วีดีโอ

Grazie! da iscritta Campi, psicologa del lavoro e inesperta di Economia applicata apprezzo veramente molto questo tipo di formazione!

È ora di rimettere le relazioni, gli affetti, le famiglie e i bambini al centro, sono queste le priorità su cui investire per un futuro migliore. E non mi riferisco certo alle criminali distorsioni dell'industria farmaceutica, che allunga i tentacoli sui bambini per lucrare: c'è bisogno di più contatto e avvicinamento fra le persone, basta fissazioni ipocondriache e paura del prossimo o rimarremo tutti ipnotizzati e abbindolati fino a non riconoscere più come si crea un rapporto amorevole e sano, costruttivo e duraturo. I bambini, che sono il simbolo stesso della purezza e dell'innocenza, vanno difesi per quello che sono, non criminalizzati e strumentalizzati. Dobbiamo perciò chiedere a tutta la società di tornare ad atteggiamenti più umani e meno vigliacchi. È giusto tutelare i più deboli con misure specifiche ma non possiamo continuare a ridurci tutti a dei malati terminali, con tutto il rispetto di chi l'ultima sfida la deve affrontare proprio ora in prima persona (ci dobbiamo passare tutti, presto o tardi). Siamo stati trascinati dal vittimismo di chi ha voluto ossessivamente calcare la mano sulle condizioni più sfavorevoli (allarmismi, accuse gratuite ed infondate, amplificazione a dismisura di tragedie personali, sempre prontamente sfruttate in perfetto stile propagandistico, ecc.) e da conseguenti soluzioni al ribasso, che ci pretendono tutti alla stregua delle categorie a rischio. E dall'assurda pretesa che chiunque possa, anzi sia quasi tenuto a tirare a campare (letteralmente) fino a 100 anni e oltre, magari tenuto in piedi a stento da farmaci innovativi e altri miracoli della medicina moderna, in un Paese dove l'aspettativa media di vita non superava comunque gli 85 anni nemmeno prima dell'emergenza pandemica (e siamo fra i più longevi al mondo). Per questo è fondamentale, per poter instaurare un dialogo e ricucire lo strappo sociale che ci riguarda tutti, rimettere le cose al loro posto: cominciare a trattare i numeri come numeri e le persone come persone. Tradotto: empatia e solidarietà nelle relazioni personali ma al contempo eliminare le emozioni dal discorso puramente statistico e dal processo decisionale. Sono nobili ideali come verità e giustizia che ci dovrebbero guidare nelle scelte, non certo l'emotività, l'impressionabilità e la reattività, come invece è avvenuto finora. E sopratutto occorre ritrovare un po' di spiritualità e abbandonare l'atteggiamento attuale, pieno di sfiducia, succube, bisognoso di soluzioni veloci, poco impegnative e ancor meno trasformative. Questo, io credo, è proprio ciò che ci augurerebbe anche chi durante questo difficile periodo ha terminato la propria esperienza terrena. Infatti quando la vita ha un Senso più alto della sopravvivenza ed è guidata da Valori e Principi non ci dovrebbero essere troppi timori o rimpianti nell'intravedere e nell'affrontare il Passaggio, che sia il proprio o di altri, a meno che non ci si lasci accecare dal materialismo e si percepisca poi all'improvviso il vuoto sotto i propri piedi. L'alternativa non è l'indifferenza o un abbandonarsi inermi nelle braccia della morte: gli anziani e i malati sono la parte fragile della comunità e vanno protetti in quanto tali, senza però dimenticare che la vita di per sé è un percorso fitto di rischi e pericoli, che per tutti la vita terrena è a termine, e proprio per questo dobbiamo fare pace con tale limitatezza e utilizzare bene il poco tempo che abbiamo, senza pretendere che il mondo intero si metta sotto scacco per paura o per una colpevolizzazione mascherata da responsabilità. Dovremmo invece chiederci, con un po' di sana autocritica, in nome di quali egoistiche preoccupazioni o attaccamenti abbiamo acconsentito a gettare il presente e il futuro dei nostri figli in una nuova forma di totalitarismo sanitario omninvasivo, devastando relazioni umane e affetti, iniettando ansia e sfiducia nelle persone, privandoci singolarmente e collettivamente di possibilità e nuovi orizzonti, rubando anni preziosi di esperienze e di opportunità di apprendimento ai più giovani, diffondendo ovunque depressione e psicosi, isolando moltissime persone nella solitudine, votandoci definitivamente ad un'esistenza virtuale e digitalizzata, negandoci ogni potere di decisione, di partecipazione e di espressione, fino a dividere in fazioni la società e a mettere a rischio la stabilità collettiva e quella di milioni di famiglie, improvvisamente private di ogni diritto, semplicemente perché siamo diventati ossessionati dalla necessità di annientare un virus o dall'incombere di nuove segregazioni forzate che minacciano di privarci dei piaceri della vita mondana. La nostra responsabilità sociale sta proprio nel difendere il rispetto dei diritti inalienabili di ogni singolo essere umano, a costo di dover rinunciare a forme illusorie di privilegio, non nel pretendere un immediato e precario benessere rinunciando a ciò che è veramente importante per le future generazioni. E un senso di sicurezza medicalizzato rimane pur sempre un privilegio, a maggior ragione quando è falso e manipolato.