto cieco si diceva nel video, ma non mi pare vero accetto le regole di quel gioco e all'interno di quelle posso agire altrettanto irrazionalmente ammesso come nel commento sotto ci dicevamo ci sia davvero razionalità(io) o libero arbitrio(lei)
Mi viene una contro-domanda per Boldrin. Assodato che per lui non esiste un set di principi coerenti e univocamente definibili che definiscano il pensiero liberale, a me sembra che le sue osservazioni valgano per qualunque altro tipo di pensiero politico/filosofico/morale. La domanda quindi è: quale sarebbe un pensiero esistente che non ricade nei "problemi logici" che Boldrin evidenzia? Opinione mia: a me sembra che, se si ricerca il livello di "purezza logica di definizione" che Boldrin richiede, NESSUN pensiero sia definibile in modo preciso. Però le correnti di pensiero esistono, e sono diverse tra loro (il socialismo è diverso dal liberalismo che è diverso dell'autoritarismo etc.). Non è che forse il livello di purezza richiesto da Boldrin è troppo stretto? E che in realtà, nella pratica, alla fine ci si possa accontentare semplicemente di definire un set di valori e principi generali comuni, che ci piazzano in qualche parte dello "spazio delle opinioni" che è distante da altri spazi?
@@MicheleBoldrin Nasce però il problema di definire velocemente la propria collocazione ideologica, anche solo per differenziare. Io ritengo ok definirmi liberale, pur sapendo che la definizione precisa non esiste.
53:24 Potrebbe essere quello che dice Boldrin a questo punto ciò che identifica un liberale? (Magari aggiungendo che per un liberale questa possibilità deve essere garantita a tutti)
Dario Berti avrebbe potuto spiegare molto meglio il punto di vista liberale utilizzando le stesse argomentazioni di Boldrin per squalificare il liberalismo: se è vero che, come dice Boldrin, la morale è soggettiva, allora ha senso che l'individuo sia libero di seguire la propria morale nelle scelte personali che non toccano gli altri individui. Al minuto 27:00 Boldrin dice che uno dei fondamenti del liberalismo è la libera migrazione, in maniera tale che un individuo possa scegliere di vivere nel sistema che preferisce. Più avanti afferma che lui, per proprie preferenze personali, ha scelto di vivere in USA, ma che si tratta solo di una sua preferenza personale e che non ritiene che nella sua preferenza ci sia un valore morale superiore, come lasciano intendere i liberali rispetto all'insieme di valori che sostengono. Dario Berti allora avrebbe potuto ribattere che se un individuo può fare scelte personali senza spostarsi dalla propria nazione è più libero che se deve scegliere tra un numero limitato di nazioni. Infatti la superiorità morale del liberalismo rispetto a correnti politiche illiberali paradossalmente sta nella sua amoralità: ritenere che le proprie visioni morali siano personali e non universali e che non essendo universali non si possano imporre a tutti quanti con la forza. Se poi l'insieme di scelte individuali creano un ambiente che non ti piace, se tu che devi cambiare ambiente (in extrema ratio) andando a vivere da un'altra parte, anziché limitare la libertà degli individui per creare l'ambiente che piace a te. Se poi non esiste un ambiente che ti piace allora dovrai stare lontano dalle altre persone e cercare la felicità nella solitudine.
Inoltre trovo erronea l'implicazione sostenuta da Berti tra l'idea di razionalità dell'agire umano e libero arbitrio. Certo, molti intendono la razionalità come il prodotto della deliberazione, ma può essere vista in maniera più concreta come l'espressione di proprietà emergenti e complesse dei comportamenti che in nulla falsificano la determinazione causale dell'agire umano.
Ok, allora se il bene e il male non esistono, a maggior ragione una qualsiasi autorità politica è priva di giustificazioni. Che senso avrebbe, infatti, un sistema in cui alcuni costringono altri a tenere una certa condotta di comportamento, se non è possibile stabilire (nemmeno per sommi capi), cosa è giusto e cosa no? Nel c.d. stato di natura, il più forte tende ad opprimere e ad approfittarsi degli altri in ogni modo, furti e omicidi sono eventi endemici. Lo Stato esiste, se non altro, quantomeno per evitare (o meglio ridurre) il compiersi di queste ed altre ingiustizie. Dice: nemmeno queste sono ingiustizie in senso assoluto. Va bene, allora ciò significa che non sarebbe giustificato nemmeno il c.d. Stato minimo. C'entrano le "preferenze" soggettive di cui parla Boldrin, e giocano un ruolo nella formulazione dei nostri giudizi morali? Certo che sì, ma il tentativo dell'etica è appunto di indagare ciò che può essere definito come universalmente valido dopo aver individuato ed eliminato dall'equazione le preferenze soggettive che sono prive di una base razionale (parliamo delle preferenze di chi sta giudicando, non dei protagonisti di uno scenario etico: QUELLE preferenze contano eccome). L'etica prevede appunto la capacità di sottoporre a critica i propri stessi desideri, intuizioni, gusti soggettivi (già Aristotele). Altrimenti non c'è possibilità di distinguere l'animale uomo dagli altri animali. Un sadico può avere la preferenza di torturare degli innocenti, ma allo stesso tempo può capire benissimo perché sarebbe sbagliato assecondarla. Se poi si pretende da termini come "giusto" e "sbagliato" di stare sullo stesso piano ontologico occupato dalle grandezze del mondo fisico, allora è un altro discorso.
Supersorpresa: D. Berti sostiene che il liberalismo presuppone il libero arbitrio. A me pare "certo" che non esita il libero arbitrio, si va sempre di causa-effetto, tutto avviene di necessità. Ma anche senza libero arbitrio ha senso parlare di liberalismo. Un movimento che prevede che tutti gli uomini siano uguali in determinati diritti perchè mai dovrebbe prevedere il libero arbitrio? Un movimento che prevede che il singolo sia tutelato dalla dittatura della maggioranza perchè dovrebbe prevedere il libero arbitrio? Si parla di etica, il "dover fare": anch'essa non richiede il libero arbitrio. Le regole di comportamento previste dall'etica non sono assolute. Variano nella testa dei singoli individui. Certo ci sono regole condivise dalla maggioranza e le regole personali e originali del singolo. Nella pratica le regole che si imporranno saranno quelle sostenute dalla forza. Ius quia iussum. Anche le regole "liberali" saranno gestite dalla forza. Se la maggioranza vuole che alle 3 di notte tu non suoni la batteria, tu sarai costretto a non suonare la batteria e la tua libertà in merito verrà meno.
In realtà non è del tutto vero che il libero arbitrio è un principio fondante del cristianesimo. Dal punto di vista storico la dottrina di Agostino - che è sostanzialmente luterana - non è mai stata esplicitamente negata. Certo, Tommaso si è portato verso posizioni più vicine a quello che possiamo definire di libero arbitrio, ma più che affermare tout court una libertà dell'agire umano dai nessi causali la sua è una visione - ovviamente aristotelica - per cui la razionalità è una proprietà "emergente" a partire dai fatti naturali. Questo per dire che alla fine il libero arbitrio è uno spauracchio, nato da confusioni filosofiche e non è di fatto un elemento essenziale né della tradizione cristiana né cosiddetta liberale.
Boldrin non ha lasciato parlare Berti, ha ripetutamente cambiato l’asserto in esame, non si è dimostrato interessato a falsificare la propria opinione in base alle osservazioni di Berti, ma piuttosto focalizzato sul difendere le proprie opinioni con ogni mezzo. Berti invece sistematico, paziente logico. Spiace per l’atteggiamento di Boldrin, che ha sostanzialmente eluso il confronto logico. La prossima volta lasci parlare l’interlocutore.
Bastava dire semplicemente (per distinguere i liberali dai cristiani) che la quasi totalità dei liberali è anti-clericale, vuole la totale separazione fra stato e chiesa, ricerca la massima libertà individuale che consiste nella libertà di pensiero, di espressione (anche sfociando nella blasfemia), di culto e nella libertà economica (che solamente in Italia si distingue utilizzando il termine "Liberismo")
@@MicheleBoldrin grazie del consiglio, non ho una conoscenza particolarmente approfondita dell'argomento (storia delle ideologie) ma mi interesserebbe approfondirlo all'università
32:32 Direi che qui sta il punto, ed è lo stesso che si era presentato con Rick e il suo principio di non aggressione. La definizione di violazione della libertà altrui è arbitraria. Poco da fare.
dipende tutto da come viene definita questa libertà, dal punto di vista completamente ipotetico se ci fosse un modo per renderla quantificabile si avrebbe sempre la garanzia che esista una formulazione ottimale di questo limite della libertà personale. allo stesso tempo questo limite subirebbe però modifiche ogni volta che nasce o muore un individuo, o semplicemente in ogni istante in cui una persona cambia caratterialmente.. ma in via del tutto teorica il confine ottimale esisterebbe sempre.
@@MicheleBoldrin ho cercato di essere il più generico possibile, il fatto che in ogni istante sia in via del tutto ipotetica quantificabile e ottimizzabile il confine della libertà individuale non significa che sia sempre lo stesso in ogni istante di tempo, proprio per la sua natura soggettiva non lo sarà mai. Ma questo non esclude a priori che sia determinabile in ogni istante di tempo attraverso un qualche criterio.. direi piuttosto che farlo sarebbe impraticabile e probabilmente è un problema di una difficoltà inaccessibile a qualsiasi strumento razionale di cui disponiamo. Sarà una considerazione più matematica che etica ma stabilire che una soluzione ottimale possa esistere o meno mi pare che sia il punto fondamentale per stabilire se ha senso la ricerca di questi limiti oppure vanno presi a prescindere come un artificio umano, a quel punto però il concetto di libertà mi suonerebbe quasi superfluo
@@andrewmay1171 direi piuttosto che siccome non sono ben definiti non sono direttamente utilizzabili per costruirci delle regole o porre dei limiti, questo non ne annulla il valore.. non ci sono regole che stabiliscono la quantità di affetto da dare ai propri figli o la quantità minima di amore da provare per il coniuge, sebbene siano concetti che hanno un valore non vengono utilizzati per costruirci delle regole da rispettare ma vengono invece utilizzati altri parametri più 'misurabili'. in questo senso dico che la libertà diventa un elemento che potrebbe essere superfluo per stabilire regole e limiti sul singolo.. mi sono espresso in modo contorto ma alla fine è un po' una banalità quel che ho cercato di dire
Questo è perché la filosofia mi sta sul cazzo. Se stai appresso ai grandi filosofi impari a zoppicare come loro, con le argomentazioni "naturali", "fatti" che sono in realtà opinioni, cose "ovvie", "morali" che non sono né ovvie né morali. Vi ricordo che il mondo è pieno di ciarlatani e closet fascists che fanno 'sti argomenti del cazzo, mi viene in mente Stefan Molyneux. Ebbene, non voglio essere stronzo ma il modo di parlare di Berti mi ha ricordato quello di quell'essere immondo. La tesi può essere differente ma l'uso di sillogismi mal posti e la ricerca di una teoria della conoscenza/storia/etc... mi sembra perfettamente analogo. La cosa grave secondo me è che ogni volta che tu sostieni che il liberalismo (o il fascismo, o il cristianesimo etc) siano veri per virtù dell'ovvio, della regola insita dentro ognuno di noi, dello spirito santo, etc, dai prova di non aver capito la dialettica della storia, e di minimizzare passaggi epocali tipo l'emancipazione femminile o la tripartizione del potere ad una cosa "ovvia" o di "buon senso", e di trascurare l'esistenza di forze che hanno ostacolato questi cambiamenti. E conseguenza gravissima è l'incapacità di leggere criticamente il presente: di non capire che esistono sempre quelle forze che spingono in retromarcia, o di non capirne la portata, e di non capire che anche noi siamo solo il passato per il futuro, e che probabilmente siamo anche noi la forza di attrito nei confronti delle conquiste altrettanto epocali del domani. Meno male che c'è il prof nelle cui posizioni mi sono riconosciuto che ha controbilanciato la mia sofferenza nel guardare questo video. Parlando di cose che non mi mandano in bestia, secondo me il cristianesimo non è storicamente portatore di istanze liberali. Per come la vedo io, il cristianesimo nel tempo e nei vari Stati si è configurato in così tante forme che se puoi definirlo carne in certe circostanze, in altre sicuramente è stato pesce. Anzi, io dico che il suo successo dipenda proprio dalla sua duttilità. Per me la connessione c'è tra liberalismo e dottrine protestanti, mentre non mi è chiara tra cattolicesimo e liberismo. Però non so, io l'ho data sempre per scontata questa associazione, sono curioso di vederla diversamente. Comunque in breve la mia opinione: il cattolicesimo lo accosto ad una volontà di avere un potere unico, spirituale e temporale perché la legge divina non lascia spazio a una sfera laica della vita (o una cosa è buona o è peccato). Figuriamoci in quest'ottica se ha senso parlare di libertà individuali. Inoltre, nel cattolicesimo non vedo individualità: l'uomo ha senso solo se inserito nella sua comunità. Quello che gli frulla in testa non ha valore, e confessarsi direttamente a Dio è eretico perché si rischia che ognuno si faccia strane idee sulla moralità, che invece dev'essere unica. Non sto dicendo che nel cattolicesimo ci sia una particolare avversione verso l'individualità, ma indifferenza, come nella maggior parte delle culture.
@Ivan Karamazov bel video, l'ho visto volentieri anche se non ho ancora visto quello di Rick. Spero anch'io che possa raggiungerlo. Immagino che il prof tutte ste cose le sappia già, di orgogliosa matrice comunista quale è 😆
Argomenti e interlocutori di gran livello, grazie per questa "puntata". Sfido la tv a inserire nel palinsesto contenuti simili...
Che bello. Sicuramente per limite mio, ma una *cosa* filosofica così bella, tra italofoni, non ricordo quand'è che l'ho sentita l'ultima volta. Grazie a Dario e a Michele, qui in veste di uomini primi che di professori.
Conversazione bella ed interessante. Seconda puntata, per favore! :)
Io ho sempre pensato di essere pazzo. Poi arriva Boldrin..e scopro che siamo in due! Grande! La ringrazio per i contenuti, e ringrazio Rick DuFer, in assenza del quale non avrei mai saputo della sua esistenza!
Siamo in tre. Mi era sfuggita questa conversazione che recuperato adesso.
Provo a dire la mia.
In generale la questione delle definizioni presuppone due elementi:
- la necessità delle definizioni perché si possa usare parole che abbiano senso nello comunicazione;
- l'impossibilità di arrivare una definizione univoca delle cose;
In mezzo ci sta l'utilità secondo la quale due o più soggetti che vogliano intendersi stabiliscono un perimetro di significato condiviso.
Per quanto riguarda la definizione di liberalismo credo che vada puntata la luce verso il demone cattivo che ci sta dietro.
Il demone cattivo ha a che fare con l'uguaglianza, la proprietà e l'opportunità.
Con grande facilità possiamo dire che siamo tutti diversi, perché nasciamo con forza fisica diversa, con capacità cognitive diverse e poi in anche in contesti diversi.
Questo fa si che avere qualcosa per merito rischia di essere una grande ipocrisia.
Quindi eleviamo al rango di qualità morale la tendenza a conquistare una soddisfacente posizione economica, sociale ...etica....spirituale....ecc...In sintesi non c'è cosa che si conquisti senza un atto volitivo condizionato dalle opportunità.
Difendere e propagare la propria libertà è, per certi versi, di per se illiberale perché non fondabile su un base di uguaglianza di principio.
In lettura politica si può elaborare lo Stato di diritto, in senso economico si può studiare il percorso di crescita maggiore, in senso morale si può solo lasciare Il libero arbitrio al contesto religioso ultraterreno.
Ho cercato di essere sintetico, ma probabilmente sono stato solo impreciso. Saluti
A me sembra che Dario più volte non colga il punto a cui Michele vuole arrivare, purtroppo.
Il punto Cardine del discorso di Michele è che, ammesso esista il libero arbitrio, la libertà individuale implica il poter fare delle scelte che sono soggettive, e quindi non generalizzabili. (siamo tutti diversi)
A mio modesto parere bisognerebbe discutere sui limiti che il liberalismo propone riguardo la soggettività, ammesso che esistano (seguendo il discorso di Michele con Rick, neanche il principio secondo cui la mia libertà termina nel momento in cui privo il prossimo della sua libertà è valido, per colpa dei maledetti motociclisti).
Forse il problema è che il liberalismo duro e puro, come tutte le teorie sociali in fondo, non trova riscontro pratico.
Comunque, complimenti per tutto.
Dario Berti avrebbe potuto spiegare molto meglio il punto di vista liberale utilizzando le stesse argomentazioni di Boldrin per squalificare il liberalismo: se è vero che, come dice Boldrin, la morale è soggettiva, allora ha senso che l'individuo sia libero di seguire la propria morale nelle scelte personali che non toccano gli altri individui.
Al minuto 27:00 Boldrin dice che uno dei fondamenti del liberalismo è la libera migrazione, in maniera tale che un individuo possa scegliere di vivere nel sistema che preferisce. Più avanti afferma che lui, per proprie preferenze personali, ha scelto di vivere in USA, ma che si tratta solo di una sua preferenza personale e che non ritiene che nella sua preferenza ci sia un valore morale superiore, come lasciano intendere i liberali rispetto all'insieme di valori che sostengono.
Dario Berti allora avrebbe potuto ribattere che se un individuo può fare scelte personali senza spostarsi dalla propria nazione è più libero che se deve scegliere tra un numero limitato di nazioni.
Infatti la superiorità morale del liberalismo rispetto a correnti politiche illiberali paradossalmente sta nella sua amoralità: ritenere che le proprie visioni morali siano personali e non universali e che non essendo universali non si possano imporre a tutti quanti con la forza.
Se poi l'insieme di scelte individuali creano un ambiente che non ti piace, se tu che devi cambiare ambiente (in extrema ratio) andando a vivere da un'altra parte, anziché limitare la libertà degli individui per creare l'ambiente che piace a te. Se poi non esiste un ambiente che ti piace allora dovrai stare lontano dalle altre persone e cercare la felicità nella solitudine.
Pienamente d'accordo con Boldrin.
Faccio una mia riflessione a partire dall'esempio del portafoglio: se dovessi dare ascolto solo alla mia "intuizione morale", in certi casi estremi (ladro che per una serie di sfortune si è trovato in una situazione di grande difficoltà economica, derubato molto ricco, magari addirittura non per merito ma per nascita) avrei difficoltà a giudicare il fatto come "sbagliato".
Ma questa è, appunto, la mia sensibilità personale, determinata da mie predisposizioni e da una serie di influenze ricevute a partire dall'infanzia A livello razionale, non ho alcun dubbio che nel momento in cui viviamo in una società che si è accordata su certe regole quelle regole vanno rispettate da tutti.
Nessun sistema sarà mai percepito da tutti come perfetto, si cerca di stabilizzarsi su un compromesso che minimizzi le ingiustizie percepite, ma una morale "oggettiva" non può e non potrà mai esistere.
Dario Berti avrebbe potuto spiegare molto meglio il punto di vista liberale utilizzando le stesse argomentazioni di Boldrin per squalificare il liberalismo: se è vero che, come dice Boldrin, la morale è soggettiva, allora ha senso che l'individuo sia libero di seguire la propria morale nelle scelte personali che non toccano gli altri individui.
Al minuto 27:00 Boldrin dice che uno dei fondamenti del liberalismo è la libera migrazione, in maniera tale che un individuo possa scegliere di vivere nel sistema che preferisce. Più avanti afferma che lui, per proprie preferenze personali, ha scelto di vivere in USA, ma che si tratta solo di una sua preferenza personale e che non ritiene che nella sua preferenza ci sia un valore morale superiore, come lasciano intendere i liberali rispetto all'insieme di valori che sostengono.
Dario Berti allora avrebbe potuto ribattere che se un individuo può fare scelte personali senza spostarsi dalla propria nazione è più libero che se deve scegliere tra un numero limitato di nazioni.
Infatti la superiorità morale del liberalismo rispetto a correnti politiche illiberali paradossalmente sta nella sua amoralità: ritenere che le proprie visioni morali siano personali e non universali e che non essendo universali non si possano imporre a tutti quanti con la forza.
Se poi l'insieme di scelte individuali creano un ambiente che non ti piace, se tu che devi cambiare ambiente (in extrema ratio) andando a vivere da un'altra parte, anziché limitare la libertà degli individui per creare l'ambiente che piace a te. Se poi non esiste un ambiente che ti piace allora dovrai stare lontano dalle altre persone e cercare la felicità nella solitudine.
Molto bravo Boldrin a tenere testa a Dario Berti e anche Rick Du Fer. Il punto sta effettivamente sull'estendere il proprio giudizio morale ed etico agli altri componenti della comunità. Ciò che per me è un giudizio morale acquisito può non esserlo per qualcun'altro.
"Ciò che per me è un giudizio morale acquisito può non esserlo per qualcun'altro."
Esatto, ma questo è proprio uno dei motivi per cui una società liberale è preferibile ad una autoritaria. Tra le due solo la prima tiene in debita considerazione, rispettandole, le inevitabili differenze soggettive nella valutazione etica/valoriale degli individui. E solo la prima contrasta la possibilità che qualcuno possa "estendere il proprio giudizio morale ed etico agli altri componenti della comunità", magari con l'uso della forza.
@@andrewmay1171 65' fa avrei concordato completamente con te, però mi pare che noi non ci rendiamo conto che anche in una "democrazia liberale" estendiamo il nostro giudizio morale agli altri componenti della comunità con l'uso della forza. Se facciamo pressioni come società civile perché l'aborto entro il terzo mese non sia considerato omicidio, e eleggiamo dei rappresentanti in linea col nostro pensiero che poi approveranno una legge, beh lo abbiamo fatto. Abbiamo esteso il nostro giudizio morale agli altri. E se te sei un medico e ti rifiuti di far abortire ci sarà un ente giudiziario che ti condannerà e eventualmente una forza militare che verrà a prenderti. C'è una forza che ti obbliga a rispettare le regole.
E allora cosa cambia fra i due sistemi?
Forse cambia solo dal punto di vista quantitativo e non qualitativo. Si accetta che serva una maggioranza in un gruppo di persone per poter imporre a tutti gli altri il nostro giudizio morale. E non basti un dittatore e un gruppo di militari.
Preferisco di gran lunga la democrazia liberale, ma ritenere che questa 'tenga in debita considerazione e rispetti le inevitabili differenze nella valutazione morale di ognuno' è probabilmente un'illusione.
@@saveriotraini6980 Capisco il tuo punto di vista, però l'esempio che fai, sull'aborto, è un po' fuorviante perché va al di là della contrapposizione tra liberalismo e autoritarismo: per discutere di questo tema puramente in termini "liberalismo perché sì e perché no" dovremmo innanzitutto stabilire se il feto è o meno un individuo portatore di diritti, cioè per usare le tue parole se abortire sia equivalente ad un omicidio, il che come vedi è esattamente la questione al centro del dibattito sull'aborto, ma non è una questione che si può risolvere (unicamente) dando credito ad una o all'altra visione politica. Credo l'opinione di ciascuno sul diritto all'aborto sia, o debba essere, motivata da ragioni che vanno oltre all'essere liberali o meno. Se ad esempio io fossi convinto che l'aborto entro il terzo mese sia di fatto un omicidio, volerlo proibire per me sarebbe coerente con la difesa dei diritti individuali (quelli del feto in questo caso). A questo punto potremmo anche affrontare il tema dell'aborto nello specifico ovviamente, non avrei nessun problema, ma sono sicuro che nel farlo toccheremmo argomenti che vanno ben al di là del liberalismo. Per questo penso che l'esempio non sia il più utile a questa discussione. In ogni caso, volendo semplificare, se partiamo dal presupposto che il feto entro il terzo mese non è una persona, allora direi che sì, il diritto della donna ad interrompere la gravidanza di fatto "rispetta le differenze nella valutazione morale di ognuno" (la possibilità per i medici di rifiutarsi a collaborare senza essere costretti con la forza rappresenta, d'altro canto, l'applicazione di un principio liberale, al contrario di quanto sembri suggerire).
Mi chiedi che differenza ci sia tra uno stato liberale ed uno autoritario, visto che anche il primo deve imporre delle regole. Vedila così: Siccome alcune regole (e quindi la forza per farle rispettare) sono necessarie per evitare il rischio che nessun diritto, nemmeno il più elementare, venga rispettato, non è auspicabile che alcune regole (e l'uso della forza) siano esclusi a priori. Lo stato liberale mira semplicemente alla riduzione al minimo delle regole, idealmente dovrebbe trattarsi solo di quelle regole che consentono la tutela di alcuni diritti fondamentali delle persone. Comunque quello di cui parli è sostanzialmente il "Paradosso della tolleranza" di Karl Popper, se ti interessa approfondire trovi molta letteratura in merito anche online.
Dario Berti avrebbe potuto spiegare molto meglio il punto di vista liberale utilizzando le stesse argomentazioni di Boldrin per squalificare il liberalismo: se è vero che, come dice Boldrin, la morale è soggettiva, allora ha senso che l'individuo sia libero di seguire la propria morale nelle scelte personali che non toccano gli altri individui.
Al minuto 27:00 Boldrin dice che uno dei fondamenti del liberalismo è la libera migrazione, in maniera tale che un individuo possa scegliere di vivere nel sistema che preferisce. Più avanti afferma che lui, per proprie preferenze personali, ha scelto di vivere in USA, ma che si tratta solo di una sua preferenza personale e che non ritiene che nella sua preferenza ci sia un valore morale superiore, come lasciano intendere i liberali rispetto all'insieme di valori che sostengono.
Dario Berti allora avrebbe potuto ribattere che se un individuo può fare scelte personali senza spostarsi dalla propria nazione è più libero che se deve scegliere tra un numero limitato di nazioni.
Infatti la superiorità morale del liberalismo rispetto a correnti politiche illiberali paradossalmente sta nella sua amoralità: ritenere che le proprie visioni morali siano personali e non universali e che non essendo universali non si possano imporre a tutti quanti con la forza.
Se poi l'insieme di scelte individuali creano un ambiente che non ti piace, se tu che devi cambiare ambiente (in extrema ratio) andando a vivere da un'altra parte, anziché limitare la libertà degli individui per creare l'ambiente che piace a te. Se poi non esiste un ambiente che ti piace allora dovrai stare lontano dalle altre persone e cercare la felicità nella solitudine.
@@saveriotraini6980 in realtà il pensiero liberale sarebbe che l'aborto non è punito dallo stato, ma un medico sceglie liberamente se occuparsi di aborti oppure no e nessuno lo può obbligare a buttarcisi.
Molto interessante, spero in un continuo
Bellissima discussione grazie. Bello scoprire che si interessa anche degli studi etologici/evoluzione/Darwin.
Una discussione cosi', anche durasse 14 ore, a me andrebbe benissimo.
Con questo non intendo lodare il livello di qualita', ma piu' che altro esprimere la mia "onesta preferenza" sul fatto che quando tratti questioni del genere, dovresti revocare il limite sulla durata del video, perche' avrei voluto davvero vedervi arrivare in fondo a quella questione che aveva iniziato a dipanarsi da quando avete iniziato a parlare delle preferenze, e dell'intensita' delle preferenze.
Preparate la "part 2" se potete, onestamente credo ne valga davvero la pena.
Interessantissimo, grazie.
Minuto 20.58 : Berti assoda che la fede nel libero arbitrio è necessaria per proclamarsi liberali mentre sta dialogando con un interlocutore liberale che si è appena dichiarato in disaccordo su questo punto, forse perchè determinista. Boldrin guarda l'ora, ci rinuncia, e dà ragione a Berti. Peccato...
Boxe dialettica. Grandi. Grazie.
Il libero arbitrio non è solo razionale.
Il razionale è un insieme di rappresentazioni 'mentali' funzioni logiche(discernere aggregare dividere associare etc funzioni cognitive(concentrazione attenzione memoria) e metacomponenti cognitive(autocontrollo metaaprendimento metacognizione).
Questa è la pentola, ma sotto c'e' il fuoco che scalda la pentola: Motivazioni ciò che mi interessa nel mondo( proteggere possedere curare etc),
Emozioni (risposte neurobiologiche al mondo che precedono la consapevolezza, esempio tremi e perché tremi ti accorgi di aver paura).
Un approccio etologico all'uomo dovrebbe essere discusso perché viene prima, è il materiale che poi evolve dimensionalmente e viene a sua volta 'evoluto'.
Professore se posso le consiglio di parlarne con l'etologo Roberto Marchesini,sarebbe interessante vedere cosa ne esce fuori.
Ahem ... il "Libero arbitrio" cosa sarebbe? Sembra tu lo sappia ...
@@MicheleBoldrin si ha ragione, mi riferivo alle nostre capacità, possibilità di scelta quello che normalmente viene considerato libero arbitrio non è solo una componente razionale su cui abbiamo un controllo, e anche ipotizzando fosse razionale è una composizione di diverse componenti mentali che tra l'altro cambiano o possono cambiare componendosi in maniera diversa tra loro considerando che le composizioni già in essere hanno una resistenza al cambiamento ( sono strutture sottostanti del SNC )
Splendido. Ma Dario, trova una connessione più performante, si fatica un po' a seguire a tratti. Comunque questo canale è tutto oro!!!!!
che meraviglia! boldrin grandioso!
Bella discussione.
Se non sbaglio Boldrin pone una specie di scetticismo morale filosofico, porta ogni discorso sulla libertà alla morale (secondo me correttamente). In un certo senso il vero liberalismo è l'anarchia, quindi ha senso non potersi definire liberali, il punto è definire cosa si intende per questo "liberali"
Credo il punto sia definire alla base degli assiomi morali in comune, definire quindi poi libertà.
Personalmente la vedo così: ritengo la teoria dei giochi abbia molto da dirci sull'etica e morale (in questo modo ne rubiamo anche il formalismo matematico), in questo modo come possiamo definire un equilibrio o una soluzione efficente (tipo un equilibrio di Nash) potremmo anche definire un "equilibrio morale" tra i giocatori (che si potrebbe definire come massimizzazione di valore positivo per l'individuo e la collettività), in questa formalizzazione possiamo divertirci a definire liberale la visione per cui si lascia o tende di dare agli individui il maggior numero di scelte possibile , non necessariamente tutte, anche riducendole ma in rapporto al danno/beneficio collettivo, consapevoli che questa scelta è relativa alla società e periodo storico.
In quest'ottica il legislatore pone un meta-gioco sul gioco a cui i cittadini dovranno partecipare, decidendo i gradi di libertà che i partecipanti hanno; sicuramente si può fare il regresso all'infinito che sappiamo porterebbe ad un scetticismo/relativismo totale, sappiamo anche che alcuni assiomi su cui fondare il discorso sono necessari ma in questo contesto non trovo contraddittorio definirmi "liberale".
Viva il pragmatismo! Mi ero perso la definizione di liberale come di colui che mette in discussione il concetto di liberalismo, stupenda. Non vedo l'ora si sentire la seconda parte.
E io che mi dico liberale ma non credo al libero arbitrio, che fine faccio?
Personalmente arrivo alle stesse conclusioni ammettendo che ci comportiamo as if avessimo il libero arbitrio.
Mi pare di capire che qui si stia discutendo del mito, nel senso che Harari ha descritto in Sapiens. Nel momento in cui un mito diviene accettato in comunità estese, il mito diventa un "fatto accettato", sebbene non intrinsecamente vero.
Boldrin illuminato! (non nel senso complottista, nel senso buono) :D
Non sarebbe manco da specificare! Questa la forza di chi assume un potere negoziale che diceva il prof. Nel video. Se ci fosse una forza buddista avresti detto non nel senso buddista del termine.
Molto interessante. Bravi!
Dialogo splendido. Vi ho seguito fino a ‘ma questo è’ Marx e un po’ di Nietzsche’. Poi è’ scaduto il tempo. Potrebbe essere un’idea riprendere da lì. Grazie
Io penso che potrebbe essere molto utile invertire la direzione del ragionamento, cioè invece di partire da un concetto generale e universale per poi vedere se regge, io partirei dai caratteri essenziali dei vari tipi di ordinamento positivo per cercare di individuarne i principi di regolazione e composizione delle differenti, e a volte contrastanti, preferenze degli individui.
Prendendo spunto dagli ultimi minuti di Boldrin (che ritengo fondamentali per inquadrare il problema) intanto vedrei se possiamo confermare che effettivamente essi adottino lo schema dell'equilibrio dei gruppi di forza? Se si, dovrebbero fare diversamente? Come e perchè?
Comunque, sulle 'buone ragioni', non si può non ricordare chi se n'è occupato per una vita: Raymond Boudon (che non si discosta molto, per quel che posso vedere, a livello di teoria della scelta, preferenze, valori, ecc., da quanto ha accennato Boldrin). Aiuterebbe forse a sciogliere il nodo del 'gusto' che, come tutto il resto, va definito, come giustamente avete provato a fare.
Però il pragmatismo non è anch'esso un principio morale nel momento in cui gli diamo un contenuto specifico? Io non ho grandi conoscenze quindi potrei usare i termini in maniera errata; provo a spiegarmi.
Dire "sono pragmatico" presuppone un fine che si vuol raggiungere con il pragmatismo appunto, no? Cioè, quando dice "non esiste il giusto, ma l'opportuno, l'adeguato, quello che conviene fare" ecco, quello che conviene fare in vista di quale risultato finale? Ecco, individuato questo risultato, perchè proprio quello e non altro? Immagino perchè evidentemente quel determinato risultato finale lo considera "giusto", ha un criterio in base al quale dice che la situazione A è migliore della situazione B.
Ora, se questi due video avevano semplicemente lo scopo di capire se possiamo elaborare una definizione formale di "liberalismo" che regga dal punto di vista logico ed empirico, probabilmente non è rilevante discutere del risultato finale cui il suo pragmatismo è rivolto, perchè è questione diversa.
A me sembra che nè DuFer nè Dario Berti siano riusciti a formulare principi solidi e trovo veramente difficile, in tutta sincerità, non essere d'accordo con Boldrin. Alla fine hanno semplicemente proposto delle varianti del principio di non aggressione che di per sè - come abbiamo già visto - non è utile a dare una soluzione realmente praticabile nemmeno a semplici problemi di immissione.
Però, se lo scopo dei video è anche quello di capire se possiamo individuare un modo migliore degli altri di regolare i rapporti tra gli individui, allora cosa Michele Boldrin pensa sia giusto (cioè: a quale risultato finale è rivolto il suo pragmatismo) è rilevante per la discussione e quindi glielo chiedo, se vorrà rispondere.
La questione è importante, ritengo, indipendentemente dalla posizione che assumiamo circa la natura delle preferenze, cioè, anche se fosse vero che la mia preferenza per un mondo senza schiavitù non è diversa, nella sua genesi e nella sua natura, dalla mia preferenza per il cioccolato.
Si, condivido.
Infatti, se nota, io insisto sulla natura individuale/soggettiva (giusto per me non significa in principio giusto anche per te) dei principi morali che collettivi/oggettivi (giusti a priori per tutti perche' conseguenze di una qualche verita' ovvia/rivelata) non possono essere.
Dopodiche', siccome PER ME, vivere in comunita' con altri accetto il principio di dover condividere alcune regole morali e partecipo al processo con cui si determinano. CONSAPEVOLE che non vi e' nulla di assoluto in nessuna di esse e che potranno cambiare, di certo.
I MIEI principi morali sono miei, e quelli me li gestisco io. La qual cosa, btw, e' l'unico senso coerente che si puo' dare alla celebre massima kantiana.
@@MicheleBoldrin Dario Berti avrebbe potuto spiegare molto meglio il punto di vista liberale utilizzando le stesse tue argomentazioni per squalificare il liberalismo: se è vero che, come dici te, la morale è soggettiva, allora ha senso che l'individuo sia libero di seguire la propria morale nelle scelte personali che non toccano gli altri individui.
Al minuto 27:00 dici che uno dei fondamenti del liberalismo è la libera migrazione, in maniera tale che un individuo possa scegliere di vivere nel sistema che preferisce. Più avanti affermi che tu, per tue preferenze personali, hai scelto di vivere in USA, ma che si tratta solo di una tua preferenza personale e che non ritieni che nella tua preferenza ci sia un valore morale superiore, come lasciano intendere i liberali rispetto all'insieme di valori che sostengono.
Dario Berti allora avrebbe potuto ribattere che se un individuo può fare scelte personali senza spostarsi dalla propria nazione è più libero che se deve scegliere tra un numero limitato di nazioni.
Infatti la superiorità morale del liberalismo rispetto a correnti politiche illiberali paradossalmente sta nella sua amoralità: ritenere che le proprie visioni morali siano personali e non universali e che non essendo universali non si possano imporre a tutti quanti con la forza.
Se poi l'insieme di scelte individuali creano un ambiente che non ti piace, se tu che devi cambiare ambiente (in extrema ratio) andando a vivere da un'altra parte, anziché limitare la libertà degli individui per creare l'ambiente che piace a te. Se poi non esiste un ambiente che ti piace allora dovrai stare lontano dalle altre persone e cercare la felicità nella solitudine.
Per quanto riguarda la differenza tra "gusto" e "descrizione dei valori" secondo me il punto su cui soffermarci è il seguente:
- il gusto è una preferenza soggettiva che NON vuole avere una validità normativa, deontica: sto semplicemente dicendo che io, per miei gusti soggettivi, preferisco x a y (non che x è necessariamente migliore a y)
- quando esprimo una preferenza sulla democrazia contro il fascismo, io non sto solo dicendo che, in base ai miei valori, è preferibile; ma anche che è migliore, cioè che deve avere una validità normativa. Se la maggioranza dei romani come gusto, per divertimento, preferiva far sbranare cristiani dai leoni, questo non significa che sia giusto, anche se ciò è preferito dalla maggioranza. Secondo me quel tipo di uccisione è sbagliato indipendentemente dal gusto collettivo; ed è sbagliato in base a principi che spero siano normativi, validi per tutti. Uccidere ebrei è sempre sbagliato, indipendentemente dal gusto della maggioranza. Sì, è un dogma. Ma un dogma che ritengo valido, e che non va dimostrato.
Quindi se Boldrin utilizza il gusto come solo parametro normativo per stabilire il giusto e lo sbagliato, ci si può trovare nei paradossi precedentemente esposti ( è giusta la schiavitù, solo perché così prescrive il gusto della maggioranza?). Ovviamente anche il relativismo storico non è una giustificazione: perché io posso capire perché i tedeschi votarono Hitler, posso comprendere queste motivazioni. Ma non per questo direi che "uccidere ebrei è giusto" è vera relativamente a quella stagione.
p.s.
lo stesso si potrebbe dire dei vegani, ad esempio. Il problema non consiste che un individuo preferisce non mangiare carne, a livello soggettivo, come gusto personale. Ma che di quella scelta individuale si vuole offrire una validità normativa, valida per tutti.
Quindi il punto sarebbe proprio capire quali sono i valori non negoziabili (costituzione), quali sono le libertà soggettive ( i diversi gusti da tollerare) e quale è lo spazio della sfera politica che deve stabilire proposizioni normative, che valgono per una determinata comunità
Ho trovato interessante il parallelo con il Cristianesimo, o meglio i cristiani. Come i liberisti credono nella libertá, i cristiani credono in Dio. Entrambi i concetti sono astratti e vaghi, al punto che ognuno ne delimita i confini a seconda del proprio sentimento. Alcuni individui inoltre sentono di far parte di una categoria, rispecchiandosi in alcuni criteri piuttosto che altri. Ma bastano sono alcuni elementi per essere considerati facenti parte di una categoria? Si é, ad esempio, cristiani se si crede in Dio ma non si va a Messa? Se si crede in Cristo e non si porge l'altra guancia? Oppure si fa parte di una categoria di persone quando TUTTI i criteri sono soddisfatti? Sotto questo punto di vista capisco l'obiezione del prof. Boldrin di non voler essere categorizzato, perché le categorie perdono di senso se ognuno prende per buoni solo i parametri che piacciono a lui e capisco anche perché dice che sia meglio parlare piuttosto di Boldrinismo, di Duferismo, visto che ognuno soddisfa solo alcuni criteri della categoria a cui sente di appartenere ma non tutti.
E' difficile intervenire in un dibattito che interseca così tanti ambiti di indagine filosofica (ontologia, morale, epistemologia, politica, filosofia della mente) tuttavia cercherò malamente di farlo.
Io credo che si possa essere liberali senza dover credere nell'esistenza del libero arbitrio, o per lo meno non nell'idea ingenua di libero arbitrio. Credo che bisognerebbe partire dalla base: in primis fissare un'ontologia, ad esempio un'ontologia fisicalista (che mi sembra che per la scienza funzioni piuttosto bene) e vedere all'interno di quella concezione della realtà come e se si possa formulare una nozione consistente di libero arbitrio. Ora sto pensando a D.C. Dennett e alla sua monografia "L'evoluzione della libertà" in cui precisamente cerca di formulare una nozione di libero arbitrio un po' più consistente della nozione ingenua e soprattuto compatibile con il determinismo delle scienze chimiche che usiamo quando vogliamo parlare in modo preciso dei corpi umani (i.e. delle persone che dovrebbero essere libere).
Partendo dall'analisi di Dennett credo che si possano declinare almeno due nozioni di libertà, in entrambi i casi differenti dalla libertà assoluta che scintillerebbe nel momento in cui decido che gusti prendere dal gelataio. In primis la libertà individuale intesa come la capacità di modificare i propri schemi di comportamento (volontariamente o meno). In questo senso la libertà può essere vista come la possibilità da parte di un hardware di elaborare o ricorrere a differenti tipi di software per risolvere dei problemi.
In secondo luogo la libertà come spazio a nuovi schemi di comportamento lasciato dalle leggi che ne proibiscono alcuni e non altri e quindi come rimozione degli ostacoli che permetterebbero a certi schemi di comportamento migliori di affermarsi.
Essere liberali in questo contesto credo possa significare ammettere che ci possono essere schemi di comportamento migliori per risolvere dei problemi e soprattutto che non siamo sicuri che gli schemi di comportamento ora diffusi siano i migliori schemi possibili. Da questo punto di vista, socialmente sembra ragionevole cercare un consenso non su ciò che consideriamo lo schema comportamentale giusto per affrontare il mondo ma su quegli schemi comportamentali che sembrano essere probabilmente dannosi (lasciando che gli schemi migliori si affermino spontaneamente) per la risoluzione di certi porblemi.
Dal punto di vista politico essere liberali senza libero arbitrio potrebbe semplicemente essere per la proibizione di certe azioni che vengono considerate nocive per la risoluzione di un certo tipo di problema e allo stesso tempo porre meno vincoli possibili all'emersione di soluzioni nuove per gli stessi problemi. L'essenza di questa concezione non sta nella nozione di libertà ma nell'ammissione che non sappiamo se le soluzioni emerse in natura sino ad oggi per risolvere certi problemi siano le migliori possibili. Credo che un liberale debba sostenere più l'idea di una scienza fallibile che l'idea del libero arbitrio.
Ho trovato un commento che spiega esattamente quello che penso meglio di quanto io saprei fare , grazie .
Se ho capito bene ritengo anche io che si può essere liberali politicamente ( io mi ritengo tale) senza credere nel libero arbitrio come inteso da loro due nel video.
Siamo sempre al solito punto. Parli di "migliore" , "giusto" ecc.. ma ciò che definisco tale ha una variabilità storica, culturale, geo politica e così via. Nel momento stesso in cui tiri in ballo questi termini cadi nell'indeterminismo e nella vacuità dei concetti
Una domanda, non potrebbe essere che la morale lo fa la giurisprudenza del periodo? Ad esempio io posso sentirmi libero e liberale in Russia e trovare moralmente giusto menare un omosessuale in quanto contro la morale della comunità nella quale mi trovo e difatti magari la legge me lo permette. E appunto da liberale posso, se non trovarmi d'accordo con questa morale andare a vivere da un'altra parte e trovarmi un comunità che condivide la mia morale all'interno della quale sentirmi libero e garantire la mia libertà e la libertà degli altri.
Alla domanda perché preferisci l'America alla coera del nord oltre al gusto, da uomo di scienza potrebbe mettere anche la libertà economica poiché stimola innovazione, nonché progresso? Cosa che nei paesi più dittatoriali o di controllo non c'è! Ad esempio in Cina credo ci sia grandissima capacità Innovativa ma intesa come capacità migliorativa piuttosto che di novità, loro stesso difatti ringraziamo la Apple. Scusate se può risultare poco chiaro ma scrivere in maniera precisa e puntuale avrebbe allungato troppo il commento.
Proffessor Boldrin, è giusto definire i liberalismo come la corrente che aumenta la libertà personale fino a quando non violi quella altrui, spostando il confine tramite il processo democratico? Mi pare di aver capito che per lei quei limiti sono strettamente personali e quindi sempre sbagliati quando imposti, impedendo di chiamare liberali i liberali stessi poiché dovranno sempre puntare ad una media pesata tra tutti gli individui, dico bene?
Grazie in anticipo per l'attenzione e per i contenuti che porta
Il principio di relatività applicato alla morale se da un punto di vista individuale è più o meno logicamente gestibile, da una prospettiva sociale potrebbe essere devastante e confondersi o alimentare in principio\fatto della forza bruta come fonte della legge. Questo è secondo me il limite di alcune affermazioni del pensiero del Professore Boldrin. Come mi accade sempre più spesso, credo che i concetti con cui cerchiamo di spiegare i fatti variano a seconda delle dimensioni (nel senso della grandezza del contenuto del concetto stesso) nella stessa misura in cui le leggi naturali degli atomi non si applicano alle leggi naturali degli astri. A livello individuale, per comprendere la legge morale, ci si deve mettere sotto il braccio la critica della ragion pratica, l'etica nicomachea ed i Vamgeli di Cristo Gesù. A livello sociale, e di organizzazione sociale, ci si deve mettere sotto il braccio La costituzione degli ateniesi, La prima deca di Tito Livio, l'illuminismo francese, l'utilitarismo inglese. A questo punto, abbeverandosi alla dialettica hegeliana, alla storicità della soggettività ed all'impurità del linguaggio umano, si può tirare fuori una linea che individui, con margini di notevoli approssimazioni, un risultato sulla definizione del concetto di pensiero liberale. Saluti a tutti
non capisco perchè una persona la cui libertà sia sottoposta a razionalità si debba chiamare liberale e non, per esempio, razionalista.
Michele best pragmatista evah 💙 PS: condivido anche le virgole
Non direi perché se è uno che effettivamente di dinamica di sistemi ne capisce, non ha fiducia dei risultati delle sue azioni in quanto non prevedibili con certezza in un sistema caotico. Poi Quando parla del libero arbitrio utilizza un'argomentazione galimbertiana definendo il libero arbitrio cristiano. Direi, visto la sua passione nell'ammazzare le credenze e i valori comuni, essere più un nichilista attivo.
@@Davidelombardi18 il fatto che le azioni di un individuo non siano perfettamente prevedibili in quanto l’essere umano è un essere irrazionale e in quanto tale non perfettamente modellizzabile, non aggiunge ne toglie nulla alla sue argomentazioni. Il libero arbitrio pertanto è un concetto astratto che vuole indicare la tendenza a prendere delle decisioni in base a ciò che ci sembra più opportuno nell’ambito del contesto sociale cui siamo immersi e che inevitabilmente pone limitazioni alle libertà di ciascuno. In merito alla effettiva quindi scientifica esistenza di quest’ultimo c’è un enorme dibattito in corso e ogni considerazione è puramente soggettiva. Rendersi conto che la nostra visione del mondo e il nostro concetto di moralità è puramente soggettivo e non assoluto è il primo vero passo a mio avviso per comprendere a fondo il concetto di libertà. E questo Michele l’ha argomentato a dovere.
@@laralamatta481 quindi non esiste una verità assoluta?
@@Davidelombardi18 beh, a mio avviso, direi proprio di no
@@laralamatta481 "io dico sempre bugie", è una affermazione vera o falsa?
Scusa le n-domande ma ci tengo a farti riflettere sull'ultima frase che hai detto e farto analizzzare poi le conseguenze.
Eh, ha ragione il Prof. in questo senso: la proprietà non è un "fatto", altrimenti dovrebbero sembrarci ragionevoli anche idee del tipo "se entri in casa mia senza permesso, ti posso sparare (o, comunque, posso farti ciò che voglio, perché sei entrato in casa mia senza permesso - ovvero, hai violato la mia proprietà)". Anche la ragione morale è personale, soggettiva, non condivisa. Per me alla base del pensiero liberale c'è un elevato livello di tolleranza in generale, direi fino ad arrivare idealmente a una situazione di quasi-anarchia in un contesto di civilizzazione socialmente molto avanzato. In poche parole, è un buon punto di partenza per una visione di base sul mondo (ovviamente per me) ma, nel fondo, resta alquanto utopica.
@Simone De Filippo il tentato omicidio o l'omicidio in risposta alla violazione di domicilio privato è un'azione non commisurata al gesto, molto semplicemente. Questo secondo il mio senso morale. Se vogliamo vivere in uno stato di diritto, non possiamo pretendere di farci giustizia da soli. Ciò non significa non difendersi in una situazione di pericolo; attenzione però a contestualizzare bene che cosa si intenda per "difesa". In poche parole: non puoi pretendere di poter sparare in faccia al tizio che sta tentando di rubarti la televisione. Come dicevo prima, la risposta (omicidio/tentato omicidio) non sarebbe commisurata al gesto (furto). Saluti
Quasi completamente d’accordo con Boldrin, tranne che per l’iniziale analogia tra il libero arbitrio che voleva intendere Berti come substrato del liberalismo, inteso come scelta libera per se stessi, cosa diversa dal libero arbitrio Cristiano che quasi deve essere inteso nella storia religiosa come un’arma a doppio taglio dato ai “poveri” umani: ti è stata data l’opportunità di scegliere come vuoi ( quasi una punizione) ma devi scegliere come DEVI per essere ritenuto un Cristiano degno di...ecc ecc
Grazie sempre per le interessanti conversazioni
Le descrizioni morali sono insignificanti, non sbagliate.
Il mondo in cui é vero che "uccidere é sbagliato" non differisce di una virgola dal mondo in cui é falso che "uccidere é sbagliato". L'enunciato "uccidere é sbagliato" non porta con sé alcuna informazione, a differenza di "nel mondo ci sono gli alberi" o "le giraffe hanno il collo lungo lungo".
Questo é un fatto abbastanza palese anche se i filosofi, paradossalmente, sono gli ultimi ad accorgersene.
La mia discussione col fascista tenta di trovare delle preferenze del fascista per certe cose che si rivelano non rispettate dal fascismo stesso, ad esempio il fascista generalmente PER SUO GUSTO vuole poter esprimere la propria preferenza politica, al che posso fargli notare che il fascismo non é conforme al SUO GUSTO.
Quando discutiamo invece se é più buona la carbonara o la pizza non c'è nessuna scomposizione in diversi elementi da attuare, c'è il solo gusto.
É una differenza di complessità, non di qualità.
Tuttavia credo che sia sbagliato l'approccio morale al liberalismo di Dario Berti, fondato su principi soggettivi superficialmente scambiati per principi assoluti, ma che si possa comunque sostenere un liberalismo normativo di un certo tipo. Ad esempio, a prescindere dalle mie intuizioni morali, io posso mettermi d'accordo sulla definizione di "stato efficente" come quello stato che massimizza il benessere dei cittadini, a quel punto il liberalista potrebbe essere colui che ritiene che per massimizzarlo é necessario un certo sistema di leggi.
Infine che il libero arbitrio, così come inteso a questo livello, non esista, é un fatto assolutamente indubitabile.
Noi siamo fatti di atomi e gli atomi si muovono secondo le leggi della fisica. L'indeterminazione della fisica quantistica sui processi MACROSCOPICI che regolano il flusso di ioni nelle reti neuronali non c'entra nulla. L'unica cosa che consente di sostenere é che il libero arbitrio influenza quegli eventi indeterminati della fisica quantistica soltanto all'interno dei cervelli e non da altre parti e che giusto giusto queste libere decisioni siano sempre uguali a quelle previste dal modello macroscopico per una incredibile coincidenza. É chiaro che nessuna persona ragionevole potrebbe mai sostenere una cosa così assurda.
La percezione di libero arbitrio viene data essenzialmente da due componenti:
- La percezione di aver preso autonomamente una decisione
- La percezione di poter implementare quella decisione nel mondo che ci circonda
La 'presa di decisione' (il cosiddetto processo di 'decision making', che si ritiene sia fondato soprattutto sull'attività delle aree associative della corteccia cerebrale) avviene grazie a meccanismi neuronali di cui, come individui, non non siamo consapevoli. La decisione, o meglio, la percezione di aver preso una decisione, arriva alla coscienza 'già pronta', ma non è possibile controllare volontariamente il substrato neuronale che sta alla base di essa (non posso decidere di inibire i potenziali d'azione dei neuroni che si sono attivati nel processo decisionale).
Una volta avvenuta la presa di decisione, presa consapevolezza delle nostre intenzioni, possiamo decidere di implementarle o meno, ed in quello sta il livello 'implementativo' del libero arbitrio, ma non possiamo decidere di 'non essere d'accordo con il nostro sistema nervoso', nel momento in cui tentassimo di farlo, staremmo comunque utilizzando un substrato che non controlliamo. E' un discorso molto complesso, e di questi processi si conosce relativamente poco (che non vuol dire 'niente', come amano pensare i disfattisti del pensiero scientifico riduzionista), ma quel poco ho sempre trovato che vada abbastanza in contrasto con l'idea di presa di decisione del tutto autonoma e cosciente da parte dell'individuo.
Ma nonostante ciò non posso essere politicamente liberale? Non capisco il nesso tra le due cose che invece secondo loro 2 è fondamentale.
Stai trattando cervello e mente come entità separate. Non c'è un "qualcosa" che prende coscienza di processi a livello neurologico e li traduce in decisione conscia. La decisione quando è presa, arriva come un un pacchetto unico e pronto all'uso
Dario Berti avrebbe potuto spiegare molto meglio il punto di vista liberale utilizzando le stesse argomentazioni di Boldrin per squalificare il liberalismo: se è vero che, come dice Boldrin, la morale è soggettiva, allora ha senso che l'individuo sia libero di seguire la propria morale nelle scelte personali che non toccano gli altri individui.
Al minuto 27:00 Boldrin dice che uno dei fondamenti del liberalismo è la libera migrazione, in maniera tale che un individuo possa scegliere di vivere nel sistema che preferisce. Più avanti afferma che lui, per proprie preferenze personali, ha scelto di vivere in USA, ma che si tratta solo di una sua preferenza personale e che non ritiene che nella sua preferenza ci sia un valore morale superiore, come lasciano intendere i liberali rispetto all'insieme di valori che sostengono.
Dario Berti allora avrebbe potuto ribattere che se un individuo può fare scelte personali senza spostarsi dalla propria nazione è più libero che se deve scegliere tra un numero limitato di nazioni.
Infatti la superiorità morale del liberalismo rispetto a correnti politiche illiberali paradossalmente sta nella sua amoralità: ritenere che le proprie visioni morali siano personali e non universali e che non essendo universali non si possano imporre a tutti quanti con la forza.
Se poi l'insieme di scelte individuali creano un ambiente che non ti piace, se tu che devi cambiare ambiente (in extrema ratio) andando a vivere da un'altra parte, anziché limitare la libertà degli individui per creare l'ambiente che piace a te. Se poi non esiste un ambiente che ti piace allora dovrai stare lontano dalle altre persone e cercare la felicità nella solitudine.
Provo a dire la mia, potrei risultare confuso, ma non so fare di meglio. Allora, innanzitutto la domanda "cosa vuol dire davvero X?" la si può applicare a qualsiasi definizione esistente, la definizione stessa di "definizione" potrebbe essere soggetta a dibattito. Questo perchè, fondamentalmente, siamo incapaci di far coincidere perfettamente la conoscenza individuale con la verità, con il fatto nudo, che in questo caso è rappresentato dalle idee di colui che sta compiendo l'atto di definire (naturalmente egli starà a sua volta esprimendo una visione soggettiva e quindi non necessariamente "giusta", tuttavia dal punto di vista dell'ascoltatore essa è un fatto da analizzare e comprendere). Di conseguenza, non essendo una contro-argomentazione specifica, non la trovo valida a smontare la tesi. Piuttosto, è una domanda fondamentale per aprire una discussione più profonda, ovvero quale sia il rapporto fra conoscenza e verità, tra soggetto e oggetto: questione piuttosto vecchia, ma dura a morire. A questo proposito, trovo fondamentale abbandonare l'idea dell'esistenza del libero arbitrio, almeno per come è stato definito finora. Ad essere sincero, trovo insostenibile il discorso che voglia pensare una razionalità separata ermeticamente dagli istinti, dall'inconscio, dalla corporeità. Questa è infatti la visione, fondamentalmente cristiana, che Boldrin, giustamente, critica, essendo quella di una volontà esterna che pilota il corpo come un burattinaio con un burattino, cosa ovviamente assurda di fronte alle evidenze empiriche che abbiamo. Credo piuttosto che lo snodo focale stia proprio nello smettere di chiedersi se l'uomo sia o individualmente libero o schiavo dell'ambiente, poichè le due condizioni non sono mutualmente esclusive. Noi siamo indubbiamente ciò che siamo grazie all'ambiente che abitiamo, fosse anche solo per lo 0,1% della nostra identità, e questo è sufficiente a dire che ne siamo un prodotto nel complesso, dato che non c'è un'altra copia di noi stessi posta in un mondo parallelo, uguale al nostro fintanto che non arrivi la mano di chi stesse indagando la questione, che ci permetta di avere un qualche tipo di gruppo di controllo. Ecco, questo è il tema centrale della riflessione: il fatto che noi siamo prigionieri del sistema che vogliamo conoscere, e lo modifichiamo anche studiandolo. La nostra stessa razionalità, del resto, esiste solo al fine di adattarsi al mondo a noi esterno, vive delle relazioni che con esso instaura. A questa certezza empirica se ne affianca un'altra, ovvero il fatto che comunque, indipendentemente dal fatto che essa possa essere dipendente o meno dal mondo esterno, noi possediamo una volontà, e con essa un punto di vista sul mondo, niente di più e niente di meno. Tutto ciò che viviamo lo viviamo attraverso la nostra soggettività, quindi possiamo essere sicuri che essa, almeno da un punto di vista soggettivo, esiste. Ora che abbiamo identificato questi due dati fondamentali, direi che la definizione di liberalismo più solida possibile sia "l'idea generale per la quale ogni idea particolare debba svilupparsi tenendo conto della priorità dell'esistenza dell'individuo su tutte le altre contingenze". In questo modo abbiamo ottenuto la definizione di un principio primo innanzitutto metodologico, ed è qui che dobbiamo fermarci, almeno per quanto riguarda l'identificazione del liberalismo in sè. Trovo infatti che nel colloquio esso sia stato confuso troppo spesso con il concetto di "giusto", che ovviamente non è universalmente condiviso da tutti gli uomini nella stessa forma, ma non è questo ciò che ci interessa in questo caso. Per fare un esempio, io mi definisco un liberale e non altro perchè se una persona mi ponesse come argomento a favore dell'eguaglianza assoluta di condizioni di tutti gli uomini il fatto che l'idea del merito sia una mera illusione, io le risponderei che questo non è rilevante, dato che non è sufficiente ad eliminare l'esistenza di una moltitudine di soggetti di fatto diversi. Insomma, la consapevolezza dell'illusione non basta a cancellarla e a sostituirla con un qualcosa d'altro che sarebbe, a sua volta, un'altra forma di illusione, forse anche meno credibile di quella originale. Questo però non dice nulla su ciò che sia poi considerato giusto o sbagliato, e non potrebbe essere altrimenti, è il rovescio della medaglia dell'essere individui. Spero di essermi spiegato decentemente, anche se temo di essere stato quanto meno incompleto.
Caro professore, pensavo di essere un po' pazzo nel coltivare certe intuizioni. Lei ha esposto ciò che penso fin nei più piccoli particolari , non avendo i suoi strumenti e le sue competenze ne vado orgoglioso.
Professor Boldrin, lei dibatte da una posizione troppo forte.
A certe cose si deve arrivare per approssimazione. E' in possibile affermare certe cose in via assoluta
Boldrin 2020 MIGA
buonasera, riflettendo sulla vostra conversazione ho pensato che per trovare un fondamento del pensiero liberale partirei dall'idea che un liberale puo rifiutare che esista il libero arbitrio e accettare che ogni scelta razionale derivi comunque dagli istinti. Il punto e' che il liberale crede che ognuno sia libero di perseguire la soddisfazione dei propri istinti nel modo che crede piu efficace, il tutto in un contorno di regole e leggi definite che limitano le differenze di possibilita' nell'operare la scelta.
E le regole del contorno chi le fissa?
@@MicheleBoldrin immagino la maggioranza, lasciando libera scelta di non aderire o andarsene. Stabilita una gerarchia fra gli istinti fondamentali che tutti perseguiamo, accordata a maggioranza o "normalita'", si puo costruire un modello di regole che eviti che l'istinto piu basso di un individuo impedisca il realizzarsi di un istinto primario di un altro individuo. leggi che evitino ad esempio che la ricerca di maggior potere sociale o economico giustifichi un aggressione fisica, in questo caso saerebbe sovrastato l'istinto di autoconservazione o sopravvivenza. capisco che si pone il problema del caso in cui si rubi o uccida per fame, ma le stesse leggi devono mettere ognuno in condizione di vedere soddisfatti i bisogni primari, quello che dovrebbe essere il lavoro dello stato sociale. in un contesto del genere diventa realistico e attuabile il pensiero liberale che ho provato a definire.
so' che e' utopico, ma lo so sono un po' tutti i principi fondanti delle correnti di pensiero..
Un appunto: al min. 7 Berti fa derivare l'uguaglianza dalla libertà. Ma Bobbio in "Destra e sinistra" li identifica come due principi confliggenti. La libertà essendo ideale primario della dx e l'uguaglianza come ideale primario della sx.
non ho capito una cosa: quindi Boldrin non ritiene che esistano idee politiche più giuste di altre ma solo idee che piacciono ad alcuni e non ad altri. quindi quando si combatte per idee politiche lo si fa solo per sé stessi (o per chi ha i nostri stessi gusti)?
quando dice che sostiene la libertà di stampa (ad esempio) perché lo fa? avrà qualche motivo per cui preferisce la libertà di stampa al suo opposto, e non mi pare si tratti di gusti. dove sbaglio?
Non si combatte per idee che ci piacciono 'soltanto per se stessi', ma 'soltanto in quanto preferite da noi stessi' NON 'in quanto corrette e migliori per tutti'
Ma è possibile che la morale sia solo collettiva mentre l'etica solamente personale?
Il vero tema di fondo mi pare che sia come sempre: quale educazione?
Parto da questo presupposto: la libertà individuale assoluta è un mito quindi sostanzialmente una fantasia.
Perciò preferisco parlare di ampiezza degli spazi di libertà.
A mio avviso questi spazi di libertà si acquisiscono soltanto così: crescendo in un'ambiente favorevole (a livello materiale, ma anche cognitivo e affettivo).
Creare le migliori condizioni di base per uno sviluppo sano per il massimo numero di persone mi sembra l'unico modo per aumentare davvero il grado di libertà degli individui cioe la loro capacita di sviluppare interessi e preferenze più sane, socialmente condivisibili e realizzabili.
Infatti secondo me la libertà non è altro che questo: riuscire a trarre soddisfazione da attività costruttive (magari anche complesse) e disporre del maggior numero di strumenti per realizzarli.
Questo però richiede una comunità che oltre a darti cibo, vestiti, casa e cure mediche, ti faccia amare almeno un po' te stesso, il tuo prossimo e un pochino anche lo studio e il lavoro.
Di base, sarei d'accordo col professor Boldrin: rifiuta il giusnaturalismo, che è alla base del pensiero lockiano; anche io ritengo che non si possa definire una legge morale universale, qualcosa di moralmente giusto o di sbagliato in termini assoluti (se lo si fa, è, come è stato detto, il risultato di compromessi e di intuizioni morali di taluni che, avendo potere politico, li generalizzano e li impongono). Ed è qui che mi sembra stia il suo punto di divergenza con il liberalismo; che però costituisce la negazione dell'assunto primo fondamentale sui cui è costruito il pensiero lockiano. D'altra parte, questo vuol dire anche prendere una posizione relativista (almeno sul piano morale, visto che mi sembra di capire che il professore abbracci anche istanze del positivismo scientifico) pericolosa, perché è un atteggiamento che mette in discussione tutto, tutta la civiltà moderna a partire dai suoi pilastri, mette in discussione anche le libertà e diritti considerati inviolabili. E' un atteggiamento che, se venisse generalizzato, porterebbe al caos. Piuttosto che sul piano morale, mi sembra di capire che Boldrin valuti la questione in termini di praticità e di convenienza. E provo ad avventurarmi un pelino di più. Probabilmente è così: la motivazione morale potrebbe essere solo un idealizzare la vera motivazione, cioè quella pratica, cosa che la renderebbe più "romantica", rispetto all'aspetto meramente pragmatico.
Il Prof. non riesce ad avere un atteggiamento prescrittivo, ha naturalmente di suo un atteggiamento di tipo descrittivo. Anche questa è una caratteristica alla base di molti liberali, ed è anche uno dei motivi per cui è difficile definirsi liberali nel senso di facenti parte di una corrente, in quanto farlo già presupporrebbe una definizione di standard a cui omologarsi o a cui fare omologare altri. Ecco perché al Prof. non piace definirsi tale (mi corregga se sbaglio, Prof).
In parte quello che scrive lo condivido. Ma non e' solo la dicotomia positivo/normativo ma anche quella della coerenza logica (quindi morale) dei concetti che vengono definiti come "liberali". Definirsi liberale e' come definirsi tolemaico: o ben non vuol dire un cazzo o ben vuol dire una serie di affermazioni incoerenti fra di loro.
@@MicheleBoldrin chiarissimo. Prendendo per buona la sua seconda conclusione, ovvero quella secondo cui la definizione condivisa - si fa per dire - di "liberale" comprenderebbe concetti di base anche incoerenti, le chiedo però: non è forse vero che le definizioni ampie di alcuni concetti che identificano certi raggruppamenti sociali con determinate idee morali ed etiche condivise alla base sono sempre soggetti a (più o meno piccoli) problemi di incoerenza interna? Mi spiego: non crede sia impossibile la totale coerenza in termini di definizione netta di concetti quali libertà, solidarietà, progresso, ricchezza, ecc.? E, nel qual caso, non sarebbe quindi più opportuno valutare il livello di tale incoerenza, in quanto tale (come ha fatto lei in questo incontro) e in relazione a tutte le altre componenti che fanno parte di quella definizione, piuttosto che dissociarsi completamente da essa quando, tra le varie incoerenze, comprende anche una buona fetta di ciò che, in fin dei conti, rappresenta la mia visione del mondo? Mi permetto di chiederle questo perché mi è sorto lo stesso dubbio negli ultimi tempi relativamente ad altre definizioni o autodefinizioni di posizioni morali condivise o contrastate che presentano altri tipi di incoerenze (a mio parere) minime; penso, ad esempio, al concetto di "femminismo" e al fenomeno sociale femminista ed antifemminista. In particolare mi riferisco a tutti quelli che di fatto sono femministi ma hanno sviluppato un certo ribrezzo a definirsi tali, preferendo l'autodefinizione di "egualitari". Laddove le loro azioni e i loro scopi siano praticamente sovrapponibili a quelli del "femminismo tradizionale", il distacco (invece di evidenziare ed eventualmente contrastare le incoerenze all'interno di quel raggruppamento sociale) non risulta, di fatto, controproducente anche per loro? Spero di essermi spiegata in modo chiaro, grazie ancora per il suo tempo.
Prof, sono un po' confuso sulla relazione che secondo lei esiste tra cristianesimo e l'idea dell'uguaglianza di tutti gli esseri umani. Secondo lei al cristianesimo e' attribuibile la sua invenzione o solo la sua diffusione (perlomeno nel mondo occidentale)? Sulla diffusione dell'idea attraverso il cristianesimo sono piuttosto convinto anch'io, e lo trovo un caso di studio interessante: sarebbe riuscita l'idea a diffondersi senza la "mitologia" sottostante o con una "mitologia" diversa? Mi viene in mente la frase: non credo in Dio ma mi comporto facendo finta che esista (purtroppo non ricordo dove l'ho sentita/letta)
Io credo che il compito di uno stato sia quello di garantire la maggior felicità al maggior numero di persone e che il liberalismo sia l'opzione migliore. Dà maggior importanza ad alcune libertà(ad esempio, quella di decidere il mio orientamento sessuale) rispetto ad altre (nell'esempio, quella di importi la mia visione di orientamento sessuale perché la tua mi dà fastidio) perché la limitazione di alcune libertà comporterebbe un danno maggiore, anche in caso le persone che subirebbero la limitazione della libertà ( nell'esempio, gli omossessuali) siano meno di quelle che vorrebbero tale limitazione
Potremmo definire il libero arbitrio come la capacità degli esseri umani di pensare/agire al di fuori di schemi predefiniti (dagli uomini e/o dalla natura)?
Quindi, nell'esempio del motociclista che disturba gli altri, la sua volontà di trasgredire una regola umana, nel caso di una persona che si lascia morire di fame, la volontà di trasgredire una regola naturale: l'istinto di mangiare per sopravvivere.
Allora, nella definizione di libertà, l'anello mancante potrebbe essere l' "assunzione di responsabilità"? È libero colui che agisce come meglio crede, assumendosi però la responsabilità del suo agire e dei suoi effetti, positivi o negativi che siano. Se aggiungiamo il concetto di responsabilità al discorso, dall'insieme possiamo escludere le religioni, penso. Nel Cristianesimo, ad esempio, qualsiasi decisione presa in autonomia è affidata a Dio nel suo esito, totalmente o parzialmente (deresponsabilizzazione: fumo ma affido la mia salute a Dio).
È sbagliato provare a basare il liberalismo sul libero arbitrio perché è un concetto metafisico, non molto differente dal basare la propria convinzione politica sull'esistenza di Dio o lo spirito della storia. Personalmente credo che il liberalismo sia più che altro una posizione politica, ovvero che riguarda l'organizzazione della polis, e non una dottrina morale (e infatti ci sono liberali conservatori, progressisti, etc...). L'idea di base è che non sappiamo cosa sia giusto nel senso assoluto, non possediamo la verità, allora ognuno deve essere libero di vivere la propria vita secondo le sue opinioni. Lo stato quindi deve essere organizzato in maniera da evitare l'imposizione forzata di una certa idea sugli altri sia da parte dei cittadini su altri cittadini che da parte dello stato sui cittadini. Quindi deve esistere uno stato con capacità di esercitare violenza per difendere i più deboli (in questo diverge il liberalismo dall'anarchismo) ma che è limitato nei suoi poteri da una costituzione dove vengono affermati i diritti base di ogni cittadino che non possono essere infranti. Dati questi elementi lo stato può legiferare ulteriormente quando è ragionevole farlo però sempre nel rispetto della costituzione
Beh, infine arriva l' 1:02:35 . E certo, c'è dell'altro, ma sarà interessante capire cos'altro c'è, la prossima volta.
Se un giorno, prof. Boldrin, capiterà che molti dei suoi giovani fans inorriditi l'abbandoneranno, presi, come legittimamente sono, a organizzarsi con qualche minore apprensione il futuro, lei potrà comunque sempre contare sui pochi che non amano votarsi ai totem e indossare l'apposito abito talare.
Credo che all'inizio del video Boldrin abbia fatto un'obiezione fatale a Berti (dimostrandogli di contraddirsi): se il liberalismo, come teoria del dover essere, viene "derivato" da un fatto (quale sarebbe il libero arbitrio), allora il liberalismo fa derivare un dover essere dall'essere, violando la legge di Hume.
O si è liberali (nell'accezione sopra indicata), o si accetta la legge di Hume.
Credo infatti che all'interno del 'mondo liberale' (ma non solo) una differenza fondamentale stia proprio lì, tra chi si pone sulla scia di Hume (detto così, semplificando) e chi infine ha pretese 'fondazionistiche'.
Esempio degli scacchi però presuppone regole condivise.
Quindi?
@@MicheleBoldrin sposto le pedine non per istinto cieco si diceva nel video, ma non mi pare vero accetto le regole di quel gioco e all'interno di quelle posso agire altrettanto irrazionalmente ammesso come nel commento sotto ci dicevamo ci sia davvero razionalità(io) o libero arbitrio(lei)
Mi viene una contro-domanda per Boldrin.
Assodato che per lui non esiste un set di principi coerenti e univocamente definibili che definiscano il pensiero liberale, a me sembra che le sue osservazioni valgano per qualunque altro tipo di pensiero politico/filosofico/morale. La domanda quindi è: quale sarebbe un pensiero esistente che non ricade nei "problemi logici" che Boldrin evidenzia?
Opinione mia: a me sembra che, se si ricerca il livello di "purezza logica di definizione" che Boldrin richiede, NESSUN pensiero sia definibile in modo preciso. Però le correnti di pensiero esistono, e sono diverse tra loro (il socialismo è diverso dal liberalismo che è diverso dell'autoritarismo etc.). Non è che forse il livello di purezza richiesto da Boldrin è troppo stretto? E che in realtà, nella pratica, alla fine ci si possa accontentare semplicemente di definire un set di valori e principi generali comuni, che ci piazzano in qualche parte dello "spazio delle opinioni" che è distante da altri spazi?
È possibile sia così, anzi tendo a pensarlo. Ragione di più per non affidarsi mai ad alcun ismo ...
@@MicheleBoldrin Nasce però il problema di definire velocemente la propria collocazione ideologica, anche solo per differenziare. Io ritengo ok definirmi liberale, pur sapendo che la definizione precisa non esiste.
53:24 Potrebbe essere quello che dice Boldrin a questo punto ciò che identifica un liberale? (Magari aggiungendo che per un liberale questa possibilità deve essere garantita a tutti)
Dario Berti avrebbe potuto spiegare molto meglio il punto di vista liberale utilizzando le stesse argomentazioni di Boldrin per squalificare il liberalismo: se è vero che, come dice Boldrin, la morale è soggettiva, allora ha senso che l'individuo sia libero di seguire la propria morale nelle scelte personali che non toccano gli altri individui.
Al minuto 27:00 Boldrin dice che uno dei fondamenti del liberalismo è la libera migrazione, in maniera tale che un individuo possa scegliere di vivere nel sistema che preferisce. Più avanti afferma che lui, per proprie preferenze personali, ha scelto di vivere in USA, ma che si tratta solo di una sua preferenza personale e che non ritiene che nella sua preferenza ci sia un valore morale superiore, come lasciano intendere i liberali rispetto all'insieme di valori che sostengono.
Dario Berti allora avrebbe potuto ribattere che se un individuo può fare scelte personali senza spostarsi dalla propria nazione è più libero che se deve scegliere tra un numero limitato di nazioni.
Infatti la superiorità morale del liberalismo rispetto a correnti politiche illiberali paradossalmente sta nella sua amoralità: ritenere che le proprie visioni morali siano personali e non universali e che non essendo universali non si possano imporre a tutti quanti con la forza.
Se poi l'insieme di scelte individuali creano un ambiente che non ti piace, se tu che devi cambiare ambiente (in extrema ratio) andando a vivere da un'altra parte, anziché limitare la libertà degli individui per creare l'ambiente che piace a te. Se poi non esiste un ambiente che ti piace allora dovrai stare lontano dalle altre persone e cercare la felicità nella solitudine.
Inoltre trovo erronea l'implicazione sostenuta da Berti tra l'idea di razionalità dell'agire umano e libero arbitrio. Certo, molti intendono la razionalità come il prodotto della deliberazione, ma può essere vista in maniera più concreta come l'espressione di proprietà emergenti e complesse dei comportamenti che in nulla falsificano la determinazione causale dell'agire umano.
professore perché non organizza un dialogo con Rosenblatt?
Boldrin impeccabile.
Ok, allora se il bene e il male non esistono, a maggior ragione una qualsiasi autorità politica è priva di giustificazioni. Che senso avrebbe, infatti, un sistema in cui alcuni costringono altri a tenere una certa condotta di comportamento, se non è possibile stabilire (nemmeno per sommi capi), cosa è giusto e cosa no? Nel c.d. stato di natura, il più forte tende ad opprimere e ad approfittarsi degli altri in ogni modo, furti e omicidi sono eventi endemici. Lo Stato esiste, se non altro, quantomeno per evitare (o meglio ridurre) il compiersi di queste ed altre ingiustizie. Dice: nemmeno queste sono ingiustizie in senso assoluto. Va bene, allora ciò significa che non sarebbe giustificato nemmeno il c.d. Stato minimo.
C'entrano le "preferenze" soggettive di cui parla Boldrin, e giocano un ruolo nella formulazione dei nostri giudizi morali? Certo che sì, ma il tentativo dell'etica è appunto di indagare ciò che può essere definito come universalmente valido dopo aver individuato ed eliminato dall'equazione le preferenze soggettive che sono prive di una base razionale (parliamo delle preferenze di chi sta giudicando, non dei protagonisti di uno scenario etico: QUELLE preferenze contano eccome). L'etica prevede appunto la capacità di sottoporre a critica i propri stessi desideri, intuizioni, gusti soggettivi (già Aristotele). Altrimenti non c'è possibilità di distinguere l'animale uomo dagli altri animali. Un sadico può avere la preferenza di torturare degli innocenti, ma allo stesso tempo può capire benissimo perché sarebbe sbagliato assecondarla. Se poi si pretende da termini come "giusto" e "sbagliato" di stare sullo stesso piano ontologico occupato dalle grandezze del mondo fisico, allora è un altro discorso.
Non volevo essere d'accordo con Boldrin su questo tema , ci son rimasta male. Non ho più certezze nella vita!
Supersorpresa: D. Berti sostiene che il liberalismo presuppone il libero arbitrio. A me pare "certo" che non esita il libero arbitrio, si va sempre di causa-effetto, tutto avviene di necessità. Ma anche senza libero arbitrio ha senso parlare di liberalismo. Un movimento che prevede che tutti gli uomini siano uguali in determinati diritti perchè mai dovrebbe prevedere il libero arbitrio? Un movimento che prevede che il singolo sia tutelato dalla dittatura della maggioranza perchè dovrebbe prevedere il libero arbitrio? Si parla di etica, il "dover fare": anch'essa non richiede il libero arbitrio. Le regole di comportamento previste dall'etica non sono assolute. Variano nella testa dei singoli individui. Certo ci sono regole condivise dalla maggioranza e le regole personali e originali del singolo. Nella pratica le regole che si imporranno saranno quelle sostenute dalla forza. Ius quia iussum. Anche le regole "liberali" saranno gestite dalla forza. Se la maggioranza vuole che alle 3 di notte tu non suoni la batteria, tu sarai costretto a non suonare la batteria e la tua libertà in merito verrà meno.
In realtà non è del tutto vero che il libero arbitrio è un principio fondante del cristianesimo. Dal punto di vista storico la dottrina di Agostino - che è sostanzialmente luterana - non è mai stata esplicitamente negata. Certo, Tommaso si è portato verso posizioni più vicine a quello che possiamo definire di libero arbitrio, ma più che affermare tout court una libertà dell'agire umano dai nessi causali la sua è una visione - ovviamente aristotelica - per cui la razionalità è una proprietà "emergente" a partire dai fatti naturali. Questo per dire che alla fine il libero arbitrio è uno spauracchio, nato da confusioni filosofiche e non è di fatto un elemento essenziale né della tradizione cristiana né cosiddetta liberale.
Discussione decisamente asimmetrica !
Boldrin non ha lasciato parlare Berti, ha ripetutamente cambiato l’asserto in esame, non si è dimostrato interessato a falsificare la propria opinione in base alle osservazioni di Berti, ma piuttosto focalizzato sul difendere le proprie opinioni con ogni mezzo.
Berti invece sistematico, paziente logico.
Spiace per l’atteggiamento di Boldrin, che ha sostanzialmente eluso il confronto logico.
La prossima volta lasci parlare l’interlocutore.
Ma le hanno rubato i libri ? :'( (la libreria è vuota)
Ah ah ah, no ufficio nuovo a San Giobbe (Universita' Ca' Foscari, Venezia)
Bastava dire semplicemente (per distinguere i liberali dai cristiani) che la quasi totalità dei liberali è anti-clericale, vuole la totale separazione fra stato e chiesa, ricerca la massima libertà individuale che consiste nella libertà di pensiero, di espressione (anche sfociando nella blasfemia), di culto e nella libertà economica (che solamente in Italia si distingue utilizzando il termine "Liberismo")
Anche molto cristiani. Legga Maritain
@@MicheleBoldrin grazie del consiglio, non ho una conoscenza particolarmente approfondita dell'argomento (storia delle ideologie) ma mi interesserebbe approfondirlo all'università
Non è esattamente fattuale che l'homo sapiens abbia il libero arbitrio
BOLDRIN IO TI ODIO PERCHÉ SONO D'ACCORDO CON TE.
"Il fatto che ho 5 dita"...Ahahah neanche quello l'ha detto giusto 😂😂 sono 10 😀
32:32 Direi che qui sta il punto, ed è lo stesso che si era presentato con Rick e il suo principio di non aggressione. La definizione di violazione della libertà altrui è arbitraria. Poco da fare.
dipende tutto da come viene definita questa libertà, dal punto di vista completamente ipotetico se ci fosse un modo per renderla quantificabile si avrebbe sempre la garanzia che esista una formulazione ottimale di questo limite della libertà personale. allo stesso tempo questo limite subirebbe però modifiche ogni volta che nasce o muore un individuo, o semplicemente in ogni istante in cui una persona cambia caratterialmente.. ma in via del tutto teorica il confine ottimale esisterebbe sempre.
What? Si rilegga. Quanto scrive e' incoerente.
@@MicheleBoldrin ho cercato di essere il più generico possibile, il fatto che in ogni istante sia in via del tutto ipotetica quantificabile e ottimizzabile il confine della libertà individuale non significa che sia sempre lo stesso in ogni istante di tempo, proprio per la sua natura soggettiva non lo sarà mai. Ma questo non esclude a priori che sia determinabile in ogni istante di tempo attraverso un qualche criterio.. direi piuttosto che farlo sarebbe impraticabile e probabilmente è un problema di una difficoltà inaccessibile a qualsiasi strumento razionale di cui disponiamo. Sarà una considerazione più matematica che etica ma stabilire che una soluzione ottimale possa esistere o meno mi pare che sia il punto fondamentale per stabilire se ha senso la ricerca di questi limiti oppure vanno presi a prescindere come un artificio umano, a quel punto però il concetto di libertà mi suonerebbe quasi superfluo
Non ho capito, vuoi dire che siccome i concetti non sono definibili con precisione assoluta, questo li rende privi di valore?
@@andrewmay1171 direi piuttosto che siccome non sono ben definiti non sono direttamente utilizzabili per costruirci delle regole o porre dei limiti, questo non ne annulla il valore.. non ci sono regole che stabiliscono la quantità di affetto da dare ai propri figli o la quantità minima di amore da provare per il coniuge, sebbene siano concetti che hanno un valore non vengono utilizzati per costruirci delle regole da rispettare ma vengono invece utilizzati altri parametri più 'misurabili'. in questo senso dico che la libertà diventa un elemento che potrebbe essere superfluo per stabilire regole e limiti sul singolo..
mi sono espresso in modo contorto ma alla fine è un po' una banalità quel che ho cercato di dire
La proprietà non è un fatto? Oddio. La proprietà ha lo stesso valore della vita umana.
E che valore ha la vita? C'è un mercato secondario celeste?
Christian Cristof semplice: ha il valore che stabilisco io quando ad esempio provi a rubarmi qualcosa o violi la mia proprietà.
Quanti like per fare girare l'economia chiedendo a Michele Boldrin di comprarsi un microfono che non faccia l'effetto caverna?
io la butto li, devo ritoccare 52 foto, la mia attention span e di 3 ore 23 minuti.... accetti la sfida ;)?
Non ho capito la sfida ...
Michele Boldrin sarebbe super 3 ore di podcast. ;)
in tanto mi sto sparando tutti gli episodi precedenti... state facendo un lavoro fantastico
Michele puoi mettere l'audio dei video anche in formato podcast? (tipo su Google podcast) sarebbe fantastico
Ci sono su spotify e soundcloud!
soundcloud.com/michele-boldrin/perche-non-sono-liberale-colloquio-con-dario-berti
ma chi è Dario Berti?
Un amico mio, altre informazioni sul quale si possono tranquillamente rintracciare usando Google.
E Silvia Vacirca chi e'?
@@MicheleBoldrin non importa.
Questo è perché la filosofia mi sta sul cazzo. Se stai appresso ai grandi filosofi impari a zoppicare come loro, con le argomentazioni "naturali", "fatti" che sono in realtà opinioni, cose "ovvie", "morali" che non sono né ovvie né morali.
Vi ricordo che il mondo è pieno di ciarlatani e closet fascists che fanno 'sti argomenti del cazzo, mi viene in mente Stefan Molyneux. Ebbene, non voglio essere stronzo ma il modo di parlare di Berti mi ha ricordato quello di quell'essere immondo. La tesi può essere differente ma l'uso di sillogismi mal posti e la ricerca di una teoria della conoscenza/storia/etc... mi sembra perfettamente analogo.
La cosa grave secondo me è che ogni volta che tu sostieni che il liberalismo (o il fascismo, o il cristianesimo etc) siano veri per virtù dell'ovvio, della regola insita dentro ognuno di noi, dello spirito santo, etc, dai prova di non aver capito la dialettica della storia, e di minimizzare passaggi epocali tipo l'emancipazione femminile o la tripartizione del potere ad una cosa "ovvia" o di "buon senso", e di trascurare l'esistenza di forze che hanno ostacolato questi cambiamenti. E conseguenza gravissima è l'incapacità di leggere criticamente il presente: di non capire che esistono sempre quelle forze che spingono in retromarcia, o di non capirne la portata, e di non capire che anche noi siamo solo il passato per il futuro, e che probabilmente siamo anche noi la forza di attrito nei confronti delle conquiste altrettanto epocali del domani.
Meno male che c'è il prof nelle cui posizioni mi sono riconosciuto che ha controbilanciato la mia sofferenza nel guardare questo video.
Parlando di cose che non mi mandano in bestia, secondo me il cristianesimo non è storicamente portatore di istanze liberali. Per come la vedo io, il cristianesimo nel tempo e nei vari Stati si è configurato in così tante forme che se puoi definirlo carne in certe circostanze, in altre sicuramente è stato pesce. Anzi, io dico che il suo successo dipenda proprio dalla sua duttilità.
Per me la connessione c'è tra liberalismo e dottrine protestanti, mentre non mi è chiara tra cattolicesimo e liberismo. Però non so, io l'ho data sempre per scontata questa associazione, sono curioso di vederla diversamente.
Comunque in breve la mia opinione: il cattolicesimo lo accosto ad una volontà di avere un potere unico, spirituale e temporale perché la legge divina non lascia spazio a una sfera laica della vita (o una cosa è buona o è peccato). Figuriamoci in quest'ottica se ha senso parlare di libertà individuali. Inoltre, nel cattolicesimo non vedo individualità: l'uomo ha senso solo se inserito nella sua comunità. Quello che gli frulla in testa non ha valore, e confessarsi direttamente a Dio è eretico perché si rischia che ognuno si faccia strane idee sulla moralità, che invece dev'essere unica. Non sto dicendo che nel cattolicesimo ci sia una particolare avversione verso l'individualità, ma indifferenza, come nella maggior parte delle culture.
@Ivan Karamazov bel video, l'ho visto volentieri anche se non ho ancora visto quello di Rick. Spero anch'io che possa raggiungerlo.
Immagino che il prof tutte ste cose le sappia già, di orgogliosa matrice comunista quale è 😆