La ballata di Porta Pia parte 2

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  • เผยแพร่เมื่อ 9 ม.ค. 2025
  • Tank - MTG 8012
    LA BALLATA DI PORTA PIA
    1870 / 1970
    i cento anni della Breccia
    ---------------------------------------------
    Rievocazione storica e musicale di
    SANDRO SVALDUZ e NINO PICCINELLI
    CANZONI:I
    Quanto so’ belli l’omini moretti
    La viuleta
    Addio, mia bella, addio
    Sei bella negli occhi
    Lo scoparo
    La canzone del cerchio
    Inno degli studenti
    La bella Gigogin
    Il canto del pastore
    Evviva Garibaldi
    La canzone dei berzajeri
    Abbasso li francesi
    O giovani ardenti
    Sul campo con te
    Tu vuoi marito o Nina
    La ballata di Porta Pia
    INTERPRETI:
    Sergio Centi
    Giulia De Mutiis
    «I Compagnoni» (complesso corale)
    NARRATORI:
    Regina Bianchi
    Renzo Montagnani
    PERSONAGGI e INTERPRETI:
    Papa Pio IX - Turi Ferro
    Gen. Ermanno Kanzler - Luigi Vannucchi
    Gen. Raffaele Cadorna - Ubaldo Lay
    Gen. Cesare Ricotti-Magnani - Enzo Liberti
    Vittorio Emanuele II - Walter Maestosi
    REGIA
    Bruno d’Alessandro
    Nel novero delle manifestazioni ufficiali e delle iniziative a vario livello culturale per festeggiare il centenario dell’inserimento effettivo di Roma nell’Italia unita e indipendente, un posto di rilievo spetta, senz’altro, all’idea di Sandro Svalduz e Nino Piccinelli: quella d’una evocazione fonografica - in rapida sintesi - del clima romano al tempo dello storico evento.
    […] Sandro Svalduz, cronista sempre attento e cultore appassionato di cose romane, ha ricreato credibilmente i fatti risorgimentali gravitanti sulla capitale designata d’Italia Nino Piccinelli, musicista di gusto squisito e critico musicale di particolare sensibilità, ha riscoperto e rielaborato mirabilmente i canti patriottici - popolari e no - che echeggiarono nelle vie della Città Eterna prima e dopo la breccia.
    La fatica dello Svalduz e del Piccinelli non è stata poca. La selezione del materiale ha presentato, di volta in volta, grossi problemi di struttura narrativa, imponendosi generosi tagli e scarti abbondanti per non incorrere assolutamente in una trattazione professorale. L’opera, così com’è venuta fuori, interessa tutti e non annoia nessuno. Il girare dei dischi desta nell’ascoltatore fremiti d’orgoglio patriottico, […], promuove magici istanti di immedesimazione nei personaggi dell’epoca, crea momenti di suggestivo abbandono dietro l’onda melodica di canti corali, delle canzoni ingenue del popolo invocante Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II. [….]
    Mario Adriano Bernoni
    (dalle note interne al disco - marzo 1970)

ความคิดเห็น • 1

  • @dersuzengakuren618
    @dersuzengakuren618  3 ปีที่แล้ว

    Un’epoca è caratterizzata anche dalle espressioni artistiche: storia e vicende influenzano la mente creatrice. L’avvenimento, l’episodio, trovano sempre il loro cantore.
    La vita di un popolo, di una nazione, è racchiusa, sintetizzata, esaltata, nella ballata del cantastorie, come nell’ode del poeta, nel canto dell’anonimo aedo, come nella musica più eccelsa.
    La sensibilità dell’artista è riuscita, non di rado, a precorrere gli avvenimenti, risvegliando le coscienze, indirizzando il corso della storia, incitando gli uomini a scuotersi, spronandoli a tradurre in atto il loro anelito di unità e di libertà. Basterà citare Rossini, Bellini, Donizetti e Verdi, che con i loro melodrammi hanno dato al Risorgimento la forza trascinatrice più avvincente, anche perché congeniale alla sensibilità dell’animo umano.
    Se il Romanticismo fu il cuore del Risorgimento, la Musica - cori d’opera, inni, canti e canzoni popolari - ne fu la voce. L’uno affratellò gli italiani in un nuovo ideale, l’altra li fece riconoscere tra di loro. Fu come una parola d’ordine: li esaltò, li incitò alla conquista della libertà, perché in tutti i canti, e particolarmente nelle canzoni popolari, si trovano gli aspetti più genuini e più diversi dell’anima popolare: melodie semplici, spontanee, come quelle che sbocciano dal cuore della folla anonima; canzoni che scoprono i sentimenti e la maniera d’espressione di quella larga base della piramide umana che è il popolo.
    In questa collana di canti che accompagna la rievocazione del centenario di Porta Pia, prevale il folklore, poiché fu proprio la canzone popolare - e soprattutto la canzone romanesca - la canora protagonista di quelle calde giornate del settembre 1870. Molti di questi canti sono familiari anche ai giovani d’oggi, ma alcune canzoni meritano una citazione speciale, per la loro scanzonata condotta melodica e il pungente sarcasmo dei testi. E’ questo il caso di tre canzoni romanesche: ABBASSO LI FRANCESI, improvvisata da un cantastorie cieco, Alessio Tarantini, nell’anno in cui i romani (1848) con l’aiuto dei garibaldini e le artiglierie di Calandrelli ricacciarono i francesi dalle porte di Roma. Nel 1870 la canzone entrò ufficialmente nel repertorio dei canti patriottici. Nella prima parte di EVVIVA GARIBBARDI - di autore ignoto - si inneggia alla «libertà», accumunando i nomi di «Garibbardi e Manuelle» (Vitt. Em. II), al ritmo spavaldo di una marcia, mentre la seconda parte si tinge di nostalgia, e nell’arco melodico si avverte il sospiro di una serenata: «Dammi un riccio…».
    Dal balletto «Flik e Flok» di Paolo Taglioni, composto nel 1862 per la Scala di Milano, e nel 1870 rappresentato al Teatro Apollo di Roma, è tratta LA CANZONE DEI BERZAJERI. Lo strepitoso successo romano del balletto era dovuto per buona parte, al finale dell’opera coreografica: lo spettacolo, infatti, terminava con l’uscita a passo di corsa dei bersaglieri, con licenza ultra-poetica - dice il Monaldi - cangianti in ballerine.
    Di sapore Belliniano la melodia del LAMENTO DEL CARCERATO di autore ignoto del Settecento: un canto che i romani potevano ascoltare, intonato da un prigioniero, spesso politico, rinchiuso fra le mura delle carceri di San Michele. Ed ecco una canzoncina che, ispirata alla moda del cerchio alla gonnella e che fu molto in voga nell’800, nelle scuole femminili, dopo alcuni decenni venne riportata alla ribalta, con qualche lieve variante nella linea melodica e completamente rinnovata nel testo, prima dagli Arditi, nel corso della prima guerra mondiale, e quindi dai fascisti: e fu così che la CANZONE DEL CERCHIO diventò l’inno ufficiale del ventennio, col titolo di «Giovinezza». Di autore ignoto del XVI secolo è il CANTO DEL PASTORE piacque tanto a Giacomo Puccini questo «stornello spianato» che lo piazzò all’inizio del 3° atto della sua Tosca.
    Una canzone che, con la sua sorella siamese ADDIO MIA BELLA ADDIO, allietò le schiere dei volontari, dei patrioti e dei soldati, è LA BANDIERA TRICOLORE. «E subito quei colori parlarono alle anime generose e gentili con le ispirazioni e gli affetti della virtù, onde la Patria sta e si augusta: il bianco, la fede serena alla idee che fanno divina l’anima nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù dei Poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi. E subito il popolo cantò alla sua bandiera ch’ella era la più bella di tutte e che sempre voleva lei con lei la libertà»!
    NINO PICCINELLI (dalle note interne al disco - marzo 1970)