Maria Valtorta - Evangelo 548: La risurrezione di Lazzaro
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- เผยแพร่เมื่อ 10 ม.ค. 2025
- Maria Valtorta - Evangelo 548: La risurrezione di Lazzaro
26 dicembre 1946.
Gesù viene verso Betania da Ensemes. Devono aver fatto una marcia veramente faticosa su per i sentieri rompicollo dei monti Adomin. Gli apostoli, sfiatati, stentano a seguire Gesù che va rapidamente, come l’amore lo portasse sulle sue ali di fuoco. Gesù ha un sorriso radioso mentre procede avanti a tutti, a testa alta sotto i raggi tiepidi del sole meridiano.
Prima che giungano alle prime case di Betania, lo vede un ragazzetto scalzo che va verso la fonte presso il paese con una brocca di rame vuota. Dà un grido. Posa la brocca in terra e via di corsa, con tutta la velocità delle sue gambette, verso l’interno del paese.
«Certo va ad avvisare che Tu giungi», osserva Giuda Taddeo dopo aver sorriso come tutti della risoluzione… energica del ragazzino, che ha abbandonato anche la sua brocca alla mercé del primo che passa.
La cittadina, vista così da presso la fonte, che è un poco più in alto del paese, appare quieta, come deserta. Solo il fumo bigio che si alza dai camini indica che nelle case sono le donne intente a preparare il pasto meridiano, e qualche grossa voce di uomo fra gli ulivi e i frutteti vasti e silenziosi avverte che gli uomini sono al lavoro. Ciononostante, Gesù preferisce prendere una viottola che passa alle spalle del paese per poter giungere da Lazzaro senza attirare l’attenzione dei cittadini.
Sono quasi a mezzo tragitto quando si sentono alle spalle il ragazzetto di prima, che li sorpassa correndo e poi si punta in mezzo alla via a guardare Gesù, pensieroso…
«La pace a te, piccolo Marco. Hai avuto paura di Me che sei fuggito?», chiede Gesù carezzandolo.
«Io no, Signore, che non ho avuto paura. Ma siccome per molti giorni Marta e Maria hanno mandato servi sulle strade che vengono qui a vedere se venivi, ora che ti ho visto sono corso per dire che venivi…».
«Hai fatto bene. Le sorelle si prepareranno il cuore a vedermi».
«No, Signore. Le sorelle non si prepareranno nulla perché non sanno nulla. Non hanno voluto che lo dicessi. Mi hanno preso quando ho detto, entrando nel giardino: “C’è il Rabbi”, e mi hanno cacciato fuori dicendo: “Sei un bugiardo o uno stolto. Egli ormai non viene più perché ormai è certo che non può più fare il miracolo”. E perché io dicevo che eri proprio Tu, mi hanno dato due schiaffoni come ancora non ne avevo presi mai… Guarda qui che guance rosse. Mi bruciano! E mi hanno spinto via dicendo: “Questo per purificarti di aver guardato un demonio”. E io ti guardavo per vedere se eri diventato un demonio. Ma non lo vedo… Sei sempre il mio Gesù, bello come gli angeli che la mamma mi dice».
Gesù si china a baciarlo sulle gotine schiaffeggiate dicendo: «Così ti passa il pizzicore. Ne ho dolore che per Me tu abbia sofferto…».
«Io no, Signore, perché quegli schiaffi mi hanno fatto dare due baci da Te», e gli si attacca alle gambe sperandone altri.
«Di’ un po’, Marco. Chi è che ti ha cacciato? Quei di Lazzaro?», chiede il Taddeo.
«No. I giudei. Vengono per il cordoglio tutti i giorni. Sono tanti! Sono in casa e nel giardino. Vengono presto, vanno via tardi. Sembrano i padroni loro. Maltrattano tutti. Vedi che non c’è nessuno per le vie? I primi giorni si stava a vedere… ma poi… Ora solo noi bambini si gira per… Oh! la mia brocca! La mamma che aspetta l’acqua… Ora mi picchierà anche lei!…».
Sorridono tutti della sua desolazione davanti alla prospettiva di altri schiaffi, e Gesù dice: «Vai allora svelto…».
«È che… volevo entrare con Te e vederti fare il miracolo…», e termina: «…e vedere le loro facce… per vendicarmi degli schiaffi…».
«Questo no. Non devi desiderare vendetta. Essere buono e perdonare devi… Ma la mamma aspetta l’acqua…».
«Vado io, Maestro. So dove sta Marco. Spiegherò alla donna e ti raggiungerò…», dice Giacomo di Zebedeo correndo via.
Si rimettono in cammino lentamente e Gesù tiene per mano il bambino gongolante…
Eccoli alla cancellata del giardino. La costeggiano. Molte cavalcature stanno legate ad essa, sorvegliate dai servi dei singoli proprietari. Il bisbiglio che si leva da essi attira l’attenzione di qualche giudeo, che si volge verso il cancello aperto proprio nel momento che Gesù pone piede sul limitare del giardino.
«Il Maestro!», dicono i primi che lo vedono, e questa parola scorre come un fruscio di vento da gruppo a gruppo, si propaga, va come un’onda, venuta da lontano a spezzarsi sulla riva, sin contro i muri della casa e vi penetra, certo portata dai molti giudei presenti, o da qualche fariseo, rabbi o scriba o sadduceo, sparsi qua e là.