19 dicembre: O Radice!
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- เผยแพร่เมื่อ 6 ก.พ. 2025
- «O Radice di Iesse,
che ti innalzi come segno per i popoli,
tacciono davanti a te i re della terra,
e le nazioni t’invocano:
vieni a liberarci, non tardare».
«I pastori, prima di tutti. Erano stati loro gli immediati testimoni di quel che era accaduto, nella notte, in una delle grotte che si trovavano nei dintorni di Betlemme, grotte ben famigliari perché usate spesso come stalle. Non avevano esitato a dar credito all’angelo che era apparso loro. Non potevano sapere, non potevano capire. Eppure quel che avevano davanti ai loro occhi non aveva bisogno di spiegazioni: “Avevano lì qualcosa che era come un paradiso”. Quante volte gli artisti hanno cercato di immaginare quell’istante di adesione immediata a quella realtà che si era palesata ai pastori in forma così marginale, ma insieme strabordante. Una sfida non scontata. Più semplice dar conto dell’arrivo dei Magi al cospetto del Bambino. Loro garantivano più appigli, con la solennità del corteo, lo sfarzo degli abiti, i doni preziosi così accuratamente pensati e confezionati. Con i pastori niente di tutto questo: gli unici ingredienti su cui far conto per la ricostruzione visiva di quella notte erano la semplicità e lo stupore. I pastori sono il trionfo del “poco”.
Matthias Stomer è un artista di origini olandesi e operativo in Italia, tra Roma, Napoli e la Sicilia, certamente a partire dal 1630. Stomer è un caravaggesco dell’ultima generazione; un caravaggesco a oltranza, un duro e puro che era restato obbediente al verbo del rivoluzionario maestro anche quando il vento sembrava ormai soffiare in altre direzioni. Come scrisse con la sua impagabile chiarezza Roberto Longhi, Stomer è uno di quelli che restano ostinatamente legati alla grammatica caravaggesca anche quando ormai “spirava il barocco imminente e per queste cose la Roma trionfante della Controriforma non aveva più occhi”.
Parlano con i loro sguardi, che non si staccherebbero mai da quello che hanno davanti. Parlano con le mani, ripiegate in gesti di commovente devozione e di trattenuto stupore per quello che hanno trovato. La luce irradiata dal Bambino esalta questo loro modo di essere lì senza psicologismi; non stanno semplicemente guardando quel “pezzo di Paradiso”: quello che hanno davanti agli occhi è diventata, infatti, la loro stessa consistenza. Sono fatti di ciò che stanno vedendo» Giuseppe Frangi.
O Radice!
LUCE. «Le radici non sono il passato, sono il presente e il futuro delle piante. Sono nascoste, profonde, invisibili, ma essenziali. Alcuni alberi possono continuare a vivere anche perdendo il 90% del fogliame e dei rami, ma muoiono se vengono recise le loro radici. Per vedere le radici c’è bisogno di un grande trauma: una forte tempesta, un’alluvione, un terremoto. C’è bisogno di vederle prima con gli occhi dell’anima». Luigino Bruni
RUGHE. «Il contadino ha radici. Poiché ha radici, non teme il vento, non ha bisogno di assicurazioni contro il vento. In ciò sta il rischio. E ancora, poiché ha radici, non diviene mai il trastullo del vento. E in ciò sta il rifiuto dell’avventura». Gustave Thibon
Tacciono, t’invocano
La parola non detta: ad-os, adorazione
MANI. “mano alla bocca”: «l'atto di riverenza che un viandante faceva verso persona o cosa degna di rispetto, dinanzi alla quale passava, inchinandosi leggermente e toccando colla destra l'oggetto della propria riverenza, mentre la sinistra si portava alla bocca, “ad os”, baciandola e quindi agitandola verso l'oggetto che s'intendeva onorare».
BOCCA. “terra alla bocca”: il gesto umile, il contatto sacro con la propria povertà come spazio in cui accogliere la ricchezza
SGUARDO. “bocca a bocca = bacio”. «Un sorriso è agricoltura / e così pure un bacio / un saluto. /Ogni uomo e ogni donna / è un corpo celeste / arato dal respiro. / Ogni amore è un’altalena / tra casa e cielo. / Sei casa nell’abbraccio / e nello sguardo cielo» Franco Arminio.