Vittorio Gassman legge Dante - Commedia - Purgatorio, Canto III

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  • เผยแพร่เมื่อ 29 ธ.ค. 2024

ความคิดเห็น • 14

  • @giorgioduretto7034
    @giorgioduretto7034 3 ปีที่แล้ว +5

    Immenso Gassman!!!!!💖💖💖Una LEGGENDA!!!!Solo lui poteva declamare i versi del Sommo POETA!💖💖💖

  • @matteor.7439
    @matteor.7439 ปีที่แล้ว +3

    Adoro Gassman, le sue letture e le sue parole all'inizio ma nell'introduzione c'è anche un problema: "Napoli l'ha.." non si riferisce ad il sole ma al corpo di Virgilio, che sta a Napoli dove in questo momento c'è il vespero mentre qua, nel purgatorio, il sole.

  • @gianvit88
    @gianvit88 3 ปีที่แล้ว +3

    Ad onor del vero c'è un piccolo refuso, Manfredi è morto nella battaglia di Benevento, solo in seguito la sua salma venne trasferita a Ceprano e tumulata lungo il fiume Liri.

    • @minuciofelice6465
      @minuciofelice6465 10 หลายเดือนก่อน

      Anche la spiegazione del "quia" non è del tutto corretta.

  • @CapitanScimitar555
    @CapitanScimitar555 2 ปีที่แล้ว +2

    5:46

  • @Fabigal
    @Fabigal 3 ปีที่แล้ว +1

    Verrebbe voglia di applaudire alla fine tanta è la bravura di Gassman; che, per giunta, aiuta non poco ad intendere meglio il senso dei versi, non sempre di facile ed immediata comprensione.

  • @lomblottoliggione673
    @lomblottoliggione673 ปีที่แล้ว +1

    10:42 - Manfredi di Svevia

  • @abdel5505
    @abdel5505 2 ปีที่แล้ว +2

    Avvegna che la subitana fuga
    dispergesse color per la campagna,
    rivolti al monte ove ragion ne fruga, 3
    i’ mi ristrinsi a la fida compagna:
    e come sare’ io sanza lui corso?
    chi m’avria tratto su per la montagna? 6
    El mi parea da sé stesso rimorso:
    o dignitosa coscienza e netta,
    come t’è picciol fallo amaro morso! 9
    Quando li piedi suoi lasciar la fretta,
    che l’onestade ad ogn’atto dismaga,
    la mente mia, che prima era ristretta, 12
    lo ‘ntento rallargò, sì come vaga,
    e diedi ‘l viso mio incontr’al poggio
    che ‘nverso ‘l ciel più alto si dislaga. 15
    Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio,
    rotto m’era dinanzi a la figura,
    ch’avea in me de’ suoi raggi l’appoggio. 18
    Io mi volsi dallato con paura
    d’essere abbandonato, quand’io vidi
    solo dinanzi a me la terra oscura; 21
    e ‘l mio conforto: «Perché pur diffidi?»,
    a dir mi cominciò tutto rivolto;
    «non credi tu me teco e ch’io ti guidi? 24
    Vespero è già colà dov’è sepolto
    lo corpo dentro al quale io facea ombra:
    Napoli l’ha, e da Brandizio è tolto. 27
    Ora, se innanzi a me nulla s’aombra,
    non ti maravigliar più che d’i cieli
    che l’uno a l’altro raggio non ingombra. 30
    A sofferir tormenti, caldi e geli
    simili corpi la Virtù dispone
    che, come fa, non vuol ch’a noi si sveli. 33
    Matto è chi spera che nostra ragione
    possa trascorrer la infinita via
    che tiene una sustanza in tre persone. 36
    State contenti, umana gente, al quia;
    ché se potuto aveste veder tutto,
    mestier non era parturir Maria; 39
    e disiar vedeste sanza frutto
    tai che sarebbe lor disio quetato,
    ch’etternalmente è dato lor per lutto: 42
    io dico d’Aristotile e di Plato
    e di molt’altri»; e qui chinò la fronte,
    e più non disse, e rimase turbato. 45
    Noi divenimmo intanto a piè del monte;
    quivi trovammo la roccia sì erta,
    che ‘ndarno vi sarien le gambe pronte. 48
    Tra Lerice e Turbìa la più diserta,
    la più rotta ruina è una scala,
    verso di quella, agevole e aperta. 51
    «Or chi sa da qual man la costa cala»,
    disse ‘l maestro mio fermando ‘l passo,
    «sì che possa salir chi va sanz’ala?». 54
    E mentre ch’e’ tenendo ‘l viso basso
    essaminava del cammin la mente,
    e io mirava suso intorno al sasso, 57
    da man sinistra m’apparì una gente
    d’anime, che movieno i piè ver’ noi,
    e non pareva, sì venian lente. 60
    «Leva», diss’io, «maestro, li occhi tuoi:
    ecco di qua chi ne darà consiglio,
    se tu da te medesmo aver nol puoi». 63
    Guardò allora, e con libero piglio
    rispuose: «Andiamo in là, ch’ei vegnon piano;
    e tu ferma la spene, dolce figlio». 66
    Ancora era quel popol di lontano,
    i’ dico dopo i nostri mille passi,
    quanto un buon gittator trarria con mano, 69
    quando si strinser tutti ai duri massi
    de l’alta ripa, e stetter fermi e stretti
    com’a guardar, chi va dubbiando, stassi. 72
    «O ben finiti, o già spiriti eletti»,
    Virgilio incominciò, «per quella pace
    ch’i’ credo che per voi tutti s’aspetti, 75
    ditene dove la montagna giace
    sì che possibil sia l’andare in suso;
    ché perder tempo a chi più sa più spiace». 78
    Come le pecorelle escon del chiuso
    a una, a due, a tre, e l’altre stanno
    timidette atterrando l’occhio e ‘l muso; 81
    e ciò che fa la prima, e l’altre fanno,
    addossandosi a lei, s’ella s’arresta,
    semplici e quete, e lo ‘mperché non sanno; 84
    sì vid’io muovere a venir la testa
    di quella mandra fortunata allotta,
    pudica in faccia e ne l’andare onesta. 87
    Come color dinanzi vider rotta
    la luce in terra dal mio destro canto,
    sì che l’ombra era da me a la grotta, 90
    restaro, e trasser sé in dietro alquanto,
    e tutti li altri che venieno appresso,
    non sappiendo ‘l perché, fenno altrettanto. 93
    «Sanza vostra domanda io vi confesso
    che questo è corpo uman che voi vedete;
    per che ‘l lume del sole in terra è fesso. 96
    Non vi maravigliate, ma credete
    che non sanza virtù che da ciel vegna
    cerchi di soverchiar questa parete». 99
    Così ‘l maestro; e quella gente degna
    «Tornate», disse, «intrate innanzi dunque»,
    coi dossi de le man faccendo insegna. 102
    E un di loro incominciò: «Chiunque
    tu se’, così andando, volgi ‘l viso:
    pon mente se di là mi vedesti unque». 105
    Io mi volsi ver lui e guardail fiso:
    biondo era e bello e di gentile aspetto,
    ma l’un de’ cigli un colpo avea diviso. 108
    Quand’io mi fui umilmente disdetto
    d’averlo visto mai, el disse: «Or vedi»;
    e mostrommi una piaga a sommo ‘l petto. 111
    Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi,
    nepote di Costanza imperadrice;
    ond’io ti priego che, quando tu riedi, 114
    vadi a mia bella figlia, genitrice
    de l’onor di Cicilia e d’Aragona,
    e dichi ‘l vero a lei, s’altro si dice. 117
    Poscia ch’io ebbi rotta la persona
    di due punte mortali, io mi rendei,
    piangendo, a quei che volontier perdona. 120
    Orribil furon li peccati miei;
    ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
    che prende ciò che si rivolge a lei. 123
    Se ’l pastor di Cosenza, che a la caccia
    di me fu messo per Clemente allora,
    avesse in Dio ben letta questa faccia, 126
    l’ossa del corpo mio sarieno ancora
    in co del ponte presso a Benevento,
    sotto la guardia de la grave mora. 129
    Or le bagna la pioggia e move il vento
    di fuor dal regno, quasi lungo ‘l Verde,
    dov’e’ le trasmutò a lume spento. 132
    Per lor maladizion sì non si perde,
    che non possa tornar, l’etterno amore,
    mentre che la speranza ha fior del verde. 135
    Vero è che quale in contumacia more
    di Santa Chiesa, ancor ch’al fin si penta,
    star li convien da questa ripa in fore, 138
    per ognun tempo ch’elli è stato, trenta,
    in sua presunzion, se tal decreto
    più corto per buon prieghi non diventa. 141
    Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto,
    revelando a la mia buona Costanza
    come m’hai visto, e anco esto divieto;
    ché qui per quei di là molto s’avanza».

  • @francescademarco6968
    @francescademarco6968 2 ปีที่แล้ว

    Dante sono Italiana

  • @lomblottoliggione673
    @lomblottoliggione673 ปีที่แล้ว +1

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  • @concettaranieri2766
    @concettaranieri2766 2 ปีที่แล้ว +2

    3:27

  • @JessicaVanenzia
    @JessicaVanenzia ปีที่แล้ว +1

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  • @JessicaVanenzia
    @JessicaVanenzia ปีที่แล้ว +1

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