Adoro Gassman, le sue letture e le sue parole all'inizio ma nell'introduzione c'è anche un problema: "Napoli l'ha.." non si riferisce ad il sole ma al corpo di Virgilio, che sta a Napoli dove in questo momento c'è il vespero mentre qua, nel purgatorio, il sole.
Ad onor del vero c'è un piccolo refuso, Manfredi è morto nella battaglia di Benevento, solo in seguito la sua salma venne trasferita a Ceprano e tumulata lungo il fiume Liri.
Verrebbe voglia di applaudire alla fine tanta è la bravura di Gassman; che, per giunta, aiuta non poco ad intendere meglio il senso dei versi, non sempre di facile ed immediata comprensione.
Avvegna che la subitana fuga dispergesse color per la campagna, rivolti al monte ove ragion ne fruga, 3 i’ mi ristrinsi a la fida compagna: e come sare’ io sanza lui corso? chi m’avria tratto su per la montagna? 6 El mi parea da sé stesso rimorso: o dignitosa coscienza e netta, come t’è picciol fallo amaro morso! 9 Quando li piedi suoi lasciar la fretta, che l’onestade ad ogn’atto dismaga, la mente mia, che prima era ristretta, 12 lo ‘ntento rallargò, sì come vaga, e diedi ‘l viso mio incontr’al poggio che ‘nverso ‘l ciel più alto si dislaga. 15 Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio, rotto m’era dinanzi a la figura, ch’avea in me de’ suoi raggi l’appoggio. 18 Io mi volsi dallato con paura d’essere abbandonato, quand’io vidi solo dinanzi a me la terra oscura; 21 e ‘l mio conforto: «Perché pur diffidi?», a dir mi cominciò tutto rivolto; «non credi tu me teco e ch’io ti guidi? 24 Vespero è già colà dov’è sepolto lo corpo dentro al quale io facea ombra: Napoli l’ha, e da Brandizio è tolto. 27 Ora, se innanzi a me nulla s’aombra, non ti maravigliar più che d’i cieli che l’uno a l’altro raggio non ingombra. 30 A sofferir tormenti, caldi e geli simili corpi la Virtù dispone che, come fa, non vuol ch’a noi si sveli. 33 Matto è chi spera che nostra ragione possa trascorrer la infinita via che tiene una sustanza in tre persone. 36 State contenti, umana gente, al quia; ché se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria; 39 e disiar vedeste sanza frutto tai che sarebbe lor disio quetato, ch’etternalmente è dato lor per lutto: 42 io dico d’Aristotile e di Plato e di molt’altri»; e qui chinò la fronte, e più non disse, e rimase turbato. 45 Noi divenimmo intanto a piè del monte; quivi trovammo la roccia sì erta, che ‘ndarno vi sarien le gambe pronte. 48 Tra Lerice e Turbìa la più diserta, la più rotta ruina è una scala, verso di quella, agevole e aperta. 51 «Or chi sa da qual man la costa cala», disse ‘l maestro mio fermando ‘l passo, «sì che possa salir chi va sanz’ala?». 54 E mentre ch’e’ tenendo ‘l viso basso essaminava del cammin la mente, e io mirava suso intorno al sasso, 57 da man sinistra m’apparì una gente d’anime, che movieno i piè ver’ noi, e non pareva, sì venian lente. 60 «Leva», diss’io, «maestro, li occhi tuoi: ecco di qua chi ne darà consiglio, se tu da te medesmo aver nol puoi». 63 Guardò allora, e con libero piglio rispuose: «Andiamo in là, ch’ei vegnon piano; e tu ferma la spene, dolce figlio». 66 Ancora era quel popol di lontano, i’ dico dopo i nostri mille passi, quanto un buon gittator trarria con mano, 69 quando si strinser tutti ai duri massi de l’alta ripa, e stetter fermi e stretti com’a guardar, chi va dubbiando, stassi. 72 «O ben finiti, o già spiriti eletti», Virgilio incominciò, «per quella pace ch’i’ credo che per voi tutti s’aspetti, 75 ditene dove la montagna giace sì che possibil sia l’andare in suso; ché perder tempo a chi più sa più spiace». 78 Come le pecorelle escon del chiuso a una, a due, a tre, e l’altre stanno timidette atterrando l’occhio e ‘l muso; 81 e ciò che fa la prima, e l’altre fanno, addossandosi a lei, s’ella s’arresta, semplici e quete, e lo ‘mperché non sanno; 84 sì vid’io muovere a venir la testa di quella mandra fortunata allotta, pudica in faccia e ne l’andare onesta. 87 Come color dinanzi vider rotta la luce in terra dal mio destro canto, sì che l’ombra era da me a la grotta, 90 restaro, e trasser sé in dietro alquanto, e tutti li altri che venieno appresso, non sappiendo ‘l perché, fenno altrettanto. 93 «Sanza vostra domanda io vi confesso che questo è corpo uman che voi vedete; per che ‘l lume del sole in terra è fesso. 96 Non vi maravigliate, ma credete che non sanza virtù che da ciel vegna cerchi di soverchiar questa parete». 99 Così ‘l maestro; e quella gente degna «Tornate», disse, «intrate innanzi dunque», coi dossi de le man faccendo insegna. 102 E un di loro incominciò: «Chiunque tu se’, così andando, volgi ‘l viso: pon mente se di là mi vedesti unque». 105 Io mi volsi ver lui e guardail fiso: biondo era e bello e di gentile aspetto, ma l’un de’ cigli un colpo avea diviso. 108 Quand’io mi fui umilmente disdetto d’averlo visto mai, el disse: «Or vedi»; e mostrommi una piaga a sommo ‘l petto. 111 Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi, nepote di Costanza imperadrice; ond’io ti priego che, quando tu riedi, 114 vadi a mia bella figlia, genitrice de l’onor di Cicilia e d’Aragona, e dichi ‘l vero a lei, s’altro si dice. 117 Poscia ch’io ebbi rotta la persona di due punte mortali, io mi rendei, piangendo, a quei che volontier perdona. 120 Orribil furon li peccati miei; ma la bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei. 123 Se ’l pastor di Cosenza, che a la caccia di me fu messo per Clemente allora, avesse in Dio ben letta questa faccia, 126 l’ossa del corpo mio sarieno ancora in co del ponte presso a Benevento, sotto la guardia de la grave mora. 129 Or le bagna la pioggia e move il vento di fuor dal regno, quasi lungo ‘l Verde, dov’e’ le trasmutò a lume spento. 132 Per lor maladizion sì non si perde, che non possa tornar, l’etterno amore, mentre che la speranza ha fior del verde. 135 Vero è che quale in contumacia more di Santa Chiesa, ancor ch’al fin si penta, star li convien da questa ripa in fore, 138 per ognun tempo ch’elli è stato, trenta, in sua presunzion, se tal decreto più corto per buon prieghi non diventa. 141 Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto, revelando a la mia buona Costanza come m’hai visto, e anco esto divieto; ché qui per quei di là molto s’avanza».
Immenso Gassman!!!!!💖💖💖Una LEGGENDA!!!!Solo lui poteva declamare i versi del Sommo POETA!💖💖💖
Adoro Gassman, le sue letture e le sue parole all'inizio ma nell'introduzione c'è anche un problema: "Napoli l'ha.." non si riferisce ad il sole ma al corpo di Virgilio, che sta a Napoli dove in questo momento c'è il vespero mentre qua, nel purgatorio, il sole.
Ad onor del vero c'è un piccolo refuso, Manfredi è morto nella battaglia di Benevento, solo in seguito la sua salma venne trasferita a Ceprano e tumulata lungo il fiume Liri.
Anche la spiegazione del "quia" non è del tutto corretta.
5:46
Verrebbe voglia di applaudire alla fine tanta è la bravura di Gassman; che, per giunta, aiuta non poco ad intendere meglio il senso dei versi, non sempre di facile ed immediata comprensione.
Inarrivabile Vittorio..
10:42 - Manfredi di Svevia
Avvegna che la subitana fuga
dispergesse color per la campagna,
rivolti al monte ove ragion ne fruga, 3
i’ mi ristrinsi a la fida compagna:
e come sare’ io sanza lui corso?
chi m’avria tratto su per la montagna? 6
El mi parea da sé stesso rimorso:
o dignitosa coscienza e netta,
come t’è picciol fallo amaro morso! 9
Quando li piedi suoi lasciar la fretta,
che l’onestade ad ogn’atto dismaga,
la mente mia, che prima era ristretta, 12
lo ‘ntento rallargò, sì come vaga,
e diedi ‘l viso mio incontr’al poggio
che ‘nverso ‘l ciel più alto si dislaga. 15
Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio,
rotto m’era dinanzi a la figura,
ch’avea in me de’ suoi raggi l’appoggio. 18
Io mi volsi dallato con paura
d’essere abbandonato, quand’io vidi
solo dinanzi a me la terra oscura; 21
e ‘l mio conforto: «Perché pur diffidi?»,
a dir mi cominciò tutto rivolto;
«non credi tu me teco e ch’io ti guidi? 24
Vespero è già colà dov’è sepolto
lo corpo dentro al quale io facea ombra:
Napoli l’ha, e da Brandizio è tolto. 27
Ora, se innanzi a me nulla s’aombra,
non ti maravigliar più che d’i cieli
che l’uno a l’altro raggio non ingombra. 30
A sofferir tormenti, caldi e geli
simili corpi la Virtù dispone
che, come fa, non vuol ch’a noi si sveli. 33
Matto è chi spera che nostra ragione
possa trascorrer la infinita via
che tiene una sustanza in tre persone. 36
State contenti, umana gente, al quia;
ché se potuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria; 39
e disiar vedeste sanza frutto
tai che sarebbe lor disio quetato,
ch’etternalmente è dato lor per lutto: 42
io dico d’Aristotile e di Plato
e di molt’altri»; e qui chinò la fronte,
e più non disse, e rimase turbato. 45
Noi divenimmo intanto a piè del monte;
quivi trovammo la roccia sì erta,
che ‘ndarno vi sarien le gambe pronte. 48
Tra Lerice e Turbìa la più diserta,
la più rotta ruina è una scala,
verso di quella, agevole e aperta. 51
«Or chi sa da qual man la costa cala»,
disse ‘l maestro mio fermando ‘l passo,
«sì che possa salir chi va sanz’ala?». 54
E mentre ch’e’ tenendo ‘l viso basso
essaminava del cammin la mente,
e io mirava suso intorno al sasso, 57
da man sinistra m’apparì una gente
d’anime, che movieno i piè ver’ noi,
e non pareva, sì venian lente. 60
«Leva», diss’io, «maestro, li occhi tuoi:
ecco di qua chi ne darà consiglio,
se tu da te medesmo aver nol puoi». 63
Guardò allora, e con libero piglio
rispuose: «Andiamo in là, ch’ei vegnon piano;
e tu ferma la spene, dolce figlio». 66
Ancora era quel popol di lontano,
i’ dico dopo i nostri mille passi,
quanto un buon gittator trarria con mano, 69
quando si strinser tutti ai duri massi
de l’alta ripa, e stetter fermi e stretti
com’a guardar, chi va dubbiando, stassi. 72
«O ben finiti, o già spiriti eletti»,
Virgilio incominciò, «per quella pace
ch’i’ credo che per voi tutti s’aspetti, 75
ditene dove la montagna giace
sì che possibil sia l’andare in suso;
ché perder tempo a chi più sa più spiace». 78
Come le pecorelle escon del chiuso
a una, a due, a tre, e l’altre stanno
timidette atterrando l’occhio e ‘l muso; 81
e ciò che fa la prima, e l’altre fanno,
addossandosi a lei, s’ella s’arresta,
semplici e quete, e lo ‘mperché non sanno; 84
sì vid’io muovere a venir la testa
di quella mandra fortunata allotta,
pudica in faccia e ne l’andare onesta. 87
Come color dinanzi vider rotta
la luce in terra dal mio destro canto,
sì che l’ombra era da me a la grotta, 90
restaro, e trasser sé in dietro alquanto,
e tutti li altri che venieno appresso,
non sappiendo ‘l perché, fenno altrettanto. 93
«Sanza vostra domanda io vi confesso
che questo è corpo uman che voi vedete;
per che ‘l lume del sole in terra è fesso. 96
Non vi maravigliate, ma credete
che non sanza virtù che da ciel vegna
cerchi di soverchiar questa parete». 99
Così ‘l maestro; e quella gente degna
«Tornate», disse, «intrate innanzi dunque»,
coi dossi de le man faccendo insegna. 102
E un di loro incominciò: «Chiunque
tu se’, così andando, volgi ‘l viso:
pon mente se di là mi vedesti unque». 105
Io mi volsi ver lui e guardail fiso:
biondo era e bello e di gentile aspetto,
ma l’un de’ cigli un colpo avea diviso. 108
Quand’io mi fui umilmente disdetto
d’averlo visto mai, el disse: «Or vedi»;
e mostrommi una piaga a sommo ‘l petto. 111
Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi,
nepote di Costanza imperadrice;
ond’io ti priego che, quando tu riedi, 114
vadi a mia bella figlia, genitrice
de l’onor di Cicilia e d’Aragona,
e dichi ‘l vero a lei, s’altro si dice. 117
Poscia ch’io ebbi rotta la persona
di due punte mortali, io mi rendei,
piangendo, a quei che volontier perdona. 120
Orribil furon li peccati miei;
ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
che prende ciò che si rivolge a lei. 123
Se ’l pastor di Cosenza, che a la caccia
di me fu messo per Clemente allora,
avesse in Dio ben letta questa faccia, 126
l’ossa del corpo mio sarieno ancora
in co del ponte presso a Benevento,
sotto la guardia de la grave mora. 129
Or le bagna la pioggia e move il vento
di fuor dal regno, quasi lungo ‘l Verde,
dov’e’ le trasmutò a lume spento. 132
Per lor maladizion sì non si perde,
che non possa tornar, l’etterno amore,
mentre che la speranza ha fior del verde. 135
Vero è che quale in contumacia more
di Santa Chiesa, ancor ch’al fin si penta,
star li convien da questa ripa in fore, 138
per ognun tempo ch’elli è stato, trenta,
in sua presunzion, se tal decreto
più corto per buon prieghi non diventa. 141
Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto,
revelando a la mia buona Costanza
come m’hai visto, e anco esto divieto;
ché qui per quei di là molto s’avanza».
Dante sono Italiana
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