I Quattro Canti di Palermo - Intervista al M° Mimmo Cuticchio - www.HTO.tv

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  • เผยแพร่เมื่อ 30 มิ.ย. 2014
  • Creatività, passione e difesa della tradizione: sono queste le parole d'ordine dei due ambasciatori della cultura popolare italiana nel Mondo: i maestri Mimmo Cuticchio ed Ambrogio Sparagna che lo scorso 27 Giugno hanno portato in scena presso l'incantevole quanto suggestiva Area Archeologica di Villa Adriana a Tivoli, che ha fatto da quinte naturali allo spettacolo, nell'ambito del Festival Internazionale promosso dalla Regione Lazio-Assessorato alla Cultura e alle Politiche Giovanili e promosso dalla Fondazione Musica per Roma, in collaborazione con il MiBACT- Direzione Regionale Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio e il Comune di Tivoli, la prima assoluta dello spettacolo intitolato "I Quattro Canti di Palermo". Cunti e canti dalla Sicilia di Pitrè.
    Il progetto originale di Mimmo Cuticchio e Ambrogio Sparagna, con l'Orchestra Popolare Italiana dell'Auditorium Parco della Musica ed il Coro Popolare diretto magistralmente da Anna Rita Colaianni, unisce in un'unica dimensione il 'cunto', il canto e la musica con l'intento di lasciare addentrare il pubblico nel mondo del medico, scienziato e studioso di tradizioni popolari, Giuseppe Pitrè, il quale ha raccolto un vastissimo patrimonio di storie, usi e costumi del popolo siciliano tra la fine dell'800 e gli inizi del'900.
    Mimmo Cuticchio, il più noto oprante, 'cuntastorie' del nostro tempo, è erede ed innovatore della tradizione siciliana del teatro dell'Opera dei pupi. Figlio dell'oprante Giacomo, fin da bambino lavora nel teatro di famiglia e segue le consuete tappe dell'apprendistato. Negli anni '70 trova nel cuntista e puparo Peppino Celano un orizzonte creativo. Grazie a lui apprende le tecniche del cunto.
    Egli ama definirsi un "contastorie": "Il contastorie è un po' uno storico delle storie epico cavalleresche, mentre il cantastorie è un cronista. Il contastorie nasce nel Medioevo e il cantastorie nasce nel cinquecento con le ballate famose, La baronessa di Carini o La morte di Maria D'Avalos e il duca d'Andria, scritte, queste ballate, da Torquato Tasso", afferma il maestro Cuticchio.
    Racconta le audaci imprese di cavalieri e principi, gli amori e l'arme, l'eroismo e la viltà.
    Il cunto si fa con la spada. È cosa diversa dal cantastorie di cronache con chitarra e cartelli. Serve fendenti in aria e batte il ritmo. Con questo modo orale di percussione, respiro e mimica del viso, Cuticchio ha trascinato i suoi protagonisti nella vicenda, divenendo di volta in volta corpo sonoro; la sua voce diventa ora tonante, ora carezzevole, aspra o struggente, gioca con i volumi, articola le variazioni tonali della voce e diventa corpo sonoro, fino ad arrivare a momenti drammatici, in cui la recita risulta una scansione regolata che supera qualsiasi significato per toccare l'astrazione del suono.
    Il merito del maestro Ambrogio Sparagna è quello di aver ripreso molto del repertorio di canti raccolti da Pitrè in tutta l'area della Regione siciliana e di averli portati alla nostra conoscenza, tramite le splendide voci di Eleonora Bordonaro e Flavia Salvucci.
    La sua musica, l'organetto fra le sue mani, emana suoni antichi, ritmi sfumati, incalzanti nenie, i motivi viaggiano in una dimensione spazio-temporale e coinvolgono tutti i 5 sensi, Le note sono un bagno ristoratore che avvolgono l'ascoltatore, lo coinvolgono, come solo il M° Sparagna sa fare, la platea si fa parte integrante del concerto, divengono componenti "aggiuntivi" dell'Orchestra, il contraltare ideale, una commistione che conferisce profondità alle emozioni che Ambrogio Sparagna immancabilmente crea con le sue esecuzioni.
    Gli spettatori hanno potuto così risentire le storie di Giufà, antica maschera siciliana, le grandi storie come quella della Baronessa di Carini ed altre storie più recenti legate all'epopea garibaldina in Sicilia fino ai grandi cunti religiosi come quello di Santa Rosalia. Sorpresa finale l'arrivo sulla scena del filantropo e scienziato Giuseppe Pitrè, sotto forma di "pupo" che Mimmo Cuticchio è riuscito ad impersonificare con estrema veridicità.
    Nell'era della tecnologia e della multimedialità, parlare di pupi siciliani e di canti tradizionali evoca immagini di teatrini polverosi e piazze, di un mondo che non esiste più. Ma per quanto molto (o forse tutto) possa essere cambiato, un diverso trattamento va riservato alla tradizione. Noi siamo ciò che siamo stati e ciò che saremo, poiché è senza dubbio dalle nostre radici che trarranno origine i germogli di ciò che saremo.
    Michela Cossidente
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