Dario Calimani: "Lo humor ebraico, rido ergo sum".

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  • เผยแพร่เมื่อ 2 ก.ย. 2012
  • Prolusione del Prof. Dario Calimani, docente di Ca' Foscari, in occasione dell'inaugurazione della XIII Giornata Europea della Cultura Ebraica che ha visto quest'anno Venezia capofila. A completamento del video per i 3 minuti finali mancanti pubblichiamo il testo:
    I soliti due amici, Moshele e Yankele.
    "Tu sai che cosa rende dolce il caffè?"
    "Ma, lo zucchero, ovviamente! Tu metti lo zucchero nel caffè, mescoli con il cucchiaino, e il caffè diventa dolce."
    "Ma, è ovvio che no! È il cucchiaino che rende dolce il caffè: tu mescoli il caffè con il cucchiaino e il caffè diventa dolce. "
    "Ah sì! E lo zucchero a che cosa serve, allora?"
    "Lo zucchero serve a capire quando devi smettere di mescolare."
    È il Talmud che ha abituato l'ebreo al gusto per il contraddittorio e per la contraddizione. Colui che afferma che a rendere dolce il caffè è lo zucchero non è un positivista, è solo uno sciocco, smarrito di fronte allo scarto improvviso della logica scardinata; è lui il grullo, che il witz lascia muto, steso al tappeto.
    A vincere non è la logica, ma l'eccentricità del paradosso. Ma forse i due si stanno anche prendendo gioco di noi che stiamo cercando di decifrarli.
    Come non riconoscere infatti che lo shlemiel è la maschera universale della fragilità dell'uomo, la sua sfasatura di fronte a una realtà il cui controllo gli sfugge di mano.
    C'è la guerra. Yaakov Levi si sporge dalla trincea, e grida verso le trincee nemiche:
    "Ehi, laggiù! Non scherziamo!... Smettetela di sparare! C'è della gente qui".
    A rendere attuale il witz e la sua capacità di denunciare con una risata la stupidità delle azioni umane è forse, per la nostra epoca, il bisogno di un nuovo spirito umanitario, di una rinnovata partecipazione alla sofferenza degli altri. E magari di un auspicabile ribilanciamento della giustizia terrena.
    Una conferenza sul witz non può che concludersi con un witz su una conferenza, perché non può che essere del witz l'ultima parola:
    Da anni ormai, un famoso rabbino, grande esegeta e grande conoscitore della Legge, tiene regolari conferenze pubbliche sui più disparati argomenti di Torah. Gira di città in città, e grandi folle di fedeli accorrono a sentirlo e a porgli domande di ogni genere.
    Un giorno, mentre in automobile si sta recando a uno di questi eventi, dice al suo vecchio autista: "Trent'anni di conferenze. Non ce la faccio più. Sempre le stesse domande, sempre le stesse risposte. Ormai sono certo che le sai a memoria. Scommetto che se ci invertissimo i ruoli te la caveresti benissimo anche tu."
    L'autista si lascia tentare dalla sfida. Si scambiano gli abiti ed entrano nel grande auditorium. L'autista, in palandrana nera, si siede al posto del conferenziere, e il rabbino, con in testa il berretto dell'autista, in ultima fila.
    Inizia la serata e l'autista, introdotto l'argomento, risponde alle domande che gli vengono poste. La cosa fila liscia per un paio d'ore. Finché si alza il solito ebreo guastafeste che, come sanno fare gli ebrei quando ce la mettono tutta, pone una domanda difficilissima su un caso mai sentito e mai visto al mondo.
    L'autista si sente perduto e non sa che pesci pigliare: comincia a sudare, si gratta il naso, si liscia la barba, poi all'improvviso si illumina e con aria di sufficienza, dice:
    "Il quesito che lei pone presenta una certa difficoltà, ma la risposta è talmente facile, ma talmente facile che gliela saprebbe dare persino il mio autista, seduto lì in ultima fila."
    Dario Calimani

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