C’era una volta, in un angolo dimenticato di un vecchio appartamento, una piantina di nome Pitz. Non era una pianta qualunque: era una piccola creatura verde con foglie sottili e delicatamente arricciate ai bordi, quasi a voler nascondere un segreto. Pitz aveva visto giorni migliori. Non che avesse mai avuto una grande compagnia, ma quando la casa era più piena, il suo spirito fioriva insieme ai raggi di sole che filtravano dalla finestra. Quella mattina, però, Pitz si sentiva diversa. Nonostante la polvere che si era depositata sui suoi steli e la luce fioca che giungeva dalla finestra, c'era un'inquietudine nell'aria. Si sentiva osservata. Non era sola, non più. La sua casa aveva acquisito un nuovo “inquilino”. Era una sedia a due gambe. Pitz non capiva bene come una sedia potesse avere due gambe soltanto. Era una sedia strana, dal legno scuro e lucido, come se avesse vissuto molte vite precedenti. La sedia, che si chiamava Gino, stava proprio accanto a lei, ancorata al pavimento da un’estremità robusta e un’altra che penzolava nell'aria come un fragile filo di speranza. Non c'era molto che potesse fare, se non adattarsi a questa strana compagnia. Gino, la sedia, era stata abbandonata dopo un incidente. Un guasto misterioso, una rottura alla struttura, e ora la sedia viveva da sola, sempre lì, a metà fra la funzionalità e l’obsolescenza. Ogni giorno, Gino si appoggiava delicatamente sulla sua gamba superstite, tremando ad ogni movimento, ma mantenendo una dignità invidiabile. La solitudine l’aveva temprato, ma qualcosa dentro di lui desiderava ancora di più. "Ti chiedo scusa," disse Gino una mattina, quando Pitz lo guardava da sotto le sue foglie. "Non so se posso essere di aiuto, ma mi sento... solo." Pitz, che non si era mai aspettata una conversazione con un mobile, rispose con un lieve fruscio delle sue foglie. Non sapeva se le parole di Gino fossero sincere o solo il risultato della sua solitudine, ma le sembrava che ci fosse qualcosa di più profondo in quella voce roca e un po’ tremante. "Sono qui da così tanto tempo," continuò Gino, "senza mai muovermi davvero, senza sapere cosa significa camminare. Ma tu... tu sei viva. Tu cresci. Senti il mondo." Pitz restò in silenzio, riflettendo. Non capiva bene cosa volesse dire, ma sentiva che quella strana connessione con la sedia non era casuale. Forse Gino non poteva più camminare, ma lei poteva ancora crescere, allungarsi verso il cielo. Nei giorni seguenti, la relazione tra Pitz e Gino divenne sempre più profonda. Ogni volta che la pianta si estendeva verso la luce, Gino la osservava con ammirazione. Quando Pitz si curvava un po’ più in là, alla ricerca di nuovi spazi, Gino sentiva una leggera sensazione di movimento, come se, in qualche modo, anche lui si stesse piegando per lei. Fu in un pomeriggio particolarmente luminoso che accadde qualcosa di straordinario. Pitz, per la prima volta, cominciò a fiorire. Piccole gemme gialle si schiusero, timide, tra le sue foglie. Non erano fiori grandiosi, ma erano un segno di vita. Gino, vedendo quel miracolo, tremò leggermente. La sua gamba superstite, che da tempo aveva iniziato a perdere il suo vigore, sembrò riprendersi per un attimo. La sua unica gamba che ancora reggeva il peso della sua esistenza si rinvigorì. “Pitz…” sussurrò Gino, con voce emozionata. “Guarda che cosa hai fatto. Per me, per entrambi.” Il cuore di Pitz, se mai avesse avuto un cuore, batteva forte. Aveva dato vita a qualcosa di nuovo, e la sedia, con la sua solitudine e la sua vecchiaia, stava ritrovando la forza. Era come se, attraverso la sua crescita, anche Gino stesse trovando un modo per “camminare” di nuovo, in un mondo che sembrava non avere più spazio per lui. Poco a poco, Gino iniziò a trovare equilibrio anche sulla sua gamba fragile. La sua postura, che un tempo era stata incerta, divenne più solida. Non era una vera e propria camminata, ma a volte sembrava che le gambe di Gino si sollevassero, quasi a fare un passo verso qualcosa di nuovo. E così, Pitz e Gino continuarono a vivere insieme. Una pianta che cresceva, e una sedia che, pur con una gamba sola, non smetteva mai di guardare il mondo con speranza. A volte il miracolo non sta nel fatto che tutto possa essere perfetto, ma nel riconoscere la bellezza nei piccoli passi e nelle piccole fioriture.
Dlarzz il migliore della serata
C’era una volta, in un angolo dimenticato di un vecchio appartamento, una piantina di nome Pitz. Non era una pianta qualunque: era una piccola creatura verde con foglie sottili e delicatamente arricciate ai bordi, quasi a voler nascondere un segreto. Pitz aveva visto giorni migliori. Non che avesse mai avuto una grande compagnia, ma quando la casa era più piena, il suo spirito fioriva insieme ai raggi di sole che filtravano dalla finestra.
Quella mattina, però, Pitz si sentiva diversa. Nonostante la polvere che si era depositata sui suoi steli e la luce fioca che giungeva dalla finestra, c'era un'inquietudine nell'aria. Si sentiva osservata. Non era sola, non più. La sua casa aveva acquisito un nuovo “inquilino”.
Era una sedia a due gambe.
Pitz non capiva bene come una sedia potesse avere due gambe soltanto. Era una sedia strana, dal legno scuro e lucido, come se avesse vissuto molte vite precedenti. La sedia, che si chiamava Gino, stava proprio accanto a lei, ancorata al pavimento da un’estremità robusta e un’altra che penzolava nell'aria come un fragile filo di speranza. Non c'era molto che potesse fare, se non adattarsi a questa strana compagnia.
Gino, la sedia, era stata abbandonata dopo un incidente. Un guasto misterioso, una rottura alla struttura, e ora la sedia viveva da sola, sempre lì, a metà fra la funzionalità e l’obsolescenza. Ogni giorno, Gino si appoggiava delicatamente sulla sua gamba superstite, tremando ad ogni movimento, ma mantenendo una dignità invidiabile. La solitudine l’aveva temprato, ma qualcosa dentro di lui desiderava ancora di più.
"Ti chiedo scusa," disse Gino una mattina, quando Pitz lo guardava da sotto le sue foglie. "Non so se posso essere di aiuto, ma mi sento... solo."
Pitz, che non si era mai aspettata una conversazione con un mobile, rispose con un lieve fruscio delle sue foglie. Non sapeva se le parole di Gino fossero sincere o solo il risultato della sua solitudine, ma le sembrava che ci fosse qualcosa di più profondo in quella voce roca e un po’ tremante.
"Sono qui da così tanto tempo," continuò Gino, "senza mai muovermi davvero, senza sapere cosa significa camminare. Ma tu... tu sei viva. Tu cresci. Senti il mondo."
Pitz restò in silenzio, riflettendo. Non capiva bene cosa volesse dire, ma sentiva che quella strana connessione con la sedia non era casuale. Forse Gino non poteva più camminare, ma lei poteva ancora crescere, allungarsi verso il cielo.
Nei giorni seguenti, la relazione tra Pitz e Gino divenne sempre più profonda. Ogni volta che la pianta si estendeva verso la luce, Gino la osservava con ammirazione. Quando Pitz si curvava un po’ più in là, alla ricerca di nuovi spazi, Gino sentiva una leggera sensazione di movimento, come se, in qualche modo, anche lui si stesse piegando per lei.
Fu in un pomeriggio particolarmente luminoso che accadde qualcosa di straordinario. Pitz, per la prima volta, cominciò a fiorire. Piccole gemme gialle si schiusero, timide, tra le sue foglie. Non erano fiori grandiosi, ma erano un segno di vita. Gino, vedendo quel miracolo, tremò leggermente. La sua gamba superstite, che da tempo aveva iniziato a perdere il suo vigore, sembrò riprendersi per un attimo. La sua unica gamba che ancora reggeva il peso della sua esistenza si rinvigorì.
“Pitz…” sussurrò Gino, con voce emozionata. “Guarda che cosa hai fatto. Per me, per entrambi.”
Il cuore di Pitz, se mai avesse avuto un cuore, batteva forte. Aveva dato vita a qualcosa di nuovo, e la sedia, con la sua solitudine e la sua vecchiaia, stava ritrovando la forza. Era come se, attraverso la sua crescita, anche Gino stesse trovando un modo per “camminare” di nuovo, in un mondo che sembrava non avere più spazio per lui.
Poco a poco, Gino iniziò a trovare equilibrio anche sulla sua gamba fragile. La sua postura, che un tempo era stata incerta, divenne più solida. Non era una vera e propria camminata, ma a volte sembrava che le gambe di Gino si sollevassero, quasi a fare un passo verso qualcosa di nuovo.
E così, Pitz e Gino continuarono a vivere insieme. Una pianta che cresceva, e una sedia che, pur con una gamba sola, non smetteva mai di guardare il mondo con speranza.
A volte il miracolo non sta nel fatto che tutto possa essere perfetto, ma nel riconoscere la bellezza nei piccoli passi e nelle piccole fioriture.
un anno con Poldo è un anno magnifico, felice di aver seguito durante tutto l'anno
Takeshi's Castle, in Italia negli anni '90, era noto come Mai dire Banzai. Presentato dalla Gialappa's Band.
Buon anno a tutti! 🌟Un modo bellissimo per finire l'anno, grazie per tirarmi su di morale sempre.
BUON ANNO A TUTTI RAGAZZI!! BUON ANNO POLDO!! 🥳🥳🥳🥳🤯
BUON ANNO ANCHE A TE FEDEEE
sedia ogni volta che dice "stupido, basta, stupido cretino!" si trasforma in una pick me girl UwU baka HAHAHAH
Ti prego faglielo leggere🙏🙏
Buon anno poldo buon anno a tutti voi
1:31:03 e da qui si tocca l’apice
Kratos
Peak live se poldo avesse cambiato anche la maglia oltre ai cappelli
Buon anno a tutti! 🎆🎉
Anche a te...
È da rifare vi prego rifatelo
mrbeast al minuto 4600000 è stato il migliore
(e comunque per il ragazzo all'inizio da gravier) si, si.. c'era una donna alla fine
Ps: buon anno a todos