È vero,in merito alla ponderazione sulla scelta di non aprire tutte le porte. La drammacita delle tragedie greche tocca spesso labirinti interiori sconosciuti talvolta invalicabili,non sopportabili da tutti. C' è il rischio di non tornare in equilibrio. Molto forte ma anche così richiedente di compassione per il dolore devastante che suscita al contempo.
l'uomo ed il sacro...edipo e tiresia...è una tragedia così affascinante e così bella...perchè Sofocle è bellezza...formale e di contenuto....mai più nella vita potrò studiare qualcosa di più Bello della tragedia greca...
Le potenze del sacro, ben detto. Ossia un comandamento morale, cioè un peccato dei pensieri o degli atti contro le idee. Ciò dimostra come il pensiero dell'assoluto ci domini, quanto la morale sia discesa nelle nostre carni e quindi noi "non pensiamo con la nostra testa", ma adeguiamo il nostro sentire ad un comportamento morale, cioè ritenuto lecito o meno dalla morale, dalla cultura e dai valori. Ciò esprime quanto noi si sia religiosi, cristiani o greci, devoti od atei, ugualmente religiosi da sempre, poiché morali, essendo la categoria del sacro, per quanto irreale, un potente sopra di noi che ci domina con le astrazioni ed il simbolico. E mettiamo anche che noi si voglia giacere con la propria madre o ammazzare il padre, chi dovrebbe proibirci tali sentimenti, o quantomeno non riconoscere che siano autentici in quanto nostri? Soltanto il comandamento morale fuori di noi. Non si impazzisce per aver commesso un peccato, ma per aver infranto una legge fuori sé stessi, del cuore o della ragione ugualmente. Psicologia e psichiatria non sono scienze, ma apparati del potere censorio della morale e della cultura. W Stirner, abbasso Freud.
Professore, Lei è bravissimo, ma, mi scusi, nel suo riassunto dell'Edipo re di Sofocle (solo "bella tragedia" ?) ci sono diverse imprecisioni che mi permetto di segnalarle. Per cominciare - lasciando perdere che Edipo non vuol dire "dai piedi storti" ma "dai piedi gonfi" (perché trafitti dalle catene) e che di altri figli fatti uccidere da Laio non si fa alcun cenno nella tragedia -, Edipo non "gira per il mondo", ma si allontana deliberatamente da Corinto, dove è cresciuto, allevato dal re Polibo (che egli ritiene suo padre), con l'intento di sfuggire all'oracolo che gli aveva predetto che avrebbe ucciso il padre e si sarebbe unito alla madre. Dopo aver ucciso per caso, lungo la strada, un vecchio personaggio regale, giunge a Tebe,.afflitta non dalla pestilenza ma dal flagello della Sfinge che uccide chi non sa risolvere l'enigma che essa pone ai passanti. Sfinge e pestilenza non hanno nulla a che fare tra loro. Risolto l'enigma, Edipo viene fatto re della città e sposa la regina Giocasta, vedova del vecchio re Laio ucciso per strada da briganti..A questo punto si abbatte sulla città una pestilenza. Edipo, sollecito per il bene dei suoi sudditi, manda a consultare l'oracolo di Delfi, e la risposta è che la pestilenza è causata dalla contaminazione dovuta alla presenza in città dell'assassino di Laio. Adesso inizia la ricerca da parte di Edipo dell'assassino di Laio. Al vecchio indovino Tiresia Edipo non chiede chi sia lui, ma chi sia l'uccisore di Laio, e l'indovino, dapprima reticente, alla fine, messo alle strette e minacciato da Edipo, in una scena famosa gli rivela la verità: sei tu l'uccisore di Laio, tu giaci con una donna che è tua madre. "Meglio per te non sapere" non è detto dunque da Tiresia, anzi, per la verità non lo dice nessuno. Molto più avanti, nella scena del riconoscimento finale, il vecchio servo-pastore di Laio, cui era stato affidato Edipo appena nato perché lo esponesse, mandato a chiamare e messo a confronto col servo di Polibo, che l'aveva preso in consegna da lui e portato al suo re, giunto al momento decisivo, rivolto a Edipo affermerà: ""in nome degli dei, non domandare altro, sovrano, ... sono arrivato alla cosa più tremenda da dire"; e a lui Edipo: "e per me da udire, ma devo sapere" (vv. 1165, 1169 s.). È a questo punto, alla fine della tragedia, quando tutto è chiaro, che Edipo si acceca, non dopo l'incontro-scontro con Tiresia. Mi scuso con tutti per la lunghezza del mio intervento.
Bravissimo! Chi ha orecchi di ascoltare ascolta, chi no, buonanotte! eccezionale spiegazione!!!
Adorabile ascolto👏👏👏
È vero,in merito alla ponderazione sulla scelta di non aprire tutte le porte. La drammacita delle tragedie greche tocca spesso labirinti interiori sconosciuti talvolta invalicabili,non sopportabili da tutti. C' è il rischio di non tornare in equilibrio. Molto forte ma anche così richiedente di compassione per il dolore devastante che suscita al contempo.
l'uomo ed il sacro...edipo e tiresia...è una tragedia così affascinante e così bella...perchè Sofocle è bellezza...formale e di contenuto....mai più nella vita potrò studiare qualcosa di più Bello della tragedia greca...
Per due volte Galimberti, che stimo moltissimo, commette il lapsus di chiamare Giocasta Giacasta.
Le potenze del sacro, ben detto. Ossia un comandamento morale, cioè un peccato dei pensieri o degli atti contro le idee. Ciò dimostra come il pensiero dell'assoluto ci domini, quanto la morale sia discesa nelle nostre carni e quindi noi "non pensiamo con la nostra testa", ma adeguiamo il nostro sentire ad un comportamento morale, cioè ritenuto lecito o meno dalla morale, dalla cultura e dai valori. Ciò esprime quanto noi si sia religiosi, cristiani o greci, devoti od atei, ugualmente religiosi da sempre, poiché morali, essendo la categoria del sacro, per quanto irreale, un potente sopra di noi che ci domina con le astrazioni ed il simbolico. E mettiamo anche che noi si voglia giacere con la propria madre o ammazzare il padre, chi dovrebbe proibirci tali sentimenti, o quantomeno non riconoscere che siano autentici in quanto nostri? Soltanto il comandamento morale fuori di noi. Non si impazzisce per aver commesso un peccato, ma per aver infranto una legge fuori sé stessi, del cuore o della ragione ugualmente. Psicologia e psichiatria non sono scienze, ma apparati del potere censorio della morale e della cultura. W Stirner, abbasso Freud.
Bravissimo 🙂🙂
Professore, Lei è bravissimo, ma, mi scusi, nel suo riassunto dell'Edipo re di Sofocle (solo "bella tragedia" ?) ci sono diverse imprecisioni che mi permetto di segnalarle. Per cominciare - lasciando perdere che Edipo non vuol dire "dai piedi storti" ma "dai piedi gonfi" (perché trafitti dalle catene) e che di altri figli fatti uccidere da Laio non si fa alcun cenno nella tragedia -, Edipo non "gira per il mondo", ma si allontana deliberatamente da Corinto, dove è cresciuto, allevato dal re Polibo (che egli ritiene suo padre), con l'intento di sfuggire all'oracolo che gli aveva predetto che avrebbe ucciso il padre e si sarebbe unito alla madre. Dopo aver ucciso per caso, lungo la strada, un vecchio personaggio regale, giunge a Tebe,.afflitta non dalla pestilenza ma dal flagello della Sfinge che uccide chi non sa risolvere l'enigma che essa pone ai passanti. Sfinge e pestilenza non hanno nulla a che fare tra loro. Risolto l'enigma, Edipo viene fatto re della città e sposa la regina Giocasta, vedova del vecchio re Laio ucciso per strada da briganti..A questo punto si abbatte sulla città una pestilenza. Edipo, sollecito per il bene dei suoi sudditi, manda a consultare l'oracolo di Delfi, e la risposta è che la pestilenza è causata dalla contaminazione dovuta alla presenza in città dell'assassino di Laio. Adesso inizia la ricerca da parte di Edipo dell'assassino di Laio. Al vecchio indovino Tiresia Edipo non chiede chi sia lui, ma chi sia l'uccisore di Laio, e l'indovino, dapprima reticente, alla fine, messo alle strette e minacciato da Edipo, in una scena famosa gli rivela la verità: sei tu l'uccisore di Laio, tu giaci con una donna che è tua madre. "Meglio per te non sapere" non è detto dunque da Tiresia, anzi, per la verità non lo dice nessuno. Molto più avanti, nella scena del riconoscimento finale, il vecchio servo-pastore di Laio, cui era stato affidato Edipo appena nato perché lo esponesse, mandato a chiamare e messo a confronto col servo di Polibo, che l'aveva preso in consegna da lui e portato al suo re, giunto al momento decisivo, rivolto a Edipo affermerà: ""in nome degli dei, non domandare altro, sovrano, ... sono arrivato alla cosa più tremenda da dire"; e a lui Edipo: "e per me da udire, ma devo sapere" (vv. 1165, 1169 s.). È a questo punto, alla fine della tragedia, quando tutto è chiaro, che Edipo si acceca, non dopo l'incontro-scontro con Tiresia. Mi scuso con tutti per la lunghezza del mio intervento.
😔💔
Quindi è contro questa storia? Non si capisce tanto colpa mia... lei ha capito?