INVITO ALLA MOSTRA - Antologia: un'agorà per l'Italia e l'Europa

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  • เผยแพร่เมื่อ 25 ส.ค. 2024
  • «Far conoscere all’Italia i progressi più o meno lenti, più o meno generali della europea civiltà; far conoscere agli stranieri l’Italia, e l’Italia a lei stessa; difendere le sue glorie, incoraggiare i suoi sforzi senza ricorrere a viete declamazioni, ad adulazioni funeste; additare ai pensieri degl’italiani uno scopo non mai municipale, ma nazionale; stimolarli con prudenti confronti;
    dimostrare la possibilità di congiungere in uno que’ fini che a taluni paiono opposti tra loro, del vero, del buono, del bello, dimostrare che l’Italia nel suo seno possiede elementi di qualunque gloria scientifica e letteraria, e che da lei sola dipende il conseguirla, ecco in breve qual sarà il nostro ufficio, il nostro vanto».
    Così nell’«Avvertenza» all’ultimo volume del 1830 il fondatore e direttore Giovan Pietro Vieusseux riassumeva gli scopi dell’Antologia.
    Nata nel gennaio del 1821 con l’obiettivo di offrire semplici traduzioni di articoli apparsi in giornali stranieri, già dal mese di aprile la testata si apre ai contributi originali di autori italiani, affrontando l’attenta e sospettosa vigilanza della censura. L’idea di un giornale di dimensione europea era sorta già nel 1819, ne era fautore il marchese Gino Capponi, allora in giro per l’Europa, sollecitato da Firenze dall’avvocato Lorenzo Collini: progetto maturato e definito nei mesi di soggiorno a Londra nei colloqui con Ugo Foscolo.
    La mostra si apre con la nascita della rivista. Ideatori, appunto Capponi e Foscolo; realizzatore Giovan Pietro Vieusseux, moderno imprenditore di cultura. Sede redazionale Palazzo Buondelmonti, che dal 1820 accoglie il Gabinetto Scientifico e Letterario. Oltre al primo numero, con il Proemio del gennaio 1821, vi sono documenti illustrativi di presentazione della rivista e per la raccolta delle sottoscrizioni.
    L’esposizione è articolata attraverso le grandi tematiche sollevate e discusse dalla rassegna. Sui tavoli alcuni volumi contenenti articoli relativi a: Dante e la sua difesa, da Giuseppe Mazzini a Niccolò Tommaseo; la
    questione della lingua e l’esigenza di un vocabolario; l’istruzione e l’educazione estesa alle donne e ai contadini; la lotta per la libertà della Grecia e della Polonia; la pena di morte; la tutela del patrimonio artistico; la libera concorrenza in economia e la nascita delle casse di risparmio; i viaggi, non solo come grand tour ma conoscenza delle diverse civiltà, perfino le più remote; la scienza nelle sue molteplici espressioni, dalla medicina alla statistica, dalla meteorologia all’agricoltura. La stretta connessione fra la rivista e il Gabinetto è espressa da due frequentatori di eccezione: Giacomo Leopardi, che vi pubblicherà un’anticipazione delle Operette Morali e Alessandro Manzoni, impegnato nel 1827 a rivedere
    proprio con gli amici del Circolo dell’Antologia i Promessi Sposi, recensito con qualche riserva da Niccolò Tommaseo. Fra i giovani promettenti, nelle pagine della rivista, Giuseppe Mazzini, «Un Italiano», che anticipa i principi ispiratori della “Giovine Italia” e della “Giovine Europa”.
    Sulle pareti, nelle sale, i protagonisti di quel mondo straordinario.
    I redattori Giuseppe Montani e Niccolò Tommaseo, l’educatore Raffaello
    Lambruschini e Cosimo Ridolfi, animatore dell’Accademia dei Georgofili. Il drammaturgo Giovanni Battista Niccolini, l’esule Pietro Colletta, i pionieri della scienza medica moderna come Pietro Betti e Giuseppe Gazzeri, il geografo Emanuele Repetti, il letterato Enrico Mayer, il cruscante Giovanni Battista Zannoni, il “critico” d’arte Leopoldo Cicognara. Riferimento costante Sismondi, storico ed economista.
    La mostra è arricchita da dipinti sulla Firenze del tempo, fra 1820 e 1835, da pubblicazioni d’epoca, da medaglie celebrative, da autografi di Vieusseux tratti dai copialettere.
    Particolare attenzione è riservata ai rigorosi controlli della censura, coi tagli e le modifiche agli articoli sottoposti obbligatoriamente all’autorizzazione preventiva. Fino alla stretta finale del 1832-1833, suscitata dagli attacchi violenti dei giornali La Voce della Ragione di Modena e La Voce della Verità di Pesaro, diretta dal reazionario Monaldo Leopardi, padre di Giacomo. Infine l’illuminante “testamento spirituale” di Vieusseux e degli intellettuali del suo Circolo, Del Progresso, coraggiosa denuncia della cecità delle istituzioni del Granducato (e non solo) a fronte delle legittime richieste di emancipazione provenienti dal basso. «L’umanità... si è levata in piedi, si è mossa; e come in altre grandi epoche cerca impaziente una miglior situazione in cui riposare più gloriosa e più felice... Si tratta d’una smania di migliorare le proprie condizioni che ha penetrato le masse e le agita e le infiamma. Questa nuova forza, questo slancio dello spirito umano, sarà secondo che noi vorremo o la tempesta dell’Oceano e l’eruzione d’un Vesuvio, o la potente fecondità di una natura ringiovanita da Dio».
    Il tempo darà pienamente ragione al monito di Vieusseux.

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