XXIV Domenica T.O./B - Commento al Vangelo - Parte 1 /+ Approfondimento
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- เผยแพร่เมื่อ 19 ธ.ค. 2024
- APPROFONDIMENTO
La risposta di Pietro è esatta, ma è fatta di parole, è parziale. L'apostolo non ha capito che cosa significhi essere il Cristo e quando Gesù lo spiega, si scandalizza e perfino rimprovera il maestro. Ma la risposta di Gesù lo inchioda, e gli dà addirittura del «diabolico»: «Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». La reazione di Pietro non è altro che la nostra reazione quando ascoltiamo il Signore che parla di croce, di rinnegare sé stessi, di perdere la propria vita. Ma Gesù non ammette equivoci: c’è un modo di ragionare secondo gli uomini e uno secondo Dio, e non si danno compromessi. Il criterio per distinguerli è uno soltanto: la croce. «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua». Ognuno è portato a seguire ciò che richiede il proprio io, Gesù invece insegna che seguire Lui significa rinnegare sé stessi, cioè «non riconoscere più» unicamente sé stessi, dimenticare il proprio vantaggio, i propri interessi, quella che crediamo essere la felicità della nostra vita (e che finirà per deluderci). L’invito è preceduto da un’affermazione di libertà: «Se uno vuole…»; perché il Signore non costringe nessuno, esige soltanto che le persone siano libere, perché la libertà segna il valore delle nostre scelte, scelte che vanno fatte «andando dietro a Lui», seguendo il cammino tracciato da Lui... E soprattutto, prendendo «la propria croce». Di solito, nel linguaggio comune, s’intende per «croce» accettare o sopportare gli altri. Ma qui Gesù intende qualcosa di molto più impegnativo: la «croce», che è la verità di tutta la vita di Cristo, significa fare «verità» nella propria esistenza, indica, cioè, la lotta che occorre fare nel proprio intimo per cercare e trovare la Verità. Nel brano parallelo, l'evangelista Luca dà una precisazione sconvolgente: «Prenda “ogni giorno” la propria croce…» (Lc 9,23). Significa che questa lotta per la verità interiore è quotidiana, dura tutta la vita e ci guida all’autenticità del nostro essere. «…Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà»: è naturale voler salvare la propria vita, ed è pure giusto, ma non si deve dimenticare che la vita non è un possesso, ma un dono da condividere. Chi non lo dona, rende la vita sterile e inutile. Riconoscere il dono ci mette in relazione con il Signore, e donarlo ci fa oltrepassare la soglie e ci fa "finire con" gli altri, ci rende fratelli in Cristo